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[2208,1]  L'egoismo del timore spingeva gli Americani (ed altri antichi, massime ne' grandi disastri ec. o altri popoli barbari) ad immolar vittime umane ai loro Dei, fatti veramente dal timore (primos in orbe deos fecit timor * ), e non per altra cagione rappresentati e adorati da essi sotto le forme più mostruose e spaventose. Laonde il loro timore essendo abituale, il detto effetto dell'estremo egoismo di questa passione, doveva fra essi e tra coloro che si trovarono o si trovano in simili circostanze, essere un costume. (1. Dic. 1821.).

[2367,3]  In proposito di quanto ho detto altrove pp. 131-32 del Sacerdozio che presso gli antichi non era disgiunto dalle professioni civili e militari ec. ec. nè esigeva alcun particolar genere di vita, di modestia, ritiratezza ec. v. Virg. En. 2. 318. seqq. confrontandolo con 429-30. e soprattutto v. ib. vers. 201. e nota come i sacerdoti si traessero a sorte dal numero de' cittadini, de' magistrati, de' militari ec. e non per sempre, ma per un tal tempo, o per una sola occasione ec. Lascio che  2368 i sacrifizi ec. privati ec. erano eseguiti da quello stesso che offriva la vittima, come da Enea spessissimo e v. in particolare En. 6. 249-54. Fra i greci si sceglievano i sacerdoti per le pubbliche cerimonie, feste, sacrifizi ec. fra i patrizi, e i più ricchi, che potessero spendere ec. ed era questo un carico oneroso, come quello di fornire una trireme ec. {{Alle volte esso era ereditario in certe famiglie ec. V. Senofonte nel Convito c. 8. §. 40.}} (29. Gen. 1822.).

[2387,1]  Ni sabian que pudiesse haver Sacrificio sin que muriesse alguno por la salud de los demàs. * Parole di Magiscatzin, vecchio Senatore Tlascalese a Ferd. Cortès, presso D. Antonio de Solìs, Hist. de la Conquista de Mexico, lib. 3.  2388 capit. 3. en Madrid 1748. p. 184. col. 1. Ecco l'origine e la primitiva ragione de' sacrifizi, e idea della divinità. Si stimava invidiosa e nemica degli uomini, perchè gli uomini lo erano per natura fra loro, e per causa delle tempeste ec. le quali appunto si cercava di stornare co' sacrifizi. Nè si credeva già primitivamente che gli Dei godessero materialmente godessero della carne o sangue o altro che loro si sacrificava, ma della morte e del male della vittima, e che questo placasse l'odio loro verso i mortali, e la loro invidia. Egoismo del timore, che ho spiegato in altro luogo pp. 2206-208. Quindi si facevano imprecazioni ed esecrazioni sulla vittima, che non si considerava già come cosa buona, ma come il soggetto su cui doveva scaricarsi tutto l'odio degli dei, e come sacra solo per questo verso. Quindi quando il timore (o il bisogno, o il desiderio ec.) era maggiore, si sacrificavano uomini, stimando così di soddisfar maggiormente l'odio divino contro di noi. E ciò avveniva o tra' popoli più vili e timidi (e quindi più fieramente egoisti), o più travagliati dalle convulsioni degli elementi (com'erano i Tlascalesi ec.), o ne' tempi più antichi,  2389 e quindi più ignoranti, e quindi più paurosi. E nell'estrema paura, si sacrificavano non solo prigionieri, o nemici, o delinquenti ec. come in america, ma compatrioti, consanguinei, figli, per maggiormente saziare l'odio celeste, come Ifigenia ec. Eccesso di egoismo prodotto dall'eccesso del timore, o della necessità, o del desiderio di qualche grazia ec. (6. Feb. 1822.).

[2497,2]  Ho detto altrove pp. 2206-208 pp. 2387-89 che il timore è la più egoistica passione dell'uomo sì naturale e sì civile. {+Così anche degli altri animali.} Ed è bren[ben] dritto, perocchè l'oggetto del timore pone in pericolo (vero o creduto) l'esistenza o il ben essere di quel sè che il vivente ama per propria essenza  2498 sopra ogni cosa. L'uomo il più sensibile per abito e per natura, il più nobile, il più affettuoso, {{il più virtuoso,}} occupato anche attualmente, poniamo caso, da un amore il più tenero e vivo, se con tutto ciò è suscettibile del timor violento, trovandosi in un grave pericolo (vero o immaginato) abbandona l'oggetto amato, preferisce (e dentro se stesso e coll'opera) la propria salvezza a quella di quest'oggetto, ed è anche capace in un'[un] ultimo pericolo di sacrificar questo oggetto alla propria salute, dato il caso che questo sacrifizio (in qualunque modo s'intenda) gli fosse, o gli paresse dovergli esser giovevole a scamparlo. Tutti i vincoli che legano l'animale ad altri oggetti, o suoi simili o no, si rompono col timore. (26. Giugno 1822.).

