20-21. Agos. 1823.
[3208,1] Che quello che nella musica è melodia, cioè
l'armonia successiva de' tuoni, o vogliamo dire l'armonia nella successione de'
tuoni, sia determinata, come qualsivoglia altra armonia ovver convenienza
dall'assuefazione, o da leggi arbitrarie; osservisi che le melodie musicali non
dilettano i non intendenti, se non quanto la successione o successiva
collegazione de' tuoni in esse, è tale, che il nostro orecchio vi sia
assuefatto; cioè in quanto esse melodie o sono del tutto popolari, sicchè il
popolo, udendone il principio, ne indovina il mezzo e il fine e tutto
l'andamento, o s'accostano al popolare, o hanno alcuna parte popolare che al
popolare si accosti. Nè altro è nelle melodie musicali il popolare, se non se
una successione di tuoni alla quale gli orecchi del popolo, o degli uditori
generalmente, siano per qualche modo assuefatti. E non per altra cagione riesce
universalmente grata la musica di Rossini, se non perchè
3209 le sue melodie o
sono totalmente popolari, e rubate, per così dire, alle bocche del popolo; o più
di quelle degli altri compositori si accostano a quelle successioni di tuoni che
il popolo generalmente conosce ed alle quali {esso} è
assuefatto, cioè al popolare; o hanno più parti popolari, o simili, ovver più
simili che dagli altri compositori non s'usa, al popolare. E siccome le
assuefazioni del popolo e dei non intendenti di musica, circa le varie
successioni de' tuoni, non hanno regola determinata {e sono
diverse in diversi luoghi e tempi,} quindi accade che tali melodie
popolari o simili al popolare, altrove piacciano più, altrove meno, ad altri
più, ad altri meno, secondo ch'elle agli uditori riescono o troppo note e
usitate; o troppo poco; o quanto conviene, colla competente novità che lasci
però luogo all'assuefazione di far sentire in quelle successioni di tuoni la
melodia, la qual dall'assuefazione degli orecchi è determinata. Onde una
medesima melodia musicale piacerà più ad uno che ad altro individuo, più in
3210 una che in altra città, piacerà universalmente in
italia, o
piacerà al popolo e non agl'intendenti, e trasportata in Francia o in Germania, non
piacerà punto ad alcuno, o piacerà agl'intendenti e non al popolo; secondo che
le assuefazioni di ciascheduno orecchio {+circa le successioni de' tuoni,} saranno più o meno o nulla conformi
o affini agli elementi {o membri (μέλη)} che
comporranno essa melodia, ovvero a quello che si chiama il motivo.
[3210,1] E di qui, e non d'altronde, nasce la diversità de'
gusti musicali ne' diversi popoli. Dico ne' popoli, e non dico negl'intendenti,
i quali avendo tutti un'arte uniforme, distinta in regole, universalmente
abbracciata e riconosciuta, co' suoi principii fissi e invariabili e universali,
siccome quelli di qualsivoglia altra scienza che tale è in italia quale in Polonia, in
Portogallo, in Isvezia; nel giudicare di
una melodia musicale, non mirano all'orecchio, ma alle regole {e a' principii} ch'essi hanno nella loro arte o scienza,
cioè nel contrappunto; ed essendo esse regole e principii dappertutto gli stessi
e dappertutto ugualmente riconosciuti, i giudizi che i diversi intendenti
pronunziano non possono grandemente
3211 disconvenire
gli uni dagli altri, e tanto meno quanto essi più sono intendenti. Ma non così
de' popoli, e de' non intendenti, i quali non hanno altra regola e canone che
l'orecchio, e questo non {ha} altri principii che le
sue proprie assuefazioni, e non già alcuni dettati e infusi universalmente dalla
