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Esercizi del corpo.

Exercises of the body.

115,2 76,2 207,2 223,1 262,2 328,1 453,1 473,3 598,4 628 661,2 678,2 1633,1 1726,1 2204,1 2358,2 4289,1

[115,2]  Gli esercizi con cui gli antichi si procacciavano il vigore del corpo non erano solamente utili alla guerra, o ad eccitare l'amor della gloria ec. ma contribuivano, anzi erano necessari a mantenere il vigor dell'animo, il coraggio, le illusioni, l'entusiasmo che non saranno mai in un corpo debole (vedete gli altri miei pensieri p.76 p. 96) in somma quelle cose che cagionano la grandezza e l'eroismo delle nazioni. Ed è cosa già osservata che il vigor del corpo nuoce alle facoltà intellettuali, e favorisce le immaginative, e per lo contrario l'imbecillità del corpo è favorevolissimo[favorevolissima] al riflettere, (7. Giugno 1820) {{e chi riflette non opera, e poco immagina, e le {grandi} illusioni non son fatte per lui.}}

[76,2]  L'incivilimento ha posto in uso le fatiche {fine ec.} che consumano e logorano ed estinguono le facoltà umane, come la memoria, la vista, le forze in genere ec. {le quali non erano richieste dalla natura,} e tolte quelle che le conservano e le accrescono, come quelle dell'agricoltore del cacciatore ec. e della vita primitiva, le quali erano volute {dalla natura} e rese necessarie alla detta vita.

[207,2]  Oggidì è cosa molto ordinaria che un uomo veramente singolare e grande si distingua al di fuori per un volto o un occhio assai vivo, ma del resto per un corpo esilissimo e sparutissimo, e anche difettoso. Pope, Canova, Voltaire, {+Descartes, Pascal.} Tant'è: la grandezza appartenente all'ingegno non si può ottenere oggidì senza una continua azione logoratrice dell'anima sopra il corpo, della lama sopra il fodero. Non così anticamente, dove il genio e la grandezza era più naturale e spontanea, e con meno ostacoli a svilupparsi, oltre la minor forza della distruttrice cognizione del vero inseparabile oggidì dai grandi talenti, e il maggior esercizio del corpo riputato cosa nobile e necessaria, e come tale usato anche dalle persone di gran genio, come Socrate ec. E Chilone {uno de' sette savi} non credeva alieno dalla sapienza il consigliare come faceva, εὖ τὸ σῶμα ἀσκεῖν * (Laerz.), {e questo consiglio si trova registrato fra i documenti della sua sapienza.} In particolare poi quanto alla politica, oggidì l'uomo di stato si può dir che sia come l'uomo di lettere, sempre occupato alle insaluberrime fatiche del gabinetto. Ma nelle antiche repubbliche chi aspirava agli affari civili, e nella sua giovanezza fortificava necessariamente il corpo cogli esercizi la milizia ec. senza i quali sarebbe stato quasi infame; e lo stesso esercizio della politica era pieno di azione corporale, trattandosi di agire col popolo, clienti, impegni ec. ec. Così {anche} la vita di qualunque {altro} uomo di genio era sempre piena di azione nell'esercizio stesso delle sue facoltà.  208 Esempio ne può essere Omero, secondo quello che si racconta della sua vita, viaggi ec. {+Di Cicerone che tanto incredibilmente affaticò la mente e la penna, e che nacque di quell'ingegno e natura unica che ognun sa, niun dice che fosse di corpo, non che infermiccio, ma gracile, le quali qualità oggi s'hanno per segni caratteristici, e condizioni indispensabili de' talenti non pur sommi ma notabili, e massime di chi avesse coltivato e occupato tanto la mente negli studi letterari e nello scrivere, come Cic. anzi per una metà. Quel che dico di Cic. può dirsi di Platone, e di quasi tutti i grandissimi ingegni e laboriorissimi[laboriosissimi] letterati e scrittori antichi. V. però Plutarco Vita di Cic.} (11. Agosto 1820.) {{V. p. 233. capoverso 3..}}

[223,1]  Τὴν σωματικὴν ἄσκησιν συμβάλλεσθαι πρὸς ἀρετῆς ἀνάληψιν * , conferre ad virtutem capessendam, * era insegnamento della setta Cirenaica, o sia de' seguaci puri di Aristippo. Laerz. in Aristippo l. 2. segm. 91. (23. Agosto 1820.).