[2630,1]  Ho detto altrove pp. 2206-208 pp. 2387-89 pp. 2497-98 che il timore è la più egoistica delle passioni. Quindi ciò ch'è stato osservato, che in tempo di pesti, o di pubblici infortuni, dove ciascun teme per se medesimo, i pericoli e le morti de' nostri più cari, non {ci} producono alcuno o quasi alcun sentimento. (5. Ottobre. 1822.).

[2669,1]  Sopra quello che ho detto altrove pp. 2206-208 pp. 2387-89 che l'uso de' sacrifizi nacque dall'egoismo del timore. Toutes les fois que le courroux des dieux se déclare par la famine, par une épidémie ou d'autres fléaux on tâche de le détourner sur un homme et sur une femme du peuple, entretenus par l'état pour être, au besoin, des victimes expiatoires, chacun au nom de son sexe. On les promène dans les rues au son des instrumens; et après leur avoir donné quelques coups de verges, on les fait sortir de la ville * (d'Athènes). Autrefois on les condamnoit aux flammes et on jetoit leurs cendres au vent. {+(Aristoph. in equit. v. 1133. Schol. ibid. Id. in ran.[Ranae] v. 745. Schol. ib. Hellad. ap. Phot. p. 1590. Meurs. graec. fer. in thargel.).} * Voyage du jeune  2670 Anacharsis en Grèce t. 2. ch. 21. 2e édit. Paris 1789. p. 395. Vedete anche nello stesso capit. la 3a pag. avanti a questa, circa i sacrifizi di vittime umane, i quali si facevano principalmente ne' maggiori pericoli e timori, come dice altrove il medesimo autore. (7. Feb. 1823.). {{V. p. 2673.}}

[3638,3]  Primos in orbe deos fecit timor. * Intorno a ciò altrove p. 2208 pp. 2387-89. Or si aggiunga, che siccome quanto è maggior l'ignoranza tanto è maggiore il timore, e quanta più la barbarie tanta {è} più l'ignoranza, però si vede che le idee de' più barbari e selvaggi popoli circa la divinità, se non forse in alcuni climi tutti piacevoli, sono per lo più spaventose ed odiose, come di esseri tanto di noi invidiosi e vaghi del nostro male quanto più forti di noi. Onde le immagini ed idoli che costoro si fabbricano de' loro Dei, sono mostruosi e di forme terribili, non solo per lo poco artifizio di chi fabbricolle, ma eziandio perchè tale si fu la intenzione e la idea dell'artefice. E vedesi questo medesimo anche in molte nazioni che benchè lungi da civiltà pur non sono senza cognizione ed  3639 uso sufficiente di arte in tali ed altre opere di mano ec. come fu quella de' Messicani, {#1. i cui idoli più venerati eran pure bruttissimi e terribilissimi d'aspetto {come} d'opinione. Molte nazioni selvagge, o ne' lor principii, riconobbero per deità questi o quelli animali più forti dell'uomo, e forse tanto più quanto maggiori danni ne riceveano, e maggior timore ne aveano, e minori mezzi di liberarsene, combatterli, vincerli ec. La forza superiore all'umana è il primo attributo riconosciuto dagli uomini nella divinità. V. p. 3878.} E certo egli è segno di civiltà molto cresciuta e bene istradata il ritrovare in una nazione e la idea e le immagini o simboli o significazioni della divinità, piacevoli o non terribili. Come fu in Grecia, sebben molto a ciò dovette contribuire la piacevolezza e moderatezza di quel clima, che nulla o quasi nulla offre mai di terribile. Perocchè le forze della natura vedute negli elementi ec., riconosciute per superiori di gran lunga a quelle degli uomini, e, a causa dell'ignoranza, credute esser proprie di qualche cosa animata e capace, come l'uomo, di volontà, poichè è capace di movimento, di muovere ec.; sono state le cose che hanno suscitata l'idea della divinità (perchè gli uomini amano e son soliti di spiegar con un mistero un altro mistero, e d'immaginar cause indefinibili degli effetti che non intendono, e di rassomigliare l'ignoto al noto; come le cause ignote de' movimenti naturali, alla volontà ed all'altre forze note che producono i movimenti animali ec.), ond'è ben naturale che tale  3640 idea corrispondesse alla natura di tali effetti, e fosse terribile se terribili, moderata se moderati, piacevole se piacevoli ec. e più e meno secondo i gradi ec. Se non che nell'idea primitiva dovette sempre prevalere o aver gran parte il {terribile,} perchè essendo l'uomo naturalmente inclinato più al timore che alla speranza, {#1. come altrove in più luoghi pp. 458-59 pp. 1303-304 pp. 2206-208 pp. 3433-35} una forza superiore affatto all'umana, dovette agl'ignoranti naturalmente aver sempre del formidabile. Oltre che in ogni paese v'ha tempeste, benchè più o meno terribili ec. E tra le varie divinità di una nazione che ne riconosca più d'una, di una mitologia ec., le più antiche son certamente le più formidabili e cattive, e le più amabili e benefiche ec. son certamente le più moderne. {Le nazioni più civilizzate adoravano gli animali utili, domestici, mansueti ec. come gli egizi il bue, il cane, o loro immagini. Le più rozze, gli animali più feroci, o loro sembianze (v. la parte 1. della Cron. del Peru di Cieça, cap. 55. fine. car. 152. p. 2.). Quelle p. e. il sole o solo o principalmente, queste, o sola o principalmente la tempesta ovvero ec. ec. {+E a proporzione della rozzezza o civiltà, gli Dei ec. malefici e benefici erano stimati più o men principali e potenti, ed acquistavano o perdevano nell'opinione e religion del popolo, e nelle mitologie, e riti ec.} V. p. 3833.} Come della mitologia greca e latina ec. senza dubbio si dee dire. Infatti anche indipendentemente da questa osservazione, s'hanno argomenti di fatto per asserire che {p. e.} Saturno, Dio crudele e malefico, {#2. e rappresentato per vecchio, brutto, e d'aspetto come d'indole e di opere, odioso,} fu l'uno de' più antichi Dei della Grecia o della nazione onde venne la greca e latina mitologia, e più antico di Giove ec. Effettivamente la detta mitologia favoleggia che Saturno regnò prima di Giove,  3641 e da costui fu privato del regno. La qual favola o volle espressamente significare la mutazione delle idee de' greci ec. circa la divinità, e il loro passaggio dallo spaventoso all'amabile ec. cagionato dal progresso della civiltà, e decremento dell'ignoranza; o (più verisimilmente) ebbe origine e occasione da questo passaggio, di essere inventata naturalmente.