natura, come si crede. E però le nostre melodie non paiono pur melodie a' turchi
a[a'] Cinesi nè ad altri barbari, o
diversamente da noi, civili. Che se questi pure alcuna volta se ne dilettano, il
diletto non nasce in loro dalla melodia, cioè dal senso della successiva armonia
de' tuoni, la quale essi non sentono nè comprendono, posto pur ch'ella fusse tra
noi l'una delle più popolari; ma nasce da' puri suoni per se, e dalla
delicatezza, facilità, rapidità, volubilità del loro succedersi, mescolarsi,
alternarsi (sia nella voce o in istrumenti), dalla dolcezza delle voci o
degl'istrumenti, dal sonoro, dal penetrante e da simili qualità de' medesimi,
dalla soavità eziandio de' rapporti rispettivi d'un tuono coll'altro in quanto
alla facilità e alla delicatezza del passaggio da questo a quello (laddove i
passaggi nelle
3212 musiche de' barbari sono
asprissimi, perchè fatti da tuoni a tuoni troppo lontani o da corde a corde
troppo distanti), e insomma da cento qualità {+(per così dire, estrinseche)} della nostra musica
che nulla hanno a fare colla rispettiva scambievole armonia o convenienza de'
tuoni nella lor successione, cioè colla melodia, e col senso e gusto della
medesima, che nè i turchi nè gli altri barbari, udendo la nostra musica, non
provano punto mai. La qual cosa appunto, salva però la proporzione, accade ai
non intendenti di musica e al popolo fra noi, quando egli odono, come tutto dì
avviene, di quelle melodie che nulla o troppo poco hanno del popolare. Niun
diletto ne provano, se non quello, per così dire, estrinseco, che di sopra ho
descritto, e che nasce dalle qualità della musica, diverse e indipendenti
dall'armonia {de' tuoni} nella successione. Di queste
non popolari melodie, che sono la più gran parte della nostra musica, parlerò
poco sotto. E per conchiudere il discorso de' barbari e delle nazioni che hanno
circa la musica idee e gusti e sentimenti affatto diversi da' nostri, dico che
in essi, siccome
3213 fra noi, le assuefazioni
determinano quali sieno le successive collegazioni de' tuoni che sieno tenute
per melodie, e le assuefazioni cagionano, siccome fra noi, il {senso e il} piacere d'esse melodie, quando elle sono
udite. E questo, se in essi popoli, non v'ha teoria musicale, accade a tutta la
nazione. Se alcun d'essi popoli ha teoria musicale, come l'hanno i Chinesi,
diversa però dalla nostra, gl'intendenti fra loro hanno altra cagione che
determina il loro giudizio e produce in loro il diletto circa le melodie; e
questa cagione si è, come nei nostri intendenti, la conformità {di quelle cotali} successioni de' tuoni co' principii e
i canoni della loro teoria o arte o scienza musicale, i quali principii {e canoni} essendo diversi da' nostri, diverso eziandio
dev'essere il giudizio di quegl'intendenti circa le varie, o nazionali o
forestiere, melodie, da quello de' nostri, e diverso similmente il piacere. E
così è infatti nella China, dove {e} il popolo (che dappertutto, dovunque esiste una
musica, avrebbe giudicato nello stesso modo) e gl'intendenti (il che non
potrebbe avvenire nelle nazioni barbare che non hanno teoria musicale
3214 sufficientemente distinta per principii e regole,
e ordinata e compiuta, come l'hanno i Chinesi), giudicarono {espressamente} più bella la loro musica che l'Europea, la quale i
nostri, favoriti in ciò espressamente da un loro imperatore, volevano
introdurvi, insieme colle nostre teorie. E ciò furono, se ben mi ricorda, i
Gesuiti.
