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Musica.

Music.

79,1 130,21 155,1 156,1 157,2 159,1 1369 1663,1.2 1747,1 1759,1 1780,1 1871,1 1927,2 1934,1 1940,2 2017,1 2336,1 2337,1 3020,1 3208,1 3310,1 3313,1 3364,1 3421,1

Rettorica o Poetica della Musica, non si ha: solo Grammatica: ben si potrebbe avere.

Rhetoric or Poetics of Music, there is none, only Grammar, but there can very well be one.

3217,marg.

[79,1]  Le altre {arti} imitano ed esprimono la natura da cui si trae il sentimento, ma la musica non imita e non esprime che lo stesso sentimento in persona, ch'ella trae da se stessa e non dalla natura, e così l'uditore. Ecco perchè la Staël (Corinne liv. 9. ch. 2.) dice: De tous les beux arts c'est * (la musique) celui qui agit le plus immédiatement sur l'ame. Les autres la dirigent vers telle ou telle idée, celui-là seul s'adresse à la source intime de l'existence, et change en entier la disposition intérieure. * La  80 parola nella poesia ec. non ha tanta forza d'esprimere il vago e l'infinito del sentimento se non applicandosi a degli oggetti, e perciò producendo un'impressione sempre secondaria e meno immediata, perchè la parola come i segni e le immagini della pittura e scultura hanno una significazione determinata e finita. L'architettura per questo lato si accosta un poco più alla musica, ma non può aver tanta subitaneità {, ed immediatezza.}

[130,1]  In proposito di quello che ho detto p. 96. osservate come ragionevolmente gli antichi usassero la musica e la danza nei conviti, e segnatamente dopo il pranzo, come dice Omero nel primo dell'Odissea, e forse anche dove parla di Demodoco. L'uomo non è mai più disposto che in quel punto ad essere infiammato dalla musica e dalla bellezza, e da tutte le illusioni della vita.

[155,1]  E similmente osservate quanto sia vano il pensare {così assolutamente} che la musica perchè diletta sommamente l'uomo debba fare effetto sulle bestie. Distinguete suono {(sotto questo nome intendo ora anche il canto)} e armonia. Il suono è la materia della musica, come i colori della pittura, i marmi della scoltura ec. L'effetto naturale e generico della musica in noi, non deriva dall'armonia ma dal suono, il quale ci elettrizza e scuote al primo tocco quando anche sia monotono. Questo è quello che la musica ha di speciale sopra le altre arti, sebbene anche un color bello e vivo ci fa effetto, ma molto minore. Questi sono effetti e influssi naturali, e non bellezza. L'armonia modifica l'effetto del suono, e in questo (che solo appartiene all'arte) la musica non si distingue dalle altre arti, giacchè i pregi dell'armonia consistono nella imitazione della natura {quando esprimono qualche cosa,} e in seguire quell'idea della convenienza dei suoni ch'è arbitraria e diversa in diverse nazioni. Ora il suono non è difficile che faccia effetto anche nelle bestie, ma non è necessario, e massimamente quegli stessi suoni che fanno effetto nell'uomo (quando vediamo {anche tra gli uomini} che certe nazioni si dilettano di suoni tutti diversi da' nostri, e per noi insopportabili).  156 I loro organi, e indipendentemente da questi, la loro maniera d'essere è differente dalla nostra, e non possiamo sapere qual sia l'effetto di questa differenza. Tuttavia se questa non sarà molto grande, {o} almeno {avrà} qualche rapporto con noi in questo punto, il suono farà colpo in quei tali animali, come leggiamo dei delfini e dei serpenti (V. Chateaubriand). Ma l'armonia è bellezza. La bellezza non è assoluta, dipendendo dalle idee che ciascuno si forma della convenienza di una cosa con un'altra, laonde se l'astratto dell'armonia può esser concepito dalle bestie, non perciò per loro sarà armonia e bellezza quello ch'è per noi. E così non è la musica come arte ma la sua materia cioè il suono che farà effetto in certe bestie. E infatti come vogliamo pretendere che le bestie gustino la nostra armonia, se tanti uomini si trovano che non la gustano? Parlo di molti individui che sono tra noi, e parlo di nazioni, come dei turchi che hanno una musica che a noi par dissonantissima e disarmonica. Eccetto il caso che qualche animale si trovasse in disposizione così somigliante alla nostra, che nella musica potesse sentire se non tutta almeno in parte l'armonia che noi ci sentiamo, vale a dire giudicare armonico quello che noi giudichiamo. Il quale effetto è più difficile assai dell'altro sopraddetto del suono, tuttavia non è affatto inverisimile. (6. Luglio 1820.).

