Musica.
Music.
79,1 130,21 155,1 156,1 157,2 159,1 1369 1663,1.2 1747,1 1759,1 1780,1 1871,1 1927,2 1934,1 1940,2 2017,1 2336,1 2337,1 3020,1 3208,1 3310,1 3313,1 3364,1 3421,1Rettorica o Poetica della Musica, non si ha: solo Grammatica: ben si potrebbe avere.
Rhetoric or Poetics of Music, there is none, only Grammar, but there can very well be one.
3217,marg.[79,1] Le altre {arti} imitano ed
esprimono la natura da cui si trae il sentimento, ma la musica non imita e non
esprime che lo stesso sentimento in persona, ch'ella trae da se stessa e non
dalla natura, e così l'uditore. Ecco perchè la Staël (Corinne liv. 9. ch. 2.) dice: De tous les beux arts
c'est
*
(la musique) celui qui agit le plus immédiatement sur l'ame.
Les autres la dirigent vers telle ou telle idée, celui-là seul s'adresse
à la source intime de l'existence, et change en entier la disposition
intérieure.
*
La
80 parola nella
poesia ec. non ha tanta forza d'esprimere il vago e l'infinito del sentimento se
non applicandosi a degli oggetti, e perciò producendo un'impressione sempre
secondaria e meno immediata, perchè la parola come i segni e le immagini della
pittura e scultura hanno una significazione determinata e finita. L'architettura
per questo lato si accosta un poco più alla musica, ma non può aver tanta
subitaneità {, ed immediatezza.}
[130,1] In proposito di quello che ho detto p. 96. osservate come ragionevolmente
gli antichi usassero la musica e la danza nei conviti, e segnatamente dopo il
pranzo, come dice Omero nel primo dell'Odissea, e forse anche dove parla di Demodoco. L'uomo non è
mai più disposto che in quel punto ad essere infiammato dalla musica e dalla
bellezza, e da tutte le illusioni della vita.
[155,1] E similmente osservate quanto sia vano il pensare
{così assolutamente} che la musica perchè diletta
sommamente l'uomo debba fare effetto sulle bestie. Distinguete suono {(sotto questo nome intendo ora anche il canto)} e
armonia. Il suono è la materia della musica, come i colori della pittura, i
marmi della scoltura ec. L'effetto naturale e generico della musica in noi, non
deriva dall'armonia ma dal suono, il quale ci elettrizza e scuote al primo tocco
quando anche sia monotono. Questo è quello che la musica ha di speciale sopra le
altre arti, sebbene anche un color bello e vivo ci fa effetto, ma molto minore.
Questi sono effetti e influssi naturali, e non bellezza. L'armonia modifica
l'effetto del suono, e in questo (che solo appartiene all'arte) la musica non si
distingue dalle altre arti, giacchè i pregi dell'armonia consistono nella
imitazione della natura {quando esprimono qualche
cosa,} e in seguire quell'idea della convenienza dei suoni ch'è
arbitraria e diversa in diverse nazioni. Ora il suono non è difficile che faccia
effetto anche nelle bestie, ma non è necessario, e massimamente quegli stessi
suoni che fanno effetto nell'uomo (quando vediamo {anche tra
gli uomini} che certe nazioni si dilettano di suoni tutti diversi da'
nostri, e per noi insopportabili).
156 I loro organi, e
indipendentemente da questi, la loro maniera d'essere è differente dalla nostra,
e non possiamo sapere qual sia l'effetto di questa differenza. Tuttavia se
questa non sarà molto grande, {o} almeno {avrà} qualche rapporto con noi in questo punto, il suono
farà colpo in quei tali animali, come leggiamo dei delfini e dei serpenti (V. Chateaubriand). Ma l'armonia è bellezza. La bellezza non è
assoluta, dipendendo dalle idee che ciascuno si forma della convenienza di una
cosa con un'altra, laonde se l'astratto dell'armonia può esser concepito dalle
bestie, non perciò per loro sarà armonia e bellezza quello ch'è per noi. E così
non è la musica come arte ma la sua materia cioè il suono che farà effetto in
certe bestie. E infatti come vogliamo pretendere che le bestie gustino la nostra
armonia, se tanti uomini si trovano che non la gustano? Parlo di molti individui
che sono tra noi, e parlo di nazioni, come dei turchi che hanno una musica che a
noi par dissonantissima e disarmonica. Eccetto il caso che qualche animale si
trovasse in disposizione così somigliante alla nostra, che nella musica potesse
sentire se non tutta almeno in parte l'armonia che noi ci sentiamo, vale a dire
giudicare armonico quello che noi giudichiamo. Il quale effetto è più difficile
assai dell'altro sopraddetto del suono, tuttavia non è affatto inverisimile.
(6. Luglio 1820.).
