26. Giugno 1822.
[2497,2] Ho detto altrove pp. 2206-208
pp. 2387-89 che il timore è la più egoistica passione dell'uomo sì
naturale e sì civile. {+Così anche degli
altri animali.} Ed è bren[ben] dritto,
perocchè l'oggetto del timore pone in pericolo (vero o creduto) l'esistenza o il
ben essere di quel sè che il vivente ama per propria essenza
2498 sopra ogni cosa. L'uomo il più sensibile per abito e per natura,
il più nobile, il più affettuoso, {{il più virtuoso,}}
occupato anche attualmente, poniamo caso, da un amore il più tenero e vivo, se
con tutto ciò è suscettibile del timor violento, trovandosi in un grave pericolo
(vero o immaginato) abbandona l'oggetto amato, preferisce (e dentro se stesso e
coll'opera) la propria salvezza a quella di quest'oggetto, ed è anche capace in
un'[un] ultimo pericolo di sacrificar questo
oggetto alla propria salute, dato il caso che questo sacrifizio (in qualunque
modo s'intenda) gli fosse, o gli paresse dovergli esser giovevole a scamparlo.
Tutti i vincoli che legano l'animale ad altri oggetti, o suoi simili o no, si
rompono col timore. (26. Giugno 1822.).