Mortalità e Vitalità negli stati antichi e nei moderni.
Mortality and Vitality in ancient and in modern states.
625,3 1330,1 4062,5[625,3] Lo scopo dei governi {(siccome quello dell'uomo)} è la felicità dei
governati. Forse che la felicità e la diuturnità della vita, sono la stessa
cosa? Hanno sempre che dire delle turbolenze e pericoli degli antichi stati, e
pretendono che costassero all'umanità molto più sangue e molte più vite, che non
costano i governi ordinati e regolari e monarchici, ancorchè guerrieri, ancorchè
tirannici. Sia pure: che ora non voglio contrastarlo.
626 Orsù, ragguagliamo le partite, dirò così, delle vite. Poniamo che negli stati
presenti, che si chiamano ordinati e quieti, la gente viva, un uomo per l'altro,
70 anni l'uno: negli antichi che si chiamano disordinati e turbolenti, vivessero
50 soli anni, a distribuir tutta la somma delle vite, ugualmente fra
ciascheduno. E che quei 70 anni sieno tutti pieni di noia e di miseria in
qualsivoglia condizione individuale, che così pur troppo accade oggidì; quei
cinquanta pieni di attività {e varietà} ch'è il solo
mezzo di felicità per l'uomo sociale. Domando io, quale dei due stati è il
migliore? quale dei due corrisponde meglio allo scopo, che è la felicità
pubblica e privata, in somma la felicità possibile degli uomini come uomini?
cioè felicità relativa e reale, e adattata e realizzabile in natura, tal qual
ella è, non riposta nelle chimeriche e assolute idee, di ordine, e perfezione
matematica. Oltracciò domando: la somma vera della vita, dov'è maggiore? in
quello stato dove ancorchè gli uomini vivessero cent'anni l'uno, quella vita
monotona e inattiva, sarebbe {(com'è realmente)}
esistenza, ma non vita,
627 anzi nel fatto, un sinonimo
di morte? ovvero in quello stato, dove l'esistenza ancorchè più breve, tutta
però sarebbe vera vita? Anche ponendo dall'una parte 100 anni di esistenza, e
dall'altra non più che 40, o 30 di vita, la somma della vita, non sarebbe
maggiore in quest'ultima? 30 anni di vita non contengono maggior vita che 100 di
morta esistenza? Questi sono i veri calcoli convenienti al filosofo, che non si
contenti di misurar le cose, ma le pesi, e ne stimi il valore. E non faccia come
il secco matematico che calcola {le quantità} in genere
e in astratto, ma relativamente alla loro sostanza, e qualità, e natura, e peso,
e forza specifica e reale.
[1330,1] Ho detto altrove pp. 625-29 che nell'antico sistema delle nazioni la
vitalità era molto maggiore e la mortalità minore che nel moderno. Non intendo
con
1331 ciò di fondarmi principalmente sopra la
maggior durata possibile della vita umana in quei tempi che adesso. Le storie
provano che fra la più lunga vita degli antichi e la più lunga de' moderni
(almeno fin da quei tempi de' quali si hanno notizie precise) non v'è divario, o
poco; e smentiscono in questo i sogni di alcuni. Ed è ben simile al vero che la
natura abbia stabilito appresso a poco i confini possibili della vita umana,
oltre a' quali non si possa per nessuna cagione passare, come gli ha stabiliti
agli altri animali, {+nella cui longevità
presente non credo che si trovi differenza coi tempi antichi.} Almeno
ciò si può dire in ordine a quel sistema terrestre, a quell'epoca del globo
terraqueo che ci è nota; potendo però il detto sistema avere avuto altre epoche
e grandi rivoluzioni. Ed anche ci può essere {(o esserci
stata)} qualche razza umana più longeva o meno, come vediamo
differenze notabili di longevità nelle razze p. e. de' cavalli.
[4062,5] La vita degli orientali e di coloro che vivono ne'
paesi assai caldi è più breve di quella dei popoli che abitano ne' paesi freddi
o temperati. Ma ciò non impedisce che la somma della vita di quelli non sia, non
che uguale, ma superiore alla somma della vita di questi. Anzi non per altro è
più breve la vita degli orientali se non perchè ella è molto più intensa, tanto
che in pari spazio di tempo è maggiore la somma della vita che provano gli
orientali che non è quella che provano
4063 gli altri
popoli. Ora generalmente parlando, si scuopre nella natura quest'ordine che la
durata della vita (sì negli animali sì nelle piante) sia in ragione inversa
della sua intensità ed attività. La testuggine, l'elefante e altri animali
tardissimi hanno lunghissima vita. I più veloci ed attivi, ancorchè più forti
degli altri (come è p. es. il cavallo rispetto all'uomo) hanno vita più corta.
Ed è ben naturale, perchè quell'attività e intensità di vita importa maggiore
rapidità di sviluppo della medesima, e quindi di decadenza. Infatti lo sviluppo
sì degli uomini, sì degli animali, sì delle piante ne' paesi assai caldi è molto
più rapido che negli altri. Or dunque considerando queste condizioni fisiche
della vita per rapporto al morale, si può ragionevolmente affermare che la sorte
di quelli che vivono ne' paesi assai caldi è preferibile quanto alla felicità a
quella degli altri popoli. Primieramente la somma della loro vitalità,
quantunque minore nella durata, è però assolutamente maggiore di quella degli
altri, presa l'una e l'altra nel totale. Secondariamente, posto ancora che ella
fosse uguale, a me par molto preferibile il consumare p. e. in 40 anni una data
quantità di vita che il consumarla in 80. Ella riempie i 40, e lascia negli
ottanta mille intervalli, gran vuoto, gran freddezza, gran languore. La vita
assolutamente non ha nulla di desiderabile sicchè la più lunga sia da
preferirsi. Da preferirsi è la meno infelice, e la meno infelice è la più viva.
Or la vita degli orientali, pognamola di 40 anni, è molto più viva che quella
degli altri, pognamola di 80, quando bene la somma della vivacità dell'una vita
e dell'altra sia la stessa. Or questo paragone di
4064
climi io lo applico ai tempi, e mettendo gli antichi in luogo de' popoli di
clima caldo e i moderni in cambio de' popoli di clima freddo, dico che sebben la
vita degli antichi era forse generalmente più breve che quella dei moderni, per
le turbolenze sociali e i continui pericoli dello stato antico, nondimeno perchè
molto più intensa, ella è da preferirsi, contenendo nella sua minore durata
maggior somma di vitalità, o quando anche in minore spazio contenesse ugual
somma che la moderna in ispazio maggiore. Del che, senza il surriferito esempio,
ho discorso particolarmente in altro pensiero p. 352
pp. 1330-32
pp.
3292-93. (8. Aprile 1824.). {{V. p.
4092. e v. la pag.
4069.}}
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