[156,1] Con questa distinzione di suono e armonia, l'uno
cagione di effetto naturale {e indipendente dall'arte}
e generale nell'uomo, (effetto arbitrario della natura, e non già necessario
astrattamente) l'altra di effetto naturale in astratto, ma dipendente dall'arte
in concreto, comprenderete perchè le bestie essendo talvolta influite dalla
musica, non lo sieno dalle altre arti. Ed è perchè la materia della musica, è
così efficace nell'uomo e così generalmente e per natura, che non è maraviglia
se la sua forza si estende anche ad altri animali forse più analoghi {degli altri} all'uomo per questa parte della loro
natura. Ma non così la materia delle altre arti, eccetto i colori, i quali
157 come fanno effetto naturale nell'uomo, così per
legge di analogia (che va ammessa non perchè fosse necessario alla natura di
osservarla, ma perchè la vediamo osservata) congetturo che possano dar qualche
diletto anche alle bestie, e forse se ne avrebbero delle prove. Del resto nelle
altre arti {le bestie} non essendo influite dalla
materia che nella musica ha influsso naturale e indipendente dall'arte, non
possono essere influite dall'arte stessa, non avendo la stessa idea della
bellezza che abbiamo noi, e che è tanto diversa anche tra noi. E quanto
all'imitazione del vero che in noi cagiona una maraviglia naturale,
potrebb'essere che la producesse anche in loro senza che noi ce ne accorgessimo,
e potrebb'essere che non la capissero, ma prendessero gli oggetti imitati per
veri, o finalmente (che dev'essere il più ordinario) si formassero di quegli
oggetti d'arte un'idea confusa tra l'oggetto vero, e un altro che lo somigli,
non potendo sapere quelle cose che sappiamo noi intorno all'artefice, {e alla maniera} e alla difficoltà d'imitare in quel modo
ec. ec. cose tutte che producono la maraviglia. E infatti vedrete in molti
barbari che le belle imitazioni delle nostre arti in vece di destare maggior
maraviglia, appena li commuovono.
[157,2] Il piacere che ci dà il suono {non
va sotto la categoria del bello, ma} è come quello del gusto
dell'odorato ec. La natura ha dato i suoi piaceri a tutti i sensi. Ma la
particolarità del suono è di produrre {per se stesso}
un effetto più spirituale
158 dei cibi dei colori degli
oggetti tastabili ec. E tuttavia osservate che gli odori, in grado bensì molto
più piccolo, ma pure hanno una simile proprietà, risvegliando l'immaginazione
ec. Laonde quello stesso spirituale del suono è un effetto fisico di quella
sensazione de' nostri organi, e infatti non ha bisogno dell'attenzione
dell'anima, perchè il suono immediatamente la tira a se, e la commozione vien
tutta da lui, quando anche l'anima appena ci avverta. Laddove la bellezza o
naturale o artifiziale non fa effetto se l'anima non si mette in una certa
disposizione da riceverlo, e perciò il piacere che dà, si riconosce per
intellettuale. Ed ecco la principal cagione dell'essere l'effetto della musica
immediato, a differenza delle altre arti, e v. questi pens. p. 79.
[159,1] Osservate ancora un finissimo magistero della natura.
Gli uccelli ha voluto che fossero per natura loro i cantori della terra, e come
ha posto i fiori per diletto dell'odorato, così gli uccelli per diletto
dell'udito. Ora perchè la loro voce fosse bene intesa, che cosa ha fatto? Gli ha
resi volatili, acciocchè il loro canto venendo dall'alto, si spargesse molto in
largo. Questa combinazione del volo e del canto non è certamente accidentale. E
perciò la voce degli uccelli reca a noi più diletto che quella degli altri
animali (fuorchè l'uomo) perchè era espressamente ordinata al diletto
dell'udito. E credo che ne rechi anche più agli altri animali che sono in uno
stato naturale, e forse perciò più capaci di trovarci o tutta o in parte
quell'armonia che ci trovano gli stessi uccelli, e che noi non ci troviamo,
perchè allontanandoci dalla natura, abbiamo perduto certe idee primitive intorno
alla convenienza, non assolute e necessarie, ma tuttavia dateci forse
arbitrariamente dalla natura. Io credo che i selvaggi trovino il canto degli
uccelli molto più dolce, e mi pare che si potrebbe provar lo stesso degli
antichi, i quali è noto che sentivano maggior diletto di noi nel canto delle
cicale ec. {{delle quali pure e simili si può notare che
cantano sopra gli alberi.}}
[1369,1] Qual è stato naturale? quello dell'ignorante, o
quello dell'artista? Ora l'ignorante non conosce nè sente quasi nulla del bello
d'arte, poco ancora del bello naturale, e d'ogni bello ec. Un uomo affatto
rozzo, appena sarà tocco dalla musica più popolare. Anche alla musica si
acquista gusto coll'assuefazione sì diretta come indiretta. E pur la musica
sembra {quasi} la più universale delle bellezze ec. Ora
dico io. Il bello non è bello se non {in} quanto dà
piacere ec. Una verità sconosciuta è pur verità, perchè il vero non è vero in
quanto è conosciuto. La natura non insegna il vero, ma se ha da esistere il
bello assoluto, non lo possiamo riconoscere fuorchè in un insegnamento della
natura. Or come sarà assoluto quel bello che, se l'uomo non è in condizione non
naturale, non può produrre l'effetto suo proprio, indipendentemente dal quale
nessuno può pur concepire che cosa sia nè possa
1370
essere il bello? (22. Luglio. 1821.).
[1747,1] Quelli che immaginarono una musica di colori, e uno
strumento che dilettasse l'occhio colla loro armonia istantanea e successiva,
coll'armonica loro combinazione, e variazione, ec. non osservarono che la grande
influenza dell'armonia musicale sull'anima, non è propria dell'armonia in modo,
ch'essenzialmente non derivi dal suono o dal canto isolatamente considerato;
anzi considerando la pura natura di essa influenza, essa spetta più, o più
necessariamente al suono e al canto che all'armonia o melodia: giacchè il suono
o il canto produce (benchè per breve tempo) sull'animo qualch'effetto proprio
della musica, ancorchè separato dall'armonia; non così questa, divisa
1748 da quello, o applicata a suoni o voci che per
natura non abbiano alcuna relazione ed influenza musicale sull'udito umano; come
il suono di una tavola, o di più tavole, il quale ancorchè fosse modulato e
distinto perfettamente ne' tuoni, ed applicato alla più bella melodia, non
sarebbe mai musica per nessuno.