[3797,1]  {Io noto che generalmente parlando,} le dette crudeltà ec. tanto sono {più} frequenti e maggiori, e le guerre tanto più feroci e continue e micidiali ec. quanto i popoli sono più vicini a natura. E astraendo dall'odio e dagli effetti suoi, non si troverà popolo alcuno {così} selvaggio, cioè così vicino a natura, nel quale se v'è società stretta, non regnino costumi, superstizioni ec. tanto più lontani e contrarii a natura quanto lo stato della lor società ne è più vicino, cioè più primitivo. Qual cosa più contraria a natura di quello che una specie {di animali} serva al mantenimento e cibo di se medesima? Altrettanto sarebbe aver destinato un animale a pascersi di se medesimo, distruggendo effettivamente quelle proprie parti di ch'ei si nutrisse. La natura ha destinato molte specie di animali a servir di cibo e sostentamento l'une all'altre, ma che un animale si pasca del suo simile, e ciò non per eccesso straordinario di fame, ma regolarmente, e che lo appetisca, e lo preferisca agli altri cibi; questa incredibile assurdità non si trova in altra specie che nell'umana. Nazioni intere, di costumi quasi primitive, se non che sono strette in una informe società, usano ordinariamente o usarono per secoli e secoli questo costume, e non pure verso i nemici, ma verso i compagni, i maggiori, i genitori vecchi, le mogli, i figli. {#1. L'antropofagia era e fu per lunghissimi secoli propria di forse tutti i popoli barbari e selvaggi d'America sì meridionale che settentrionale (escludo il paese comandato dagl'incas, i quali tolsero questa barbarie, e l'impero messicano e tutti i paesi un poco colti ec.) e lo è ancora di molti, e lo fu ed è di moltissimi altri popoli selvaggi affatto separati tra loro e dagli americani. L'antropofagia fu ben conosciuta da Plinio e dagli altri antichi ec. ec. E forse tutti i popoli ne' loro principii (cioè per lunghissimo tempo) furono antropofagi. v. p. 3811.} {{(Veggansi i luoghi citati nella pagina antecedente [p. 3795,2]).}}  3798 Le superstizioni, le vittime umane, anche di nazionali e compagni, immolate non per odio, ma per timore, come altrove s'è detto p. 2208 pp. 2388-89 pp. 2669-70 pp. 3641-43 , e poi per usanza; i nemici ancora immolati crudelissimamente agli Dei senza passione alcuna, ma per solo costume; il tormentare il mutilare ec. se stessi per vanità, per superstizione, per uso; l'abbruciarsi vive le mogli spontaneamente dopo le morti de' mariti; il seppellire uomini e donne vive insieme co' lor signori morti, come s'usava in moltissime parti dell'America meridionale; ec. ec. son cose notissime. Non v'è uso, o azione, o proprietà {o credenza} ec. tanto contraria alla natura che non abbia avuto o non abbia ancor luogo negli uomini riuniti in società. E sì i viaggi sì le storie tutte delle nazioni antiche dimostrano che quanto la società fu o è più vicina a' suoi principii, tanto la vita degl'individui e de' popoli fu o è più lontana e più contraria alla natura. Onde con ragione si considerano tutte le società primitive e principianti, come barbare, e così generalmente si chiamano, e tanto più barbare quanto più vicine a' principii loro. Nè mai si trovò, nè si trova, nè troverassi società, come si dice, di selvaggi, cioè primitiva, che non si chiami, e non sia veramente, o non fosse, affatto barbara e snaturata. (o vogliansi considerar quelle che mai non furon civili, o quelle che poscia il divennero, quelle che il sono al presente ec. ec.). Dalle quali osservazioni si deduce per cosa certa e incontrastabile che l'uomo non ha potuto arrivare a quello stato di società che or si considera come a lui conveniente e naturale, e come perfetto o manco  3799 imperfetto, se non passando per degli stati evidentemente contrarissimi alla natura. Sicchè se una nazione qualunque, si trova in quello stato di società che oggi si chiama buono, s'ella è o fu mai, come si dice, civile; si può con certezza affermare ch'ella fu, e per lunghissimo tempo, veramente barbara, cioè in uno stato contrario affatto alla natura, alla perfezione, alla felicità dell'uomo, ed anche all'ordine e all'analogia generale della natura. I primi passi che l'uomo fece o fa verso una società stretta lo conducono di salto in luogo così lontano dalla natura, e in uno stato così a lei contrario, che non senza il corso di lunghissimo tempo, e l'aiuto di moltissime circostanze e d'infinite casualità (e queste difficilissime ad accadere) ei si può ricondurre in uno stato, che non sia affatto contrario alla natura ec.

