Inverno, estate. Questa più malcontenta ec. ec. quello più rassegnato ec. ec.
Winter, summer. The latter is more discontent etc., the former more resigned, etc.
Vedi Primavera See Spring. 2926,3 3347,1 3676,1 4250,1 4282,10[2926,3]
Alla p. 2753.
Ella è anche cosa certissima che in parità di circostanze, l'uomo, ed anche il
giovane,
2927 e altresì il giovane sventurato, è meno
scontento dell'esser suo, della sua condizione, della sua fortuna durante
l'inverno che durante la state; meno impaziente dell'uniformità e della noia,
meno impaziente delle sventure, meno renitente alla sorte e alla necessità, più
rassegnato, meno gravato della vita, più sofferente dell'esistenza, e quasi
riconciliato talvolta con esso lei, {quasi lieto;} meno incapace di concepire come si possa
vivere, e di trovare il modo di passare i suoi giorni: o almeno tutte queste
disposizioni sono in lui più frequenti o più durevoli nell'inverno che nella
state; e spesso abituali in quella stagione, laddove in questa non altro mai che
attuali. Ed anche il giovane abitualmente disperato di se e della vita, si
riposa della sua disperazione durante l'inverno, non che che egli speri più in
questo tempo che negli altri, ma non prova o prova meno efficace il senso di
quella disperazione che radicalmente non può abbandonarlo. Cioè intermette
2928 di desiderare o desidera meno vivamente quelle
cose ch'egli è al tutto e abitualmente e per sempre disperato di conseguire.
Tutto ciò perchè gli spiriti vitali sono manco mobili ed agitati e svegli
nell'inverno che nella state.
[3347,1] La stagione e il clima freddo dà maggior forza di
agire, e minor voglia di farlo, maggior contentezza del presente, inclinazione
all'ordine, al metodo, e fino all'uniformità. Il caldo scema le forze di agire,
e nel tempo stesso ne ispira ed infiamma il desiderio, rende suscettibilissimi
della {{noia,}} intolleranti dell'uniformità della vita,
vaghi di novità, malcontenti di se stessi e del presente. Sembra che il freddo
fortifichi il corpo e leghi l'animo: che il caldo addormenti e ammollisca e
illanguidisca e intorpidisca il corpo, eccitando e svegliando e sciogliendo
l'animo. L'attività del corpo è propria de' settentrionali, de' meridionali
quella dell'animo. {Nel freddo si ha la
forza di agire, ma non senza incomodo. La temperatura dell'aria che vi
circonda, opponendosi à ce que voi possiate uscir
di casa e di camera senza patimento, vi consiglia l'inazione e l'immobilità
nel tempo stesso che vi dà la forza dell'azione e del moto. Si può dir che
se ne sente la forza e la difficoltà nel tempo stesso. Nel caldo tutto
l'opposto. Si sente la facilità
dell'azione e del moto nel tempo stesso che se ne scarseggiano le forze.
L'uomo prova espressamente un senso di libertà fisica che viene
dall'amicizia dell'aria e della natura che lo circonda, un senso che lo
invita al movimento e all'azione, ch'egli talora confonde con quello della
forza, ma che n'è ben differente, come l'uomo si può avvedere, quando
cedendo all'inquietezza che quel senso gl'ispira, e dandosi all'azione, la
totale mancanza di forze che gli sopraggiunge, gli toglie quel senso di
libertà, e l'obbliga a desiderare e cercare il riposo. Anche per se medesima
la debolezza e il rilasciamento prodotto da causa non morbosa, come dal
caldo, dà una certa facilità di determinarsi all'azione al movimento al
travaglio, più che la tensione prodotta dal freddo. Può parere un paradosso,
ma l'esperienza anche individuale lo prova. Pare che il corpo rilasciato sia
più maneggiabile a se medesimo. Bensì la sua capacità di travagliare è poco
durevole. ec.} Ma il corpo non opera se non mosso dall'animo. Quindi è
che i settentrionali sebbene senza controversia sia lor propria l'attività e
laboriosità, pur sono veramente i più quieti popoli della terra; e i meridionali
i più inquieti, benchè sia lor propria l'infingardaggine. I settentrionali hanno
bisogno di grandissimo impulso a muoversi, a sollevarsi, a cercar novità: ma
3348 mossi che sieno, non sono facili a racquietare.
Vedesi nelle loro storie, nelle quali, massime nelle moderne, e massime in
quelle della Germania, pochissime rivoluzioni si
troveranno (specialmente a paragone di quelle de' meridionali) ma queste
lunghissime, come quella di religione mossa da Lutero, e convertita ben tosto in rivoluzione politica. Sopportano
facilmente la tirannia, finch'ella non gli spinge à
bout, come gli Svizzeri. Ubbidiscono volentieri, e comandati
travagliano (anche eccessivamente) più volentieri che se operassero
spontaneamente. Vedesi nella loro milizia. I meridionali sono facili e pronti e
frequenti a muoversi, rivoltosi, poco tolleranti della tirannide, poco amici
dell'ubbidire, ma facilissimi ancora a racquietare, facilissimi a ritornare in
riposo; mobili, volubili, instabili, vaghi di novità politiche, incapaci di
mantenerla[mantenerle]; vaghi di libertà,
incapaci di conservarla; al contrario de' settentrionali che di rado la cercano,
{poco} se ne curano; cercata o comunque acquistata,
lunghissimamente la conservano. Infatti essi, e in particolare i tedeschi o
teutoni, sono i soli in europa che serbino qualche
vestigio di libertà, qualche immagine
3349 delle
antiche repubbliche; i soli appo cui le repubbliche si veggano per esperienza
poter durare anche a' tempi moderni. Verbigrazia gli Svizzeri, le città libere
di Germania, le repubblichette de' Fratelli Moravi ec.
