Arte del comporre, presso gli antichi e presso i moderni.
The art of composition, among the ancients and among the moderns.
2475,2 4213,7 4267,3 4268,7Arte del comporre. Segno di possederla, lo stimarla difficile; e viceversa: e così di tutte le arti.
The art of composition. Sign of mastering this art is regarding it as difficult and vice versa; applied to all the arts.
3673,1[2475,2] Chi negherà che l'arte del comporre non sia oggi e
infinitamente meglio e più chiaramente e distintamente considerata, svolta,
esposta, conosciuta, dichiarata {in tutti i} suoi
principii, eziandio più intimi, e infinitamente più divulgata fra gli uomini, e
più nelle mani degli studiosi, e aiutata oltracciò di molto maggior quantità di
esempi e modelli, che non era presso gli antichi? e massime presso quegli
antichi e in quei secoli ne' quali meglio e più perfettamente e immortalmente si
scrisse? Eppure
2476 dov'è oggi in qualsivoglia nazione
o lingua, non dico un Cicerone
(quell'eterno e supremo modello d'ogni possibile perfezione in ogni genere di
prosa), non dico un Tito Livio, ma uno
scrittore che nella lingua e nel gener suo abbia tanto valore quanto n'ha
qualunque non degli ottimi, ma pur de' buoni scrittori greci o latini? E dov'è
poi un numero di scrittori, non dico ottimi, ma buoni, uguale a quello che
n'hanno i greci e i latini? Trovatemelo, se potete, ponendo insieme {tutti} i migliori scrittori di tutte le nazioni
letterate, dal risorgimento delle lettere sino a oggidì. E dico buoni
precisamente in quel che spetta all'arte del comporre, e del saper dire {una cosa,} e
trattare un argomento con tutta la perfezione di quest'arte. Dico buoni
quanto alla lingua loro, qualunqu'ella sia, e perfetti in essa e padroni, come
fu Cicerone della latina, o come lo
furono gli altri scrittori latini e greci, men grandi di Cicerone in questo e nel rimanente, ma pur buonissimi e
classici.
2477 Dico buoni in questo senso, giacchè non
entro nell'arte del pensare, ec. E quel che dico de' prosatori, dico anche de'
poeti, colle stesse restrizioni, e quanto al modo di trattare e significare le
cose immaginate: chè l'invenzione e l'immaginazione {in se
stesse e {{assolutamente}} considerate,}
appartengono a un altro discorso.
[4213,7]
Οἱ γὰρ πάλαι ῥήτορες
ἱκανὸν αὐτοῖς ἐνόμιζον εὑρεῖν τε τὰ ἐνθυμήματα, καὶ τῇ φράσει περιττῶς
ἀπαγγεῖλα
*
(phrasi eximia). ἐσπoύδαζον γὰρ
τὸ ὅλον περί τε τὴν λέξιν καὶ τòν ταύτης κόσμον· πρῶτον μὲν ὅπως εἴη
σημαντικὴ καὶ εὐπρεπής
*
(significativa et venusta), εἶτα καὶ ἐναρμόνιoς ἡ τoύτων σύνϑεσις
*
(compositio). ἐν τoύτῳ γὰρ αὐτoῖς καὶ τὴν πρòς τoὺς
ἰδιώτας διαϕορὰν ἐπὶ τὸ κρεῖττoν περιγίνεσϑαι
*
(ex hoc enim se
praestituros vulgo loquentium). {Cecilio rettorico siciliano,} parlando
di Antifonte,
uno dei 10. Oratori Greci, ap. Phot. cod. 259. col. 1452. ed. gręc. lat.
[4267,3]
Τhe ancients (to
say the least of them) had as much genius as we; they constantly applied
themselves not only to that art, but to that single branch of an art, to
which their talent was most powerfully bent; and it was the business of
their lives to correct and finish their works for posterity. If we can
pretend to have used the same industry, let us expect the same
immortality: Though, if we took the same care, we should still lie under
a farther misfortune: Τhey writ in languages that became universal and
everlasting, while ours are extremely limited both in extent and {in} duration. A mighty foundation for our pride!
when the utmost we can hope, is but to be read in one island, and to be
thrown aside at the end of an age.
*
4268
Pope
Prefazione generale alla Collezione delle sue
Opere {giovanili (Collezione pubblicata nel
1717.)} data Nov. 10. 1716.
Pope era nato del 1688.
