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15. Luglio 1821.

[1329,3]  Non è mai sgraziato un fanciullino che si vergogna, e parlando arrossisce, e non sa stare nè operare nè discorrere in presenza altrui. Bensì un giovane poco pratico del buon tratto, e desideroso di esserlo, o di comparirlo. Non è mai sgraziata una pastorella che non sa levar gli occhi, trovandosi fra persone nuove, nè ha la maniera di contenersi,  1330 di portarsi ec. Bensì una donna, egualmente o anche meno timida, e più istruita, ma che volendo figurare, o essere come le altre in una conversazione, non sappia esserlo o non abbia ancora imparato. Così lo sgraziato non deriva mai dalla natura (anzi le dette qualità naturali, sono graziose sempre ec. ec.), ma bensì frequentemente dall'arte, e questa non è mai fonte di grazia nè di convenienza, se non quando ha ricondotto l'uomo alla natura, o all'imitazione di essa, cio è[cioè] alla disinvoltura, all'inaffettato, alla naturalezza ec. E l'andamento necessario dell'arte, è quasi sempre questo. Farci disimparare quello che già sapevamo senza fatica, e toglierci quelle qualità che possedevamo naturalmente. Poi con grande stento, esercizio, tempo, tornarci a insegnare le stesse cose, e restituirci le stesse qualità, o poco differenti. Giacchè quella modestia, quella timidezza, quella vergogna naturale ec. si trova bene spesso in molti, non più naturale, chè l'hanno perduta, ma artifiziale, chè mediante l'arte appoco appoco e stentatamente l'hanno ricuperata. (15. Luglio 1821.).