Nel mezzogiorno d'Europa non esiste più neppure un'ombra
di repubblica in alcun luogo, fuori di San-Marino. In
Germania ve n'ha non poche, ed alcuni piccoli
principati di colà si governano oggi, o per volontà del principe (come Saxe-Gotha) o per
costituzione, quasi a maniera di repubblica e stato franco.
[3676,1]
3676
Alla p. 3349.
Non è da trascurare una differenza che si trova fra il carattere, {il costume ec.} degli antichi settentrionali e abitatori
de' paesi freddi, e quel de' moderni; differenza maggior di quella che suol
trovarsi generalmente dagli antichi ai moderni. Perocchè gli antichi
settentrionali ci sono dipinti dagli storici per ferocissimi, inquietissimi,
attivissimi non solo di carattere, ma di fatto, {+per impazienti del giogo, sempre vaghi di novità, sempre
macchinanti, sempre ricalcitranti e insorgenti,} e per quasi
assolutamente indomabili e indomiti. Germani, Sciti ec. I moderni al contrario
sono così domabili, che certo niun popolo meridionale lo è altrettanto. E tanto
son lungi dalla ferocia, che non v'ha gente più buona, più mansueta, più
ubbidiente, più tollerante di loro. E se v'ha parte
d'europa dove meno si macchini, e si ricalcitri al
comando, e si desideri novità e si odi la soggezione, ciò è per l'appunto fra i
popoli settentrionali. In questa tanta diversità di effetti hanno certamente
gran parte da un lato la diversità de' governi antico e moderno, dall'altro la
poca coltura del popolo nelle regioni settentrionali. Ma grandissima parte v'ha
certamente ancora la differenza materiale della vita. Gli antichi
3677 settentrionali, mal difesi contra le inclemenze
dell'aria dalle spelonche, proccurantisi il vitto colla caccia (Georg. 3. 370. sqq.
etc.), alcuni anche erranti e senza tetto, come gli Sciti ec., erano
anche più ὑπαίθριοι di vita, che non sono i meridionali oggidì. Introdotti gli
usi e i comodi sociali, i popoli {civilizzati} del Nord
divennero naturalmente i più casalinghi della terra. Niuna cosa rende
maggiormente quiete e pacifiche sì le nazioni che gl'individui, niuna men
cupidi, anzi più nemici di novità, che la vita casalinga e le abitudini
domestiche, le quali affezionano al metodo, rendono contenti del presente ec.
come ho detto ne' pensieri citati in quello a cui questo si riferisce pp. 2752-55
pp. 2926-28. Quindi è
seguíto che non per sole circostanze passeggere e accidentali, come la maggiore
o più divulgata e comune coltura di spirito ec. ma naturalmente e costantemente,
nel sistema di vita sociale, e dopo resa la civiltà comune al nord come al sud,
i popoli del mezzogiorno, come meno casalinghi, sieno
stati, sieno, ed abbiano a essere più inquieti e più attivi di quelli del settentrione, sì d'animo, sì di fatti,
3678 al contrario di quello che porterebbe la pura
natura degli uni e degli altri comparativamente considerata. Ond'è che i
settentrionali moderni e civili sieno in verità molto più diversi e mutati da'
loro antichi, che non sono i meridionali dagli antichi loro, sì di carattere, sì
di usi, di azioni ec.
[4250,1] Ho detto altrove pp. 2752-53 che
nella primavera l'uomo suole sentirsi più scontento del suo stato, che negli
altri tempi. Così ancora nella state più che nel verno. La cagione è che allora
l'uomo patisce meno. Però desidera più il godimento e il piacere diretto. Nella
primavera poi tanto più sensibile è questo desiderio, quanto è più sensibile la
privazione del patimento e dell'incomodità che reca il freddo, la qual cessa
allora appunto. La infermità, il timore, il patimento di qualunque sorta volgono
l'amor del piacere nell'amor del non patire, o del fuggire il pericolo. l'animo
in quello stato, è meno esigente. Il non patire è più possibile ad ottenersi che
il godere. Però nell'inverno si sente meno la scontentezza del proprio essere,
che nella buona stagione. Nella quale l'animo ripiglia la sua avidità del
piacere; e, come è naturale, nol ritrova mai.
(Recanati 2. Marzo. 1827. 1. Venerdì di
Marzo.).
[4282,10] L'estate, oltrechè liberandoci dai patimenti,
produce in noi il desiderio de'
4283 piaceri, ci dà
anche una confidenza di noi stessi, e un coraggio, che nascono dalla facilità e
libertà di agire che noi proviamo allora per la benignità dell'aria. Dalla qual
sicurezza d'animo, e fiducia di se, nasce, come sempre, della magnanimità, della
inclinazione a compatire, a soccorrere, a beneficare; siccome dalla diffidenza
che produce il freddo, nasce l'egoismo, l'indifferenza per gli altri ec.
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