[257,2] Bisogna distinguere in fatto di belle arti,
entusiasmo, immaginazione, calore ec. da invenzione massimamente di soggetti. La
vista della bella natura desta entusiasmo. Se questo entusiasmo sopraggiunge ad
uno che abbia già per le mani un soggetto, gli gioverà per la forza della
esecuzione, ed anche per la invenzione ed originalità secondaria, cioè delle
parti, dello stile, delle immagini, insomma di tutto ciò che spetta
all'esecuzione. Ma difficilmente, o non mai, giova all'invenzione del soggetto.
Perchè l'entusiasmo giovi a questo, bisogna che si aggiri appunto e sia
cagionato dallo stesso soggetto, come l'entusiasmo di una passione. Ma
l'entusiasmo astratto, vago, indefinito, che provano spesse volte gli uomini di
genio, all'udire una musica, allo spettacolo della natura ec. non è favorevole
in nessun modo all'invenzione del soggetto, anzi appena delle parti, perchè in
quei momenti l'uomo è quasi fuor di se, si abbandona come ad una forza estranea
che lo trasporta, non è capace di raccogliere nè di fissare le sue idee, tutto
quello che vede, è infinito, indeterminato, sfuggevole, e così vario e copioso,
che non ammette nè ordine, nè regola, nè
258 facoltà di
annoverare, o disporre, o scegliere, o solamente di concepire in modo chiaro e
completo, e molto meno di saisir un punto (vale a dire
un soggetto) {intorno} al quale possa ridurre tutte le
sensazioni {e immaginazioni} che prova, le quali non
hanno nessun centro. Anzi provando pure, come ho detto, l'entusiasmo di una
passione, e volendo scegliere per soggetto la stessa passione, se l'entusiasmo è
veramente vivo e vero, non saprete determinarvi a veruna forma {trattabile} di questo soggetto. In sostanza per
l'invenzione dei soggetti {formali e circoscritti, ed}
anche primitivi (voglio dire per la prima loro concezione) ed originali, non ci
vuole, anzi nuoce, il tempo dell'entusiasmo, del calore e dell'immaginazione
agitata. Ci vuole un tempo di forza, ma tranquilla; un tempo di genio attuale
piuttosto che di entusiasmo attuale (o sia, piuttosto un atto di genio che di
entusiasmo); un influsso dell'entusiasmo passato o futuro o abituale, piuttosto
che la sua presenza, e possiamo dire il suo crepuscolo, piuttosto che il
mezzogiorno. Spesso è adattatissimo un momento in cui dopo un entusiasmo, o un
sentimento provato, l'anima sebbene in calma, pure ritorna come a mareggiare
dopo la tempesta, e richiama con piacere la sensazione passata. Quello forse è
il tempo più atto, e il più frequente della concezione di un soggetto originale,
o delle parti originali di esso. E generalmente
259 si
può dire che nelle belle arti e poesia, le dimostrazioni di entusiasmo
d'immaginazione e di sensibilità, sono il frutto {immediato} piuttosto della memoria dell'entusiasmo, che dello stesso
entusiasmo, riguardo all'autore p. 714. (2. Ottb̃re
1820.)./
[280,3] L'abito dell'eroismo può essere in un corpo debole, ma
l'atto difficilmente, e non senza un grande
281 sforzo,
nè senza ripugnanza, e quasi contro natura. E perciò vediamo moltissimi che per
abito sono tutt'altro che eroi, far non di rado azioni eroiche; e viceversa.
Anzi si può dire che gli uomini d'abito di principii e d'animo eroico, lo sono
di rado nel fatto; e gli uomini eroici nel fatto, lo sono di rado nell'abito nei
sentimenti e nell'animo. {Estendete queste osservazioni
all'entusiasmo.}
[714,1]
714 Spesse volte il troppo o l'eccesso è padre del
nulla. Avvertono anche i dialettici che quello che prova troppo non prova
niente. Ma questa proprietà dell'eccesso si può notare ordinariamente nella
vita. L'eccesso delle sensazioni o la soprabbondanza loro, si converte in
insensibilità. Ella produce l'indolenza e l'inazione, anzi l'abito ancora
dell'inattività negl'individui e ne' popoli; e vedi in questo proposito quello
che ho notato con Mad. di Staël, Floro ec. p. 620 fine - 625 principio. Il poeta nel colmo
dell'entusiasmo, della passione ec. non è poeta, cioè non è in grado di poetare.