[156,1]  Con questa distinzione di suono e armonia, l'uno cagione di effetto naturale {e indipendente dall'arte} e generale nell'uomo, (effetto arbitrario della natura, e non già necessario astrattamente) l'altra di effetto naturale in astratto, ma dipendente dall'arte in concreto, comprenderete perchè le bestie essendo talvolta influite dalla musica, non lo sieno dalle altre arti. Ed è perchè la materia della musica, è così efficace nell'uomo e così generalmente e per natura, che non è maraviglia se la sua forza si estende anche ad altri animali forse più analoghi {degli altri} all'uomo per questa parte della loro natura. Ma non così la materia delle altre arti, eccetto i colori, i quali  157 come fanno effetto naturale nell'uomo, così per legge di analogia (che va ammessa non perchè fosse necessario alla natura di osservarla, ma perchè la vediamo osservata) congetturo che possano dar qualche diletto anche alle bestie, e forse se ne avrebbero delle prove. Del resto nelle altre arti {le bestie} non essendo influite dalla materia che nella musica ha influsso naturale e indipendente dall'arte, non possono essere influite dall'arte stessa, non avendo la stessa idea della bellezza che abbiamo noi, e che è tanto diversa anche tra noi. E quanto all'imitazione del vero che in noi cagiona una maraviglia naturale, potrebb'essere che la producesse anche in loro senza che noi ce ne accorgessimo, e potrebb'essere che non la capissero, ma prendessero gli oggetti imitati per veri, o finalmente (che dev'essere il più ordinario) si formassero di quegli oggetti d'arte un'idea confusa tra l'oggetto vero, e un altro che lo somigli, non potendo sapere quelle cose che sappiamo noi intorno all'artefice, {e alla maniera} e alla difficoltà d'imitare in quel modo ec. ec. cose tutte che producono la maraviglia. E infatti vedrete in molti barbari che le belle imitazioni delle nostre arti in vece di destare maggior maraviglia, appena li commuovono.

[157,2]  Il piacere che ci dà il suono {non va sotto la categoria del bello, ma} è come quello del gusto dell'odorato ec. La natura ha dato i suoi piaceri a tutti i sensi. Ma la particolarità del suono è di produrre {per se stesso} un effetto più spirituale  158 dei cibi dei colori degli oggetti tastabili ec. E tuttavia osservate che gli odori, in grado bensì molto più piccolo, ma pure hanno una simile proprietà, risvegliando l'immaginazione ec. Laonde quello stesso spirituale del suono è un effetto fisico di quella sensazione de' nostri organi, e infatti non ha bisogno dell'attenzione dell'anima, perchè il suono immediatamente la tira a se, e la commozione vien tutta da lui, quando anche l'anima appena ci avverta. Laddove la bellezza o naturale o artifiziale non fa effetto se l'anima non si mette in una certa disposizione da riceverlo, e perciò il piacere che dà, si riconosce per intellettuale. Ed ecco la principal cagione dell'essere l'effetto della musica immediato, a differenza delle altre arti, e v. questi pens. p. 79.

[159,1]  Osservate ancora un finissimo magistero della natura. Gli uccelli ha voluto che fossero per natura loro i cantori della terra, e come ha posto i fiori per diletto dell'odorato, così gli uccelli per diletto dell'udito. Ora perchè la loro voce fosse bene intesa, che cosa ha fatto? Gli ha resi volatili, acciocchè il loro canto venendo dall'alto, si spargesse molto in largo. Questa combinazione del volo e del canto non è certamente accidentale. E perciò la voce degli uccelli reca a noi più diletto che quella degli altri animali (fuorchè l'uomo) perchè era espressamente ordinata al diletto dell'udito. E credo che ne rechi anche più agli altri animali che sono in uno stato naturale, e forse perciò più capaci di trovarci o tutta o in parte quell'armonia che ci trovano gli stessi uccelli, e che noi non ci troviamo, perchè allontanandoci dalla natura, abbiamo perduto certe idee primitive intorno alla convenienza, non assolute e necessarie, ma tuttavia dateci forse arbitrariamente dalla natura. Io credo che i selvaggi trovino il canto degli uccelli molto più dolce, e mi pare che si potrebbe provar lo stesso degli antichi, i quali è noto che sentivano maggior diletto di noi nel canto delle cicale ec. {{delle quali pure e simili si può notare che cantano sopra gli alberi.}}

[1369,1]  Qual è stato naturale? quello dell'ignorante, o quello dell'artista? Ora l'ignorante non conosce nè sente quasi nulla del bello d'arte, poco ancora del bello naturale, e d'ogni bello ec. Un uomo affatto rozzo, appena sarà tocco dalla musica più popolare. Anche alla musica si acquista gusto coll'assuefazione sì diretta come indiretta. E pur la musica sembra {quasi} la più universale delle bellezze ec. Ora dico io. Il bello non è bello se non {in} quanto dà piacere ec. Una verità sconosciuta è pur verità, perchè il vero non è vero in quanto è conosciuto. La natura non insegna il vero, ma se ha da esistere il bello assoluto, non lo possiamo riconoscere fuorchè in un insegnamento della natura. Or come sarà assoluto quel bello che, se l'uomo non è in condizione non naturale, non può produrre l'effetto suo proprio, indipendentemente dal quale nessuno può pur concepire che cosa sia nè possa  1370 essere il bello? (22. Luglio. 1821.).

[1747,1]  Quelli che immaginarono una musica di colori, e uno strumento che dilettasse l'occhio colla loro armonia istantanea e successiva, coll'armonica loro combinazione, e variazione, ec. non osservarono che la grande influenza dell'armonia musicale sull'anima, non è propria dell'armonia in modo, ch'essenzialmente non derivi dal suono o dal canto isolatamente considerato; anzi considerando la pura natura di essa influenza, essa spetta più, o più necessariamente al suono e al canto che all'armonia o melodia: giacchè il suono o il canto produce (benchè per breve tempo) sull'animo qualch'effetto proprio della musica, ancorchè separato dall'armonia; non così questa, divisa  1748 da quello, o applicata a suoni o voci che per natura non abbiano alcuna relazione ed influenza musicale sull'udito umano; come il suono di una tavola, o di più tavole, il quale ancorchè fosse modulato e distinto perfettamente ne' tuoni, ed applicato alla più bella melodia, non sarebbe mai musica per nessuno.

