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23. Agos. 1823.

[3247,1]   3247 È cosa nota che le favelle degli uomini variano secondo i climi. Cosa osservata dev'essere altresì che le differenze de' caratteri delle favelle corrispondono alle differenze de' caratteri delle pronunzie ossia del suono di ciascuna favella generalmente considerato: onde una lingua di suono aspro ha un carattere e un genio austero, una lingua di suono dolce ha un carattere e un genio molle e delicato; una lingua ancora rozza ha e pronunzia ed andamento rozzo, e civilizzandosi, raddolcendosi e ripulendosi il carattere della lingua e della dicitura, raffinandosi, divenendo regolare, e perfezionandosi essa lingua, se ne dirozza e raddolcisce e mitigasi e si ammollisce eziandio la generale pronunzia ed il suono. Dev'esser parimente osservato, che siccome il carattere della lingua al carattere della pronunzia, così i caratteri delle pronunzie corrispondono alle nature dei climi, e quindi alle qualità fisiche degli uomini che vivono in essi climi, e alle lor qualità morali che dalle fisiche procedono e lor corrispondono. Onde ne' climi settentrionali, dove gli uomini indurati dal freddo, da' patimenti, e dalle fatiche di provvedere a' propri bisogni in terre  3248 naturalmente sterili e sotto un cielo iniquo, e fortificati ancora dalla fredda temperatura dell'aria, sono più che altrove robusti di corpo, e coraggiosi d'animo, e pronti di mano, le pronunzie sono più che altrove forti ed energiche, e richiedono un grande spirito, siccome è quella della lingua tedesca piena d'aspirazioni, e che a pronunziarla par che richiegga tanto fiato quant'altri può avere in petto, onde a noi italiani, udendola da' nazionali, par ch'e' facciano grande fatica a parlarla, o gran forza di petto ci adoprino. Per lo contrario accade nelle lingue de' climi meridionali, dove gli uomini sono per natura molli e inchinati alla pigrizia e all'oziosità, e d'animo dolce, e vago de' piaceri, e di corpo men vigoroso che mobile e vivido. Ond'egli è proprio carattere della pronunzia non meno che della lingua p. e. tedesca, la forza, e dell'italiana la dolcezza e delicatezza. E poste nelle lingue queste proprietà rispettive dell'una lingua all'altra, ne segue che anche assolutamente, e considerando ciascuna lingua da {se} nella lingua p. e. italiana, sia pregio la delicatezza e dolcezza,  3249 onde lo scrittore {o il parlatore} italiano appo cui la lingua {+(sia nello stile, sia nella combinazione delle voci, sia nella pronunzia)} è più delicata e più dolce che appo gli altri italiani (salvo che queste qualità non passino i confini che in tutte le cose dividono il giusto dal troppo, sia per rispetto alla stessa lingua in genere, sia in ordine alla materia trattata), più si loda che gli altri {italiani}, appunto perocchè la lingua italiana nella dolcezza e delicatezza avanza l'altre lingue. Ma per lo contrario fra' tedeschi dovrà maggiormente lodarsi lo scrittore o il parlatore appo cui la lingua riesca più forte che appo gli altri tedeschi, perocchè la lingua tedesca supera l'altre nella forza, e suo carattere è la forza, non la dolcezza: nè la dolcezza è pregio per se, neppur nella lingua italiana, ma in essa, considerandola rispetto alle {altre} lingue, è qualità non pregio, e nello scrittore o parlatore italiano è pregio, non in quanto dolcezza, ma in quanto propria e caratteristica della lingua italiana. Così civilizzandosi le nazioni, e divenendo, rispetto alle primitive, delicate di corpo, divenne altresì pregio negl'individui umani la maggior  3250 delicatezza delle forme, non perchè la delicatezza sia pregio per se; che anzi la rispettiva delicatezza delle forme era certamente biasimo, e tenuto per difetto, o per {causa di} minor pregio {d'esse forme,} appo gli uomini primitivi; ma solo perchè la delicatezza fisica oggidì, contro le leggi della natura, e contro il vero ben essere e il destino dell'umana vita, è fatta propria e caratteristica delle nazioni e persone civili. {#1. Puoi vedere le pagg. 3084-90.} Laonde ben s'ingannarono quei tedeschi (ripresi da Mad. di Staël nell'Alemagna) che cercarono di raddolcire la loro lingua, credendo farsi {tanto più} pregevoli degli altri {tedeschi} quanto più dolcemente di loro la parlassero e scrivessero, e che la dolcezza, proccurandola alla lingua tedesca, le avesse ad esser pregio, contro la natura, e contro il carattere della lingua, il quale è la forza, e tanta forza richiede nello scrittore e nel parlatore, quanta possa non varcare i confini prescritti dalla qualità d'essa lingua, e da quella delle particolari materie in essa trattate; ed esclude, colle medesime condizioni, la dolcezza, come vizio nella lingua tedesca e non pregio, perchè opposta alla sua natura.
