[3310,1] Altra prova delle proposizioni da me esposte nel
principio di questo pensiero, può essere, fra le mille, la seguente. Qual uomo
civile udendo, eziandio la più allegra melodia, si sente mai commuovere ad
allegrezza? non dico a darne segno di fuori, ma si sente pure internamente
rallegrato, cioè concepisce quella passione che si chiama veramente gioia? Anzi
ella è cosa osservata che oggidì qualunque musica generalmente, anche non di rado le allegre, sogliono
ispirare e muovere una malinconia, bensì dolce, ma ben diversa dalla gioia; una
malinconia ed una passion d'animo che piuttosto che versarsi al di fuori, ama
anzi per lo contrario di rannicchiarsi, concentrarsi, e ristringe, per così
dire, l'animo in se stesso quanto più può, e tanto più quanto ella è più forte,
e maggiore l'effetto
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che serve anche di consolazione delle proprie sventure, anzi n'è il più efficace
e soave medicamento, ma non in altra guisa le consola, che col promuovere le
lagrime, e col persuadere e tirare dolcemente ma imperiosamente {a piangere i propri mali} anche, talvolta, gli uomini i
più indurati sopra se stessi e sopra le lor proprie calamità. In somma
generalmente parlando, oggidì, fra le nazioni civili, l'effetto della musica è
il pianto, o tende al pianto (fors'anche talor di {piacere e
di} letizia, ma interna e simile quasi al dolore): e certo egli è
mille volte piuttosto il pianto che il riso, col quale anzi {ei} non ha mai o quasi mai nulla di simile. Questi effetti della
musica su di noi ci paiono sì naturali, sì spontanei ec. ec. che non pochi
vorranno e vogliono che sia proprio assolutamente della natura umana l'essere in
tal modo affetti dall'armonia e dalla melodia musicale.