Lingua. Una in principio, poi divisa. Storia filosofica delle lingue.
Language. A single one at first, then divided. Philosophical history of languages.
1263,2 2037,1 2694,1 3247,1 3668,1 3672,1Difficoltà della prima invenzion della lingua e del parlare.
Difficulties with the first invention of language and speech.
2895,2L'indole de' suoni di una lingua corrisponde all'indole di essa lingua.
The nature of the sounds of a language corresponds to the nature of that language.
2990 3247,1Difficoltà del possedere e maneggiare perfettamente la propria lingua.
Difficulties with mastering perfectly one's native language.
Vedi Lettere e lingua See Letters and language. 4082,2[1263,2]
Alla p. 1134.
Lo studio dell'etimologie fatto coi lumi profondi dell'archeologia, per l'una
parte, e della filosofia per l'altra, porta a credere che tutte o quasi tutte le
antiche lingue del mondo, {(e per mezzo loro le
moderne)} sieno derivate antichissimamente e nella caligine, anzi nel
buio de' tempi {immediatamente, o mediatamente} da una
sola, {+o da pochissime lingue
assolutamente primitive, madri di tante e sì diverse figlie.} Questa
{primissima lingua,} a quello che pare, quando si
diffuse per le diverse parti del globo, mediante le trasmigrazioni degli uomini,
era ancora rozzissima, scarsissima, priva d'ogni sorta d'inflessioni,
inesattissima, costretta a significar cento cose con
1264 un segno solo, priva di regole, e d'ogni barlume di gramatica ec. e
verisimilissimamente non applicata ancora in nessun modo alla scrittura. (Se mai
fosse già stata in uso la così detta scrittura geroglifica, o le antecedenti,
queste non rappresentando la parola ma la cosa, non hanno a far colla lingua, e
sono un altro ordine di segni, {+anteriore forse alla stessa favella; certo, secondo me, anteriore a
qualunque favella alquanto formata e maturata.)} Nè dee far maraviglia
che la grand'opera della lingua, opera che fa stordire il filosofo che vi pensa,
e molto più del rappresentare le parole, e ciascun suono di ciascuna parola,
chiamato lettera, mediante la scrittura, e ridurre tutti i suoni umani a un
ristrettissimo numero di segni detto alfabeto, abbia fatto lentissimi progressi,
e non prima di lunghissima serie di secoli, abbia potuto giungere a una certa
maturità; non ostante che l'uomo fosse già da gran tempo ridotto allo stato
sociale. {+Quanto all'alfabeto o
scrittura par certo ch'egli fosse ben posteriore alla dispersione del genere
umano, sapendosi che molte nazioni già formate presero il loro alfabeto da
altre straniere, come i greci dai Fenici, i latini ec. Dunque non era noto
prima ch'elle si disperdessero, e dividessero, giacch'elle da principio non
ebbero alcun alfabeto. E i Fenici l'ebbero pel loro gran commercio ec.
Dunque esistendo il commercio, le nazioni erano, e da gran tempo,
divise.}
[2037,1] Questi pensieri ci possono condurre a grandi
risultati intorno all'acutezza naturale de' primi parlatori, alla vivezza e
disparatezza de' rapporti ch'essi scoprivano, alla loro penetrazione, metafisica
ec. Infatti quante volte il fanciullo è più metafisico ed anche sofistico, che
l'uomo maturo il più versato in tali materie ec. Puoi vedere la p. 2019. fine, seg.
(2. Nov. dì de' morti. 1821.).
[2694,1]
2694 Formata una volta una lingua illustre, cioè una
lingua ordinata, regolare, stabilita e grammaticale, ella non si perde più
finchè la nazione a cui ella appartiene non ricade nella barbarie. La durata
della civiltà di una nazione è la misura della durata della sua lingua illustre
e viceversa. E siccome una medesima nazione può avere più civiltà, cioè dopo
fatta civile, ricadere nella barbarie, e poi risorgere a civiltà nuova, ciascuna
sua civiltà ha la sua lingua illustre nata, cresciuta, perfezionata, corrotta,
decaduta e morta insieme con lei. Il qual rinnuovamento e di civiltà e di lingua
illustre, ha, nella storia delle nazioni conosciute, o vogliamo piuttosto dire,
nella storia conosciuta, un solo esempio, cioè quello della nazione italiana.