All'aspetto della natura, mentre tutta l'anima sua è occupata dall'immagine
dell'infinito, mentre le idee segli affollano al pensiero, egli non è capace di
distinguere, di scegliere, di afferrarne veruna: in somma non è capace di nulla,
nè di cavare nessun frutto dalle sue sensazioni: dico nessun frutto o di
considerazione e di massima, ovvero di uso e di scrittura; di teoria nè di
pratica. L'infinito non si
715 può esprimere se non
quando non si sente: bensì dopo sentito: e quando i sommi poeti scrivevano
quelle cose che ci destano le ammirabili sensazioni dell'infinito, l'animo loro
non era occupato da veruna sensazione infinita; e dipingendo l'infinito non lo
sentiva.
{I sommi dolori corporali non si sentono, perchè o
fanno svenire, o uccidono.} Il sommo dolore non si sente,
cioè finattanto ch'egli è sommo; ma la sua proprietà, e[è] di render l'uomo attonito; confondergli, sommergergli,
oscurargli l'animo in guisa, ch'egli non conosce nè se stesso, nè la passione
che prova, nè l'oggetto di essa; rimane immobile, e senza azione esteriore, nè
{si può dire}, interiore. E perciò i sommi dolori
non si sentono nei primi momenti, nè tutti interi, ma nel successo dello spazio
e de' momenti, e per parti, come ho detto p. 366. - 368. Anzi non solo il sommo dolore, ma ogni somma passione,
ed anche ogni sensazione, ancorchè non somma, tuttavia tanto straordinaria, e,
per qualunque verso, grande, che l'animo nostro non sia capace di contenerla
716 tutta intera simultaneamente. Così sarebbe anche la
somma gioia.
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[1165,2] Tutti quanti i giovani, benchè qual più qual meno,
sono per natura disposti all'entusiasmo, e ne provano. Ma l'entusiasmo de'
giovani oggidì, coll'uso del mondo, e coll'esperienza delle cose che {quelli} da principio vedevano da lontano, si spegne non
in altro modo nè per diversa cagione, che una facella per difetto di alimento:
anche durando la gioventù, e la potenza naturale dell'entusiasmo. (13.
Giugno 1821.).
[1975,1] Un uomo di forte e viva immaginazione, avvezzo a
pensare ed approfondare, in un punto di straordinario e passeggero vigore
corporale, di entusiasmo, {+di
disperazione, di vivissimo dolore o passione qualunque, di pianto, insomma di
quasi ubbriachezza, e furore,} ec. scopre delle verità che molti
secoli non bastano alla pura e fredda e geometrica ragione per iscoprire; e che
annunziate da lui non sono ascoltate, ma considerate come sogni, perchè lo
spirito umano manca tuttavia delle condizioni necessarie per sentirle, e
comprenderle come verità, e perch'esso non può universalmente fare in un punto
tutta la strada che ha fatto quel pensatore, ma segue necessariamente la sua
marcia, e il suo progresso gradato, senza sconcertarsi. Ma l'uomo in quello
stato vede tali rapporti, passa da una proposizione all'altra così rapidamente,
ne comprende così vivamente e facilmente il legame, accumula in un momento
1976 tanti sillogismi, e così ben legati e ordinati, e
così chiaramente concepiti, che fa d'un salto la strada di più secoli. E forse
esso stesso dopo quel punto, non crede più alle verità che allora avea concepite
e trovate, cioè o non si ricorda, o non vede più con egual chiarezza, i
rapporti, le proposizioni, i sillogismi, e le loro concatenazioni che l'avevano
portato a quelle conseguenze. Il mondo alla fine è sempre in istato di freddo, e
le verità scoperte nel calore, per grandi che siano non mettono radici nella
mente umana, finchè non sono sanzionate dal placido progresso della fredda
ragione, arrivata che sia dopo lungo tempo a quel segno. Grandi verità
scoprivano certamente gli antichi colla lor grande immaginazione, grandi salti
facevano nel cammino della ragione, ridendosi della lentezza, e degl'infiniti
mezzi che abbisognano al puro raziocinio ed esperienza per avanzarsi
altrettanto, grandi spazi occupati poi da' loro posteri, preoccupavano essi e
1977 conquistavano in un baleno, ma questi
progressi restavano necessariamente individuali, perchè molto tempo abbisognava
a renderli generali; queste conquiste non si conservavano, anzi erano piuttosto
viaggi che conquiste, perchè l'individuo penetrava solamente in quei nuovi
paesi, e li riconosceva, senza esser seguito dalla moltitudine che vi stabilisse
il suo dominio; i progressi de' grandi individui non giovavano gli uni agli
altri, perchè mancanti di una disposizione generale e comune nel mondo, che li
rendesse intelligibili gli uni agli altri, mancanti anche di una lingua atta a
stabilire, dar corpo, determinare e render a tutti egualmente chiaro quello che
ciascun individuo scopriva. Così che gli antichi grandi spiriti penetravano
nelle terre della verità, ciascuno isolatamente, e senza aiutarsi l'un l'altro,
e quando anche si scontrassero nel cammino, o giungessero ad un medesimo
1978 punto, e quivi casualmente si riunissero, non si
riconoscevano; e tornati dalla loro corsa, e narrandola altrui, non
s'accorgevano di dir le stesse cose, nè il pubblico se n'avvedeva, perchè non le
dicevano allo stesso modo, mancando di un linguaggio filosofico, uniforme; oltre
che le stesse ragioni che impedivano all'universale di riconoscere quelle
proposizioni per pienamente vere, gl'impediva altresì di scoprire l'uniformità
che esisteva tra le proposizioni e i sentimenti di questo e di quel grand'uomo.