[1759,1]  La più grande scienza musicale è inutile per dilettare col canto senza una buona voce. Questa può supplire al difetto o scarsezza di quella, ma non già viceversa. Qual è dunque la principale sorgente del piacer musicale? Si suol dire che i bravi compositori di musica non sanno cantare, perchè non sovente si combina la disposizione naturale e acquisita degli organi intellettuali con quella degli organi materiali della voce. E così il più perfetto conoscitore e fabbricatore di armonia e di melodia pel canto, saprebbe bene eseguire l'armonia e la melodia, ma non perciò recare alcun diletto musicale.

[1780,1]  Una sorgente di piacere nella musica indipendente dall'armonia per se stessa, dall'espressione, dal suono ancora o dalla natura del canto in quanto voce, ec. ec. sono gli ornamenti, la speditezza, {la volubilità,} la sveltezza, la rapida successione, gradazione, e variazione dei suoni, o de' tuoni della voce, cose le quali piacciono per la difficoltà, per la prontezza, (ho detto altrove, cioè p. 1725. capoverso 2. perchè  1781 questa sia piacevole) per lo straordinario ec. tutto indipendente dal bello. Senza la vivace mobilità e varietà de' suoni sia in ordine alla armonia, sia alla melodia, la musica produrrebbe e produce un effetto ben diverso. Un'armonia o melodia semplicissima, per bella ch'ella fosse annoierebbe ben tosto, e non produrrebbe quella svariata moltiplice, rapida, e rapidamente mutabile sensazione, che la musica produce, e che l'animo non arriva ad abbracciare. ec. Viceversa queste difficoltà, questi ornamenti, queste agilità, se mancano di espressione ec. ec. non sono piacevoli che agl'intendenti. La musica degli antichi era certo assai semplice, e non è dubbio ch'ella non producesse ben diverso effetto dalla nostra. Osserviamo bene, quando ascoltiamo una musica che ci colpisce, e vedremo quanta parte del suo effetto provenga dall'agilità ec. de' tuoni, de' passaggi, ec. indipendentemente dall'armonia o melodia in quanto armonia o melodia.

[1871,1]  Come quel diletto, e quel bello della musica, che non si può ridurre nè alla significazione, nè a' puri effetti del suono isolato dall'armonia e melodia, nè alle altre cagioni che altrove ho specificate pp. 1663-66 pp. 1747-49 pp. 1759-60 pp. 1780. sgg. , derivi unicamente dall'abitudine nostra generale intorno alle armonie, la quale ci fa considerare come convenienti fra loro quei tali suoni {o tuoni,} quelle tali gradazioni, quei tali passaggi,  1872 quelle tali cadenze ec. e come sconvenienti le diverse o contrarie ec. osservate. Le nuove armonie o melodie (che già si tengono per rarissime) ordinariamente, anzi sempre, s'elle sono affatto, cioè veramente nuove, a prima vista paiono discordanze, quantunque sieno secondo le regole del contrappunto, per lo che ben tosto appresso ne conosciamo e sentiamo la convenienza, cioè non per altro se non perch'elle sono, e ben presto le ritroviamo conformi alla nostra assuefazione generale intorno all'armonia e melodia, cioè alle convenienze de' tuoni, quantunque elle non sieno conformi alle nostre assuefazioni particolari. E quanto più la detta assuefazione generale è meno estesa, o meno radicata e sensibile e immedesimata coll'uditore, tanto più vivo è il sentimento di discordanza e disarmonia che questi prova a prima giunta; e tanto eziandio più durevole, di maniera ch'egli le giudicherebbe discordanze definitivamente, se l'opinione e la prevenzione che quelle sieno  1873 poi veramente armonie o melodie, non glielo impedisse. Tale è il caso del volgo, della gente rozza o non assuefatta a udir musiche, e proporzionatamente, degli uomini non intendenti di quest'arte. I quali tutti in udir tali nuove armonie sono dilettati da' soli suoni e dalle altre cause di diletto che altrove ho spiegato pp. 1663-66 pp. 1747-48 pp. 1759-60 pp. 1780-86 , ma non già dall'armonia o melodia in quanto armonia e melodia, perocch'essi non la ravvisano. E però piacciono soprattutto, {{o più universalmente,}} le melodie chiamate popolari, cioè conformi particolarmente o generalmente alle assuefazioni particolari o all'assuefazione generale del comune degli uditori in fatto di melodie ec. Le armonie o melodie affatto nuove ordinariamente non piacciono che agl'intendenti, i quali sentono la difficoltà, e le raffrontano colle regole ch'essi conoscono ec. E questi medesimi provano a primissima giunta un senso di discordanza, che però presto svanisce, e ch'essi immediatamente ravvisano per illusorio: ma si può dir che ogni assoluta novità in fatto di musica contiene e quasi consiste in un'  1874 {apparenza} di stuonazione. Altre armonie e melodie che non inchiudono quest'apparenza, o non molto viva, e contuttociò si considerano come nuove, non sono nuove, se non in quanto ad una non usitata combinazione delle diverse parti di quelle convenienze musicali che l'assuefazione generale o particolare ci fa riguardar come convenienze. E queste combinazioni quanto meno si accostano a quello che di sopra ho spiegato per popolare, tanto più piacciono agl'intendenti, e meno al popolo, e tanto meno hanno di significazione, parlando però in genere. Di questa natura è una grandissima parte delle giornaliere novità in fatto di musica, e delle nuove composizioni musicali.