[4268,7] È osservazione antica che quanto decrescono nelle
repubbliche e negli stati le virtù vere, tanto crescono le vantate, e le
adulazioni; e similmente, che a misura che decadono le lettere e i buoni studi,
si aumentano di magnificenza i titoli di lode che si danno agli scienziati e a'
letterati, o a quelli che in sì fatti tempi sono tenuti per tali. Il somigliante
par che avvenga circa il modo della pubblicazione dei libri. Quanto lo stile
peggiora, e divien più vile, più incolto, più εὐτελής, di meno spesa; tanto
cresce l'eleganza, la nitidezza, lo splendore, la magnificenza, {il costo e vero pregio e valore} delle edizioni.
Guardate le stampe francesi d'oggidì, anche quelle delle semplici brochures e fogli volanti ed efimeri. Direste che non
si può dar cosa più perfetta
4269 in tal genere, se le
stampe d'Inghilterra, quelle eziandio de' più passeggeri
pamphlets, non vi mostrassero una perfezione molto
maggiore. Guardate poi lo stile di tali opere, così stampate; il quale a prima
giunta vi parrebbe che dovesse esser cosa di gran valore, di grande squisitezza,
condotta con grand'arte e studio. Disgraziatamente l'arte e lo studio son cose
oramai ignote e sbandite dalla professione di scriver libri. Lo stile non è più
oggetto di pensiero alcuno. Paragonate ora e le stampe dei secoli passati, e gli
stili di quei libri così modestamente, così umilmente, e spesso {(vilmente, abbiettamente)} poveramente impressi; colle
stampe e gli stili moderni. Il risultato di questa comparazione sarà che gli
stili antichi e le stampe moderne paion fatte per la posterità e per l'eternità;
gli stili moderni e le stampe antiche, per il momento, e quasi per il
bisogno.
[3673,1] Colla medesima proporzione che altri viene
perfettamente e veramente conoscendo e intendendo le difficoltà del bene
scrivere, egli impara
3674 a superarle. Nè prima si
conosce e intende compiutamente, intimamente, distintamente e a parte a parte
tutta la difficoltà dell'ottimo scrivere, che altri sappia già ottimamente
scrivere. E ciò per la stessa ragione per cui l'arte di bene scrivere, e il
modo, e che cosa sia il bene scrivere, non può essere compiutamente conosciuto e
inteso se non da chi compiutamente possegga la detta arte, cioè sappia
interamente metterla in opera. Sicchè in un tempo medesimo e si conosce la
difficoltà {del perfetto scrivere,} e s'impara il modo
di vincerla e se n'acquista la facoltà. E solo colui che sa perfettamente
scrivere ne comprende sino al fondo tutta la difficoltà, nè altrimenti può mai
bene scrivere, ancorch'ei {già} sappia compiutamente
farlo, che con grandissima difficoltà. Coloro che male scrivono, stimano che il
bene scrivere sia cosa facile, e scrivono al loro modo agevolmente, credendosi
di scriver bene. E peggio e' sogliono scrivere, più facile stimano {{che sia}} lo scriver bene, e più facilmente scrivono. Il
considerare il bene scrivere per cosa molto difficile, è certissimo segno di
esser già molto avanzato
3675 nel sapere scrivere,
purchè questo tale sia veramente ed intimamente persuaso della difficoltà ch'ei
dice, e non la affermi solamente a parole e mosso da quello ch'ei n'intende
dire, e dalla voce comune. (Perocchè anche chi non sa scrivere, dice che il bene
scrivere è molto difficile, ma e' nol dice per coscienza nè per prova nè con
vera persuasione, e s'egli è uno di quelli che s'intrigano di scrivere e che
presumono di saperlo fare, certo è ch'egli in verità non crede che ciò sia
difficile, come comunemente si dice, e com'ei pur dice cogli altri). Per lo
contrario lo stimare che il bene scrivere sia cosa facile o poco difficile, e il
confidarsi di poterlo e saperlo agevolmente fare, o poterlo apprender con poco,
e[è] certo segno di non saper far nulla, e
di esser sui principii nel possesso dell'arte, o molto indietro. {+(Così è
generalmente di tutte le arti, scienze ec.)} Da queste osservazioni si
dee raccogliere quanti possano esser quelli che perfettamente conoscano il
pregio, e stimino il travaglio, il sapere, l'arte e l'artifizio di una perfetta
scrittura e di un perfetto scrittore, del che a pagg. 2796-9. (12. Ott. 1823.
Domenica.).
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