Perchè niuna delle altre nazioni state civili in antico, sono risorte a civiltà
moderna e presente, e niuna delle nazioni presentemente civili, fu mai civile
(che si sappia) in antico, se non l'italiana. Così niun'altra nazione può
mostrare due lingue illustri da
2695 lei usate e
coltivate generalmente, (come può far l'italiana) se non in quanto la nostra
antica lingua, cioè la latina, si diffuse insieme coi nostri costumi per
l'europa a noi soggetta, e fece per qualche tempo
italiane di costumi e di lingua e letteratura le Gallie,
le Spagne, la Numidia (che non
è più risorta a civiltà) ec.
[3247,1]
3247 È cosa nota che le favelle degli uomini variano
secondo i climi. Cosa osservata dev'essere altresì che le differenze de'
caratteri delle favelle corrispondono alle differenze de' caratteri delle
pronunzie ossia del suono di ciascuna favella generalmente considerato: onde una
lingua di suono aspro ha un carattere e un genio austero, una lingua di suono
dolce ha un carattere e un genio molle e delicato; una lingua ancora rozza ha e
pronunzia ed andamento rozzo, e civilizzandosi, raddolcendosi e ripulendosi il
carattere della lingua e della dicitura, raffinandosi, divenendo regolare, e
perfezionandosi essa lingua, se ne dirozza e raddolcisce e mitigasi e si
ammollisce eziandio la generale pronunzia ed il suono. Dev'esser parimente
osservato, che siccome il carattere della lingua al carattere della pronunzia,
così i caratteri delle pronunzie corrispondono alle nature dei climi, e quindi
alle qualità fisiche degli uomini che vivono in essi climi, e alle lor qualità
morali che dalle fisiche procedono e lor corrispondono. Onde ne' climi
settentrionali, dove gli uomini indurati dal freddo, da' patimenti, e dalle
fatiche di provvedere a' propri bisogni in terre
3248
naturalmente sterili e sotto un cielo iniquo, e fortificati ancora dalla fredda
temperatura dell'aria, sono più che altrove robusti di corpo, e coraggiosi
d'animo, e pronti di mano, le pronunzie sono più che altrove forti ed energiche,
e richiedono un grande spirito, siccome è quella della lingua tedesca piena
d'aspirazioni, e che a pronunziarla par che richiegga tanto fiato quant'altri
può avere in petto, onde a noi italiani, udendola da' nazionali, par ch'e'
facciano grande fatica a parlarla, o gran forza di petto ci adoprino. Per lo
contrario accade nelle lingue de' climi meridionali, dove gli uomini sono per
natura molli e inchinati alla pigrizia e all'oziosità, e d'animo dolce, e vago
de' piaceri, e di corpo men vigoroso che mobile e vivido. Ond'egli è proprio
carattere della pronunzia non meno che della lingua p. e. tedesca, la forza, e
dell'italiana la dolcezza e delicatezza. E poste nelle lingue queste proprietà
rispettive dell'una lingua all'altra, ne segue che anche assolutamente, e
considerando ciascuna lingua da {se} nella lingua p. e.
italiana, sia pregio la delicatezza e dolcezza,
3249
onde lo scrittore {o il parlatore} italiano appo cui la
lingua {+(sia nello stile, sia nella
combinazione delle voci, sia nella pronunzia)} è più delicata e più
dolce che appo gli altri italiani (salvo che queste qualità non passino i
confini che in tutte le cose dividono il giusto dal troppo, sia per rispetto
alla stessa lingua in genere, sia in ordine alla materia trattata), più si loda
che gli altri {italiani}, appunto perocchè la lingua
italiana nella dolcezza e delicatezza avanza l'altre lingue. Ma per lo contrario
fra' tedeschi dovrà maggiormente lodarsi lo scrittore o il parlatore appo cui la
lingua riesca più forte che appo gli altri tedeschi, perocchè la lingua tedesca
supera l'altre nella forza, e suo carattere è la forza, non la dolcezza: nè la
dolcezza è pregio per se, neppur nella lingua italiana, ma in essa,
considerandola rispetto alle {altre} lingue, è qualità
non pregio, e nello scrittore o parlatore italiano è pregio, non in quanto
dolcezza, ma in quanto propria e caratteristica della lingua italiana. Così
civilizzandosi le nazioni, e divenendo, rispetto alle primitive, delicate di
corpo, divenne altresì pregio negl'individui umani la maggior
3250 delicatezza delle forme, non perchè la delicatezza sia pregio per
se; che anzi la rispettiva delicatezza delle forme era certamente biasimo, e
tenuto per difetto, o per {causa di} minor pregio {d'esse forme,} appo gli uomini primitivi; ma solo perchè
la delicatezza fisica oggidì, contro le leggi della natura, e contro il vero ben
essere e il destino dell'umana vita, è fatta propria e caratteristica delle
nazioni e persone civili. {#1. Puoi vedere le pagg. 3084-90.}
Laonde ben s'ingannarono quei tedeschi (ripresi da Mad. di Staël
nell'Alemagna) che cercarono di
raddolcire la loro lingua, credendo farsi {tanto più}
pregevoli degli altri {tedeschi} quanto più dolcemente
di loro la parlassero e scrivessero, e che la dolcezza, proccurandola alla
lingua tedesca, le avesse ad esser pregio, contro la natura, e contro il
carattere della lingua, il quale è la forza, e tanta forza richiede nello
scrittore e nel parlatore, quanta possa non varcare i confini prescritti dalla
qualità d'essa lingua, e da quella delle particolari materie in essa trattate;
ed esclude, colle medesime condizioni, la dolcezza, come vizio nella lingua
tedesca e non pregio, perchè opposta alla sua natura.