[1927,2]  Quello che altrove ho detto pp. 1744-47 sugli effetti della luce, o degli oggetti visibili, in riguardo all'idea dell'infinito, si deve applicare parimente al suono, al canto, a tutto ciò che  1928 spetta all'udito. È piacevole per se stesso, cioè non per altro, se non per un'idea vaga ed indefinita che desta, un canto (il più spregevole) udito da lungi, {o che paia lontano senza esserlo,} o che si vada appoco appoco allontanando, e divenendo insensibile; {+o anche viceversa (ma meno), o che sia così lontano, in apparenza o in verità, che l'orecchio e l'idea quasi lo perda nella vastità degli spazi;} un suono qualunque confuso, massime se ciò è per la lontananza; un canto udito in modo che non si veda il luogo da cui parte; un canto che risuoni per le volte di una stanza ec. dove voi non vi troviate però dentro; il canto degli agricoltori che nella campagna s'ode suonare per le valli, senza però vederli, e così il muggito degli armenti ec. {Stando in casa, e udendo tali canti o suoni per la strada, massime di notte, si è più disposti a questi effetti, perchè nè l'udito nè gli altri sensi non arrivano a determinare nè circoscrivere la sensazione, e le sue concomitanze.} È piacevole qualunque suono (anche vilissimo) che largamente e vastamente si diffonda, come {in} taluno dei detti casi, massime se non si vede l'oggetto da cui parte. A queste considerazioni appartiene il piacere che può dare e dà (quando non sia vinto dalla paura) il fragore del tuono, massime quand'è più sordo, quando è udito  1929 in aperta campagna; lo stormire del vento, massime nei detti casi, quando freme confusamente in una foresta, o tra i vari oggetti di una campagna, o quando è udito da lungi, o dentro una città trovandosi per le strade ec. Perocchè oltre la vastità, e l'incertezza e confusione del suono, non si vede l'oggetto che lo produce, giacchè il tuono e il vento non si vedono. E[È] piacevole un luogo echeggiante, un appartamento ec. che ripeta il calpestio de' piedi, o la voce ec. Perocchè l'eco non si vede ec. E tanto più quanto il luogo e l'eco e[è] più vasto, quanto più l'eco vien da lontano, quanto più si diffonde; e molto più ancora se vi si aggiunge l'oscurità del luogo che non lasci determinare la vastità del suono, nè i punti da cui esso parte ec. ec. E tutte queste immagini in poesia ec. sono sempre bellissime, e tanto più quanto più negligentemente son messe, e toccando il soggetto, senza mostrar  1930 l'intenzione per cui ciò si fa, anzi mostrando d'ignorare l'effetto e le immagini che son per produrre, e di non toccarli se non per ispontanea, e necessaria congiuntura, e indole dell'argomento ec. V. in questo proposito Virg. Eneide 7. v. 8. seqq. La notte, o l'immagine della notte è la più propria ad aiutare, o anche a cagionare i detti effetti del suono. Virgilio da maestro l'ha adoperata. (16. Ott. 1821.).

[1934,1]  Dico che l'effetto della musica spetta principalmente al suono. Voglio intender questo. Il suono (o canto) senz'armonia e melodia non ha forza bastante nè durevole anzi non altro che momentanea sull'animo umano. Ma viceversa l'armonia o melodia senza il suono o canto, e senza quel tal suono che possa esser musicale, non fa nessun effetto. La musica dunque consta inseparabilmente di suoni e di armonia, e l'uno senza l'altro non è musica. Il suono in tanto è musicale in quanto armonico, l'armonia, in quanto applicata al suono. Sin qui le partite sarebbero uguali. Ma io attribuisco l'effetto principale al suono perch'esso è propriamente quella  1935 sensazione a cui la natura ha dato quella miracolosa forza sull'animo umano (come l'ha data agli odori, alla luce, ai colori); e sebbene egli ha bisogno dell'armonia, nondimeno al primo istante, il puro suono basta ad aprire e scuotere l'animo umano. Non così la più bella armonia scompagnata dal suono. Di più se il suono non è gradevole, cioè non è {di} quelli a cui la natura diede la detta forza, unito ancora colla più bella armonia, non fa nessun effetto; laddove uno dei detti suoni gradevoli ec. unito ad un'armonia di poco conto, fa effetti notabilissimi.

