[486,1]
486 Il {desiderio di} mettere
gli altri a parte delle proprie sensazioni (o piacevoli o dispiacevoli come ho
detto in altri pensieri pp. 85-86
p. 230
pp. 266-68
p. 339
p.
393) si può notare massimamente, ed ha tanto maggior forza quanto
ciascun individuo è più vicino alla natura. I fanciulli non lo possono frenare
in nessun modo, tanto che per amore, per preghiere, o per forza d'importunità,
487 non communichino ai circostanti, o a quelli
ch'essi vanno a cercare a posta, quei piaceri, quei dispiaceri, in somma quelle
sensazioni notabili, e per loro alquanto straordinarie, che hanno sperimentato o
sperimentano; come udendo una buona o cattiva musica, o suono o canto di
qualunque sorta, che li colpisca: vedendo qualunque oggetto che faccia loro
impressione ec. e tanto in bene quanto in male. Gli uomini poi più rozzi e
ignoranti e incolti, e generalmente il volgo, non si può tenere che in simili
circostanze, non gridi al vicino, vedi vedi, senti
senti. E questa esclamazione è così naturale che anche in una
gran moltitudine presente allo stesso spettacolo ec. tutti o moltissimi
esclameranno lo stesso, senza o essere ascoltati da nessuno in particolare, o
anche curarsi precisamente di farsi udire da questo o da quello. Ma nessuno si
può tenere dall'esclamare in quel modo, dando evidente indizio della
inclinazione naturale che li porta al desiderio e voglia di partecipare. E
osservate che questa esclamazione si pronunzia bene spesso anche
488 nella solitudine e senza nessuno uditore, quando
l'uomo provi simili sensazioni in tal circostanza: e noi diciamo vedi e senti
quando anche non c'è chi possa vedere o sentire, e cerchiamo così in tutti i
modi di soddisfare illusoriamente una voglia che non può essere soddisfatta
realmente. E sebben questo accade tanto più, quanto l'individuo tiene del
primitivo, e tanto più frequentemente, quanto più spesso egli è suscettibile di
maravigliarsi, o di provar sensazioni forti e vive; contuttociò è
frequentissimo anche negli uomini più colti ec. e basterebbe fare attenzione per
vedere quanto spesso ci avvenga nella giornata senza che noi ce ne accorgiamo.
Ci avvenga, dico, o in solitudine {e fra noi stessi,} o
in compagnia. Ed io non credo che vi sia uomo sì taciturno, e nemico del
parlare, del conversare, e del communicarsi
altrui, che provando una sensazione straordinariamente forte e viva,
non sia costretto {quasi} suo malgrado, o senza
riflessione, e senza avvedersene, a prorompere in simili esclamazioni, dinotanti
il desiderio e l'intenzione di communicare e far parte altrui di ciò ch'egli
prova. (10. Gen. 1821.).
1535,12471,13804,1Trattato delle passioni, qualità umane ec.Comunicare altrui i piaceri e i dispiaceri propri
(inclinazione dell'uomo a).85,5230,1266,1339,2393,1