[1759,1] La più grande scienza musicale è inutile per
dilettare col canto senza una buona voce. Questa può supplire al difetto o
scarsezza di quella, ma non già viceversa. Qual è dunque la principale sorgente
del piacer musicale? Si suol dire che i bravi compositori di musica non sanno
cantare, perchè non sovente si combina la disposizione naturale e acquisita
degli organi intellettuali con quella degli organi materiali della voce. E così
il più perfetto conoscitore e fabbricatore di armonia e di melodia pel canto,
saprebbe bene eseguire l'armonia e la melodia, ma non perciò recare alcun
diletto musicale.
[1780,1] Una sorgente di piacere nella musica indipendente
dall'armonia per se stessa, dall'espressione, dal suono ancora o dalla natura
del canto in quanto voce, ec. ec. sono gli ornamenti, la speditezza, {la volubilità,} la sveltezza, la rapida successione,
gradazione, e variazione dei suoni, o de' tuoni della voce, cose le quali
piacciono per la difficoltà, per la prontezza, (ho detto altrove, cioè p. 1725. capoverso 2. perchè
1781 questa sia piacevole) per lo straordinario ec.
tutto indipendente dal bello. Senza la vivace mobilità e varietà de' suoni sia in ordine alla armonia, sia alla
melodia, la musica produrrebbe e produce un effetto ben diverso. Un'armonia o
melodia semplicissima, per bella ch'ella fosse annoierebbe ben tosto, e non
produrrebbe quella svariata moltiplice, rapida, e rapidamente mutabile
sensazione, che la musica produce, e che l'animo non arriva ad abbracciare. ec.
Viceversa queste difficoltà, questi ornamenti, queste agilità, se mancano di
espressione ec. ec. non sono piacevoli che agl'intendenti. La musica degli
antichi era certo assai semplice, e non è dubbio ch'ella non producesse ben
diverso effetto dalla nostra. Osserviamo bene, quando ascoltiamo una musica che
ci colpisce, e vedremo quanta parte del suo effetto provenga dall'agilità ec.
de' tuoni, de' passaggi, ec. indipendentemente dall'armonia o melodia in quanto
armonia o melodia.
[1871,1] Come quel diletto, e quel bello della musica, che
non si può ridurre nè alla significazione, nè a' puri effetti del suono isolato
dall'armonia e melodia, nè alle altre cagioni che altrove ho specificate pp. 1663-66
pp. 1747-49
pp. 1759-60
pp. 1780. sgg. , derivi
unicamente dall'abitudine nostra generale intorno alle armonie, la quale ci fa considerare come
convenienti fra loro quei tali suoni {o tuoni,} quelle
tali gradazioni, quei tali passaggi,
1872 quelle tali
cadenze ec. e come sconvenienti le diverse o contrarie ec. osservate. Le nuove
armonie o melodie (che già si tengono per
rarissime) ordinariamente, anzi sempre, s'elle sono affatto, cioè
veramente nuove, a prima vista paiono discordanze, quantunque sieno secondo le
regole del contrappunto, per lo che ben tosto appresso ne conosciamo e sentiamo
la convenienza, cioè non per altro se non perch'elle sono, e ben presto le
ritroviamo conformi alla nostra assuefazione generale intorno all'armonia e melodia, cioè alle convenienze de'
tuoni, quantunque elle non sieno conformi alle nostre assuefazioni particolari. E quanto più la detta
assuefazione generale è meno estesa, o meno radicata e sensibile e immedesimata
coll'uditore, tanto più vivo è il sentimento di discordanza e disarmonia che
questi prova a prima giunta; e tanto eziandio più durevole, di maniera ch'egli
le giudicherebbe discordanze definitivamente, se l'opinione e la prevenzione che
quelle sieno
1873 poi veramente armonie o melodie, non
glielo impedisse. Tale è il caso del volgo, della gente rozza o non assuefatta a
udir musiche, e proporzionatamente, degli uomini non intendenti di quest'arte. I
quali tutti in udir tali nuove armonie sono dilettati da' soli suoni e dalle
altre cause di diletto che altrove ho spiegato pp. 1663-66
pp. 1747-48
pp. 1759-60
pp. 1780-86 , ma non già
dall'armonia o melodia in quanto armonia e melodia, perocch'essi non la
ravvisano. E però piacciono soprattutto, {{o
più universalmente,}} le
melodie chiamate popolari, cioè conformi particolarmente o generalmente alle
assuefazioni particolari o all'assuefazione generale del comune degli uditori in
fatto di melodie ec. Le armonie o melodie affatto nuove ordinariamente non
piacciono che agl'intendenti, i quali sentono la difficoltà, e le raffrontano
colle regole ch'essi conoscono ec. E questi medesimi provano a primissima giunta
un senso di discordanza, che però presto svanisce, e ch'essi immediatamente
ravvisano per illusorio: ma si può dir che ogni assoluta novità in fatto di
musica contiene e quasi consiste in un'
1874
{apparenza} di stuonazione. Altre armonie e melodie che
non inchiudono quest'apparenza, o non molto viva, e contuttociò si considerano
come nuove, non sono nuove, se non in quanto ad una non usitata combinazione
delle diverse parti di quelle convenienze musicali che l'assuefazione generale o
particolare ci fa riguardar come convenienze. E queste combinazioni quanto meno
si accostano a quello che di sopra ho spiegato per popolare, tanto più piacciono
agl'intendenti, e meno al popolo, e tanto meno hanno di significazione, parlando
però in genere. Di questa natura è una grandissima parte delle giornaliere
novità in fatto di musica, e delle nuove composizioni musicali.
