[245,1] L'irresoluzione è peggio della disperazione. Questa
massima mi venne profferita nettamente e letteralmente in sogno l'altro ieri a
notte, in occasione che mio fratello mi pareva deliberato per disperazione
di farsi Cappuccino, e io ricusava di allegargli quelle ragioni che gli
avrebbero sospeso l'animo, adducendo la detta massima. (14. Settbre
1820.).
[538,1] È cosa evidente e osservata tuttogiorno, che gli
uomini di maggior talento, sono i più difficili a risolversi tanto al credere,
quanto all'operare; i più incerti, i più barcollanti, e temporeggianti, i più
tormentati da quell'eccessiva pena dell'irresoluzione: i più inclinati e soliti
a lasciar le cose
539 come stanno; i più tardi, restii,
difficili a mutar nulla del presente, {malgrado l'utilità o
necessità conosciuta.} E quanto è maggiore l'abito di riflettere, e la
profondità dell'indole, tanto è maggiore la difficoltà e l'angustia di
risolvere. (21. Gen. 1821.).
[539,1] Ma non perciò è segno di molto talento il soler sempre
e subito determinarsi a non credere (come anche a non fare). Anzi perciò appunto
è indizio di piccolo spirito. Il non credere, è una determinazione: e gli uomini
veramente sapienti, e profondi, ed esperti, sanno quante cose possano essere,
quanto sia difficile il negare, quanto sia vero che dall'incertezza e oscurità
delle cose, dalla difficoltà di affermare, deriva necessariamente anche quella
di negare, cioè affermare che una cosa non è, genere anch'esso di affermazione.
E però se una cosa non manca affatto di prova, o di prova sufficiente a muover
dubbio, o s'ella non è del tutto assurda, o riconosciuta evidentemente da lui
stesso per falsa o col fatto, o colla ragione; eccetto in questi casi,
540 il vero saggio e filosofo e conoscitore delle cose
(in quanto sono conoscibili), ἐπέχει καὶ διασκέπτεται, e ritiene come l'assenso
così anche il dissenso. Ma uomini di non molto ingegno, bensì di molta
apparenza, o desiderio di essa apparenza, credono mostrar talento quando al
primo aspetto di una proposizione o cosa non ordinaria, o difficile a credere (o
non concorde colle loro opinioni e principii, o non ben dimostrata o fondata),
si determinano subito a non credere. E se ne compiacciono seco stessi, e si
credono forti di spirito, perchè sanno {determinatamente} e prontamente non credere, quando è tutto
l'opposto. E se bene in questo si mescola spesse volte l'ostentazione, non è
però che non lo facciano ordinariamente di buona fede, e con verità, e che
l'interno non corrisponda alle parole. Giacchè hanno veramente questa facilità di risolversi a non credere.
Perchè appunto sono lontani dalla vera e perfetta sapienza, e cognizione delle
cose. (22. Gen. 1821.).
[595,2]
᾽Αμαϑία μὲν ϑράσος,
λογισμὸς δ᾽ ὄκνον ϕέρει.
*
L'ignoranza fa l'uomo pronto,
596 la considerazione ritenuto; L'ignoranza fa che
l'uomo si risolva facilmente, la ragione difficilmente. In
latino traducono così: Inscitia
quidem audaciam, consideratio autem tarditatem fert.
*
Sentenza di Tucidide, lib. 2.
nell'orazione funebre detta da Pericle, che incomincia, οἱ μὲν πολλοὶ τῶν
ἐνϑάδε ἤδη εἰρηκότων
*
. Sentenza celebre presso gli antichi.
Luciano: (in {Epist.
ad Nigrinum, quae praemittitur} Nigrino, seu de Philosophi
moribus) ᾽Αποϕεύγοιμ᾽ ἂν
*
{(scamperò)}
εἰκότως καὶ τὸ τοῦ Θουκυδίδου λέγοντος, ὅτι ἡ ἀμαϑία
μὲν, ϑρασεῖς, ὀκνηροὺς δὲ τὸ λελογισμένον ἀπεργάζεται.
