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30. Giugno. 1822.

[2528,1]  Alla p. 2496. fine. Finchè si fa conto de' piaceri, {e} de' propri vantaggi, e finchè l'uso, il frutto, il risultato della propria vita si stima per qualche cosa, e se n'è gelosi, non si prova mai piacere alcuno. Bisogna disprezzare i piaceri, contar per nulla, per cosa di niun momento, e indegna di qualunque riguardo {e custodia,} i propri vantaggi, quelli della gioventù, e se stesso; considerar  2529 la propria vita {gioventù ec.} come già perduta, o disperata, o inutile, come un capitale da cui non si può più tirare alcun frutto notabile, come già condannata o alla sofferenza o alla nullità; e metter tutte queste cose a rischio per bagattelle, e con poca considerazione, e senza mai lasciarsi cogliere dall'irresoluzione neanche nei negozi più importanti, nemmeno in quelli che decidono di tutta la vita, o di gran parte di essa. In questo solo modo si può goder qualche cosa. Bisogna vivere εἰκῇ, témere, à l'hasard, alla ventura. (30. Giugno. 1822.). {{V. p. 2555.}}