[3251,1]   3251 Tornando al proposito {debbono} esser, come ho detto, cose osservate queste proporzioni che passano tra le diverse nature dei climi e i diversi caratteri delle rispettive pronunzie e geni delle rispettive lingue, ed altresì il modo di queste proporzioni, cioè il modo in che il clima opera sulle favelle, e da quali proprietà del clima quali proprietà derivino alle pronunzie e alle lingue. Ma forse non sarà stato egualmente notato che {trovandosi} in un medesimo clima {e paese} essere stati in diversi tempi diversi caratteri di pronunzia e di lingua, queste diversità corrispondettero sempre alle qualità fisiche degli uomini che ciascuna d'esse pronunzie e lingue, l'una dopo l'altra usarono, le quali fisiche qualità variarono secondo le diverse circostanze morali, politiche, religiose, intellettuali {ec.} che in diverse generazioni in quel medesimo clima e paese ebber luogo. Ond'è che sebbene il clima meridionale naturalmente ispira dolcezza ne' caratteri delle pronunzie e de' suoni, tuttavia suono della lingua greca, e quello della lingua romana, certo più molle che non era a quel tempo, e che adesso non è, il suono delle  3252 lingue settentrionali, pur fu {molto} men delicato {e più forte} di quello che oggi si sente nella nuova lingua dello stesso Lazio e di Roma e d'italia. E ciò non per altra {cagione fisica immediata,} se non perchè, stante le loro circostanze morali e politiche e il lor genere di vita e di costumi, gli antichi Greci e Romani (il che anche per mille altri segni e notizie si prova) furono di corpo molto più forti che i moderni italiani non sono. {La stessa pronunzia della moderna lingua francese (e così delle altre) si è addolcita coi costumi della nazione, come dice Voltaire ec. giacchè un dì si pronunziava come oggi si scrive ec.} Ond'è che siccome la pronunzia francese per la geografica posizione e natural qualità del suo clima, ch'è mezzo tra meridionale e settentrionale, tiene quasi tanto delle pronunzie del sud quanto di quelle del nord, {#1. pendendo però più al sud.} ed è un temperamento dell'une e dell'altre e un anello che queste a quelle congiunge, {#2. Puoi vedere la pp. 2989 - 91.,} così il carattere delle pronunzie greca e latina, tiene, non dirò già il proprio mezzo tra il settentrionale e il meridionale, ma tra il carattere dell'italiana, ch'è l'uno estremo delle moderne pronunzie meridionali, e l'estremo assoluto della dolcezza; e quello della pronunzia settentrionale meno aspra e che più  3253 s'accosti a dolcezza, e sia per questa parte l'estremo delle pronunzie settentrionali, alle meridionali più vicino. O volessimo piuttosto dire che le pronunzie greca e latina sieno medie tra l'italiana {+ch'è la più meridionale,} e la francese, che non è nè {ben} meridionale nè {per anco} settentrionale. {+Le lingue orientali, {la greca moderna, la turca,} quelle de' selvaggi e indigeni d'America sotto la zona, parlate e scritte in climi assai più meridionali che quel d'italia o di Spagna, sono tuttavia molto men dolci dell'italiana e della spagnuola, e taluna anche delle settentrionali europee. Ciò per la rozzezza o per la acquisita barbarie de' popoli che l'usano o che l'usarono, per li costumi aspri e crudeli ec. antiche o moderne ch'esse lingue si considerino.} (23. Agos. 1823.).