E così le grandi scoperte de' grandi antichi, appassivano, e non producevano
frutto, e non erano applicate, mancando i mezzi e di coltivarle, e di aiutare e
legare una verità coll'altra mediante il commercio de' pensieri, e della società
pensante. (23. Ott. 1821.).
[2610,1] Dicasi quel che si vuole. Non si può esser grandi se
non pensando e operando contro ragione, e in quanto si pensa e opera contro
ragione, e avendo la forza di vincere la propria riflessione, o di lasciarla
superare dall'entusiasmo, che sempre e in qualunque caso trova in essa un
ostacolo, e un nemico mortale, e una virtù estinguitrice, e raffreddatrice.
(22. Agosto 1822.).
[3269,1] Il poeta lirico nell'ispirazione, il filosofo nella
sublimità della speculazione, l'uomo d'immaginativa e di sentimento nel tempo
del suo entusiasmo, l'uomo qualunque nel punto di una forte passione,
nell'entusiasmo del pianto; ardisco anche soggiungere, mezzanamente riscaldato
dal vino, vede e guarda le cose come da un luogo alto {+e superiore a quello in che la mente degli uomini suole
ordinariamente consistere.} Quindi è che scoprendo in un sol tratto
molte più cose ch'egli non è usato di scorgere a un tempo, e d'un sol colpo
d'occhio discernendo e mirando una moltitudine di oggetti, ben da lui veduti più
volte ciascuno, ma non mai tutti insieme (se non in altre simili congiunture),
egli è in grado di scorger con essi i loro rapporti scambievoli, e per la novità
di quella moltitudine
3270 di oggetti tutti insieme
rappresentantisegli, egli è attirato e a considerare, benchè rapidamente, i
detti oggetti meglio che per l'innanzi non avea fatto, e ch'egli non suole; e a
voler guardare e notare i detti rapporti. Ond'è ch'egli ed abbia in quel momento
una straordinaria facoltà di generalizzare (straordinaria almeno relativamente a
lui ed all'ordinario del suo animo), e ch'egli l'adoperi; e adoperandola scuopra
di quelle verità generali e perciò veramente grandi e importanti, che indarno
fuor di quel punto e di quella ispirazione {e quasi μανία e
furore} o filosofico o passionato o poetico o altro, indarno, dico,
con lunghissime e pazientissime {+ed
esattissime} ricerche, esperienze, confronti, studi, {ragionamenti,} meditazioni, esercizi della mente,
dell'ingegno, della facoltà di pensare di riflettere di osservare di ragionare,
indarno, ripeto, non solo quel tal uomo o poeta o filosofo, ma qualunqu'altro o
poeta o ingegno qualunque o filosofo acutissimo e penetrantissimo, anzi pur
molti filosofi insieme cospiranti, e i secoli stessi col successivo avanzamento
dello spirito umano, cercherebbero di scoprire, {o}
d'intendere, o {di} spiegare, siccome
3271 colui, mirando a quella ispirazione, facilmente e
perfettamente e pienamente fa a se stesso in quel punto, e di poi {a se stesso ed} agli altri, purch'ei sia capace di ben
esprimere i propri concetti, ed abbia bene e chiaramente e distintamente
presenti le cose allora concepite e sentite. (26. Agos. 1823.).
[3382,2] È tanto mirabile quanto vero, che la poesia la quale
cerca per sua natura {e proprietà} il bello, e la
filosofia ch'essenzialmente ricerca il vero, cioè la cosa più contraria al
bello; sieno le facoltà le
3383 facoltà le più affini
tra loro, tanto che il vero poeta è sommamente disposto ad esser gran filosofo,
e il vero filosofo ad esser gran poeta, anzi nè l'uno nè l'altro non può esser
nel gener suo nè perfetto nè grande, s'ei non partecipa {+più che mediocremente} dell'altro genere, quanto
all'indole primitiva dell'ingegno, alla disposizione naturale, alla forza
dell'immaginazione. Di ciò ho detto altrove p. 1383
p.