[3668,1] Le scoperte ec. che ho detto esser
3669 solamente comuni ai popoli che tra loro hanno
trattato, sono infinite. Bastimi una. L'uso della lingua è necessario alla
società. Mirabilissima scoperta è quella della favella. Nondimeno tutti i popoli
favellano. Appena gli uomini incominciarono a stringere una società,
incominciarono a balbettare un linguaggio. La natura stessa lo insegna sino a un
certo punto, non solo agli uomini, ma eziandio agli altri animali; agli uomini
molto più, ch'ella ha fatto certo più socievoli. Stringendosi maggiormente la
società, e crescendo lo scambievole usare degli uomini, fino a passare i termini
voluti e prescritti dalla natura; crebbe necessariamente il linguaggio, e
divenne più potente che la natura non voleva. Tutto ciò dovette necessariamente
aver luogo prima che il genere umano si dividesse. Quando e' si divise, ei
parlava di già, non che favellasse. Ciò si prova a
maiori e a minori; e perchè la società
crescente produceva di necessità l'incremento della lingua, e perchè questo era
necessario all'aumento di quella; perchè il genere umano non si sarebbe diffuso,
se la società non fosse stata già bene
3670 stretta e
cresciuta e adulta, nè questo poteva essere senza un sufficiente linguaggio, e
senza un tal linguaggio il genere umano non si sarebbe diffuso ec. Quindi è che
l'invenzione del linguaggio, così com'ella è maravigliosissima, è pur comune a
tutti i popoli, anche a' più separati e più barbari.
[3672,1] Il pensiero antecedente conferma le idee da me
altrove esposte pp. 1263. sgg. circa la primitiva unicità del
linguaggio fra gli uomini, e la derivazione di tutte le lingue {presenti e passate} da una sola e primitiva (cosa
appoggiata dalla Scrittura Santa); e circa l'unicità dell'invenzione
dell'alfabeto, e dell'origine {prima} di tutti gli
antichi e moderni alfabeti. (11. Ott. 1823.)
[2895,2] Quanto sia facile l'imparare a parlare, quanto poco
tempo debba esser corso innanzi che il genere umano
2896 arrivasse primieramente ad accorgersi di avere organi capaci di formare e
articolare vari suoni, poi ad imparar di formare e articolar tali suoni, e
finalmente a crear col loro diverso accozzamento una serie di voci di convenuta
significazione, che fosse bastante a potersi scambievolmente communicare i
proprii sensi, e più ancora innanzi che il genere umano arrivasse a portar
questa serie al punto di poter essere chiamata lingua e di servire a tutti i
bisogni dell'espressione; si consideri nel muto. Il quale, convivendo {pur} tutto giorno con uomini i quali parlano, ed usano
una lingua già perfetta, non arriva mai in tutta quanta la sua vita nemmeno alla
prima delle sopraddette cose, cioè ad accorgersi di avere organi capaci di suoni
articolati: giacchè seppure egli manda fuori alcun suono di voce, questo è meno
articolato e meno vario che non sono le voci delle bestie. Ora io torno in campo
colla mia solita domanda. È egli possibile che se la natura aveva espressamente
destinato l'uomo a parlare, se, come dice
Dante, opera naturale è ch'uom favella
*
, essa natura lasciasse
tanto da fare all'uomo per
2897 arrivare ad eseguire
quest'opera naturale, e debita alla sua
essenza, e propria di essa, quest'opera senza la quale egli non avrebbe mai
corrisposto alla sua natura particolare, nè all'intenzione della natura in
generale, e condannasse espressamente tanta moltitudine e tante generazioni
d'uomini, quante dovettero passare prima che fosse trovata una lingua, altre a
non sapere nè potere in alcun modo fare, altre a non poter fare se non se
imperfettissimamente, quello che l'uomo doveva pur sapere e potere compiutamente
fare per sua propria natura? E poichè l'uomo senza la lingua non sarebbe uscito
mai del suo stato primitivo purissimo, e la lingua è il principale e più
necessario istrumento col quale egli ha operato ed opera quello che si chiama
suo perfezionamento; e se d'altronde tanto è per ciascuna cosa il ben essere,
quanto l'esser perfetta, nè si dà per veruna specie di enti felicità veruna
senza la perfezione conveniente ad essa specie; è egli possibile che se questa
che si chiama perfezione dell'uomo, fosse veramente tale, e destinatagli dalla
natura, essa natura nel formar l'
2898 uomo l'avesse
posto così mirabilmente lontano dalla perfezione da lei voluta e destinatagli,
ed a lui necessaria, che egli non avesse ancora nè potesse avere nemmeno una
prima idea dell'istrumento, col quale dopo lunghissimi travagli, e lunghissimo
corso di generazioni e di secoli, la sua specie sarebbe finalmente arrivata a
conseguire alcuna parte di questa perfezione?