[3894,2]  Alla p. 3883. La superstizione sia speculativa sia pratica è figlia della società, ed inseparabile da essa società quanto si voglia civile come dimostrano tutte le istorie. Anzi par ch'ella, a differenza di tanti altri incomodi e barbarie della società primitiva, cresca a proporzione della civiltà; e certo si son trovati e trovano alcuni popoli selvaggi senza superstizione alcuna, almeno efficace e che influisca sulla vita in niun modo, e che sia causa di veruna infelicità esteriore nè interiore; ma niun popolo civile si trovò mai nè si trova nè troverassi in cui la superstizione più o manco, e in uno o altro modo, non regni, per civilissimo ch'ei si fosse, o si sia, o che sia p. essere. {Puoi vedere le Lettere di Federico II. e d'Alembert, Lett. 49. p. 125. seg. paragonandola colla lett. 45. p. 117. e lett. 47. p. 120 fine- 121. e lett. 53. p. 135. fin. e lett. 70. p. 185. fine.} Or di quanti {+e quanto gran} mali sia stata e sia causa la superstizione per sua natura sì a' popoli sì agl'individui, sì verso gli altri sì verso se stessi, travagliandoli sì esternamente sì internamente, per rispetto ai costumi, agl'istituti, alle azioni, alle opinioni ec.; quanti beni e quanto grandi abbia impedito e impedisca per sua natura ec. non accade dilungarsi a mostrarlo, {anzi neppure a} ricordarlo, {essendo già e provato e notissimo.} (19. Nov. 1823.). {+Certo la superstizione non ha luogo negli animali anche i più socievoli. Dunque l'uomo per natura è men sociale che alcun'altra specie ec. V. la p. 3896.}

[4001,1]  A proposito delle divinità benefiche, che altrove ho detto pp. 3638-45 essere ed essere state venerate, inventate ec. dalle nazioni civili, e più quanto più civili, si aggiunga che non solo benefiche, ma graziose, amabili ec. ancorchè non benefiche, o indifferenti ec. come tante divinità, allegorici personaggi, personificazioni di qualità o soggetti ec. naturali, umani ec. nella mitologia greca ec. ec. (24. Dec. Vigilia del S. Natale. 1823.).

[4126,6]  Circa l'origine, se non della religione (cioè dell'opinione della divinità), almeno del culto, dal timore v. nell'Abrégé de l'origine de tous les cultes, par Dupuis. Parigi 1821. chap. 4. p. 86-93. come quasi tutti i popoli avendo ammesso due principii, due generi di divinità, le une buone {{e benefiche}}, le altre cattive {e malefiche,} i più selvaggi riducevano o riducono del tutto o principalmente il loro culto alle seconde, ed alcuni anche le stimavano più potenti delle prime, laddove i più civilizzati, (come i Greci nella favola dei Giganti) hanno supposto il principio cattivo vinto e sottomesso dal buono. (19. Marzo. 1825. Festa di S. Giuseppe.)