Malinconia.
Melancholy.
142,1 460,1 931,1 1690,1 1860,1Malinconia, solito effetto della musica.
Melancholy, usual effect of music.
2310,13310,1Malinconia, dovunque ella non regna nella poesia e letteratura moderna, n'è causa la debolezza d'ingegno degli autori.
Melancholy, wherever it does not reign in modern poetry and literature is because of the weak intellect of authors.
2363,2[142,1] Nei trasporti d'amore, nella conversazione coll'amata,
nei favori che ne ricevi, anche negli ultimi, tu vai piuttosto in cerca della
felicità di quello che provarla, il tuo cuore agitato, sente sempre una gran
mancanza, un non so che di meno di quello che sperava, un desiderio di qualche
cosa anzi di molto di più. I migliori momenti dell'amore sono quelli di una
quieta e dolce malinconia dove tu piangi e non sai di che, e quasi ti rassegni
riposatamente a una sventura e non sai quale. In quel riposo la tua anima meno
agitata, è quasi piena, e quasi gusta la felicità. (v. Montesquieu
Temple de Gnide canto 5. dopo il mezzo. p.
342). Così anche nell'amore, {ch'è} lo stato
dell'anima il più ricco di piaceri e d'illusioni, la miglior parte, la più
dritta strada al piacere, e a un'ombra di felicità, è il dolore. (27.
Giugno 1820.).
[460,1] Quelle rare volte ch'io ho incontrato qualche piccola
fortuna, o motivo di allegrezza, in luogo di mostrarla al di fuori, io mi dava
naturalmente alla malinconia, quanto all'esterno, sebbene l'interno fosse
contento. Ma quel contento placido e riposto, io temeva di turbarlo, alterarlo,
guastarlo, e perderlo
461 col dargli vento. E dava il
mio contento in custodia alla malinconia. (27. Dic. 1820.).
[931,1] Non è cosa più dispiacevole e dispettosa all'uomo
afflitto, e oppresso dalla malinconia, dalla sventura presente, o dal presente
sentimento di lei, quanto il tuono della frivolezza e della dissipazione in
coloro che lo circondano, e l'aspetto comunque della gioia insulsa. Molto più se
questo è usato con lui, e soprattutto s'egli è obbligato per creanza, o per
qualunque ragione a prendervi parte. (12. Aprile 1821.)
[1690,1]
Alla p. 1656.
principio. La malinconia per es. fa veder le cose e le verità (così
dette) in aspetto diversissimo e contrarissimo a quello in cui le fa veder
l'allegria. {+V'è anche uno stato di
mezzo che le fa pur vedere al suo modo, cioè la noia.} E l'allegro e
il malinconico {ec.} (sieno pur due pensatori e
filosofi, o uno stesso filosofo in due diversi tempi e stati) sono persuasissimi
di
1691 vedere il vero, ed hanno le loro convincenti
ragioni per crederlo. Vero è pur troppo che astrattamente parlando, l'amica
della verità, la luce per discoprirla, la meno soggetta ad errare è la
malinconia {e soprattutto la noia}; ed il vero filosofo
nello stato di allegria non può far altro che persuadersi, non che il vero sia
bello o buono, ma che il male cioè il vero si debba dimenticare, e consolarsene,
{+o che sia conveniente di dar
qualche sostanza alle cose, che veramente non l'hanno.}
(13. Sett. 1821.). {{V. p. 1694. fine.}}
[1860,1] Ho detto pp. 1548-51 che l'immaginazione può risorgere o durare
anche ne' vecchi e disingannati. Aggiungo che l'immaginazione e il piacere che
ne deriva, consistendo in gran parte nelle rimembranze, lo stesso aver perduto
l'abito della continua immaginativa, contribuisce ad accrescere il piacere delle
rimembranze, giacch'elle, se fossero presenti ed abituali, 1. non sarebbero, o
sarebbero meno rimembranze, 2. non sarebbero così dilettevoli, perchè il
presente non illude mai, bensì il lontano, e quanto è più lontano. Onde non è
dubbio che le immagini della vita degli antichi, non riescano più dilettevoli a
noi per cui sono rimembranze lontanissime, che agli stessi antichi per cui erano
o presenze, o ricordanze poco lontane. Del resto la rimembranza quanto più è
lontana, e meno abituale, tanto più innalza, stringe, addolora dolcemente,
diletta
1861 l'anima, e fa più viva, energica,
profonda, sensibile, e fruttuosa
impressione, perch'essendo più lontana, è più sottoposta all'illusione; e non
essendo abituale nè essa individualmente, nè nel suo genere, va esente
dall'influenza dell'assuefazione che indebolisce ogni sensazione. Ciò che dico
dell'immaginativa, si può applicare alla sensibilità. Certo è però che tali
lontane rimembranze, quanto dolci, tanto separate dalla nostra vita presente, e
di genere contrario a quello delle nostre sensazioni abituali, ispirando della
poesia ec. non ponno ispirare che poesia malinconica, come è naturale,
trattandosi di ciò che si è perduto; all'opposto degli antichi a cui tali
immagini, poteano ben far minore effetto a causa dell'abitudine, ma erano sempre
proprie, presenti, si rinnovavano tuttogiorno, nè mai si consideravano come cose
perdute, o riconosciute per vane; quindi la loro poesia dovea esser lieta, come
quella che verteva sopra dei beni e delle dolcezze da
1862 loro ancor possedute, e senza timore. (7. Ott.