[2989,1]
Alla p. 2870.
Come la nazion francese è tra tutte quelle {europee}
che si chiamano meridionali quella che più partecipa del settentrionale sì per
clima, come per indole, costumi ec. {Si
può vedere la p. 3252. sg.
3400. sgg.} così la
lingua francese è di tutte le figlie della latina, {+o vogliamo dire delle meridionali colte,} quella
che ha più del settentrionale sì per la natura, asprezza ec. dei suoni, come per
2990 la proprietà ed indole della dicitura, forma,
struttura ec. E si può dire che per l'uno e per l'altro rispetto essa lingua,
siccome la nazione che la parla tenga il mezzo, e sia quasi un grado e un anello
fra le meridionali e le settentrionali europee colte. Dico per l'uno e per
l'altro rispetto, cioè per li suoni e per l'indole. Le quali due cose sono
sempre analoghe e corrispondenti fra loro, cioè tale è sempre l'indole di una
lingua perfetta qual è quella de' suoni materiali ch'ella adopera. E la varietà
medesima che si trova fra i suoni di due lingue d'una medesima classe, o di due
lingue di classi diverse, o delle lingue di due classi (come settentrionale e
meridionale), si troverà sempre fra i caratteri e i geni delle medesime lingue o
classi, purch'elle sieno perfette, e ben corrispondenti all'indole della
nazione, il che sempre accade quando una lingua è perfettamente sviluppata, e
senza di che non può essere che una lingua, ancorchè
2991 colta, abbia perfettamente sviluppato, o conservi, il suo vero, conveniente,
naturale e proprio carattere. (19. Luglio 1823.).
[3247,1]
3247 È cosa nota che le favelle degli uomini variano
secondo i climi. Cosa osservata dev'essere altresì che le differenze de'
caratteri delle favelle corrispondono alle differenze de' caratteri delle
pronunzie ossia del suono di ciascuna favella generalmente considerato: onde una
lingua di suono aspro ha un carattere e un genio austero, una lingua di suono
dolce ha un carattere e un genio molle e delicato; una lingua ancora rozza ha e
pronunzia ed andamento rozzo, e civilizzandosi, raddolcendosi e ripulendosi il
carattere della lingua e della dicitura, raffinandosi, divenendo regolare, e
perfezionandosi essa lingua, se ne dirozza e raddolcisce e mitigasi e si
ammollisce eziandio la generale pronunzia ed il suono. Dev'esser parimente
osservato, che siccome il carattere della lingua al carattere della pronunzia,
così i caratteri delle pronunzie corrispondono alle nature dei climi, e quindi
alle qualità fisiche degli uomini che vivono in essi climi, e alle lor qualità
morali che dalle fisiche procedono e lor corrispondono. Onde ne' climi
settentrionali, dove gli uomini indurati dal freddo, da' patimenti, e dalle
fatiche di provvedere a' propri bisogni in terre
3248
naturalmente sterili e sotto un cielo iniquo, e fortificati ancora dalla fredda
temperatura dell'aria, sono più che altrove robusti di corpo, e coraggiosi
d'animo, e pronti di mano, le pronunzie sono più che altrove forti ed energiche,
e richiedono un grande spirito, siccome è quella della lingua tedesca piena
d'aspirazioni, e che a pronunziarla par che richiegga tanto fiato quant'altri
può avere in petto, onde a noi italiani, udendola da' nazionali, par ch'e'
facciano grande fatica a parlarla, o gran forza di petto ci adoprino. Per lo
contrario accade nelle lingue de' climi meridionali, dove gli uomini sono per
natura molli e inchinati alla pigrizia e all'oziosità, e d'animo dolce, e vago
de' piaceri, e di corpo men vigoroso che mobile e vivido. Ond'egli è proprio
carattere della pronunzia non meno che della lingua p. e. tedesca, la forza, e
dell'italiana la dolcezza e delicatezza. E poste nelle lingue queste proprietà
rispettive dell'una lingua all'altra, ne segue che anche assolutamente, e
considerando ciascuna lingua da {se} nella lingua p. e.