[1927,2] Quello che altrove ho detto pp. 1744-47 sugli effetti della luce, o
degli oggetti visibili, in riguardo all'idea dell'infinito, si deve applicare
parimente al suono, al canto, a tutto ciò che
1928
spetta all'udito. È piacevole per se stesso, cioè non per altro, se non per
un'idea vaga ed indefinita che desta, un canto (il più spregevole) udito da
lungi, {o che paia lontano senza esserlo,} o che si
vada appoco appoco allontanando, e divenendo insensibile; {+o anche viceversa (ma meno), o che sia così lontano, in
apparenza o in verità, che l'orecchio e l'idea quasi lo perda nella vastità
degli spazi;} un suono qualunque confuso, massime se ciò è per la
lontananza; un canto udito in modo che non si veda il luogo da cui parte; un
canto che risuoni per le volte di una stanza ec. dove voi non vi troviate però
dentro; il canto degli agricoltori che nella campagna s'ode suonare per le
valli, senza però vederli, e così il muggito degli armenti ec. {Stando in casa, e udendo tali canti o
suoni per la strada, massime di notte, si è più disposti a questi effetti,
perchè nè l'udito nè gli altri sensi non arrivano a determinare nè
circoscrivere la sensazione, e le sue concomitanze.} È piacevole
qualunque suono (anche vilissimo) che largamente e vastamente si diffonda, come
{in} taluno dei detti casi, massime se non si vede
l'oggetto da cui parte. A queste considerazioni appartiene il piacere che può
dare e dà (quando non sia vinto dalla paura) il fragore del tuono, massime
quand'è più sordo, quando è udito
1929 in aperta
campagna; lo stormire del vento, massime nei detti casi, quando freme
confusamente in una foresta, o tra i vari oggetti di una campagna, o quando è
udito da lungi, o dentro una città trovandosi per le strade ec. Perocchè oltre
la vastità, e l'incertezza e confusione del suono, non si vede l'oggetto che lo
produce, giacchè il tuono e il vento non si vedono. E[È] piacevole un luogo echeggiante, un appartamento ec. che ripeta il
calpestio de' piedi, o la voce ec. Perocchè l'eco non si vede ec. E tanto più
quanto il luogo e l'eco e[è] più vasto, quanto
più l'eco vien da lontano, quanto più si diffonde; e molto più ancora se vi si
aggiunge l'oscurità del luogo che non lasci determinare la vastità del suono, nè
i punti da cui esso parte ec. ec. E tutte queste immagini in poesia ec. sono
sempre bellissime, e tanto più quanto più negligentemente son messe, e toccando
il soggetto, senza mostrar
1930 l'intenzione per cui
ciò si fa, anzi mostrando d'ignorare l'effetto e le immagini che son per
produrre, e di non toccarli se non per ispontanea, e necessaria congiuntura, e
indole dell'argomento ec. V. in questo
proposito Virg.
Eneide 7. v. 8. seqq. La notte, o
l'immagine della notte è la più propria ad aiutare, o anche a cagionare i detti
effetti del suono. Virgilio da maestro
l'ha adoperata. (16. Ott. 1821.).
[1934,1] Dico che l'effetto della musica spetta
principalmente al suono. Voglio intender questo. Il suono (o canto) senz'armonia
e melodia non ha forza bastante nè durevole anzi non altro che momentanea
sull'animo umano. Ma viceversa l'armonia o melodia senza il suono o canto, e
senza quel tal suono che possa esser musicale, non fa nessun effetto. La musica
dunque consta inseparabilmente di suoni e di armonia, e l'uno senza l'altro non
è musica. Il suono in tanto è musicale in quanto armonico, l'armonia, in quanto
applicata al suono. Sin qui le partite sarebbero uguali. Ma io attribuisco
l'effetto principale al suono perch'esso è propriamente quella
1935 sensazione a cui la natura ha dato quella
miracolosa forza sull'animo umano (come l'ha data agli odori, alla luce, ai
colori); e sebbene egli ha bisogno dell'armonia, nondimeno al primo istante, il
puro suono basta ad aprire e scuotere l'animo umano. Non così la più bella
armonia scompagnata dal suono. Di più se il suono non è gradevole, cioè non è
{di} quelli a cui la natura diede la detta forza,
unito ancora colla più bella armonia, non fa nessun effetto; laddove uno dei
detti suoni gradevoli ec. unito ad un'armonia di poco conto, fa effetti
notabilissimi.
[1940,2] Ho detto pp. 1663-65
p.
1748
p.
1760 che un color piacevole, malamente si chiama bello, come non si
ponno chiamar belli i sapori che piacciono. Osservo ed aggiungo che la categoria
del bello spetta più a' sapori che ai colori. I sapori hanno armonia, cioè
convenienza, la quale se non si chiama bellezza, ciò non deriva che dal costume.
