7. Ott. 1821.
[1860,1] Ho detto pp. 1548-51 che l'immaginazione può risorgere o durare
anche ne' vecchi e disingannati. Aggiungo che l'immaginazione e il piacere che
ne deriva, consistendo in gran parte nelle rimembranze, lo stesso aver perduto
l'abito della continua immaginativa, contribuisce ad accrescere il piacere delle
rimembranze, giacch'elle, se fossero presenti ed abituali, 1. non sarebbero, o
sarebbero meno rimembranze, 2. non sarebbero così dilettevoli, perchè il
presente non illude mai, bensì il lontano, e quanto è più lontano. Onde non è
dubbio che le immagini della vita degli antichi, non riescano più dilettevoli a
noi per cui sono rimembranze lontanissime, che agli stessi antichi per cui erano
o presenze, o ricordanze poco lontane. Del resto la rimembranza quanto più è
lontana, e meno abituale, tanto più innalza, stringe, addolora dolcemente,
diletta
1861 l'anima, e fa più viva, energica,
profonda, sensibile, e fruttuosa
impressione, perch'essendo più lontana, è più sottoposta all'illusione; e non
essendo abituale nè essa individualmente, nè nel suo genere, va esente
dall'influenza dell'assuefazione che indebolisce ogni sensazione. Ciò che dico
dell'immaginativa, si può applicare alla sensibilità. Certo è però che tali
lontane rimembranze, quanto dolci, tanto separate dalla nostra vita presente, e
di genere contrario a quello delle nostre sensazioni abituali, ispirando della
poesia ec. non ponno ispirare che poesia malinconica, come è naturale,
trattandosi di ciò che si è perduto; all'opposto degli antichi a cui tali
immagini, poteano ben far minore effetto a causa dell'abitudine, ma erano sempre
proprie, presenti, si rinnovavano tuttogiorno, nè mai si consideravano come cose
perdute, o riconosciute per vane; quindi la loro poesia dovea esser lieta, come
quella che verteva sopra dei beni e delle dolcezze da
1862 loro ancor possedute, e senza timore. (7. Ott.
1821.).