italiana, sia pregio la delicatezza e dolcezza,
3249
onde lo scrittore {o il parlatore} italiano appo cui la
lingua {+(sia nello stile, sia nella
combinazione delle voci, sia nella pronunzia)} è più delicata e più
dolce che appo gli altri italiani (salvo che queste qualità non passino i
confini che in tutte le cose dividono il giusto dal troppo, sia per rispetto
alla stessa lingua in genere, sia in ordine alla materia trattata), più si loda
che gli altri {italiani}, appunto perocchè la lingua
italiana nella dolcezza e delicatezza avanza l'altre lingue. Ma per lo contrario
fra' tedeschi dovrà maggiormente lodarsi lo scrittore o il parlatore appo cui la
lingua riesca più forte che appo gli altri tedeschi, perocchè la lingua tedesca
supera l'altre nella forza, e suo carattere è la forza, non la dolcezza: nè la
dolcezza è pregio per se, neppur nella lingua italiana, ma in essa,
considerandola rispetto alle {altre} lingue, è qualità
non pregio, e nello scrittore o parlatore italiano è pregio, non in quanto
dolcezza, ma in quanto propria e caratteristica della lingua italiana. Così
civilizzandosi le nazioni, e divenendo, rispetto alle primitive, delicate di
corpo, divenne altresì pregio negl'individui umani la maggior
3250 delicatezza delle forme, non perchè la delicatezza sia pregio per
se; che anzi la rispettiva delicatezza delle forme era certamente biasimo, e
tenuto per difetto, o per {causa di} minor pregio {d'esse forme,} appo gli uomini primitivi; ma solo perchè
la delicatezza fisica oggidì, contro le leggi della natura, e contro il vero ben
essere e il destino dell'umana vita, è fatta propria e caratteristica delle
nazioni e persone civili. {#1. Puoi vedere le pagg. 3084-90.}
Laonde ben s'ingannarono quei tedeschi (ripresi da Mad. di Staël
nell'Alemagna) che cercarono di
raddolcire la loro lingua, credendo farsi {tanto più}
pregevoli degli altri {tedeschi} quanto più dolcemente
di loro la parlassero e scrivessero, e che la dolcezza, proccurandola alla
lingua tedesca, le avesse ad esser pregio, contro la natura, e contro il
carattere della lingua, il quale è la forza, e tanta forza richiede nello
scrittore e nel parlatore, quanta possa non varcare i confini prescritti dalla
qualità d'essa lingua, e da quella delle particolari materie in essa trattate;
ed esclude, colle medesime condizioni, la dolcezza, come vizio nella lingua
tedesca e non pregio, perchè opposta alla sua natura.
[4082,2]
Apprendre plusieurs
langues médiocrement, c'est le fruit du travail de quelques années;
parler purement et éloquemment la sienne c'est le travail de toute la
vie.
*
Così dice Voltaire,
la cui lingua pur non era che la francese, riputata la più facile delle
lingue antiche e moderne. Histoire
du Siècle de Louis XIV. chap. 36. Écrivains, art. de Longueruë. (à la Haye 1752-3. t. 3. dans les additions. p.
195-196.)
(26. Aprile. 1824.).
Related Themes
Lingue. (pnr) (7)
Caratteri meridionali e settentrionali. (1827) (3)
Delicatezza delle forme. (1827) (2)
Della natura degli uomini e delle cose. (pnr) (2)
Carattere, lingua ec. ec. (1827) (1)
Francesi. (1827) (1)
Perfettibilità o Perfezione umana. (1827) (1)
Fanciulli. (1827) (1)
Scrittura, alfabeto, ec. (1827) (1)
Nazioni. Loro comune origine. (1827) (1)
Etimologie (studio e scienza delle). (1827) (1)