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Immagini varie poetiche, versi, traduzioni, ec. ec.

Various poetic images, verses, translations, etc.

1,1.2 1,4 5,3.4 21,3 23,3 29,2 36,1 43,3 47,1 55,2.4.5 58,4 60,1 63,2 69,3.669,2.5 74,1 80,1.2 85,1.4 106,2 228,2 256,1.2 280,1 1744,1 1927,2 2257,2 4165,9 4172,8.9 4293,4

[1,4] 
Tutta la notte piove
E ritornan le feste a la dimane:
Fan del regno a metà Cesare e Giove.

[21,3] 
Sì come dopo la procella oscura
Canticchiando* gli augelli escon del loco
Dove cacciogli il vento (nembo) e la paura;
E il villanel che presso al patrio foco
Sta sospirando il sol, si riconforta (si rasserena)
*********
Sentendo il dolce canto e il dolce gioco;

[23,3]  Vedendo meco viaggiar la luna.

[29,2]  Canzonette popolari che si cantavano al mio tempo a Recanati. (Decembre 1818.)
Fácciate alla finestra, Luciola,
Decco che passa lo ragazzo tua,
E porta un canestrello pieno d'ova
Mantato colle pampane dell'uva.
*
I contadì fatica e mai non lenta
E 'l miglior pasto sua è la polenta.
*
È già venuta l'ora di partire
In santa pace vi voglio lasciare.
Nina, una goccia d'acqua se ce l'hai:
Se non me la {vôi} dà padrona sei.
*
(Apr. 1819.)
Io benedico chi t'ha fatto l'occhi
Che te l'ha fatti tanto 'nnamorati.
(Maggio 1819.)
Una volta mi voglio arrisicare
Nella camera tua voglio venire.
*
(Maggio 1820.)

[36,1]  Sento dal mio letto suonare (battere) l'orologio della torre. Rimembranze di quelle notti estive nelle quali essendo fanciullo e lasciato in letto in camera oscura, chiuse le sole persiane, tra la paura e il coraggio sentiva battere un tale orologio. Oppure situazione trasportata alla profondità della notte, o al mattino ancora silenzioso, e all'età consistente.

[43,3]  Non vorrei parer di detrarre al valore delle lodi colle quali V. S. s'è compiaciuta d'ornarmi pubblicamente, se dirò che più dell'onore che me ne viene, mi rallegra la benevolenza di V. S. che mi dimostrano, e questa tanto maggiore quanto essendo più scarso il merito mio, conviene che abbondi quello che ha supplito al suo difetto.

[47,1]  Stridore notturno delle banderuole traendo il vento.

[58,4]  Per un'Ode lamentevole sull'italia può servire quel pensiero di Foscolo nell'Ortis lett. 19 e 20 Febbraio 1799. p. 200. edizione di Napoli {1811.}

[60,1]  Una bella e notabile similitudine è quella dell'Alamanni nel Girone canto 17. di un mastino e un lupo che si scontrino a caso (così dice) per una selva, o ec. e la loro sorpresa scambievole e timore e rabbia subita e azzuffamento: come pur quella del Martelli (non mi ricordo quale) di una villanella cercante funghi e corrente dove vede biancheggiare una foglia secca ec. prendendola per un fungo.

[63,2]  Una similitudine nuova può esser quella dell'agricoltore che nel mentre che miete ed ha i fasci sparsi pel campo, vede oscurarsi il tempo ed una grandine terribile rapirgli irreparabilmente il grano di sotto la falce: ed egli quivi tutto accinto a raccoglierlo, se lo vede come strappar di mano senza poter contrastare.

[74,1]  Nell'autunno par che il sole e gli oggetti sieno d'un altro colore, le nubi d'un'altra forma, l'aria d'un altro sapore. Sembra assolutamente che tutta la natura abbia un tuono un sembiante tutto proprio di questa stagione più distinto e spiccato che nelle altre anche negli oggetti che non cangiano gran cosa nella sostanza, e parlo ora riguardo a un certo aspetto superficiale {e in parità di oggetti, circostanze ec. e per rispetto a certe minuzie e non alle cose più essenziali giacchè in queste è} manifesto che la faccia dell'inverno è più marcata e distinta dalle altre che quella dell'autunno ec.