[1940,2]  Ho detto pp. 1663-65 p. 1748 p. 1760 che un color piacevole, malamente si chiama bello, come non si ponno chiamar belli i sapori che piacciono. Osservo ed aggiungo che la categoria del bello spetta più a' sapori che ai colori. I sapori hanno armonia, cioè convenienza, la quale se non si chiama bellezza, ciò non deriva che dal costume. Un sapore ch'è buono o cattivo isolato, diviene il contrario in tale o tal composizione. I sapori sono per lo più composti, e non piacciono nè disgustano se non per l'armonia o disarmonia che hanno tra loro, in ciascuna composizione. Della quale armonia o disarmonia giudica l'assuefazione, e tutte quelle qualità  1941 umane che giudicano e sentono il bello, e ne diversificano infinitamente il giudizio, come appunto accade nei sapori, de' quali si suol dire {più appropriatamente} de gustibus non est disputandum. Quanto ai sapori elementari, come il dolce, l'amaro ec. gl'individui sono meno discordi nel giudicarne, perch'essi son fuori dell'armonia la quale dipende dalla sola assuefazione. Non però in modo che anche nel giudizio di essi non influiscano le assuefazioni e le circostanze individuali, nazionali ec. Osservando che l'armonia o disarmonia de' sapori è determinata nella massima parte dall'assuefazione, non ci maraviglieremo che le cucine e i gusti delle diverse nazioni, differiscano tanto più quanto esse nazioni sono più lontane e diverse; onde molti cibi e bevande predilette presso una nazione, sono disgustosissime a' forestieri; e così pur sappiamo di molti cibi o bevande presso noi detestabili, e di cui gli antichi i più gastronomi e lussuriosi {e di buon gusti[gusto]} erano ghiottissimi. E di ciò, stante le dette  1942 considerazioni non ci maraviglieremo, nè faremo difficoltà di crederlo, massime vedendo tante decise contrarietà di gusti fra le nazioni {{moderne}} le più polite e le più vicine, come fra i francesi e gl'inglesi. Il gusto o disgusto dei sapori elementari, e il più o meno piacevole o dispiacevole dei medesimi, è determinato in gran parte dalla natura, ed è esso medesimo elementare, come quello dei colori, dei suoni, degli odori. (Intendo per sapori {e odori} elementari i naturali, o le qualità specifiche del sapore, come la dolcezza nel zucchero, benchè il zucchero non sia sostanza semplice.) Ma nella loro armonia che è determinata il più dall'assuefazione, variano i gusti de' luoghi, de' tempi, degl'individui, come in tutte le altre armonie: i popoli naturali amano dei cibi o bevande disgustosissime per noi, e viceversa ec.

[2017,1]   2017 La differenza tra il diletto che ci reca il canto, e quello del suono, e la superiorità di quello su questo, è pure affatto indipendente dall'armonia. (30. Ott. 1821.).

[2336,1]  Ho parlato altrove pp. 1684-85 pp. 1716-17 pp. 1780-81 p. 1999 pp. 2049-50 p. 2239 del perchè la sveltezza debba piacere, e com'ell'abbia che fare colla velocità, colla prontezza ec. Ho notato che questa sveltezza piacevole, non è solo nella figura o delle persone, o degli oggetti visibili, nè nei movimenti ec. ma in ogni altro genere di cose, e qualità di esse. P. e. ho fatto osservare come la sveltezza, la pieghevolezza, la rapidità della voce, de' passaggi ec. sia una delle principali sorgenti di piacere nella musica, massimamente moderna. Or aggiungo. Piace la sveltezza e la rapidità anche nel discorso, nella pronunzia, ec. Le donne Veneziane piacciono molto a sentirle parlare anche per la rapidità materiale del loro discorso, per la copia inesauribile che hanno di parole, perchè la rapidità non le conduce a verun intoppo ec., cioè non ostante la velocità della pronunzia e del discorso, non intoppano ec. Anche  2337 a rapidità, la concisione ec. dello stile, e il piacere che ne ridonda, possono e debbono in parte ridursi sotto queste considerazioni. (8. Gen. 1822.).

[2337,1]  La sveltezza o veduta o concepita, per mezzo di qualunque senso, o comunque, (v. il pensiero precedente) comunica all'anima un'attività, una mobilità, la trasporta qua e là, l'agita, l'esercita ec. Ed ecco ch'ella per necessità dev'esser piacevole, perchè l'animo nostro trova sempre qualche piacere (maggiore o minore, ma sempre qualche piacere) nell'azione, sinch'ella non è o non diviene fatica, e non produce stanchezza. (8. Gen. 1822.

[3020,1]  Il canto fermo è come la prosa della musica: il figurato la poesia. (24. Luglio 1823.)