[3214,1] Ho detto in principio che la melodia nella musica
non è determinata se non dall'assuefazione o da leggi arbitrarie. Delle melodie
determinate dall'assuefazione, e che per ciò sono melodie, perchè quelle tali
successioni di tuoni convengono con quelle che gli orecchi sono assuefatti a
udire, ho discorso fin qui. Le melodie determinate da leggi arbitrarie, sono
quelle che il popolo e i non intendenti non gustano, se non se nel modo
specificato di sopra, senza nè conoscere nè sentire ch'elle sieno melodie, cioè
che quei tuoni così succedendosi e intrecciandosi e alternandosi, armonizzino,
cioè convengano, tra loro; quelle che pel popolo e per li non intendenti, non
sono infatti melodie, ma solo per gl'intendenti; quelle che gl'intendenti soli
gustano in virtù del giudizio, quali sono infiniti altri diletti umani (V. Montesquieu, Essai sur le goût. De la
sensibilité. p. 392.), massime nelle arti; quelle che non
3215 sono melodie se non perchè ed in quanto
corrispondono alle regole circa la successiva combinazione de' tuoni, consegnate
in una scienza o arte, non dettata dalla natura ma dalla matematica, universale
e universalmente riconosciuta in europa, come lo sono tutte
le altre arti e scienze {in questa parte del mondo}
legata insieme dal commercio e da una medesima civiltà ch'ella stessa si è
fabbricata e comunicata di nazione a nazione, ma non riconosciuta fuori d'europa nè
dalle nazioni non civili, nè da quelle che hanno un'altra civiltà da esse
fabbricata o d'altronde venuta; qual è sopra tutte la nazion Chinese, la quale
ed ha una scienza musicale, e in essa non conviene {punto} con noi. Ho detto che la nostra scienza o arte musicale fu
dettata dalla matematica. Doveva dire costruita. Essa scienza non nacque dalla
natura, nè in essa ha il suo fondamento, come le più dell'altre; ma ebbe origine
ed ha il suo fondamento in quello che alla natura somiglia e supplisce e quasi
equivale, in quello ch'è giustamente chiamato seconda natura, ma che altrettanto
a torto quanto
3216 facilmente e spesso è {confuso e} scambiato, come nel caso nostro, colla natura
medesima, voglio dire nell'assuefazione. Le antiche assuefazioni de' greci {+(per non rimontar più addietro, che nulla
rileva al proposito)} furono l'origine e il fondamento della scienza
musicale da' greci determinata, fabbricata, e a noi ne' libri e nell'uso
tramandata, dalla qual greca scienza, viene per comun consenso e confessione la
nostra europea, che non è se non se una continuazione, accrescimento e
perfezione di quella, siccome tante altre e scienze ed arti (anzi quasi tutte le
nostre) che la moderna europa ricevè dall'antica
grecia
e perfezionò, e a molte cangiò faccia appoco appoco del tutto. La greca musica
popolare, le ragioni della quale non altrove erano che nell'assuefazione
(siccome quelle di qualsivoglia musica popolare), fu l'origine, il fondamento, e
per così dir l'anima e l'ossatura della musica greca scientifica, e quindi
altresì della nostra, che di là viene. Ma siccome accade a tutte le arti ch'elle
col crescere, col perfezionarsi, col maggiormente determinarsi, si dilungano
appoco appoco da ciò che fu loro origine, fondamento, {subbietto primitivo} e ragione, o fosse la natura
3217 o l'assuefazione o altro, e talvolta giungono fino a perderlo
affatto di vista, ed esser fondamento e ragione a se stesse, il che è
intervenuto in buona parte alla poetica, intervenne ancora all'arte musica.
{#1. Maggiormente sconvenevole però si
è questo nella musica che nella poesia. Perocchè la scienza musicale, in
ordine alla musica è di più basso e ben più lontano rango, che non è la
poetica in ordine alla poesia. Il contrappunto è al musico quel che al poeta
è la grammatica. La musica non ha un'arte che risponda a quel ch'è la
poetica alla poesia, la rettorica all'oratoria. Ben potrebbe averla, ma
niuno ancora ha pensato a ridurre a principii e regole le cagioni degli
effetti morali della musica e del diletto che {da}
lei deriva, e i mezzi per produrli ec.} Quindi è che {spessissimo} sia giudicato buono {ed
ottimo} dagl'intendenti, e {perciò} piaccia
loro sommamente, e che sia melodia per essi, quello che dal popolo e da' non