Un sapore ch'è buono o cattivo isolato, diviene il contrario in tale o tal
composizione. I sapori sono per lo più composti, e non piacciono nè disgustano
se non per l'armonia o disarmonia che hanno tra loro, in ciascuna composizione.
Della quale armonia o disarmonia giudica l'assuefazione, e tutte quelle qualità
1941 umane che giudicano e sentono il bello, e ne
diversificano infinitamente il giudizio, come appunto accade nei sapori, de'
quali si suol dire {più
appropriatamente}
de gustibus non est disputandum. Quanto ai sapori
elementari, come il dolce, l'amaro ec. gl'individui sono meno discordi nel
giudicarne, perch'essi son fuori dell'armonia la quale dipende dalla sola
assuefazione. Non però in modo che anche nel giudizio di essi non influiscano le
assuefazioni e le circostanze individuali, nazionali ec. Osservando che
l'armonia o disarmonia de' sapori è determinata nella massima parte
dall'assuefazione, non ci maraviglieremo che le cucine e i gusti delle diverse
nazioni, differiscano tanto più quanto esse nazioni sono più lontane e diverse;
onde molti cibi e bevande predilette presso una nazione, sono disgustosissime a'
forestieri; e così pur sappiamo di molti cibi o bevande presso noi detestabili,
e di cui gli antichi i più gastronomi e lussuriosi {e di buon
gusti[gusto]} erano ghiottissimi.
E di ciò, stante le dette
1942 considerazioni non ci
maraviglieremo, nè faremo difficoltà di crederlo, massime vedendo tante decise
contrarietà di gusti fra le nazioni {{moderne}} le più
polite e le più vicine, come fra i francesi e gl'inglesi. Il gusto o disgusto
dei sapori elementari, e il più o meno piacevole o dispiacevole dei medesimi, è
determinato in gran parte dalla natura, ed è esso medesimo elementare, come
quello dei colori, dei suoni, degli odori. (Intendo per sapori {e odori} elementari i naturali, o le qualità specifiche
del sapore, come la dolcezza nel zucchero, benchè il zucchero non sia sostanza
semplice.) Ma nella loro armonia che è determinata il più dall'assuefazione,
variano i gusti de' luoghi, de' tempi, degl'individui, come in tutte le altre
armonie: i popoli naturali amano dei cibi o bevande disgustosissime per noi, e
viceversa ec.
[2017,1]
2017 La differenza tra il diletto che ci reca il canto,
e quello del suono, e la superiorità di quello su questo, è pure affatto
indipendente dall'armonia. (30. Ott. 1821.).
[2336,1] Ho parlato altrove pp. 1684-85
pp.
1716-17
pp.
1780-81
p.
1999
pp. 2049-50
p. 2239 del perchè la sveltezza debba piacere, e com'ell'abbia che fare colla velocità, colla prontezza ec. Ho notato che questa sveltezza piacevole, non è solo nella figura o delle
persone, o degli oggetti visibili, nè nei movimenti ec. ma in ogni altro genere
di cose, e qualità di esse. P. e. ho fatto osservare come la sveltezza, la
pieghevolezza, la rapidità della voce, de' passaggi ec. sia una delle principali
sorgenti di piacere nella musica, massimamente moderna. Or aggiungo. Piace la
sveltezza e la rapidità anche nel discorso, nella pronunzia, ec. Le donne
Veneziane piacciono molto a sentirle parlare anche per la rapidità materiale del
loro discorso, per la copia inesauribile che hanno di parole, perchè la rapidità
non le conduce a verun intoppo ec., cioè non ostante la velocità della pronunzia
e del discorso, non intoppano ec. Anche
2337 a
rapidità, la concisione ec. dello stile, e il piacere che ne ridonda, possono e
debbono in parte ridursi sotto queste considerazioni. (8. Gen.
1822.).
[2337,1] La sveltezza o veduta o concepita, per mezzo di
qualunque senso, o comunque, (v. il
pensiero precedente) comunica all'anima un'attività, una mobilità, la trasporta qua e là,
l'agita, l'esercita ec. Ed ecco ch'ella per necessità dev'esser piacevole,
perchè l'animo nostro trova sempre qualche piacere (maggiore o minore, ma sempre qualche piacere) nell'azione,
sinch'ella non è o non diviene fatica, e non produce stanchezza. (8. Gen.
1822.
[3020,1] Il canto fermo è come la prosa della musica: il
figurato la poesia. (24. Luglio 1823.)
