Animali, diversi di carattere, secondo i climi, come gli uomini.
Animals, different in character according to climate, like humans.
1798,1Animali, forse da civilizzarsi un giorno.
Animals, perhaps to be civilized one day.
4279,4Animali. Amano i colori vivi.
Animals. Love bright colors.
1798,2Abilità degli animali ad assuefarsi a cose non naturali ec.
Ability of animals to get used to unnatural things.
1630,1 1760,1 1763,1 1764,1 1786,23 1787,1.2 1960,1 2691,23 3374,1 3973,1[1798,1] Delle differenze del carattere di una stessa specie
di animali, secondo i climi, v. Rocca, Guerra di Spagna,
Milano 1816. Parte 2. p. 202.
(26. Sett. 1821.).
[4279,4] Congetture sopra una futura civilizzazione dei
bruti, e massime di qualche specie, come delle scimmie, da operarsi dagli uomini
a lungo andare, come si vede che gli uomini civili hanno incivilito molte
nazioni o barbare o selvagge, certo non meno feroci, e forse meno ingegnose
delle scimmie, specialmente di alcune specie di esse; e che insomma la
civilizzazione tende naturalmente a propagarsi,
4280 e
a far sempre nuove conquiste, e non può star ferma, nè contenersi dentro alcun
termine, massime in quanto all'estensione, e finchè vi sieno creature
civilizzabili, e associabili al gran corpo della civilizzazione, alla grande
alleanza degli esseri intelligenti contro alla natura, e contro alle cose non
intelligenti. Può servire per la Lettera a un giovane del
20.o secolo.
[1798,2] Dell'effetto che fa negli animali il color vivo
(siccome pur ve lo fa il suono analogamente a quello che fa nell'uomo), v. ib. p. 203. fine. e 204.
fine. Anch'esso effetto sarà certo differente secondo i climi, e
maggiore ne' meridionali. (Così pure potrà dirsi de' vari suoni). Sarà però
sempre maggiore negli animali che nell'uomo, perchè più naturali. (26.
Sett. 1821.).
[1630,1] Gli ammaestramenti che si danno ordinariamente agli
animali che ci servono, e ch'essi apprendono benissimo, con maggiore o minor
prontezza, secondo i generi, gl'individui e
le circostanze (come cavalli, cani ec.) e con sufficientissimo
raziocinio, (come il cane che s'arresta nel bivio, aspettando che il padrone
scelga la sua strada); e quelli che si danno ad altri animali per solo piacere,
come ad orsi, scimie, gatti, cani, topi, e fino alle pulci, come s'è veduto
ultimamente; dimostrano che la suscettibilità ed assuefabilità a cose non naturali, non è propria
esclusivamente dell'uomo, ma solo in maggior grado, generalmente parlando:
perchè vi sarà qualche uomo meno assuefabile, ed ammaestrabile di una scimia.
(5. Sett. 1821.).
[1760,1]
Quanto più io gli dava di sprone
*
(dice
il Rocca di un mulo spagnuolo
ch'egli fu obbligato a cavalcare una volta in
Ispagna), tanto più raddoppiava i calci; io lo batteva, lo ingiuriava, ma le
mie minacce in francese non facevano che irritarlo. Io non sapeva il
suo nome, ed ignorava ancora in quel tempo che ogni mulo in
Ispagna
1761 avesse un nome particolare, e che per
farlo andare fosse necessario dirgli nella propria lingua: Via, mulo, via su, capitano, via,
aragonese, ec.
*
Memorie intorno alla Guerra de' Francesi in
Ispagna del Sig. di
Rocca. Parte I. Milano.
Pirotta. presso A. F. Stella. 1816. p. 55. V. ancora alcune
importanti notizie sui costumi e la società dei cavalli selvaggi ec. p. 134-37. Parte
II.
[1763,1] Qualunque assuefazione o abito, non è altro che
un'imitazione, in questo modo, che l'atto presente, imita l'atto o gli atti
passati. Ciò tanto nell'uomo, quanto negli animali: tanto nelle assuefazioni che
si contraggono da se, {e spontaneamente,} e senza
volontà determinata, attenzione ec. quanto in quelle che ci vengono comunicate,
insegnate, ec. ec. o per forza, o per amore, o per istudio, e con attenzione e
volontà di assuefarsi ec. ec. ec. Il cavallo che accelera il passo o si mette in
moto ad una certa voce, imita quello che fece altre volte, e quello che l'uomo
da principio lo costrinse a fare, nel mentre che gli fece udir quella voce. Così
e non altrimenti, l'uomo apprende, impara, ed acquista sì le facoltà e
discipline intellettuali, che le abilità, e le facoltà materiali o miste. Qui
pure, la natura dell'animo umano è quella stessa del bruto. (21. Sett.
1764 1821.)