[262,2]  Bisogna ricordarsi che l'invenzione della polvere contribuì non poco all'indebolimento delle generazioni 1. disavvezzando dal portare armatura, (v. Montesquieu ch. 2. in proposito del gran vigore de' soldati romani) 2. rendendo l'atto della guerra non più opera della forza individuale o generale, ma quasi intieramente dell'arte; certamente rendendo l'arte molto più arbitra della guerra che non era stata per l'addietro ec. 3. sopprimendo o togliendo per conseguenza la necessità di quegli esercizi che o direttamente o indirettamente come i giuochi atletici, servivano a render gli uomini vigorosi ed atti alla guerra.

[328,1]  È osservabile nella differenza tra i giuochi greci e i romani, la naturalezza dei primi che combattevano nella lotta nel corso ec. appresso a poco coi soli istrumenti datici dalla natura, laddove i romani colle spade e altri istrumenti artifiziali. E quindi la diversa destinazione di quei giuochi,  329 diretti presso gli uni ad ingrandir quasi la natura ed eccitare le grandi immagini, sentimenti ec: presso gli altri o al semplice sollazzo, o all'addestramento militare. Così che quelli andavano alla sorgente universale delle grandi imprese, questi si fermavano ad un mezzo particolare. E questa differenza è anche più notabile in ciò che gli spettacoli greci erano eseguiti da uomini liberi per amor di gloria. Quindi l'effetto favorevole all'entusiasmo, l'eccitamento, l'emulazione, gli esercizi preparatorii ec. Gli spettacoli romani erano eseguiti da' servi. Quindi non altro effetto utile che l'avvezzar gli occhi e l'animo agli spettacoli e pericoli della guerra: utilità parziale e secondaria, non generale e primitiva come l'altra. Nel che forse si potrà anche notare la differenza tra un popolo libero e padrone, e un popolo libero bensì, ma non padrone, se non di se stesso, com'era il greco. {{V. p. 360. capoverso 2.}}

[453,1]  Clarissimum deinde omnium ludicrum certamen, ed[et] ad excitandam * (al. legunt exercitandum, sed non probatur) corporis animique virtutem efficacissimum, Olympiorum, initium habuit. * Velleius hist. rom. l. I. c. 8. (22. Dic. 1820.).

[473,3]  Del vigore del corpo, quanto influisca sopra l'animo, e in genere come lo stato dell'animo corrisponda a quello del corpo, v. alcune sentenze degli antichi nella nota del Grutero a Velleio II. 102. sect. 2.

[598,4]  At populo Romano nunquam ea copia fuit * , (praeclari ingenii scriptorum) quia prudentissimus quisque * (cioè, ceux qui avaient le plus de lumières, * Dureau-Delamalle, qual più saggio vi era, Alfieri) negotiosus maxume erat: ingenium nemo sine corpore exercebat * : (luogo degno di essere riportato qualunque volta io discorrerò di questa materia) optimus quisque facere quam dicere,  599 sua ab aliis benefacta laudari, quam ipse aliorum narrare, malebat * . Sallustio, Bell. Catilinar. c. 8. fine.