[3208,1] Che quello che nella musica è melodia, cioè
l'armonia successiva de' tuoni, o vogliamo dire l'armonia nella successione de'
tuoni, sia determinata, come qualsivoglia altra armonia ovver convenienza
dall'assuefazione, o da leggi arbitrarie; osservisi che le melodie musicali non
dilettano i non intendenti, se non quanto la successione o successiva
collegazione de' tuoni in esse, è tale, che il nostro orecchio vi sia
assuefatto; cioè in quanto esse melodie o sono del tutto popolari, sicchè il
popolo, udendone il principio, ne indovina il mezzo e il fine e tutto
l'andamento, o s'accostano al popolare, o hanno alcuna parte popolare che al
popolare si accosti. Nè altro è nelle melodie musicali il popolare, se non se
una successione di tuoni alla quale gli orecchi del popolo, o degli uditori
generalmente, siano per qualche modo assuefatti. E non per altra cagione riesce
universalmente grata la musica di Rossini, se non perchè
3209 le sue melodie o
sono totalmente popolari, e rubate, per così dire, alle bocche del popolo; o più
di quelle degli altri compositori si accostano a quelle successioni di tuoni che
il popolo generalmente conosce ed alle quali {esso} è
assuefatto, cioè al popolare; o hanno più parti popolari, o simili, ovver più
simili che dagli altri compositori non s'usa, al popolare. E siccome le
assuefazioni del popolo e dei non intendenti di musica, circa le varie
successioni de' tuoni, non hanno regola determinata {e sono
diverse in diversi luoghi e tempi,} quindi accade che tali melodie
popolari o simili al popolare, altrove piacciano più, altrove meno, ad altri
più, ad altri meno, secondo ch'elle agli uditori riescono o troppo note e
usitate; o troppo poco; o quanto conviene, colla competente novità che lasci
però luogo all'assuefazione di far sentire in quelle successioni di tuoni la
melodia, la qual dall'assuefazione degli orecchi è determinata. Onde una
medesima melodia musicale piacerà più ad uno che ad altro individuo, più in
3210 una che in altra città, piacerà universalmente in
italia, o piacerà al popolo e non agl'intendenti, e
trasportata in Francia o in
Germania, non piacerà punto ad alcuno, o piacerà
agl'intendenti e non al popolo; secondo che le assuefazioni di ciascheduno
orecchio {+circa le successioni de'
tuoni,} saranno più o meno o nulla conformi o affini agli elementi
{o membri (μέλη)} che comporranno essa melodia,
ovvero a quello che si chiama il motivo.
[3310,1] Altra prova delle proposizioni da me esposte nel
principio di questo pensiero, può essere, fra le mille, la seguente. Qual uomo
civile udendo, eziandio la più allegra melodia, si sente mai commuovere ad
allegrezza? non dico a darne segno di fuori, ma si sente pure internamente
rallegrato, cioè concepisce quella passione che si chiama veramente gioia? Anzi
ella è cosa osservata che oggidì qualunque musica generalmente, anche non di rado le allegre, sogliono
ispirare e muovere una malinconia, bensì dolce, ma ben diversa dalla gioia; una
malinconia ed una passion d'animo che piuttosto che versarsi al di fuori, ama
anzi per lo contrario di rannicchiarsi, concentrarsi, e ristringe, per così
dire, l'animo in se stesso quanto più può, e tanto più quanto ella è più forte,
e maggiore l'effetto
3311 della musica; un sentimento
che serve anche di consolazione delle proprie sventure, anzi n'è il più efficace
e soave medicamento, ma non in altra guisa le consola, che col promuovere le
lagrime, e col persuadere e tirare dolcemente ma imperiosamente {a piangere i propri mali} anche, talvolta, gli uomini i
più indurati sopra se stessi e sopra le lor proprie calamità. In somma
generalmente parlando, oggidì, fra le nazioni civili, l'effetto della musica è
il pianto, o tende al pianto (fors'anche talor di {piacere e
di} letizia, ma interna e simile quasi al dolore): e certo egli è
mille volte piuttosto il pianto che il riso, col quale anzi {ei} non ha mai o quasi mai nulla di simile. Questi effetti della
musica su di noi ci paiono sì naturali, sì spontanei ec. ec. che non pochi
vorranno e vogliono che sia proprio assolutamente della natura umana l'essere in
tal modo affetti dall'armonia e dalla melodia musicale.
[3313,1] Circa quello che ho detto altrove della melodia pp.
3208. sgg., basti il tenere che il principio, l'origine prima, il
fondamento, ossia la ragione originale del perchè qualsivoglia successione
melodiosa di tuoni, sia melodiosa, cioè armonica successivamente; o vogliamo
dire la prima fonte {e ragione} della convenienza
scambievole de' tuoni nella successione, {non fu} e non
è quasi altro che l'assuefazion solamente, la quale bensì è suscettibile di
ampliazione, di modificazioni infinite e variazioni, di applicazioni
diversissime, di diversissime combinazioni delle sue parti; cose tutte che hanno
infatti avuto ed hanno continuamente luogo nella musica e nelle composizioni del
Musico, il cui uffizio non è originariamente {e
principalmente} altro che il far buon uso delle assuefazioni generali
circa l'armonia, cioè la convenienza, successiva o simultanea delle note delle
corde, {degli stromenti, voci ec.} ec. servata la
proporzione {{scambievole}} degl'intervalli, ossia del
tempo. Ben può il Musico modificare in assaissime guise queste assuefazioni, ma
dee però sempre riconoscerle
3314 e seguirle e in loro
mirare, come fondamento e ragione dell'arte sua. (31. Agosto. Domenica.
1823.).