intendenti è giudicato o mediocre o cattivo, che poco o niun effetto produce in
essi, che poco o nulla gli diletta, che per essi non è assolutamente melodia:
Sebbene ei lodano sovente ed ammirano cotali composizioni di tuoni, o in vista
delle qualità indipendenti dall'armonizzare della loro combinazione successiva,
che di sopra ho descritte, o mossi dalla fama del compositore, o dalla voce
degl'intendenti, o dal favore, o dal diletto altre volte ricevuto nelle
composizioni del medesimo, o dalla coscienza della propria ignoranza, o dalla
maraviglia delle difficoltà e stranezze che in tali composizioni ravvisano, o
dalla stessa novità, benchè per {essi} nulla
dilettevole {musicalmente,} o in fine da cento altre
cause estrinseche {e accidentali,} o diverse e
indipendenti dal diletto che nasce dal senso della melodia, cioè della
convenienza scambievole de' tuoni nel succedersi
3218
l'uno all'altro. E per lo contrario interviene spessissimo che quelle
successioni de' tuoni {le quali} per il popolo sono
squisitissime, carissime, bellissime, spiccatissime e dilettosissime melodie,
non ardisco dire non piacciano agli orecchi degl'intendenti, ma con tutto ciò
dispiacciano al loro giudizio, e ne sieno riprovate, tanto che per essi talora
non sieno neppur melodie quelle che per tutti gli orecchi e per li loro altresì,
sono melodie distintissime, evidentissime, notabilissime e giocondissime. Il che
si può vedere in fatto nel giudizio degl'intendenti circa il comporre di Rossini, e generalmente circa il modo
della moderna composizione, la quale da tutti è sentita esser piena di melodia
{+molto più che le antiche e
classiche,} e da chiunque sa è giudicata non reggere in grammatica ed
essere scorrettissima e irregolare. Tutto ciò non per altro accade se non perchè
gl'intendenti giudicano, e giudicando sentono (cioè col fattizio, ma reale
sensorio dell'intelletto e della memoria) secondo i principii e le norme della
loro scienza; e i non intendenti sentono e sentendo giudicano secondo le loro
assuefazioni relative al proposito. Le quali assuefazioni segue e si propone
3219 o loro si accosta il moderno modo di comporre,
assai più che l'antico, {ignorando o} trascurando più o
manco i canoni dell'arte, di che gli antichi furono {peritissimi e} religiosissimi osservatori.
[3219,1] Con queste considerazioni s'intenderà facilmente il
perchè nelle melodie sia, come si dice, difficilissima e rarissima la novità,
cioè solo difficilissimamente e di rado possa il Musico trovare nuove melodie.
Il che mirabilmente conferma le mie osservazioni. Perocchè veramente il disporre
in nuove maniere la scambievole successione de' tuoni secondo le regole
dell'arte musicale, non è punto difficile, essendo infinite le diversità di
combinazioni successive sia di tuoni sia di corde (cioè generalmente di note) a cui esse regole danno luogo. Ma
limitatissime e poche, e non più assolutamente che tante, sono le assuefazioni
de' nostri orecchi; ond'è che pochissime sieno quelle combinazioni {successive} di tuoni (dico pochissime rispetto
all'immenso numero d'esse combinazioni assolutamente {considerate}) che possano parer melodie all'universale, o al più di
una nazione o secolo, e produrre in esso il diletto che nasce dal senso della
melodia. Ed infatti nuove melodie
3220 che tali sieno
per gl'intendenti e rispetto all'arte, non sono in verità punto rare, nè
difficili a inventarsi, e di esse si compone la massima parte di qualsivoglia
opera musicale, non solo antica e classica, ma moderna italiana eziandio, benchè
le moderne italiane abbiano, come ho detto, più melodia popolare che le antiche
e straniere; cioè maggiormente seguano le assuefazioni de' nostri orecchi, {+ed un più gran numero delle loro
melodie} contraffacciano o imitino, o {in tutto
o} in qualche parte {o nel motivo} somiglino
le successioni di tuoni e note, a cui sono assuefatti generalmente gli uditori.
E in verità, se non fosse la memoria, che anche involontariamente e
inavvertitamente subentra a pigliar parte nella composizione, più difficile
sarebbe forse al compositore l'abbattersi a trovar melodie non popolari già da altri trovate, che non il trovarne
delle nuove, conformi alle regole musicali.
