[126,1]
126
Arriano ancorchè detto il secondo Senofonte, e vicinissimo certamente a
lui nella semplicità e purità dello stile, e nella negligente varietà {e irregolarità} della costruzione ec. tuttavia si
distingue da lui in questo ch'egli (forse come uomo vissuto lungo tempo fra i
romani, forse per istudio di Tucidide,
forse che la qualità ch'io dirò di Senofonte non era propria di quel tempo tanto alieno dall'antica
candidezza) è più grave di Senofonte,
e non ha quell'amabile familiarità e quasi affabilità di Senofonte che tratta il lettore come suo amico, e gli
racconta o gli parla come se fosse presente. Così nelle orazioni storiche, Arriano va sempre un mezzo tuono più
alto di Senofonte, il quale nelle
stesse orazioni è piuttosto espositore della cosa che oratore.
[468,1] 2. Che poco saggiamente Arriano volle
scrivere l'᾽Αλεξάνδρου ἀνάβασιν (in
7. libri perchè 7. son quelli di Senof.) a imitazione della detta opera. Perch'egli non poteva
scrivere, nè scrisse, nè intese o pensò di scrivere un giornale. Quindi le due
opere sono essenzialmente di diverso genere, cioè l'una un diario, l'altra una
storia. Meno male Onesicrito, in
quello che scrisse d'Alessandro a
imitazione pure di Senofonte.
Perch'egli fu compagno di Alessandro
nella sua spedizione, come Senofonte
di Ciro. V. il Laerz. l. 6. in Onesicrito.
[1024,2] Da Demostene in poi la grecia non ebbe altro
scrittore che in ordine alla lingua e allo stile, somigliasse, anzi uguagliasse
gli ottimi antichi, se non Arriano (e
questo senza la menoma affettazione, o sembianza d'imitazione, o di lingua o
stile antiquato, come i nostri moderni imitatori del trecento o del
cinquecento). Nè Polibio, nè Dionigi Alicarnasseo
{(sebben questi più degli altri, e gli può venir
dopo),} nè Plutarco, nè lo
stesso Luciano
{atticissimo ed} elegantissimo (di eleganza però ben
diversa dalla nativa eleganza degli antichi, e della perfetta {e propria} lingua e stile greco) non possono essergli
paragonati per questo capo. (9. Maggio 1821.).
[1494,1] Qual lingua è più varia della latina? (se non forse
la greca). E quale è più propria? neppur forse la greca. E dalla proprietà
deriva naturalmente la varietà, come ho detto p. 1479. Ella era {strettamente} propria per legge, e non avrebbe scritto latino ma
barbaro, chi non avesse scritto con proprietà: laddove la greca potendo essere
altrettanto e più propria, era più libera, ed ho già osservato altrove p.
244 come ciascuno scrittor greco, abbia un vocabolarietto particolare,
cioè faccia uso continuo delle stesse voci, e si restringa ad una sola parte
della sua lingua, con che la proprietà non può esser perfetta. Ai latini
bisognava una perfetta cognizione ed uso della loro lingua, non solo in grosso
ma in particolare, e quindi il vocabolario che si può formare a ciascun {buono} scrittore latino è
1495
generalmente molto più ampio che a qualunque greco classico. E pur la lingua
greca era più ricca della latina. Ma la lingua di ciascun latino era più ricca
che di ciascuno scrittor greco. Eccetto gli scrittori greci più bassi, come Luciano, Longino ec. i quali sono ricchissimi, e tanto più
quanto il loro stile è meno antico, perchè i contemporanei, come Arriano, Dionigi Alicarnasseo, sono più antichi di stile, e
meno ricchi di lingua. La stessa {immensa} ricchezza
della lingua greca impoveriva gli scrittori, finch'ella non fu studiata con
un'arte perfetta ch'è sempre propria de' tempi imperfetti e scaduti.
[2180,2] Anche dopo introdotto in
Grecia lo studio dell'atticismo ec. l'essere o non
essere ateniese di nascita o allevato in Atene, non fu
mai prevenzione per giudicare favorevolmente o sfavorevolmente di uno scrittore
neppur quanto alla purità della lingua; almeno non lo fu tanto quanto rispetto
alla toscaneria o fiorentineria nel 500 (e anche oggi), e nell'opinione degli
2181 Accademici della Crusca circa il giudicar
classici o non classici di lingua gli scrittori altronde esimi e famosi (anche
in genere di stile); siccome neppure fu stimato vizio lo scrivere espressamente
in altro dialetto (non solo il mescolare all'atticismo parole o modi ec.
forestieri, o il ridurre l'atticismo a nient'altro che dialetto comune, e
formato di tutto ciò ch'era proprio de' diversi paesi greci), come fece Arriano nell'indica, {+e forse anche in altre opere, v. p. 2231.}
Ecateo Milesio (ma
molto prima) ec. Anzi Atene dopo prevaluto nella
grecia l'atticismo, ebbe appresso a poco la sorte di
Firenze, cioè non produsse nulla di buono, nel che
v. un passo di Cicerone
in una nota al Dial. del Capro, nella Proposta del Monti, voce Becco.- ec. ec. (28. Nov.
1821.).