[3208,1]  Che quello che nella musica è melodia, cioè l'armonia successiva de' tuoni, o vogliamo dire l'armonia nella successione de' tuoni, sia determinata, come qualsivoglia altra armonia ovver convenienza dall'assuefazione, o da leggi arbitrarie; osservisi che le melodie musicali non dilettano i non intendenti, se non quanto la successione o successiva collegazione de' tuoni in esse, è tale, che il nostro orecchio vi sia assuefatto; cioè in quanto esse melodie o sono del tutto popolari, sicchè il popolo, udendone il principio, ne indovina il mezzo e il fine e tutto l'andamento, o s'accostano al popolare, o hanno alcuna parte popolare che al popolare si accosti. Nè altro è nelle melodie musicali il popolare, se non se una successione di tuoni alla quale gli orecchi del popolo, o degli uditori generalmente, siano per qualche modo assuefatti. E non per altra cagione riesce universalmente grata la musica di Rossini, se non perchè  3209 le sue melodie o sono totalmente popolari, e rubate, per così dire, alle bocche del popolo; o più di quelle degli altri compositori si accostano a quelle successioni di tuoni che il popolo generalmente conosce ed alle quali {esso} è assuefatto, cioè al popolare; o hanno più parti popolari, o simili, ovver più simili che dagli altri compositori non s'usa, al popolare. E siccome le assuefazioni del popolo e dei non intendenti di musica, circa le varie successioni de' tuoni, non hanno regola determinata {e sono diverse in diversi luoghi e tempi,} quindi accade che tali melodie popolari o simili al popolare, altrove piacciano più, altrove meno, ad altri più, ad altri meno, secondo ch'elle agli uditori riescono o troppo note e usitate; o troppo poco; o quanto conviene, colla competente novità che lasci però luogo all'assuefazione di far sentire in quelle successioni di tuoni la melodia, la qual dall'assuefazione degli orecchi è determinata. Onde una medesima melodia musicale piacerà più ad uno che ad altro individuo, più in  3210 una che in altra città, piacerà universalmente in italia, o piacerà al popolo e non agl'intendenti, e trasportata in Francia o in Germania, non piacerà punto ad alcuno, o piacerà agl'intendenti e non al popolo; secondo che le assuefazioni di ciascheduno orecchio {+circa le successioni de' tuoni,} saranno più o meno o nulla conformi o affini agli elementi {o membri (μέλη)} che comporranno essa melodia, ovvero a quello che si chiama il motivo.

[3310,1]  Altra prova delle proposizioni da me esposte nel principio di questo pensiero, può essere, fra le mille, la seguente. Qual uomo civile udendo, eziandio la più allegra melodia, si sente mai commuovere ad allegrezza? non dico a darne segno di fuori, ma si sente pure internamente rallegrato, cioè concepisce quella passione che si chiama veramente gioia? Anzi ella è cosa osservata che oggidì qualunque musica generalmente, anche non di rado le allegre, sogliono ispirare e muovere una malinconia, bensì dolce, ma ben diversa dalla gioia; una malinconia ed una passion d'animo che piuttosto che versarsi al di fuori, ama anzi per lo contrario di rannicchiarsi, concentrarsi, e ristringe, per così dire, l'animo in se stesso quanto più può, e tanto più quanto ella è più forte, e maggiore l'effetto  3311 della musica; un sentimento che serve anche di consolazione delle proprie sventure, anzi n'è il più efficace e soave medicamento, ma non in altra guisa le consola, che col promuovere le lagrime, e col persuadere e tirare dolcemente ma imperiosamente {a piangere i propri mali} anche, talvolta, gli uomini i più indurati sopra se stessi e sopra le lor proprie calamità. In somma generalmente parlando, oggidì, fra le nazioni civili, l'effetto della musica è il pianto, o tende al pianto (fors'anche talor di {piacere e di} letizia, ma interna e simile quasi al dolore): e certo egli è mille volte piuttosto il pianto che il riso, col quale anzi {ei} non ha mai o quasi mai nulla di simile. Questi effetti della musica su di noi ci paiono sì naturali, sì spontanei ec. ec. che non pochi vorranno e vogliono che sia proprio assolutamente della natura umana l'essere in tal modo affetti dall'armonia e dalla melodia musicale.

[3313,1]  Circa quello che ho detto altrove della melodia pp. 3208. sgg., basti il tenere che il principio, l'origine prima, il fondamento, ossia la ragione originale del perchè qualsivoglia successione melodiosa di tuoni, sia melodiosa, cioè armonica successivamente; o vogliamo dire la prima fonte {e ragione} della convenienza scambievole de' tuoni nella successione, {non fu} e non è quasi altro che l'assuefazion solamente, la quale bensì è suscettibile di ampliazione, di modificazioni infinite e variazioni, di applicazioni diversissime, di diversissime combinazioni delle sue parti; cose tutte che hanno infatti avuto ed hanno continuamente luogo nella musica e nelle composizioni del Musico, il cui uffizio non è originariamente {e principalmente} altro che il far buon uso delle assuefazioni generali circa l'armonia, cioè la convenienza, successiva o simultanea delle note delle corde, {degli stromenti, voci ec.} ec. servata la proporzione {{scambievole}} degl'intervalli, ossia del tempo. Ben può il Musico modificare in assaissime guise queste assuefazioni, ma dee però sempre riconoscerle  3314 e seguirle e in loro mirare, come fondamento e ragione dell'arte sua. (31. Agosto. Domenica. 1823.).