[3220,1] Certo è che la principale, anzi la vera arte
degl'inventori di musica, e il vero, proprio musicale, e grande effetto delle
loro invenzioni, allora solo si manifesta {ed ha luogo}
quando le loro melodie son tali che il popolo e generalmente tutti gli uditori
ne sieno colpiti e maravigliati come di
3221 melodia
nuova, e nel tempo medesimo, per essere in verità assuefatti a quelle tali
succcessioni di tuoni, sentano al primo tratto ch'ella è melodia. Il qual
effetto, proprio, anzi solo proprio della vera vera musica, e solo grande, solo
vivo, solo universale, non altrimenti si ottiene che coll'adornare, abbellire,
giudiziosamente e fino al debito segno variare, nobilitare per dir così,
nuovamente fra loro congiungere e disporre, presentare sotto un nuovo aspetto le
melodie assolutamente e formalmente popolari, e tolte dal volgo, e le varie e
sparse forme di successioni di note, che gli orecchi generalmente conoscono, e
vi sono assuefatti. Non altrimenti che il poeta, l'arte del quale non consiste
già principalmente nell'inventar cose affatto ignote e strane e a tutti
inaudite, o nello sceglier le cose meno divulgate, anzi ciò facendo egli più
tosto pecca e perde e toglie all'effetto della poesia, di quel che gli aggiunga;
ma l'arte sua è di scegliere tra le cose note le più belle, nuovamente e
armoniosamente, cioè fra loro convenientemente, disporre
3222 le cose divulgate e adattate alla capacità dei più, nuovamente
vestirle, adornarle, abbellirle, coll'armonia del verso, colle metafore, con
ogni altro splendore dello stile; dar lume e nobiltà alle cose oscure ed
ignobili; novità alle comuni; cambiar aspetto, quasi per magico incanto, a che
che sia che gli venga alle mani; pigliare v. g. i personaggi dalla natura, e
farli naturalmente parlare, e nondimeno in modo che il lettore riconoscendo in
quel linguaggio il linguaggio ch'egli è solito di sentire dalle simili persone
nelle simili circostanze, lo trovi pur nel medesimo tempo, nuovo e più bello,
{+senz'alcuna comparazione,
dell'ordinario, per} gli adornamenti poetici, e il nuovo stile, e
insomma la nuova forma e il nuovo corpo di ch'egli è vestito. Tale è l'officio
del poeta, e tale nè più nè meno del Musico. Ma siccome la poesia bene spesso,
lasciata la natura, si rivolse per amore di novità e per isfoggio di fantasia e
di facoltà creatrice, a sue proprie e stravaganti e inaudite invenzioni, e mirò
più alle regole e a' principii che l'erano stati assegnati, di quello che al suo
fondamento ed anima ch'
3223 è la natura; anzi lasciata
affatto questa, che aveva ad essere l'unico suo modello, non altro modello
riconobbe e adoperò che le sue proprie regole, e su d'esso modello gittò mille
assurde e mostruose o misere e grette opere; laonde abbandonato l'officio suo
ch'è il sopraddetto, sommamente stravolse e perdè, o per una o per altra parte,
di quell'effetto che a lei propriamente ed essenzialmente si convenia di
produrre e di proccurare; così l'arte musica nata per abbellire, innovare
decentemente e variare e per tal modo moltiplicare; ordinare, regolare,
simmetrizzare o proporzionare, adornare, nobilitare, perfezionare insomma le
melodie popolari e generalmente note e a tutti gli orecchi domestiche; com'ella
ebbe assai regole e principii, e d'altronde s'invaghì soverchiamente della
novità, e dell'ambiziosa creazione e invenzione, non mirò più che a se stessa, e
lasciando di pigliare in mano le melodie popolari per su di esse esercitarsi, e
farne sua materia, come doveva per proprio istituto; si rivolse alle sue regole,
e su questo modello, senz'altro, gittò le sue composizioni
3224 nuove veramente e strane: con che ella venne a perdere
quell'effetto che a lei essenzialmente appartiene, ch'ella doveva proporsi per
suo proprio fine, e ch'ella da principio otteneva, quando cioè lo cercava, o
quando coi debiti e appropriati mezzi lo proccurava.
[3224,1] Perocchè io non dubito che i mirabili effetti che si
leggono aver prodotto la musica e le melodie greche sì ne' popoli, ossia in
interi uditorii, sì negli eserciti, siccome quelle di Tirteo, sì ne' privati, come in
Alessandro;
effetti tanto superiori a quelli che l'odierna musica non solo produca, ma
sembri pure, assolutamente parlando, capace di mai poter produrre; effetti che
necessitavano i magistrati i governi i legislatori a pigliar provvidenze e fare
regolamenti e quando ordini, quando divieti, intorno alla musica, come a cosa di
Stato (v. il Viag.
