Invidia portata dalla divinità alle prosperità umane, secondo gli antichi.
Envy felt by the divinities towards human prosperity, according to the ancients.
Vedi Cristianesimo, insegna la nullità della vita. See Christianity, teaches the nullity of life. 2365,2 2388 2683,2 3342,1 3638,3[2365,2]
Nimium vobis Romana propago
visa potens, superi, propria hęc si dona fuissent. * Virg. 2366 En. 6. 870-1. parlando di Marcello giuniore in persona di Anchise. Riferiscilo a quello che ho ho detto altrove pp. 197-98 pp. 453-55 dell'invidia delle cose umane attribuita dagli antichi agli Dei, del credere che gli Dei potessero ingelosire, e pigliar ombra e timore della nostra potenza ec. Della quale e d'altre simili opinioni tanto assurde, quanto naturali e primitive, non si trovano in Virgilio se non piccoli vestigi, essendo egli troppo dotto, e scrivendo in tempo troppo spregiudicato, e filosofico, e cominciato ad attristare dalla metafisica, che produsse di lì a poco il Cristianesimo. (29. Gen. dì di S. Francesco di Sales. 1822.).
visa potens, superi, propria hęc si dona fuissent. * Virg. 2366 En. 6. 870-1. parlando di Marcello giuniore in persona di Anchise. Riferiscilo a quello che ho ho detto altrove pp. 197-98 pp. 453-55 dell'invidia delle cose umane attribuita dagli antichi agli Dei, del credere che gli Dei potessero ingelosire, e pigliar ombra e timore della nostra potenza ec. Della quale e d'altre simili opinioni tanto assurde, quanto naturali e primitive, non si trovano in Virgilio se non piccoli vestigi, essendo egli troppo dotto, e scrivendo in tempo troppo spregiudicato, e filosofico, e cominciato ad attristare dalla metafisica, che produsse di lì a poco il Cristianesimo. (29. Gen. dì di S. Francesco di Sales. 1822.).
[2387,1]
Ni sabian que pudiesse haver Sacrificio sin que
muriesse alguno por la salud de los demàs.
*
Parole di
Magiscatzin,
vecchio Senatore Tlascalese a Ferd. Cortès, presso D.
Antonio de Solìs, Hist. de la
Conquista de Mexico, lib. 3.
2388
capit. 3. en
Madrid 1748. p. 184. col. 1. Ecco
l'origine e la primitiva ragione de' sacrifizi, e idea della divinità. Si
stimava invidiosa e nemica degli uomini, perchè gli uomini lo erano per natura
fra loro, e per causa delle tempeste ec. le quali appunto si cercava di stornare
co' sacrifizi. Nè si credeva già primitivamente che gli Dei godessero
materialmente godessero della carne o sangue o altro che loro si sacrificava, ma
della morte e del male della vittima, e che questo placasse l'odio loro verso i
mortali, e la loro invidia. Egoismo del timore, che ho spiegato in altro luogo
pp. 2206-208. Quindi
si facevano imprecazioni ed esecrazioni sulla vittima, che non si considerava
già come cosa buona, ma come il soggetto su cui doveva scaricarsi tutto l'odio
degli dei, e come sacra solo per questo verso. Quindi quando il timore (o il
bisogno, o il desiderio ec.) era maggiore, si sacrificavano uomini, stimando
così di soddisfar maggiormente l'odio divino contro di noi. E ciò avveniva o
tra' popoli più vili e timidi (e quindi più fieramente egoisti), o più
travagliati dalle convulsioni degli elementi (com'erano i Tlascalesi ec.), o ne'
tempi più antichi,
2389 e quindi più ignoranti, e
quindi più paurosi. E nell'estrema paura, si sacrificavano non solo prigionieri,
o nemici, o delinquenti ec. come in america, ma
compatrioti, consanguinei, figli, per maggiormente saziare l'odio celeste, come
Ifigenia ec. Eccesso di egoismo
prodotto dall'eccesso del timore, o della necessità, o del desiderio di qualche
grazia ec. (6. Feb. 1822.).
[2683,2]
Quelques sages,
épouvantés des vicissitudes qui bouleversent les choses humaines,
supposèrent une puissance qui se joue de nos projets, et nous attend au
moment du bonheur, pour nous immoler à sa cruelle jalousie. (Herod. I. 32. III. 40. VII. 46.
