17. Aprile. 1824. Sabato Santo.
[4070,1] Gli uomini governati in pubblico o in privato da
altri, e tanto più quanto il governo è più stretto, {(i
fanciulli, i giovani ec.)} accusano sempre, o tendono naturalmente ad
accusare de' loro mali o della mancanza de' beni, delle noie e scontentezze
loro, quelli che li governano, anche in quelle cose nelle quali è evidentissima
l'innocenza di questi, e la impossibilità o d'impedire o rimediare a quei mali o
di proccurar quei beni, e la totale indipendenza e irrelazione di queste cose
con loro. La cagione è che l'uomo essendo sempre infelice, naturalmente tende ad
incolparne altresì sempre non la natura delle cose e degli uomini, molto meno ad
astenersi dall'incolpare alcuno, ma ad incolpar sempre qualche persona o cosa
particolare in cui possa sfogar l'amarezza che gli cagionano i suoi mali, e che
egli possa per cagione di questi fare oggetto e di odio e di querele, le quali
sarebbero assai men dolci di quello che sono a chi soffre se non cadessero
contro alcuno riputato in colpa del suo soffrire. Questa naturale tendenza opera
poi che il misero si persuade anche effettivamente di quello che egli immagina,
e quasi desidera che sia vero. Da ciò è nato che egli ha immaginato i nomi e le
persone di fortuna, di fato, incolpati sì lungamente dei mali umani, e sì
sinceramente odiati dagli antichi infelici, e contro i quali anche oggi, in
mancanza d'altri
4071 oggetti, rivolgiamo seriamente
l'odio e le querele delle nostre sventure. Ma molto più dolce fu agli antichi ed
è a' moderni l'incolpare qualche cosa sensibile, e massime qualche altro uomo,
non solo per la maggior verisimiglianza, e quindi facilità di persuaderci della
sua colpa, che è quello che ci bisogna, ma più ancora perchè l'odio e le querele
sono più dolci quando si rivolgono sopra cose presenti che ne possano essere
testimoni, e sottoposte alla vendetta che noi con esso odio vano e con esse vane
querele intendiamo fare di loro. Massimamente poi è dolce l'odio e il lamento
quando è rivolto sui nostri simili, sì per altre cagioni, sì perchè la colpa non
può veramente appartenere se non a esseri intelligenti. Quelli che ci governano
sono {da noi facilmente} scelti a far questa persona di
rei de' nostri mali, {+che non hanno
altro reo manifesto o accusabile,} e a servir di {soggetto e} scopo della vana vendetta che ci è dolce fare de'
medesimi mali. Essi sono in fatti in tali casi i più adattati, e quelli di cui
ci possiamo dolere esteriormente e interiormente con più di verisimilitudine.
Quindi è che chi governa in pubblico o in privato è sempre oggetto d'odio e di
querele de' governati. Gli uomini sono
sempre scontenti perchè sono sempre infelici. Perciò sono scontenti del
loro stato, perciò medesimo di chi li governa. (Essi sentono e sanno bene di
essere infelici, di patire, di non godere, e in ciò non s'ingannano. Essi
pensano aver diritto di esser felici, di godere, di non patire, e in ciò ancora
non avrebbero il torto, se non fosse che in fatto questo che essi pretendono è,
non che altro, impossibile.)
4072 E come non si può
fare che gli uomini sieno mai felici, e però nè anche che sieno contenti, così
niun governante nè pubblico nè privato, qualunque amore abbia a' soggetti,
qualunque cura del loro bene, qualunque sollecitudine di scamparli o sollevarli
dai mali, qualunque merito insomma verso di loro, non può mai ragionevolmente
sperare che essi non l'odino e non lo querelino, anche i più savi, perchè è
natura nell'uomo il lagnarsi di qualcuno, quasi altrettanto che l'essere
infelice, e questo qualcuno è per l'ordinario e molto naturalmente quello che li
governa. Però circa il governare non v'ha pur troppo che due partiti veramente
savi, o astenersi dal governo, {+sia
pubblico sia privato,} o amministrarlo totalmente a vantaggio proprio
e non de' governati. (17. Aprile. 1824. Sabato Santo.).