d'Anacarsi, Cap. 27. trattenimento secondo); (e parlo qui
degli effetti della musica greca che si leggono nelle storie e
avvenute[avvenuti] fra' greci civili, non di
que' che s'hanno nelle favole, accaduti a' tempi salvatichi); non
3225 dubito, dico, che questi effetti, e la superiorità
della greca musica sulla moderna, che pur quanto a' principii ed alle regole,
dalla greca deriva, non venga da questo, ch'essendo fra' greci l'arte musicale,
sebbene adulta, pur tuttavia ancora scarsa, non offriva ancora abbastanza al
compositore da coniare o inventar di pianta nuove melodie che niun'altra ragione
avessero di esser tali se non le regole sole dell'arte; nè da {poter} gittarne sopra queste regole unicamente, o sopra
le forme e melodie musicali da altri inventate
di pianta, delle quali non poteva
ancora avervi così gran copia, come ve n'ha tra' moderni. Ma quel ch'è più,
l'arte, sebben cominciò anche tra' greci a corrompersi e declinare da' suoi
principii, e da' suoi propri obbietti o fini {e
instituti,} anzi molto avanzò nella corruzione (v. Viag. d'Anac. l.
c.), non giunse tuttavia di gran lunga ad allontanarsi tanto come tra
noi, e così decisamente e costantemente, dalla sua prima origine, dal primo
fondamento e ragione delle sue regole, dalla prima materia delle sue
composizioni, cioè le popolari melodie; nè a dimenticare,
3226 come oggi, impudentemente e totalmente il suo primo e proprio
fine, cioè di dilettare e muovere l'universale degli uditori ed il popolo; nè,
molto meno, giunse a rinunziar quasi interamente e formalmente a questo fine, e
scambiarlo apertamente in quello di dilettare, {o}
maravigliare, o costringere a lodare e applaudire una sola e sempre scarsissima
classe di persone, cioè quella degl'intendenti: il quale per verità è il fine
che realmente si propone la musica tedesca, inutile a tutti fuori che
agl'intendenti, e non già superficiali, ma ben profondi. Non fu così la Musica
greca. E in questo ravvicinamento della moderna musica al popolare,
ravvicinamento così biasimato dagl'intendenti, e che sarà forse cattivo per il
modo, ma in quanto ravvicinamento al popolare è non solo buono, ma necessario, e
primo debito della moderna musica; in questo ravvicinamento, dico, vediamo
quanto l'effetto della musica abbia guadagnato e in estensione, cioè nella
universalità, e in vivezza, cioè nel maggior diletto, ed anche talor maggior
commovimento degli animi.
3227 Che se in niuna parte, e
meno in quest'ultima, gli effetti della moderna musica sono per anche
paragonabili a quelli che si leggono della greca, è da considerarsi che l'uomo
oggidì è disposto in modo da non lasciarsi mai veementemente muovere a nessuna
parte; che analogamente a questa generale disposizione, neanche le melodie
assolutamente popolari d'oggidì, son tali {nè di tal
natura} che possano facilmente ricevere dal compositore una forma da
produrre in veruno animo un più che tanto effetto; e che in ultimo i compositori
non iscelgono nè quelle melodie popolari o parti di esse che meglio si
adatterebbero alla forza e profondità dell'effetto, nè in quelle che scelgono,
ci adoprano quei mezzi che si richieggono a produrre un effetto simile, nè così
le lavorano e {dispongono} come converrebbe per tal
uopo: e ciò non fanno perchè nol vogliono e perchè nol sanno. Nol sanno perchè
privi essi medesimi d'ispirazione veramente sublime e divina, e di sentimenti
forti e profondi nel comporre in qualsiasi genere, non possono nè scegliere nè
usar lo scelto in modo da
3228 produr negli uditori
queste siffatte sensazioni ch'essi mai non provarono nè proveranno. Nol
vogliono, perchè appunto non conoscendo tali sensazioni, nulla o ben poco le
stimano, nè altro fine si propongono che il diletto superficiale e il grattar
gli orecchi, al che di gran lunga pospongono le grandi e nobili e forti
emozioni, di cui mai non fecero esperimento. Ma che maraviglia? quando gli
antichi musici erano i poeti, quegli stessi che per la sublimità de' concetti,
per la eleganza e grandezza dello spirito brillano nelle carte che di loro ci
rimangono, o perdute queste coi ritmi da loro inventati e applicativi, vivono
immortali i loro nomi nella memoria degli uomini, e ciò talora eziandio per
egregi e magnanimi fatti? E quando all'incontro i moderni musici, stante le
circostanze della loro vita, e delle moderne costumanze a loro riguardo, sono
per corruzione, per delizie, per mollezza e bassezza d'animo il peggio del
peggior secolo che nelle storie si conti? la feccia della feccia delle
generazioni? Da vita, opinioni e costumi vili, adulatorii, dissipati,
3229 effeminati, infingardi, come può nascer concetto
alto, nobile, generoso, profondo, virile, energico? Ma questo discorso
porterebbe troppo innanzi, e condurrebbe necessariamente al parallelo della
musica e de' musici colle altre arti e loro professori, a quello della moderna
musica coll'antica, e delle moderne usanze colle antiche relative al proposito;
e finalmente a trattare della funesta separazione della musica dalla poesia e
della persona di musico da quello di poeta, attributi anticamente, e secondo la
primitiva natura di tali arti, indivise e indivisibili (v. il Viag. d'Anac. l.