[3364,1]   3364 Il subito passaggio dal grave, serio, lento, malinconico, {passionato, raccolto} e, come si dice, dall'adagio (s'io non m'inganno) all'allegro, all'accelerato, {+al dissipato, all'étourdi ec.} ec. tanto usitato nella nostra musica, anzi proprio di quasi tutte le nostre arie ec., non solo non ha fondamento alcuno nella natura, ma anzi è generalmente contrarissimo alla natura, nella quale niente v'ha di subitaneo, e molto manco il passaggio da' contrarii ne' contrarii. {+Oltre che, astraendo pure dal subitaneo, l'allegro nuoce al passionato, spegne o raffredda la passione negli animi degli uditori, contrasta bruttamente con quello che precedette; l'effetto dell'una parte della melodia nuoce, contrasta, distrugge quello dell'altra; è inverisimile che un malinconico parli in tuono allegro, un passionato in tuono dissipato, e si abbandoni al gaio, allo scherzevole, all'insouciant, al pazzeggiare ec. ec.} Nondimeno l'assuefazione che chiunque ha udito musica, deve tra noi aver fatto a questi tali passaggi, ce li fa parer convenientissimi, ce li fa aspettare come naturali, come richiesti dalla melodia ec. precedente, come dovuti, come proprii assolutamente della composizione musicale; fa che il nostro orecchio li richiegga come spontaneamente e naturalmente (e così è infatti, perchè l'assuefazione è seconda natura); anzi, mancando {essi,} ci fa considerar questa mancanza come sconvenienza; fa che il nostro orecchio desideri alcuna cosa, non resti soddisfatto, anzi resti come choqué e révolté della mancanza, deluso spiacevolmente dell'aspettativa; insomma fa che tal mancamento  3365 produca il senso e il giudizio dell'imperfetto, del mutilo, del disavvenevole, e quindi del disaggradevole, e quindi del brutto musicale. (5. Sett. 1823.) Dunque l'idea del contrario del brutto, cioè del bello e della convenienza musicale, dipende ed è determinata dall'assuefazione, tanto che se questa è, non solo non naturale, ma contraria alla natura, anche quel bello e quella convenienza, cioè l'idea che noi n'abbiamo è, non solo oltre natura, e non fondata sulla natura, {nè prodotta dalla natura,} ma contro natura. (6. Sett. 1823.). {Il detto passaggio è direttamente contrario all'imitazione, che dev'essere l'immediato scopo e l'ufficio della musica, come dell'altre belle arti e della poesia, che dovrebb'essere inseparabile dalla musica (e così viceversa), e tutt'una cosa con essa ec. Di ciò dico altrove p. 3228.}

[3421,1] Che i miracoli della musica, la sua natural forza sui nostri affetti, il piacere ch'ella  3422 naturalmente ci reca, la sua virtù di svegliar l'entusiasmo e l'immaginazione, ec. consista e sia propria principalmente del suono o della voce, in quanto suono o voce grata, e dell'armonia de' suoni e delle voci, in quanto mescolanza di suoni e voci naturalmente grata agli orecchi; e non già della melodia; e che conseguentemente il principale della musica e la considerazione de' suoi effetti non appartenga alla teoria del bello proprio, più di quello che v'appartenga la considerazione degli odori, sapori, colori assoluti ec., perocchè il diletto della musica, quanto alla principale e più essenziale sua parte, non risulta dalla convenienza; veggasi in questo, che non v'ha così misera melodia che perfettamente eseguita da un istrumento o da una voce gratissima non diletti assaissimo; nè v'ha per lo contrario così bella melodia ch'eseguita p. e. con bacchette su d'una tavola, {+o su di più tavole che rispondano a' diversi tuoni,} o in qualsivoglia istrumento o voce ingratissima o niente grata, rechi quasi diletto alcuno, e ciò quando anche ella sia eseguita perfettamente rispetto a  3423 se stessa. E ben gli uomini si sono potuti accorgere delle suenunciate verità in questi ultimi tempi, ne' quali, per quello che se n'è detto, la sorprendente voce della Catalani ha rinnovato quasi negli uditori i miracolosi effetti della musica antica. Certo questi effetti non nascevano nè principalmente nè essenzialmente nè quasi in parte alcuna dalle melodie. Le quali, oltre che da mille altri potevano esser cantate, si sa poi ch'erano delle più triviali ed insipide. Tutto il diletto era dunque originato dalla voce della cantante, cioè dalle qualità d'essa voce che piacciono naturalmente agli orecchi umani, tutte indipendenti dalla convenienza: straordinaria dolcezza, flessibilità, rapidità, estensione ec. {+1. voce canora, sonora, chiara, pura, penetrante, oscillante, tintinnante, simile alle corde o ad altro istrumento musicale artefatto ec. ec.}