1821.).
[3310,1] Altra prova delle proposizioni da me esposte nel
principio di questo pensiero, può essere, fra le mille, la seguente. Qual uomo
civile udendo, eziandio la più allegra melodia, si sente mai commuovere ad
allegrezza? non dico a darne segno di fuori, ma si sente pure internamente
rallegrato, cioè concepisce quella passione che si chiama veramente gioia? Anzi
ella è cosa osservata che oggidì qualunque musica generalmente, anche non di rado le allegre, sogliono
ispirare e muovere una malinconia, bensì dolce, ma ben diversa dalla gioia; una
malinconia ed una passion d'animo che piuttosto che versarsi al di fuori, ama
anzi per lo contrario di rannicchiarsi, concentrarsi, e ristringe, per così
dire, l'animo in se stesso quanto più può, e tanto più quanto ella è più forte,
e maggiore l'effetto
3311 della musica; un sentimento
che serve anche di consolazione delle proprie sventure, anzi n'è il più efficace
e soave medicamento, ma non in altra guisa le consola, che col promuovere le
lagrime, e col persuadere e tirare dolcemente ma imperiosamente {a piangere i propri mali} anche, talvolta, gli uomini i
più indurati sopra se stessi e sopra le lor proprie calamità. In somma
generalmente parlando, oggidì, fra le nazioni civili, l'effetto della musica è
il pianto, o tende al pianto (fors'anche talor di {piacere e
di} letizia, ma interna e simile quasi al dolore): e certo egli è
mille volte piuttosto il pianto che il riso, col quale anzi {ei} non ha mai o quasi mai nulla di simile. Questi effetti della
musica su di noi ci paiono sì naturali, sì spontanei ec. ec. che non pochi
vorranno e vogliono che sia proprio assolutamente della natura umana l'essere in
tal modo affetti dall'armonia e dalla melodia musicale.
[2363,2] Quei pochissimi {poeti}
italiani che in questo o nel passato secolo hanno avuto qualche barlume di genio
e natura poetica, qualche poco di forza nell'animo
2364
o nel sentimento, qualche poco di passione, sono stati tutti malinconici nelle
loro poesie. (Alfieri, Foscolo ec.) Il Parini tende
anch'esso nella malinconia, specialmente nelle odi, ma anche nel Giorno, per ischerzoso che
paia. Il Parini però non aveva
bastante forza di passione e sentimento, per esser vero poeta. E generalmente
non è che la pura debolezza del sentimento, la scarsezza della forza poetica
dell'animo, che {può} permettere ai nostri poeti
italiani d'oggidì (ed anche degli altri secoli, e anche d'ogni altra nazione), a
quei medesimi che più si distinguono, e che per certi meriti di stile, o di
stiracchiata immaginazione, son tenuti poeti, l'essere allegri in poesia, ed
anche inclinarli e sforzarli a preferir l'allegro al malinconico. Ciò che dico
della poesia dico proporzionatamente delle altre parti della bella letteratura.
Dovunque non regna il malinconico nella letteratura moderna, la sola debolezza
n'è causa. (27. Gen. 1822.).
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