Soph. in Philoct. v.
789.)
*
Voyage d'Anacharsis. ch. 71. p. 136. t.
6. (Roma 26. Marzo. 1823.).
[3342,1]
3342
Alla p. 3098.
Tutte le nazioni e società primitive, non altrimenti che oggidì le selvagge,
riputarono l'infelice e lo sventurato per nemico agli Dei o a causa di vizi e
delitti ond'ei fosse colpevole, o a causa d'invidia o d'altra passione o
capriccio che movesse i Numi ad odiar lui in particolare o la
sue[sua] stirpe ec. secondo le diverse idee
che tali nazioni avevano della giustizia e della natura degli Dei. Un'impresa
mal riuscita mostrava che gli Dei l'avessero contrariata o per se stessa o per
odio verso l'imprenditore o gl'imprenditori. Un uomo solito a échouer nelle sue intraprese, era senza fallo in ira
agli Dei. Una malattia, un naufragio, altre tali disgrazie provenienti più
dirittamente dalla natura erano segni più che mai certi dell'odio divino. Si
fuggiva quindi l'infelice, come il colpevole; se gli negava ogni soccorso e
compassione, temendo di farsi complice in questo modo della colpa, per poi
divenire partecipe della pena. Qua si dee riferire l'infamia pubblica in cui
erano i lebbrosi appresso gli Ebrei, e lo sono ancora, s'io non m'inganno, appo
gl'indiani. Gli amici {e la moglie} di Giobbe lo
3343
stimarono uno scellerato, com'ei lo videro percosso da tante disgrazie, benchè
testimonii dell'innocenza della passata sua vita. I Barbari dell'isola di
Malta vedendo l'Apostolo S. Paolo naufrago, e pur salvato in terra, e
quivi assalito da una vipera, lo stimarono un omicida che la divina vendetta
perseguitasse per ogni dove (Act. cap. 28. 3-6.) Rimane eziandio nelle
antiche lingue il segno, come d'ogni altra antica cosa, così di queste opinioni.
Tάλας (Aristoph.
Plut.) 4. 5. 19.), κακοδαίμων (ib. 4. 3.
47.), ἄϑλιος e simili nomi tanto valevano infelice, quanto malvagio,
scellerato ec. V. i latini. Onde anche tra noi sciagurato, disgraziato, misero,
miserabile {ec.} hanno l'uno e l'altro significato;
ovvero si attribuiscono altrui anche per avvilimento e disprezzo. Così in
francese malheureux, miserable ec. Cattivo ha perduto affatto il significato di
misero, che prima ebbe, ma non quello di ribaldo, reo, malo ch'è il suo più
ordinario e volgare significato oggidì. (3. Settembre 1823.). {{V. p. 3351.}}
{μοχϑηρός, πονηρός (πόνηρος infelix) μοχϑηρία, πονηρία ec. ec. V. lo Scapula, e p. 3382. κακοδαίμων quegli
che ha nemico τὸ δαιμόνιον cioè la
divinità, o τὸν δαίμονα. Ma e' vuol dire infelice. Luciano congiunge ϑεοῖς ἐχϑροὺς καὶ
κακοδαίμονας. Εὐδαίμων ch'ha gli dei amici, ma e'
vuol dir fortunato, felice. V. lo Scapula in queste voci e in
ἐχϑροδαίμων, e in βαρυδαίμων co' derivati ec. e Aristot.
Polit. l. 3. p. 260. e ivi
il Vettori (ed. Flor. 1576.).}

[3638,3]
Primos in orbe deos fecit timor.
*
Intorno a ciò
altrove p. 2208
pp. 2387-89. Or si aggiunga, che siccome quanto è maggior l'ignoranza
tanto è maggiore il timore, e quanta più la barbarie tanta {è} più l'ignoranza, però si vede che le idee de' più barbari e
selvaggi popoli circa la divinità, se non forse in alcuni climi tutti piacevoli,
sono per lo più spaventose ed odiose, come di esseri tanto di noi invidiosi e
vaghi del nostro male quanto più forti di noi. Onde le immagini ed idoli che
costoro si fabbricano de' loro Dei, sono mostruosi e di forme terribili, non
solo per lo poco artifizio di chi fabbricolle, ma eziandio perchè tale si fu la
intenzione e la idea dell'artefice. E vedesi questo medesimo anche in molte
nazioni che benchè lungi da civiltà pur non sono senza cognizione ed
3639 uso sufficiente di arte in tali ed altre opere di
mano ec. come fu quella de' Messicani, {#1.
i cui idoli più venerati eran pure bruttissimi e terribilissimi d'aspetto
{come} d'opinione. Molte nazioni selvagge, o
ne' lor principii, riconobbero per deità questi o quelli animali più forti
dell'uomo, e forse tanto più quanto maggiori danni ne riceveano, e maggior
timore ne aveano, e minori mezzi di liberarsene, combatterli, vincerli ec.