[2408,1] Che la lingua greca si conservasse incorrotta, o
quasi incorrotta, tanto più tempo della latina, e anche dopo scaduta già la
latina ch'era venuta in fiore tanto più tardi, si potrà spiegare anche
osservando, che la letteratura (consorte indivisibile della lingua) sebbene era
scaduta appresso i greci, pur aveva ancor tanto di buono, ed era eziandio capace
di tal perfezione, che talvolta non aveva che invidiare all'antica. Esempio ne
può essere la Spedizione di Alessandro, e l'Indica d'Arriano, opere di stile e di lingua così purgate, così
uguali in ogni parte e continuamente a se stesse, senza sbalzi, risalti, slanci,
voli o cadute di sorte alcuna (che sono le proprietà dello scriver sofistico e
guasto, in qualsivoglia genere, lingua, e secolo corrotto), di semplicità e
naturalezza e facilità {chiarezza, nettezza ec.} così
spontanea ed inaffettata, così ricche, così
2409
proprie, così greche insomma nella lingua, e nella maniera, e nel gusto, che
quantunque Arriano fosse imitatore,
cioè quello stile e quella lingua non fossero cose naturali in lui ma
procacciate collo studio de' Classici (come è necessario in ogni secolo dove la
letteratura non sia primitiva) e principalmente di Senofonte, non per questo si può dire ch'egli non le
avesse acquistate in modo che paiano e si debbano anzi chiamar sue, nè se gli
può negare un posto se non uguale, certo vicinissimo a quello degl'imitati da
lui. Ora il tempo d'Arriano fu quello
d'Adriano e degli Antonini, nel qual tempo la
letteratura latina, con tutto che fosse tanto meno lontana della greca dal suo
secol d'oro, non ha opera nessuna che si possa di gran lunga paragonare a queste
d'Arriano ne' suddetti pregi, come
anche in quelli d'una ordinata e ben architettata narrazione, e altre tali virtù
dello scriver di storie. Tacito fu alquanto anteriore, e nella perfezion della lingua non si
potrebbe ragguagliar troppo bene ad Arriano: forse neanche nelle doti di storico appartenenti
2410 al bello letterario, sebben egli l'avanza di molto
in quelle che spettano alla filosofia, politica ec. Ma quel che mantiene la
lingua, è la bella letteratura, non la filosofia nè le altre scienze, che
piuttosto contribuiscono a corromperla, come fece lo stile di Seneca. E però Plutarco contemporaneo di Tacito, e com'esso, alquanto più vecchio d'Arriano, non si può recar per modello nè
di lingua nè di stile, essendo però stato forse più filosofo di tutti i filosofi
greci, molti de' quali sono esempi di perfettissimo scrivere. Ma non erano così
sottili come Plutarco, siccome Cicerone non lo era quanto Seneca, questi corrottissimo nello
scrivere, e {{quegli}} perfettissimo. (1. Maggio
1822.).
[2589,1] La letteratura greca fu per lungo tempo (anzi
lunghissimo) l'unica del mondo (allora ben noto): e la latina (quand'ella sorse)
naturalissimamente non fu degnata dai greci, essendo ella derivata in tutto
dalla greca; e molto meno fu da essi imitata. Come appunto in[i] francesi poco degnano di conoscere e neppur pensano
d'imitare la letteratura russa o svedese, o l'inglese del tempo d'Anna, tutte nate
dalla loro. Così anche, la lingua greca fu l'unica formata e colta nel mondo
allora ben conosciuto (giacchè p. e. l'india non era ben
conosciuta). Queste ragioni fecero naturalmente che la letteratura e lingua
greca si conservassero tanto tempo incorrotte, che d'altrettanta durata non si
conosce altro esempio. Quanto alla lingua n'ho già detto altrove p.
996,1
pp.
1093-94
pp.
2408-10. Quanto alla letteratura, lasciando stare Omero, è prodigiosa la durata della letteratura greca
non solo incorrotta, ma nello stato di
creatrice. Da Pindaro, Erodoto, Anacreonte, Saffo, Mimnermo, gli altri
lirici ec. ella dura senza interruzione fino a Demostene; se non che, dal tempo di Tucidide a Demostene, ella si restringe alla sola
Atene per
2590 circostanze
ch'ora non accade esporre. V. Velleio lib. 1. fine. Nati,
anzi propagati e adulti i sofisti e cominciata la letteratura greca {(non la lingua)} a degenerare, (massime per la perdita
della libertà, da Alessandro, cioè da
Demostene in poi), ella con
pochissimo intervallo risorge in Sicilia e in
Egitto, e ancora quasi in istato di creatrice. Teocrito, Callimaco, Apollonio Rodio ec. Finito il suo stato di creatrice, e dichiaratasi
la letteratura greca imitatrice e figlia di se stessa, cioè ridotta (come sempre
a lungo andare interviene) allo studio e imitazione de' suoi propri classici
antichi, l'esser questi classici, suoi, e questa imitazione, di se stessa, la
preserva dalla corruzione, e purissimi di stile e di lingua riescono Dionigi Alicarnasseo, Polibio, e tutta la ϕορά di scrittori greci
contemporanei al buon tempo della letteratura latina; i quali appartengono alla
classe, e sono in tutto e per tutto una ϕορά d'imitatori dell'antica letteratura
greca, e di quella ϕορά durevolissima di scrittori greci classici, ch'io chiamo
ϕορά creatrice. Corrotta già
2591 la letteratura
latina, e sfruttata e indebolita, la greca sopravvive alla sua figlia ed alunna,
e s'ella produce degli Aristidi, degli
Erodi attici, e altri tali retori
di niun conto nello stile (non barbari però, e nella lingua purissimi), ella pur
s'arricchisce d'un Arriano, d'un Plutarco, d'un Luciano, {ec.} che
quantunque imitatori, pur sanno così bene scrivere, e maneggiar lo stile e la
lingua antica o moderna, che quasi in parte le rendono la facoltà creatrice.
Aggiungi che in tal tempo la grecia, colla sua
letteratura e lingua incorrotta, era serva, e l'Italia
signora colla sua letteratura e lingua imbastardita e impoverita. (30.
Luglio 1822.).
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