c. {+particolarmente l'ult. nota al
c. 27.}). Il qual discorso da molti è stato fatto, e qui non
sarebbe che digressione. Però lo tralascio.
[3229,1] Tornando al nostro primo proposito, il qual fu di
mostrare che l'armonia o convenienza scambievole de' tuoni nelle loro
combinazioni successive, è determinata, siccome ogni altra convenienza,
dall'assuefazione; si vuol notare che quest'assuefazione in fatto di melodie
(come anche di armonie) non è sempre αὐτόματος del popolo,
3230 ma bene spesso in lui prodotta e originata dalla stessa arte
musica. Perocchè a forza di udir musiche e cantilene composte per arte, (il che
a tutti più o meno accade) anche i non intendenti, anzi affatto ignari della
scienza musicale, assuefanno l'orecchio a quelle successioni di tuoni che
naturalmente essi non avrebbero nè conosciute nè giudicate per armoniose (o
ch'elle sieno inventate di pianta dagli uomini dell'arte, o da loro fabbricate
sulle melodie popolari, e di là originate); in virtù della quale assuefazione
essi giungono appoco appoco {+e senza
avvedersi del loro progresso,} a trovare armoniose tali successioni, a
sentirvi una melodia, e quindi a provarvi un diletto sempre maggiore, e a
formarsi circa le melodie una più capace, più varia, più estesa facoltà di
giudicare, la qual facoltà, che in altri arriva a maggiore in altri a minor
grado, è poi per essi cagione del diletto che provano nell'udir musiche;
giudizio e diletto determinato, dettato, e cagionato, non già dalla natura
primitiva {e universale,} ma dall'assuefazione
accidentale e varia secondo i tempi, i luoghi e le nazioni.
3231 Io di me posso accertare che nel mio primo udir musiche (il che
molto tardi incominciai) io trovava affatto sconvenienti, incongrue, dissonanti
e discordevoli parecchie delle più usitate combinazioni successive di tuoni, che
ora mi paiono armoniche, e nell'udirle formo il giudizio e percepisco il
sentimento della melodia. {#1. Nè più nè
meno accade nella pittura, scultura, architettura. Senz'alcuna cognizione
della teoria, nè della pratica immediata dell'arte, a forza di veder
dipinti, statue, edifizi, moltissimi si formano un giudizio, e una facoltà
di gustare e di provar piacere in tal vista, e nella considerazione di tali
oggetti, la qual facoltà non aveano per l'innanzi, e si acquista appoco
appoco per mezzo dell'assuefazione, la quale determina in questi tali (e
sono i più che parlino di belle arti) l'idea delle convenienze pittoriche
ec. del bello ec. {+e quindi anche
del brutto ec.,} col divario che il soggetto della pittura e
scultura si è l'imitazione degli oggetti visibili, della quale ognun vede la
verità o la falsità, onde le idee del bello e del brutto pittorico e
scultorio, in quanto queste arti sono imitative, è già determinata in
ciascheduno prima dell'assuefazione. Non così nell'architettura e nella
musica, meno imitative, e questa imitativa di cose non visibili ec. Così
discorrasi in ordine alla poesia, ed al gusto e giudizio che l'uomo se ne forma e n'acquista, ec.}
[3231,1] Nel detto modo si formano i mezzi-intendenti, più o
meno capaci di giudicare e quindi di provar diletto nelle composizioni musicali,
cioè che più o meno hanno udito e riflettuto in questo genere e postovi
attenzione. I quali mezzi-intendenti costituiscono la massima parte di quelli
che parlano di musica e di quel pubblico che dà espressamente il suo voto circa
le composizioni musicali che compariscono, giacchè i periti veramente della
scienza musica e conoscitori di essa per elementi e regole, sono ben pochi
rispetto al pubblico.