La forza superiore all'umana è il primo attributo riconosciuto dagli uomini
nella divinità. V. p.
3878.} E certo egli è segno di civiltà molto cresciuta e bene
istradata il ritrovare in una nazione e la idea e le immagini o simboli o
significazioni della divinità, piacevoli o non terribili. Come fu in
Grecia, sebben molto a ciò dovette contribuire la
piacevolezza e moderatezza di quel clima, che nulla o quasi nulla offre mai di
terribile. Perocchè le forze della natura vedute negli elementi ec.,
riconosciute per superiori di gran lunga a quelle degli uomini, e, a causa
dell'ignoranza, credute esser proprie di qualche cosa animata e capace, come
l'uomo, di volontà, poichè è capace di movimento, di muovere ec.; sono state le
cose che hanno suscitata l'idea della divinità (perchè gli uomini amano e son
soliti di spiegar con un mistero un altro mistero, e d'immaginar cause
indefinibili degli effetti che non intendono, e di rassomigliare l'ignoto al
noto; come le cause ignote de' movimenti naturali, alla volontà ed all'altre
forze note che producono i movimenti animali ec.), ond'è ben naturale che tale
3640 idea corrispondesse alla natura di tali
effetti, e fosse terribile se terribili, moderata se moderati, piacevole se
piacevoli ec. e più e meno secondo i gradi ec. Se non che nell'idea primitiva
dovette sempre prevalere o aver gran parte il {terribile,} perchè essendo l'uomo naturalmente inclinato più al
timore che alla speranza, {#1. come altrove
in più luoghi pp. 458-59
pp. 1303-304
pp. 2206-208
pp. 3433-35} una forza superiore
affatto all'umana, dovette agl'ignoranti naturalmente aver sempre del
formidabile. Oltre che in ogni paese v'ha tempeste, benchè più o meno terribili
ec. E tra le varie divinità di una nazione che ne riconosca più d'una, di una
mitologia ec., le più antiche son certamente le più formidabili e cattive, e le
più amabili e benefiche ec. son certamente le più moderne.
{Le nazioni più civilizzate adoravano gli animali utili,
domestici, mansueti ec. come gli egizi il bue, il cane, o loro immagini. Le
più rozze, gli animali più feroci, o loro sembianze (v. la parte 1. della Cron. del
Peru di Cieça,
cap. 55. fine. car. 152. p. 2.). Quelle p. e. il sole o solo o principalmente, queste, o sola o principalmente la tempesta ovvero ec. ec.
{+E a proporzione della rozzezza
o civiltà, gli Dei ec. malefici e benefici erano stimati più o men
principali e potenti, ed acquistavano o perdevano nell'opinione e
religion del popolo, e nelle mitologie, e riti ec.}
V. p. 3833.} Come della
mitologia greca e latina ec. senza dubbio si dee dire. Infatti anche
indipendentemente da questa osservazione, s'hanno argomenti di fatto per
asserire che {p. e.}
Saturno, Dio
crudele e malefico, {#2. e rappresentato
per vecchio, brutto, e d'aspetto come d'indole e di opere, odioso,} fu
l'uno de' più antichi Dei della Grecia o della nazione
onde venne la greca e latina mitologia, e più antico di Giove ec. Effettivamente la
detta mitologia favoleggia che Saturno regnò prima di Giove,
3641 e da costui fu privato del regno. La qual favola o volle
espressamente significare la mutazione delle idee de' greci ec. circa la
divinità, e il loro passaggio dallo spaventoso all'amabile ec. cagionato dal
progresso della civiltà, e decremento dell'ignoranza; o (più verisimilmente)
ebbe origine e occasione da questo passaggio, di essere inventata
naturalmente.

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