[1764,1] Il cavallo, {il cane}
avvezzo a ubbidire a una certa voce, a riconoscere il padrone a un certo fiuto
ec. si svezza tuttogiorno e brevemente da questo, si avvezza a nuove voci, nuovi
fiuti, nuove maniere di comandarlo, ec. in un nuovo padrone. Si avvezza ed
impara una nuova casa ec. ec. Altre specie, o individui meno assuefabili sia per
natura, sia per esercizio, si svezzano più difficilmente, come e perchè più
difficilmente si avvezzano. {+Non accade
lo stesso nell'uomo proporzionatamente e negl'individui umani?}
(21. Sett. 1821.).
[1786,3] Più l'uomo è avvezzo a imparare (cioè assuefarsi),
più facilmente impara. Or lo stesso accade ne' bruti. Un animale domestico ec.
ec. contrae più facilmente e presto di un salvatico della stessa specie,
un'assuefazione egualmente nuova per ambedue.
1787
(24. Sett. 1821.).
[1960,1] Non crediamo già che le bestie non sieno capaci
anch'esse di corruzione. Non tanto quanto l'uomo perchè meno conformabili; non
tanto generale, perchè essendo meno conformabili sono meno sociali; non tanto
estensibile agli oggetti estranei alla loro specie, perchè quella stessa natura
che le fa tanto meno conformabili dell'uomo, dà loro tanto minore influenza
sulle cose, influenza il cui sommo grado deriva nell'uomo dalla di lui somma
conformabilità che nel sistema della natura, tutta conformabile, costituisce la
superiorità dell'uomo fra tutti gli esseri. Ma pur sono capacissime di
corruzione individuale, ed estensibile anche fino a un certo segno alle loro
particolari società. Sono capacissime di misfatti, e quella bestia, che per
pigrizia o altro uccide il proprio figlio, pecca contro natura e contro
coscienza. Noi conosciamo poco la natura degli animali, e crediamo che tutti
1961 e in tutto ciò che fanno ec. ec. sieno
precisamente conformi alle leggi e all'ordine della loro natura. Ma così pur
giudicheranno essi dell'uomo, e quella specie di quell'altra ec. (20. Ott.
1821.).
[2691,3] Somma conformabilità dell'uomo. Le bestie sono più o
meno addomesticabili, secondo che sono più o
2692 meno
assuefabili e conformabili di natura. Ma nè le bestie domestiche convivendo
coll'uomo, nè queste o altre bestie convivendo con bestie di specie diversa
dalla loro, contraggono il carattere e i costumi umani o di quelle altre bestie,
nè i caratteri di più bestie di specie diversa si mescolano tra loro per
convivere che facciano insieme; ma solamente le bestie domestiche ricevono certe
assuefazioni particolari, e certi costumi non naturali portati dalle
circostanze, i quali non hanno però che far niente coi costumi dell'uomo. Ma
l'uomo convivendo colle bestie, contrae veramente gran parte del carattere di
queste, ed altera il suo proprio per una effettiva mescolanza di qualità
naturali alle bestie con cui convive. È cosa osservata nella campagna romana, e
nota quivi alle persone che per mestiere per abito e per natura sono tutt'altro
che osservatrici, che i pastori e guardiani delle bufale, sono ordinariamente
stupidi, lenti, goffi, rozzissimi, {{selvatici e}} tali
che poco hanno dell'uomo: che i pastori de'
2693
cavalli sono svelti, {attivi,} pronti, vivaci, arguti,
agili di corpo e di spirito: quelli delle pecore, semplici, mansueti, ubbidienti
ec. (Recanati 16. Maggio 1823.). {{E tra gli abitanti della campagna romana i due estremi della
zotichezza e della spiritualité
{{e furberia}}, della torpidezza e del brio, {della dappocaggine, pigrizia ec. e dell'attività,}
sono i guardiani delle bufale e quei de' cavalli; come lo sono i caratteri
di queste specie di animali fra quelle che abitano nella detta campagna.
(16. Maggio. 1823.).}}
[3374,1] Dico in più luoghi pp. 1661-63
pp. 1680-82
pp.1923-25 che la natura non ingenera nell'uomo quasi altro che
disposizioni. Or tra queste bisogna distinguere. Altre sono disposizioni a poter
essere, altre ad essere. Per quelle l'uomo può divenir tale o tale; può, dico, e
non più. Per queste l'uomo, naturalmente vivendo, e tenendosi lontano dall'arte,
indubitatamente diviene quale la natura ha voluto ch'ei sia, bench'ella non
l'abbia fatto, ma disposto solamente a divenir tale. In queste si deve
considerare l'intenzione della natura: in quelle no. E se per quelle l'uomo può
divenir tale o tale, ciò non importa che tale o tale divenendo, egli divenga
quale la natura ha voluto ch'ei fosse: perocchè la natura per quelle
disposizioni non ha fatto altro che lasciare all'uomo la possibilità di divenir
tale o tale; nè quelle sono
3375 altro che possibilità.
Ho distinto due generi di disposizioni per parlar più chiaro. Ora parlerò più
esatto. Le disposizioni naturali a poter essere e quelle ad essere, non sono
diverse individualmente l'une dall'altre, ma sono individualmente le medesime.
