6. Luglio 1820.
[154,1]
Da quello che dice Montesquieu
Essai sur le Goût. Des plaisirs de l'ame.
p. 369.-370. deducete che le regole della letteratura e belle arti non
possono affatto essere universali, e adattate a ciascheduno. Bensì è vero che la
maniera di essere di un uomo nelle cose principali e sostanziali è comune a
tutti, e perciò le regole capitali delle lettere e arti belle, sono universali.
Ma alcune piccole o mediocri differenze sussistono tra popolo e popolo tra
individuo e individuo, e massimamente fra secolo e secolo. Se tutti gli uomini
fossero di vista corta, {come sono molti}
l'architettura in molte sue parti sarebbe difettosa, e converrebbe riformarla.
{Così al contrario. Intanto ella è difettosa veramente
rispetto a quei tali.} Gli orientali aveano ed hanno più rapidità,
vivacità, fecondia ec. di spirito che gli europei. Perciò quella soprabbondanza
che notiamo nelle loro poesie ec. se sarebbe difetto tra noi, poteva non
esserlo, o esser minore appresso un popolo più capace per sua natura di seguire
e di comprendere coll'animo suo quella maniera del poeta. Lo stesso dite
dell'oscurità, del metaforico eccessivo per noi, {delle
sottigliezze, delle troppe minuzie,} dell'ampolloso ec. ec. E questa
distinzione fatela anche tra i popoli europei, e non condannate una letteratura
perchè è diversa da un'altra stimata classica. Il {tipo o la
forma del bello} non esiste, e non è altro che l'idea della
convenienza. Era un sogno di Platone che
le idee delle cose esistessero innanzi a queste, in maniera che queste non
potessero esistere altrimenti {v. Montesq.
ivi. capo 1. p. 366.} quando la loro maniera
di esistere è affatto arbitraria e dipendente dal creatore, come dice Montesquieu, e non ha nessuna ragione
per esser piuttosto così che in un altro modo, se non la volontà di chi le ha
fatte. E chi sa che non esista un altro, o più, o infiniti altri sistemi di cose
così diversi dal nostro che noi non li possiamo neppur concepire?
155 Ma noi che abbiamo rigettato il sogno di Platone conserviamo quello di un tipo
immaginario del bello. (V. il discorso di
G. Bossi nella B. Italiana). Ora l'idea della
convenienza essendo universale, ma dipendendo dalle opinioni caratteri costumi
ec. il giudizio e il discernimento di quali cose convengano insieme, ne deriva
che la letteratura e le arti, quantunque pel motivo sopraddetto siano soggette a
regole universali nella sostanza principale, tuttavia in molti particolari
debbano cangiare infinitamente secondo non solamente le diverse nature, ma anche
le diverse qualità mutabili, vale a dire opinioni, gusti, costumi ec. degli
uomini, che danno loro diverse idee della convenienza relativa.
[155,1] E similmente osservate quanto sia vano il pensare
{così assolutamente} che la musica perchè diletta
sommamente l'uomo debba fare effetto sulle bestie. Distinguete suono {(sotto questo nome intendo ora anche il canto)} e
armonia. Il suono è la materia della musica, come i colori della pittura, i
marmi della scoltura ec. L'effetto naturale e generico della musica in noi, non
deriva dall'armonia ma dal suono, il quale ci elettrizza e scuote al primo tocco
quando anche sia monotono. Questo è quello che la musica ha di speciale sopra le
altre arti, sebbene anche un color bello e vivo ci fa effetto, ma molto minore.
Questi sono effetti e influssi naturali, e non bellezza. L'armonia modifica
l'effetto del suono, e in questo (che solo appartiene all'arte) la musica non si
distingue dalle altre arti, giacchè i pregi dell'armonia consistono nella
imitazione della natura {quando esprimono qualche
cosa,} e in seguire quell'idea della convenienza dei suoni ch'è
arbitraria e diversa in diverse nazioni. Ora il suono non è difficile che faccia
effetto anche nelle bestie, ma non è necessario, e massimamente quegli stessi
suoni che fanno effetto nell'uomo (quando vediamo {anche tra
gli uomini} che certe nazioni si dilettano di suoni tutti diversi da'
nostri, e per noi insopportabili).
156 I loro organi, e
indipendentemente da questi, la loro maniera d'essere è differente dalla nostra,
e non possiamo sapere qual sia l'effetto di questa differenza. Tuttavia se
questa non sarà molto grande, {o} almeno {avrà} qualche rapporto con noi in questo punto, il suono
farà colpo in quei tali animali, come leggiamo dei delfini e dei serpenti (V. Chateaubriand). Ma l'armonia è bellezza. La bellezza non è
assoluta, dipendendo dalle idee che ciascuno si forma della convenienza di una
cosa con un'altra, laonde se l'astratto dell'armonia può esser concepito dalle
bestie, non perciò per loro sarà armonia e bellezza quello ch'è per noi. E così
non è la musica come arte ma la sua materia cioè il suono che farà effetto in
certe bestie. E infatti come vogliamo pretendere che le bestie gustino la nostra
armonia, se tanti uomini si trovano che non la gustano? Parlo di molti individui
che sono tra noi, e parlo di nazioni, come dei turchi che hanno una musica che a
noi par dissonantissima e disarmonica. Eccetto il caso che qualche animale si
trovasse in disposizione così somigliante alla nostra, che nella musica potesse
sentire se non tutta almeno in parte l'armonia che noi ci sentiamo, vale a dire
giudicare armonico quello che noi giudichiamo. Il quale effetto è più difficile
assai dell'altro sopraddetto del suono, tuttavia non è affatto inverisimile.
(6. Luglio 1820.).