[106,2]  Le genti per la città dai loro letti nelle lor case in mezzo al silenzio della notte si risvegliavano e udivano con ispavento per le strade il suo orribil pianto ec.

[228,2]  Uomo o uccello o quadrupede ucciso in campagna dalla grandine. V. p. 85.

[280,1]  Il suo divertimento era di passeggiare contando le stelle (e simili). (16. 8.bre 1820.).

[1744,1]  Da quella parte della mia teoria del piacere dove si mostra come degli oggetti veduti per metà, o con certi impedimenti ec. ci destino idee indefinite pp. 170-72, si spiega perchè piaccia la luce del sole o della luna, veduta in luogo dov'essi non si vedano {e non si scopra la sorgente della luce;} un luogo solamente in parte illuminato da essa luce; il riflesso di detta luce, e i vari effetti materiali che ne derivano; il penetrare di detta luce in luoghi dov'ella divenga incerta e impedita, e non bene si distingua, come attraverso un canneto, in una selva, per li balconi socchiusi ec. ec.; {+la detta luce veduta in luogo {oggetto ec.} dov'ella non entri e non percota dirittamente, ma vi sia ribattuta e diffusa da qualche altro luogo od oggetto ec. dov'ella venga a battere; in un andito veduto al di dentro o al di fuori, e in una loggia parimente ec.} quei luoghi dove la luce si confonde ec. ec. colle ombre, come sotto un portico, in una loggia elevata e pensile, fra le rupi e i burroni, in una valle, sui colli veduti dalla parte dell'ombra, in modo che ne sieno indorate le cime; il riflesso che produce p. e. un vetro colorato su quegli oggetti su cui si riflettono i raggi che passano per detto vetro; tutti quegli oggetti in somma che per diverse  1745 materiali e menome circostanze giungono alla nostra vista, udito ec. in modo incerto, mal distinto, imperfetto, incompleto, o {fuor dell'}ordinario ec. Per lo contrario la vista del sole o della luna in una campagna vasta ed aprica, e in un cielo aperto ec. è piacevole per la vastità della sensazione. Ed è pur piacevole per la ragione assegnata di sopra, la vista di un cielo diversamente sparso di nuvoletti, dove la luce del sole o della luna produca effetti variati, e indistinti, e non ordinari. ec. È piacevolissima e sentimentalissima la stessa luce veduta nelle città, dov'ella è frastagliata dalle ombre, dove lo scuro contrasta in molti luoghi col chiaro, dove la luce in molte parti degrada appoco appoco, come sui tetti, dove alcuni luoghi riposti nascondono la vista dell'astro luminoso ec. ec. A questo piacere contribuisce la varietà, l'incertezza, il non veder tutto, e il potersi perciò spaziare coll'immaginazione, riguardo a ciò che non si vede. Similmente dico dei simili effetti, che producono gli alberi, i filari, i colli, i pergolati, i casolari,  1746 i pagliai, le ineguaglianze del suolo {ec.} nelle campagne. Per lo contrario una vasta e tutta uguale pianura, dove la luce si spazi e diffonda senza diversità, nè ostacolo; dove l'occhio si perda ec. è pure piacevolissima, per l'idea indefinita in estensione, che deriva da tal veduta. Così un cielo senza nuvolo. Nel qual proposito osservo che il piacere della varietà e dell'incertezza prevale a quello dell'apparente infinità, {e dell'immensa uniformità.} E quindi un cielo variamente sparso di nuvoletti, è forse più piacevole di un cielo affatto puro; e la vista del cielo è forse meno piacevole di quella della terra, e delle campagne ec. perchè meno varia (ed anche meno simile a noi, meno propria di noi, meno appartenente alle cose nostre ec.) Infatti, ponetevi supino in modo che voi non vediate se non il cielo, separato dalla terra, voi proverete una sensazione molto meno piacevole che considerando una campagna, o considerando il cielo nella sua corrispondenza {e relazione} colla terra, ed unitamente ad essa in un medesimo punto di vista.