Una stessa disposizione è ad essere e a poter essere. In quanto ella è ad
essere, l'uomo, seguendo le inclinazioni naturali, e non influito da circostanze
non naturali, non acquista che le qualità destinategli dalla natura, e diviene
quale ei dev'essere, cioè quale la natura ebbe intenzione ch'ei divenisse,
quando pose in lui quella disposizione. In quanto ella è disposizione a poter
essere, l'uomo influito da varie circostanze non naturali, sião[siano] intrinseche siano estrinseche, acquista molte
qualità non destinategli dalla natura, molte qualità contrarie eziandio
all'intenzione della natura, e diviene qual ei non dev'essere, cioè quale la
natura non intese ch'ei divenisse, nell'ingenerargli quella disposizione. Egli
{però non} divien tale {per} natura, benchè questa disposizione sia naturale: perocchè essa
{disposizione} non era ordinata a questo
3376 ch'ei divenisse tale, ma era ordinata ad altre
qualità, molte delle quali affatto contrarie a quelle che egli ha per detta
disposizione acquistato. Bensì s'egli non avesse avuto naturalmente questa
disposizione, egli non sarebbe potuto divenir tale. Questa è tutta la parte che
ha la natura in ciò che tale ei sia divenuto. Siccome, se la disposizion fisica
del nostro corpo non fosse qual ella è per natura, l'uomo non potrebbe, per
esempio, provare il dolore, divenir malato. Ma non perciò la natura ha così
disposto il nostro corpo acciocchè noi sentissimo il dolore e infermassimo; nè
quella disposizione è ordinata a questo, ma a tutt'altri e contrarii risultati.
E l'uomo non inferma per natura; bensì può per natura infermare; ma infermando,
ciò gli accade contra natura, o fuori e indipendentemente dalla natura, la quale
non intese disporlo a infermare.
[3973,1] Non è dubbio che la civiltà, i progressi dello
spirito umano ec. hanno accresciuto mirabilmente e in numero e in grandezza e in
estensione le facoltà umane, e generalmente le forze dell'uomo, il quale essendo
ora, al contrario che da principio, più spirito che corpo, come dico altrove
pp. 3909. sgg.
pp. 3932. sgg. , può
veramente, anche nelle cose materiali, infinitamente più che da principio. Ma
bisogna vedere se queste nuove facoltà, questo accrescimento di forze ec.
corrisponde ed era destinato dalla natura
3974 sì
generale sì della specie umana in particolare, e giova o nuoce alla felicità
d'essa specie, chè nocendo, è certo che non corrisponde alla natura ec. Di
quante incredibili abilità vediamo noi col fatto che moltissimi animali (fino ai
pulci addestrati da non so chi a tirare un cocchietto d'oro) sono capaci, e lo
videro gli antichi che ne raccontano maraviglie, corrispondenti alle moderne,
benchè alcune maggiori, per la maggiore industria degli antichi, in questa come
in tante altre cose, manifatture, lavori d'arte ec. Chi non le avesse udite da
testimonii irrecusabili, o vedute cogli occhi propri o ascoltate co' propri
orecchi, neppur le avrebbe immaginate, nè figuratasene la possibilità, la
capacità, l'attitudine fisica in quella specie di animali, come p. e. elefanti,
cani, orsi, gatti, topi (cosa vera) ec. ec., anche ferocissime, e apparentemente
le più incapaci di disciplina e di mutar costumi ec. e di mansuefarsi e obbedire
agli uomini ec. Or chi dirà che tali abilità le quali accrescono le facoltà di
quelli animali ec. fossero per ciò destinate dalla natura o generale, o loro
particolare ec. giovino alla loro felicità ec. e che le loro rispettive specie
sarebbero più perfette o meno imperfette, se tali abilità fossero in esse più
comuni, o universali ec.? E senz'andar troppo lontano, quante {proprietà} abilità {ec.}
lontanissime dalla sua primitiva condizione, non acquistano tuttodì sotto i
nostri occhi, e tuttodì esercitano, i cavalli da tiro, da maneggio ec. proprietà
ed abilità che non ci fanno più meraviglia alcuna, a causa dell'abitudine e
frequenza, e che l'arte d'insegnar loro siffatte cose è comunissima {+e presentemente e da lungo tempo,
facile}; ma nè questa nè quelle sono perciò men degne di maraviglia.
3975 Or con tutto questo, e con tutto che il numero
degl'individui così ammaestrati sia tanto, e così continuo e successivo ec. chi
dirà che ec. come sopra? se non chi stima che tutto il mondo, e in questo la
specie de' cavalli, sia fatta di natura sua per servizio dell'uomo, e tenda a
questo come a suo fine, e non abbia la sua perfezione fuor di questo, onde sia
destinata e disposta naturalmente all'acquisto di quelle facoltà e qualità che
si richiedono o convengono e giovano a tal servizio, di modo che un cavallo non
sia perfettamente cavallo {+se e fino
ch'}ei non sa portare un uomo sul suo dosso, e obbedire a' suoi segni
e prevenirli e indovinarli ec. ec. e far tutto questo perfettamente. (11.
Dec. 1823.).
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