1650
pp.
3269-71. Le grandi verità, e massime nell'astratto e nel metafisico o
nel psicologico ec. non si scuoprono se non per un quasi entusiasmo della
ragione, nè da altri che da chi è capace di questo entusiasmo. (Eccetto ch'elle
sieno scoperte appoco appoco, piuttosto dal tempo e dai secoli, che dagli
uomini, in guisa che a nessuno in particolare possa attribuirsene il
ritrovamento, il che spesso accade). La poesia e la filosofia sono entrambe del
pari, quasi le sommità dell'umano {spirito,} le più
nobili e le più difficili facoltà a cui possa applicarsi l'ingegno umano. E
malgrado di ciò, e dell'esser l'una di loro, cioè la poesia, la più utile
veramente di tutte le facoltà, sì la poesia,
3384 come
la filosofia sono del pari le più sfortunate e dispregiate di tutte le facoltà
dello spirito. Tutte l'altre dánno pane, molte di loro recano onore {anche} durante la vita, aprono l'adito alle dignità ec.:
tutte l'altre, dico, fuorchè queste, dalle quali non v'è a sperar altro che
gloria, e soltanto dopo la morte. Povera e nuda vai,
filosofia.
*
{#1. Petr.
Son. La gola, il sonno.} Della sorte
ordinaria de' poeti mentre vivono, non accade parlare. Chi s'annunzia per
medico, per legista, per matematico, per geometra, per idraulico, per filologo,
per antiquario, per linguista, per perito anche in una sola lingua; il pittore
eziandio e lo scultore e l'architetto; il musico, non solo compositore ma
esecutore, tutti questi son ricevuti nelle società con piacere, trattati nelle
conversazioni e nella vita civile con istima, ricercati ancora, onorati,
invitati, e quel ch'è più premiati, arricchiti, elevati alle cariche e dignità.
Chi s'annunzia solo per poeta o per filosofo, ancorch'egli lo sia veramente, e
in sommo grado, non trova chi faccia caso di lui, non ottiene neppure ch'altri
gli parli con leggiere testimonianze di stima. La ragione si è che tutti si
credono esser filosofi,
3385 ed aver quanto si richiede
ad esser poeti, sol che volessero metterlo in opera, o poterlo facilissimamente
acquistare e adoperare. Laddove chi non è matematico, pittore, musico ec. non si
crede di esserlo, e riguarda come superiori per questo conto a lui ed al comune
degli uomini, quei che lo sono. Il genio, da cui principalmente pende e nasce la
facoltà poetica e la filosofica, non si misura a palmi, come ciò che si richiede
a esser medico o geometra. Quindi nasce che quello ch'è più raro tra gli uomini
tutti si credano possederlo. E quindi è che le due più nobili, più {difficili} e più rare, {+anzi straordinarie,} facoltà, la poesia e la
filosofia, tutti credano possederle, o poterle acquistare a lor voglia. Oltre
che il genio non può essere nè giudicato, nè sentito, nè conosciuto, nè aperçu che dal genio. Del quale mancando quasi tutti,
nol sentono nè se n'avveggono quand'ei lo trovano. E il gustare, e potere anche
mediocremente estimare il valor delle opere di poesia e di filosofia, non è che
de' veri poeti e de' veri filosofi, a differenza delle opere dell'altre facoltà.
ec.
[3552,2]
Alla p. 3388.
Il vino (ed anche il tabacco e simili cose) e tutto ciò che produce uno
straordinario vigore o del corpo tutto o della testa, non pur giova
all'immaginazione, ma eziandio all'intelletto, ed all'ingegno generalmente, alla
facoltà di ragionare, di pensare, e di trovar delle verità ragionando (come ho
provato più volte per esperienza), all'inventiva ec. Alle volte per lo contrario
giova sì all'immaginazione, sì all'intelletto, alla mobilità del pensiero e
della mente, alla fecondità, alla copia, alla facilità e prontezza dello
spirito, del parlare, del ritrovare, del raziocinare, del comporre, {#1. alla prontezza della memoria, alla
facilità di tirare le conseguenze, di conoscere i rapporti ec. ec.}
ec. una certa debolezza di corpo, di nervi ec.
3553 una
rilasciatezza non ordinaria ec. come ho pure osservato in me stesso più volte.
Altre volte all'opposto.
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