[1927,2]  Quello che altrove ho detto pp. 1744-47 sugli effetti della luce, o degli oggetti visibili, in riguardo all'idea dell'infinito, si deve applicare parimente al suono, al canto, a tutto ciò che  1928 spetta all'udito. È piacevole per se stesso, cioè non per altro, se non per un'idea vaga ed indefinita che desta, un canto (il più spregevole) udito da lungi, {o che paia lontano senza esserlo,} o che si vada appoco appoco allontanando, e divenendo insensibile; {+o anche viceversa (ma meno), o che sia così lontano, in apparenza o in verità, che l'orecchio e l'idea quasi lo perda nella vastità degli spazi;} un suono qualunque confuso, massime se ciò è per la lontananza; un canto udito in modo che non si veda il luogo da cui parte; un canto che risuoni per le volte di una stanza ec. dove voi non vi troviate però dentro; il canto degli agricoltori che nella campagna s'ode suonare per le valli, senza però vederli, e così il muggito degli armenti ec. {Stando in casa, e udendo tali canti o suoni per la strada, massime di notte, si è più disposti a questi effetti, perchè nè l'udito nè gli altri sensi non arrivano a determinare nè circoscrivere la sensazione, e le sue concomitanze.} È piacevole qualunque suono (anche vilissimo) che largamente e vastamente si diffonda, come {in} taluno dei detti casi, massime se non si vede l'oggetto da cui parte. A queste considerazioni appartiene il piacere che può dare e dà (quando non sia vinto dalla paura) il fragore del tuono, massime quand'è più sordo, quando è udito  1929 in aperta campagna; lo stormire del vento, massime nei detti casi, quando freme confusamente in una foresta, o tra i vari oggetti di una campagna, o quando è udito da lungi, o dentro una città trovandosi per le strade ec. Perocchè oltre la vastità, e l'incertezza e confusione del suono, non si vede l'oggetto che lo produce, giacchè il tuono e il vento non si vedono. E[È] piacevole un luogo echeggiante, un appartamento ec. che ripeta il calpestio de' piedi, o la voce ec. Perocchè l'eco non si vede ec. E tanto più quanto il luogo e l'eco e[è] più vasto, quanto più l'eco vien da lontano, quanto più si diffonde; e molto più ancora se vi si aggiunge l'oscurità del luogo che non lasci determinare la vastità del suono, nè i punti da cui esso parte ec. ec. E tutte queste immagini in poesia ec. sono sempre bellissime, e tanto più quanto più negligentemente son messe, e toccando il soggetto, senza mostrar  1930 l'intenzione per cui ciò si fa, anzi mostrando d'ignorare l'effetto e le immagini che son per produrre, e di non toccarli se non per ispontanea, e necessaria congiuntura, e indole dell'argomento ec. V. in questo proposito Virg. Eneide 7. v. 8. seqq. La notte, o l'immagine della notte è la più propria ad aiutare, o anche a cagionare i detti effetti del suono. Virgilio da maestro l'ha adoperata. (16. Ott. 1821.).

[2257,2]  L'altezza di un edifizio o di una fabbrica qualunque sì di fuori che di dentro, di un monte ec. è piacevole sempre a vedere, tanto che si perdona in favor suo anche la sproporzione. Come in una guglia altissima e sottilissima. Anzi quella stessa sproporzione piace, perchè dà risalto all'altezza, e ne accresce l'apparenza e l'impressione e la percezione e il sentimento e il concetto. Ad uno il quale udiva che l'altezza straordinaria di un certo tempio era ripresa come sproporzionata alla grandezza ec. sentii dire che se questo era un difetto, era bel difetto, ed appagava e ricreava  2258 l'animo dello spettatore. La causa naturale ed intrinseca {e metafisica} di questi effetti l'intendi già bene. (16. Dic. 1821.).

[4165,9]  Κεῖνος ϕέριστος ὅστις ἀγνοεῖ βροτῶν

[4293,4]  Una voce o un suono lontano, o decrescente e allontanantesi appoco appoco, o eccheggiante con un'apparenza di vastità ec. ec. è piacevole per il vago dell'idea ec. Però è piacevole il tuono, un colpo di cannone, e simili, udito in piena campagna, in una gran valle ec. il canto degli agricoltori, degli uccelli, il muggito de' buoi ec. nelle medesime circostanze pp. 1927-30. (21. Sett. 1827.).