*
Imperitia audaces, res autem
considerata timidos efficit.
*
Plinio
(Epist. IV.
7.): Hanc ille vim, (seu quo alio
nomine vocanda est intentio quicquid velis obtinendi) si ad potiora
vertisset, quantum boni efficere potuisset? quanquam minor vis
bonis, quam malis inest, ac sicut ἀμαϑία μὲν ϑράσος, λογισμὸς
δὲ ὄκνον ϕέρει, ita recta ingenia debilitat
verecundia, perversa
597 confirmat
audacia.
*
S. Girolamo: (Epist. 126. ad Evagr. (così
è numerata nella mia edizione t. 3. p. 31. a.) Tuum certe spiritualem illum interpretem non
recipies; qui imperitus sermone et scientia, tanto supercilio et
auctoritate Melchisedek
Spiritum Sanctum pronunciavit, ut illud verissimum comprobarit, quod
apud Graecos canitur: imperitia confidentiam, eruditio timorem
creat.
*
[1998,1] L'uomo riflessivo ha spessissimo bisogno di esser
determinato da un uomo irriflessivo o per natura o per abito, o da circostanze
imperiose, ec. Egli ha più bisogno di consiglio che qualunque altro, non perchè
non veda abbastanza da se, ma perchè troppo vede,
1999
dal che segue un'irresoluzione abituale e penosissima. (27. Ott.
1821.).
[2391,1]
2391
Ma nulla fa chi troppe
cose pensa.
*
Tasso
Aminta, Atto 2. scena 3. v. ult.
(20. Feb. primo di Quaresima. 1822.).
[2528,1]
Alla p. 2496.
fine. Finchè si fa conto de' piaceri, {e} de'
propri vantaggi, e finchè l'uso, il frutto, il risultato della propria vita si
stima per qualche cosa, e se n'è gelosi, non si prova mai piacere alcuno.
Bisogna disprezzare i piaceri, contar per nulla, per cosa di niun momento, e
indegna di qualunque riguardo {e custodia,} i propri
vantaggi, quelli della gioventù, e se stesso; considerar
2529 la propria vita {gioventù ec.} come già
perduta, o disperata, o inutile, come un capitale da cui non si può più tirare
alcun frutto notabile, come già condannata o alla sofferenza o alla nullità; e
metter tutte queste cose a rischio per bagattelle, e con poca considerazione, e
senza mai lasciarsi cogliere dall'irresoluzione neanche nei negozi più
importanti, nemmeno in quelli che decidono di tutta la vita, o di gran parte di
essa. In questo solo modo si può goder qualche cosa. Bisogna vivere εἰκῇ, témere, à l'hasard, alla ventura. (30. Giugno.
1822.). {{V. p.
2555.}}
[3040,1] L'uomo in cui concorressero grande {e colto} ingegno, e risolutezza, si può affermare
senz'alcun dubbio che farebbe {e otterrebbe} gran cose
nel mondo, e che certo non potrebbe restare oscuro, in qualunque condizione
l'avesse posto la fortuna della nascita. Ma l'abito della prudenza nel
deliberare esclude ordinariamente la facilità e prontezza del risolvere, ed
anche la fermezza nell'operare. Di qui è che gli uomini d'ingegno grande ed
esercitato sono per lo più, anzi quasi sempre prigionieri, per così dire,
dell'irresolutezza, {+difficili a
risolvere, timidi, sospesi, incerti, delicati, deboli nell'eseguire.}
Altrimenti essi dominerebbero il mondo, il quale, perchè la risolutezza per se
può sempre più che la prudenza sola, fu {ed è} e sarà
sempre in balia degli uomini mediocri. (26. Luglio, dì di S. Anna.
1823.).
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