[3214,1]  Ho detto in principio che la melodia nella musica non è determinata se non dall'assuefazione o da leggi arbitrarie. Delle melodie determinate dall'assuefazione, e che per ciò sono melodie, perchè quelle tali successioni di tuoni convengono con quelle che gli orecchi sono assuefatti a udire, ho discorso fin qui. Le melodie determinate da leggi arbitrarie, sono quelle che il popolo e i non intendenti non gustano, se non se nel modo specificato di sopra, senza nè conoscere nè sentire ch'elle sieno melodie, cioè che quei tuoni così succedendosi e intrecciandosi e alternandosi, armonizzino, cioè convengano, tra loro; quelle che pel popolo e per li non intendenti, non sono infatti melodie, ma solo per gl'intendenti; quelle che gl'intendenti soli gustano in virtù del giudizio, quali sono infiniti altri diletti umani (V. Montesquieu, Essai sur le goût. De la sensibilité. p. 392.), massime nelle arti; quelle che non  3215 sono melodie se non perchè ed in quanto corrispondono alle regole circa la successiva combinazione de' tuoni, consegnate in una scienza o arte, non dettata dalla natura ma dalla matematica, universale e universalmente riconosciuta in europa, come lo sono tutte le altre arti e scienze {in questa parte del mondo} legata insieme dal commercio e da una medesima civiltà ch'ella stessa si è fabbricata e comunicata di nazione a nazione, ma non riconosciuta fuori d'europa nè dalle nazioni non civili, nè da quelle che hanno un'altra civiltà da esse fabbricata o d'altronde venuta; qual è sopra tutte la nazion Chinese, la quale ed ha una scienza musicale, e in essa non conviene {punto} con noi. Ho detto che la nostra scienza o arte musicale fu dettata dalla matematica. Doveva dire costruita. Essa scienza non nacque dalla natura, nè in essa ha il suo fondamento, come le più dell'altre; ma ebbe origine ed ha il suo fondamento in quello che alla natura somiglia e supplisce e quasi equivale, in quello ch'è giustamente chiamato seconda natura, ma che altrettanto a torto quanto  3216 facilmente e spesso è {confuso e} scambiato, come nel caso nostro, colla natura medesima, voglio dire nell'assuefazione. Le antiche assuefazioni de' greci {+(per non rimontar più addietro, che nulla rileva al proposito)} furono l'origine e il fondamento della scienza musicale da' greci determinata, fabbricata, e a noi ne' libri e nell'uso tramandata, dalla qual greca scienza, viene per comun consenso e confessione la nostra europea, che non è se non se una continuazione, accrescimento e perfezione di quella, siccome tante altre e scienze ed arti (anzi quasi tutte le nostre) che la moderna europa ricevè dall'antica grecia e perfezionò, e a molte cangiò faccia appoco appoco del tutto. La greca musica popolare, le ragioni della quale non altrove erano che nell'assuefazione (siccome quelle di qualsivoglia musica popolare), fu l'origine, il fondamento, e per così dir l'anima e l'ossatura della musica greca scientifica, e quindi altresì della nostra, che di là viene. Ma siccome accade a tutte le arti ch'elle col crescere, col perfezionarsi, col maggiormente determinarsi, si dilungano appoco appoco da ciò che fu loro origine, fondamento, {subbietto primitivo} e ragione, o fosse la natura  3217 o l'assuefazione o altro, e talvolta giungono fino a perderlo affatto di vista, ed esser fondamento e ragione a se stesse, il che è intervenuto in buona parte alla poetica, intervenne ancora all'arte musica. {#1. Maggiormente sconvenevole però si è questo nella musica che nella poesia. Perocchè la scienza musicale, in ordine alla musica è di più basso e ben più lontano rango, che non è la poetica in ordine alla poesia. Il contrappunto è al musico quel che al poeta è la grammatica. La musica non ha un'arte che risponda a quel ch'è la poetica alla poesia, la rettorica all'oratoria. Ben potrebbe averla, ma niuno ancora ha pensato a ridurre a principii e regole le cagioni degli effetti morali della musica e del diletto che {da} lei deriva, e i mezzi per produrli ec.} Quindi è che {spessissimo} sia giudicato buono {ed ottimo} dagl'intendenti, e {perciò} piaccia loro sommamente, e che sia melodia per essi, quello che dal popolo e da' non intendenti è giudicato o mediocre o cattivo, che poco o niun effetto produce in essi, che poco o nulla gli diletta, che per essi non è assolutamente melodia: Sebbene ei lodano sovente ed ammirano cotali composizioni di tuoni, o in vista delle qualità indipendenti dall'armonizzare della loro combinazione successiva, che di sopra ho descritte, o mossi dalla fama del compositore, o dalla voce degl'intendenti, o dal favore, o dal diletto altre volte ricevuto nelle composizioni del medesimo, o dalla coscienza della propria ignoranza, o dalla maraviglia delle difficoltà e stranezze che in tali composizioni ravvisano, o dalla stessa novità, benchè per {essi} nulla dilettevole {musicalmente,} o in fine da cento altre cause estrinseche {e accidentali,} o diverse e indipendenti dal diletto che nasce dal senso della melodia, cioè della convenienza scambievole de' tuoni nel succedersi  3218 l'uno all'altro. E per lo contrario interviene spessissimo che quelle successioni de' tuoni {le quali} per il popolo sono squisitissime, carissime, bellissime, spiccatissime e dilettosissime melodie, non ardisco dire non piacciano agli orecchi degl'intendenti, ma con tutto ciò dispiacciano al loro giudizio, e ne sieno riprovate, tanto che per essi talora non sieno neppur melodie quelle che per tutti gli orecchi e per li loro altresì, sono melodie distintissime, evidentissime, notabilissime e giocondissime. Il che si può vedere in fatto nel giudizio degl'intendenti circa il comporre di Rossini, e generalmente circa il modo della moderna composizione, la quale da tutti è sentita esser piena di melodia {+molto più che le antiche e classiche,} e da chiunque sa è giudicata non reggere in grammatica ed essere scorrettissima e irregolare. Tutto ciò non per altro accade se non perchè gl'intendenti giudicano, e giudicando sentono (cioè col fattizio, ma reale sensorio dell'intelletto e della memoria) secondo i principii e le norme della loro scienza; e i non intendenti sentono e sentendo giudicano secondo le loro assuefazioni relative al proposito. Le quali assuefazioni segue e si propone  3219 o loro si accosta il moderno modo di comporre, assai più che l'antico, {ignorando o} trascurando più o manco i canoni dell'arte, di che gli antichi furono {peritissimi e} religiosissimi osservatori.