[3782,1] La società stretta, ponendo gl'individui a contatto
gli uni degli altri, dà necessariamente l'essor
all'odio innato di ciascun vivente verso altrui, il qual odio in nessuno animale
è tanto, neppur verso gl'individui di specie diversa e naturalmente nemica,
quanto egli è negl'individui di una società stretta verso gli altri individui
della medesima società! Perchè ogni
3783 odio
naturalmente si accresce a mille doppi colla continua presenza dell'oggetto
odiato, e delle sue azioni ec. massime quando quest'odio sia naturale, in modo
che, per natura, e' non possa esser mai deposto. Ora, checchè si voglia dire, e
in qualunque modo (anche sotto l'aspetto di amore) si mascheri l'odio verso
altrui (così fecondo in trasfigurazioni come l'amor proprio suo gemello), egli è
così vero che l'uomo è odioso all'uomo naturalmente, com'è vero che il falcone è
odioso naturalmente al passero. E quindi tanto è consentaneo riunire insieme in
una repubblica sotto buone leggi i falconi e i passeri (quando anche ai falconi
si tagliassero gli artigli, e si operasse in modo che di forza fisica non
eccedessero i loro compagni), quanto riunire gli uomini insieme in istretta
società sotto qualsivoglia legislazione. E quando anche la società stretta non
accrescesse il detto odio, certo non si potrà negare ch'ella lo sveglia e
l'accende, e ch'ella sola somministra le occasioni di esercitarlo, rendendo così
fatalissimo alla specie {e mettendo in opera} l'odio
scambievole innato negl'individui {d'essa specie,} il
quale senza società o in società larga, sarebbe stato affatto o quasi affatto
innocuo alla specie, ed inefficace, e per mancanza o insufficienza di occasioni
e di stimoli neppur sentito. Il che sarebbe stato conforme alle intenzioni della
natura, ed anche alla ragione assoluta, non essendo presumibile che la natura
abbia voluto che niuna specie (molto manco l'umana) perisse per le sue medesime
mani, o fosse infelicitata (e per conseguenza impeditagli la perfezione e il
fine del suo essere) da'
3784 suoi propri individui;
sicchè ella {medesima} fosse causa di distruzione e
d'infelicità, e quindi imperfezione, a se stessa, e la sua medesima esistenza
cagionasse {direttamente e come propria, non altrui,
opera} la sua non esistenza, sia col distruggersi, sia
coll'infelicitarsi, che è privarsi del proprio fine e complemento, e quindi
rendersi non esistenza, e peggio ancora. {#1. Come il suicidio, o il tormentar se stesso per odio, quello è, questo,
se potesse essere, sarebbe evidentemente contro natura, così la guerra tra
gl'individui d'una specie medesima, le uccisioni scambievoli, e i mali
qualunque proccurati da' simili ai simili, sono cose evidentemente contro
natura, mentre pur sono assolutamente inevitabili, e non accidentali (se non
a una per una, non generalmente e tutte insieme), ma essenziali e costanti
in qualsivoglia società stretta. V. p. 3928.} Queste, essendo contraddizioni evidentissime e
formalissime, sono escluse dal ragionamento assoluto; il principio stesso della
nostra ragione, o si riconosce per falso, e non possiamo più discorrere, o
impedisce di supporre queste contraddizioni nella natura; le quali però vi
avrebbero necessariamente luogo s'ella avesse voluto in qualunque specie una
società stretta, siccome sempre in una societa[società] stretta, qualunque sia stata o sia o sia per essere la sua
forma, hanno avuto ed avranno luogo le cose sopraddescritte. Dal che si deduce
efficacissimamente che il supporre nella natura l'intenzione di una società
stretta in qualsivoglia specie, e massime nell'umana (che da una parte, essendo
la prima, doveva esser la più felice e perfetta, dall'altra, in una società
stretta, è necessariamente più di tutte sottoposta ai detti inconvenienti)
ripugna dirittamente al principio stesso della ragione. La natura non ha posto
nel vivente l'odio verso gli altri, ma esso da se medesimo è nato dall'amor
proprio per natura di questo. Il quale amor proprio è un bene sommo
è[e] necessario, e in ogni modo nasce per se
medesimo dall'esistenza sentita, e sarebbe contraddizione un essere che sentisse
di essere e non si amasse, {come altrove ho dichiarato p.
2499.} Ma da questo principio ch'è un bene e che la natura
non poteva a meno di porre nel vivente, e che
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anzi, senza l'opera diretta della natura, nasce necessariamente dalla stessa
vita (onde la natura medesima, per così dire, lo aveva e lo ha, verso se stessa,
indipendentemente dal suo volere {#1. Vedi
la pag. 3813}); ne nasce
necessariamente l'odio verso altrui, ch'è un male, perchè dannoso di sua natura
alla specie, come ne nascono cento altre conseguenze, che sono mali, e producono
di lor natura effetti dannosissimi, non pure alla specie e agli altri individui,
ma all'individuo medesimo. Or questi effetti non sono stati voluti dalla natura,
nè ella n'ha colpa, (come l'avrebbe), perchè ella ha provveduto che quelle {cattive} conseguenze dell'amor proprio fossero
inefficaci, e tali sarebbero state nell'esser naturale di quel tale individuo e
specie. Così ella dunque ha provveduto che l'odio verso gli altri individui
della stessa specie fosse inefficace, se non per qualche assoluto accidente,
perchè privo di occasione e di stimolo e di circostanza ove potesse operare. E
ciò ha fatto destinando agl'individui di una stessa specie, e fra questi agli
uomini, o niuna società, o scarsa e larga.
3791,13813,13928,53928,5Guerra.2499,13813,13928,5