[3364,1]
3364 Il subito passaggio dal grave, serio, lento,
malinconico, {passionato, raccolto} e, come si dice,
dall'adagio (s'io non m'inganno) all'allegro, all'accelerato, {+al dissipato, all'étourdi ec.} ec. tanto usitato nella nostra musica, anzi
proprio di quasi tutte le nostre arie ec., non solo non ha fondamento alcuno
nella natura, ma anzi è generalmente contrarissimo alla natura, nella quale
niente v'ha di subitaneo, e molto manco il passaggio da' contrarii ne'
contrarii. {+Oltre che, astraendo pure
dal subitaneo, l'allegro nuoce al passionato, spegne o raffredda la passione
negli animi degli uditori, contrasta bruttamente con quello che precedette;
l'effetto dell'una parte della melodia nuoce, contrasta, distrugge quello
dell'altra; è inverisimile che un malinconico parli in tuono allegro, un
passionato in tuono dissipato, e si abbandoni al gaio, allo scherzevole,
all'insouciant, al pazzeggiare ec. ec.}
Nondimeno l'assuefazione che chiunque ha udito musica, deve tra noi aver fatto a
questi tali passaggi, ce li fa parer convenientissimi, ce li fa aspettare come
naturali, come richiesti dalla melodia ec. precedente, come dovuti, come proprii
assolutamente della composizione musicale; fa che il nostro orecchio li
richiegga come spontaneamente e naturalmente (e così è infatti, perchè
l'assuefazione è seconda natura); anzi, mancando {essi,} ci fa considerar questa mancanza come sconvenienza; fa che il
nostro orecchio desideri alcuna cosa, non resti soddisfatto, anzi resti come choqué e révolté della
mancanza, deluso spiacevolmente dell'aspettativa; insomma fa che tal mancamento
3365 produca il senso e il giudizio
dell'imperfetto, del mutilo, del disavvenevole, e quindi del disaggradevole, e
quindi del brutto musicale. (5. Sett. 1823.) Dunque l'idea del
contrario del brutto, cioè del bello e della convenienza musicale, dipende ed è
determinata dall'assuefazione, tanto che se questa è, non solo non naturale, ma
contraria alla natura, anche quel bello e quella convenienza, cioè l'idea che
noi n'abbiamo è, non solo oltre natura, e non fondata sulla natura, {nè prodotta dalla natura,} ma contro natura. (6.
Sett. 1823.). {Il detto
passaggio è direttamente contrario all'imitazione, che dev'essere
l'immediato scopo e l'ufficio della musica, come dell'altre belle arti e
della poesia, che dovrebb'essere inseparabile dalla musica (e così
viceversa), e tutt'una cosa con essa ec. Di ciò dico altrove p. 3228.}
[3421,1] Che i miracoli della musica, la sua natural forza sui
nostri affetti, il piacere ch'ella
3422 naturalmente ci
reca, la sua virtù di svegliar l'entusiasmo e l'immaginazione, ec. consista e
sia propria principalmente del suono o della voce, in quanto suono o voce grata,
e dell'armonia de' suoni e delle voci, in quanto mescolanza di suoni e voci
naturalmente grata agli orecchi; e non già della melodia; e che conseguentemente
il principale della musica e la considerazione de' suoi effetti non appartenga
alla teoria del bello proprio, più di quello che v'appartenga la considerazione
degli odori, sapori, colori assoluti ec., perocchè il diletto della musica,
quanto alla principale e più essenziale sua parte, non risulta dalla
convenienza; veggasi in questo, che non v'ha così misera melodia che
perfettamente eseguita da un istrumento o da una voce gratissima non diletti
assaissimo; nè v'ha per lo contrario così bella melodia ch'eseguita p. e. con
bacchette su d'una tavola, {+o su di più
tavole che rispondano a' diversi tuoni,} o in qualsivoglia istrumento
o voce ingratissima o niente grata, rechi quasi diletto alcuno, e ciò quando
anche ella sia eseguita perfettamente rispetto a
3423
se stessa. E ben gli uomini si sono potuti accorgere delle suenunciate verità in
questi ultimi tempi, ne' quali, per quello che se n'è detto, la sorprendente
voce della Catalani ha rinnovato quasi
negli uditori i miracolosi effetti della musica antica. Certo questi effetti non
nascevano nè principalmente nè essenzialmente nè quasi in parte alcuna dalle
melodie. Le quali, oltre che da mille altri potevano esser cantate, si sa poi
ch'erano delle più triviali ed insipide. Tutto il diletto era dunque originato
dalla voce della cantante, cioè dalle qualità d'essa voce che piacciono
naturalmente agli orecchi umani, tutte indipendenti dalla convenienza:
straordinaria dolcezza, flessibilità, rapidità, estensione ec. {+1. voce canora, sonora, chiara, pura,
penetrante, oscillante, tintinnante, simile alle corde o ad altro istrumento
musicale artefatto ec. ec.}
[3214,1] Ho detto in principio che la melodia nella musica
non è determinata se non dall'assuefazione o da leggi arbitrarie. Delle melodie
determinate dall'assuefazione, e che per ciò sono melodie, perchè quelle tali
successioni di tuoni convengono con quelle che gli orecchi sono assuefatti a
udire, ho discorso fin qui. Le melodie determinate da leggi arbitrarie, sono
quelle che il popolo e i non intendenti non gustano, se non se nel modo
specificato di sopra, senza nè conoscere nè sentire ch'elle sieno melodie, cioè
che quei tuoni così succedendosi e intrecciandosi e alternandosi, armonizzino,
cioè convengano, tra loro; quelle che pel popolo e per li non intendenti, non
sono infatti melodie, ma solo per gl'intendenti; quelle che gl'intendenti soli
gustano in virtù del giudizio, quali sono infiniti altri diletti umani (V. Montesquieu, Essai sur le goût. De la
sensibilité. p. 392.), massime nelle arti; quelle che non
3215 sono melodie se non perchè ed in quanto