[3231,2] Or dunque molte che si chiamano melodie popolari,
hanno il loro fondamento nell'assuefazione de' mezzi-intendenti, o del popolo in
quanto
3232 assuefatto a udir musiche. E delle
composizioni successive di note, altre riescono melodie a tutti gli orecchi,
altre a quelli di chiunque è pure un poco intendente (cioè assuefatto), altre ai
mezzi-intendenti più avanzati, altre ai soli veri e perfetti intendenti, ed
altre a questi più a quelli meno, o viceversa, eccetera. E così il giudizio e il
senso della melodia sempre nasce e dipende ed è determinato dall'assuefazione, o
dalla cognizione di leggi che non hanno la loro ragione nella natura universale,
ma {nell'accidentale e particolare uso} presente o
passato, e in altre tali cose, le quali leggi ho chiamato di sopra
arbitrarie.
[3232,1] E tutto ciò sia aggiunto per ispiegare {e distinguere e quasi classificare} quello ch'io intenda
per popolare nella musica, per melodia popolare, e per assuefazione degli
orecchi determinãte[determinante] la
scambievole convenienza delle note nella loro scambievole successione e
collegamento.
[3232,2] Del resto poi le assuefazioni che di sopra ho
chiamato αὐτόματοι del popolo, {+(voglio
dire dell'universale)} nascono ed hanno origine da varie cagioni, e
fra l'altre dalla natura, indipendentemente però da veruna naturale
3233 convenienza scambievole di quali si sieno tuoni,
ma solo in tanto in quanto p. e. certe passioni naturalmente e universalmente
amano certi tali tuoni e certi tali passaggi da un tal tuono a un tal altro. La
qual cosa che nulla ha che fare coll'assoluta convenienza di tal tuono a tal
tuono, (perocchè qui la ragione della convenienza de' tuoni non istà nella
natura loro, nè nei loro naturali rapporti, ma è relativa alla natura dell'uomo
che indipendentemente dalla convenienza, ama in quel tal caso quel tuono e quel
passaggio) fu l'origine delle melodie, le quali furono da principio, siccome
sempre avrebbero dovuto e dovrebbero essere, imitative; bensì tali che
abbellivano ed ornavano e variavano la natura, colla scelta, colla disposizione,
coll'atta mescolanza e congiungimento, e di più colla delicatezza, grazia,
mobilità ec. degli organi o naturali (coltivati ed esercitati), o artifiziali
inventati e perfezionati. Nè più nè manco di quello che le poesie debbano,
imitandola ornare, abbellire, variare e mostrar sotto nuovo abito la natura.
Veggasi a questo proposito la citata nota ultima al Capo
3234 27. del Viag. d'Anac. e quello
che {altrove ho detto}
[pp.
79-80]
pp. 155-59
[pp.
1665-66]
[pp.
1871. sgg.] sopra l'imitativo della musica, e {sopra} quella convenienza musicale che {ha}
nella imitazione {sola} la sua ragione ed origine.
[3234,1] E notisi che se nulla v'ha nella musica, sia
nell'armonia sia nella melodia, che universalmente da tutti i popoli civili e
barbari sia riconosciuto e praticato, o che in tutti faccia effetto; ciò si dee
riferire alla natura operante nel modo detto di sopra, o in altri che si
potrebbero dire, operante prima dell'assuefazione e indipendentemente da lei, ma
indipendentemente altresì dalla convenienza e senz'alcuna relazione all'armonia.
Oltre all'altre cagioni di universale effetto nella musica, indipendenti pure
dalla convenienza, parte delle quali ho annoverate di sopra p. 3211. sg., parte altrove pp. 155-58 , parte potrei
annoverare. (20-21. Agos. 1823.