corrispondono alle regole circa la successiva combinazione de' tuoni, consegnate
in una scienza o arte, non dettata dalla natura ma dalla matematica, universale
e universalmente riconosciuta in europa, come lo sono
tutte le altre arti e scienze {in questa parte del
mondo} legata insieme dal commercio e da una medesima civiltà ch'ella
stessa si è fabbricata e comunicata di nazione a nazione, ma non riconosciuta
fuori d'europa nè dalle nazioni non civili, nè da quelle
che hanno un'altra civiltà da esse fabbricata o d'altronde venuta; qual è sopra
tutte la nazion Chinese, la quale ed ha una scienza musicale, e in essa non
conviene {punto} con noi. Ho detto che la nostra
scienza o arte musicale fu dettata dalla matematica. Doveva dire costruita. Essa
scienza non nacque dalla natura, nè in essa ha il suo fondamento, come le più
dell'altre; ma ebbe origine ed ha il suo fondamento in quello che alla natura
somiglia e supplisce e quasi equivale, in quello ch'è giustamente chiamato
seconda natura, ma che altrettanto a torto quanto
3216
facilmente e spesso è {confuso e} scambiato, come nel
caso nostro, colla natura medesima, voglio dire nell'assuefazione. Le antiche
assuefazioni de' greci {+(per non
rimontar più addietro, che nulla rileva al proposito)} furono
l'origine e il fondamento della scienza musicale da' greci determinata,
fabbricata, e a noi ne' libri e nell'uso tramandata, dalla qual greca scienza,
viene per comun consenso e confessione la nostra europea, che non è se non se
una continuazione, accrescimento e perfezione di quella, siccome tante altre e
scienze ed arti (anzi quasi tutte le nostre) che la moderna
europa ricevè dall'antica
grecia e perfezionò, e a molte cangiò faccia appoco
appoco del tutto. La greca musica popolare, le ragioni della quale non altrove
erano che nell'assuefazione (siccome quelle di qualsivoglia musica popolare), fu
l'origine, il fondamento, e per così dir l'anima e l'ossatura della musica greca
scientifica, e quindi altresì della nostra, che di là viene. Ma siccome accade a
tutte le arti ch'elle col crescere, col perfezionarsi, col maggiormente
determinarsi, si dilungano appoco appoco da ciò che fu loro origine, fondamento,
{subbietto primitivo} e ragione, o fosse la natura
3217 o l'assuefazione o altro, e talvolta giungono
fino a perderlo affatto di vista, ed esser fondamento e ragione a se stesse, il
che è intervenuto in buona parte alla poetica, intervenne ancora all'arte
musica. {#1. Maggiormente sconvenevole però
si è questo nella musica che nella poesia. Perocchè la scienza musicale, in
ordine alla musica è di più basso e ben più lontano rango, che non è la
poetica in ordine alla poesia. Il contrappunto è al musico quel che al poeta
è la grammatica. La musica non ha un'arte che risponda a quel ch'è la
poetica alla poesia, la rettorica all'oratoria. Ben potrebbe averla, ma
niuno ancora ha pensato a ridurre a principii e regole le cagioni degli
effetti morali della musica e del diletto che {da}
lei deriva, e i mezzi per produrli ec.} Quindi è che {spessissimo} sia giudicato buono {ed
ottimo} dagl'intendenti, e {perciò} piaccia
loro sommamente, e che sia melodia per essi, quello che dal popolo e da' non
intendenti è giudicato o mediocre o cattivo, che poco o niun effetto produce in
essi, che poco o nulla gli diletta, che per essi non è assolutamente melodia:
Sebbene ei lodano sovente ed ammirano cotali composizioni di tuoni, o in vista
delle qualità indipendenti dall'armonizzare della loro combinazione successiva,
che di sopra ho descritte, o mossi dalla fama del compositore, o dalla voce
degl'intendenti, o dal favore, o dal diletto altre volte ricevuto nelle
composizioni del medesimo, o dalla coscienza della propria ignoranza, o dalla
maraviglia delle difficoltà e stranezze che in tali composizioni ravvisano, o
dalla stessa novità, benchè per {essi} nulla
dilettevole {musicalmente,} o in fine da cento altre
cause estrinseche {e accidentali,} o diverse e
indipendenti dal diletto che nasce dal senso della melodia, cioè della
convenienza scambievole de' tuoni nel succedersi
3218
l'uno all'altro. E per lo contrario interviene spessissimo che quelle
successioni de' tuoni {le quali} per il popolo sono
squisitissime, carissime, bellissime, spiccatissime e dilettosissime melodie,
non ardisco dire non piacciano agli orecchi degl'intendenti, ma con tutto ciò
dispiacciano al loro giudizio, e ne sieno riprovate, tanto che per essi talora
non sieno neppur melodie quelle che per tutti gli orecchi e per li loro altresì,
sono melodie distintissime, evidentissime, notabilissime e giocondissime. Il che
si può vedere in fatto nel giudizio degl'intendenti circa il comporre di Rossini, e generalmente circa il modo
della moderna composizione, la quale da tutti è sentita esser piena di melodia
{+molto più che le antiche e
classiche,} e da chiunque sa è giudicata non reggere in grammatica ed
essere scorrettissima e irregolare. Tutto ciò non per altro accade se non perchè
gl'intendenti giudicano, e giudicando sentono (cioè col fattizio, ma reale
sensorio dell'intelletto e della memoria) secondo i principii e le norme della
loro scienza; e i non intendenti sentono e sentendo giudicano secondo le loro
assuefazioni relative al proposito. Le quali assuefazioni segue e si propone
3219 o loro si accosta il moderno modo di comporre,
assai più che l'antico, {ignorando o} trascurando più o
manco i canoni dell'arte, di che gli antichi furono {peritissimi e} religiosissimi osservatori.
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