[627,1]  Aggiungo poi questo ancora. Nego che la mortalità negli stati antichi fosse maggiore altro che in apparenza. Lascio i tiranni, lascio i capricci, le passioni, le voglie de' principi, e non cerco se queste costino alla umanità più sangue, che non i disordini e le turbolenze di un popolo libero. Dico che la vitalità negli stati antichi era tanto maggiore che nei presenti, non solo da compensare abbondantemente ogni cagione o principio di mortalità, ma da preponderare,  628 e far pendere la bilancia dalla parte della vita: brevemente, dico che la somma della vita negli stati antichi era maggiore che nei presenti; e questo non già per cause accidentali, o in maniera che potesse non essere: ma per cause essenziali, e inerenti alla natura di quegli stati; anzi tali, che tolti quegli stati, o simili a quelli, la somma della vita non può essere se non molto minore; la vitalità fuori di quelli o simili stati, non può esser tanta. Gli esercizi e l'attività continua del corpo primieramente, e poi (che non poco, anzi sommamente contribuisce al ben essere fisico, e alla durata della vita) gli esercizi ed attività dell'anima, la varietà, il movimento, la forza delle azioni ed occupazioni, la rarità della noia, dell'inerzia ec. conseguenze necessarie degli stati antichi, erano cause così grandi e certe di vitalità, come sono grandissime e certissime cause di mortalità (e mortalità ben più vasta, insita, e necessaria che non quella che deriva dalle turbolenze) i contrari delle predette cose, e nominatamente la mollezza, il lusso, i vizi corporali e spirituali ec. ec. conseguenze tutte necessarie degli stati presenti: insomma la corruzione fisica e morale, la continua noia, o mal  629 essere dell'animo ec. Così che non è vero che le cagioni di morte (e così dico, le cagioni di miserie, di sventure, dolori ec.) fossero maggiori anticamente, anzi all'opposto sono maggiori oggidì. Ed intendendo anche per vita, l'esistenza strettamente, si viene a conchiudere che la somma di questa, era maggiore negli antichi governi, e a causa degli antichi governi, che ne' presenti, e a causa de' presenti. (8. Feb. 1821.).

[661,2]  Dell'influenza del corpo sull'animo, e dell'esercizio sulla virtù, v. le sentenze di Diogene ap. Laert. in Diog. Cyn. VI. 70. e quivi il Menag. se ha nulla. (14. Feb. 1821.).

[678,2]  Gli esercizi della persona che egli faceva in compagnia di cotali gentili uomini, non solamente per allora li furon cagione della fermezza e gagliardia del corpo, ma eziandio dell'animo. * = Lo dice di Antonio Giacomini Tebalducci Malespini, famoso militare fiorentino, ancor giovane, Jacopo Nardi, Vita d'Antonio Giacomini Tebalducci Malespini, edizione di Lucca, Francesco Bertini, 1818. 8. p. 19. (18. Feb. 1821.).

[1633,1]  Una perfetta immagine degl'ingegni possono essere le complessioni. Chi nasce più robusto e meglio disposto, chi meno. L'esercizio {del corpo} agguaglia il meno robusto, al più robusto inesercitato. In parità d'esercizio, chi è nato debole non potrà mai agguagliarsi a chi è nato robusto. Ma se a costui manca affatto l'esercizio, egli, ancorchè nato il più robusto degli uomini, sarà non solo uguale, ma inferiore al più debole degli uomini che abbia fatto notabile esercizio (Esempio dei Galli rispetto ai Romani. V. il Dionigi del Mai lib. 14. c. 17.-19. ed altri).  1634 Dal che segue che l'esercizio assolutamente parlando è superiore alla natura, e principal cagione della forza corporale. {+(La natura però avea dato all'uomo essenzialmente l'occasione e la necessità di esercitare il suo corpo. Quindi l'esercizio essendo figlio della natura, lo è anche il vigore e il ben essere che ne deriva. Lasciando che le generazioni de' forti sono pure naturalmente forti, siccome viceversa, benchè ancor qui si possa notare il gran potere dell'esercizio.} Applicate queste considerazioni a qualsivoglia facoltà mentale. Similmente ponno applicarsi alle altre facoltà corporali (o sieno radicalmente naturali, o del tutto acquisite, ma bisognose di una disposizione naturale) diverse dalla forza. (5. Sett. 1821.).

[1726,1]   1726 L'assuefazione ed esercitazione del corpo, indipendente dallo spirito, va come quella o del puro spirito, o in certo modo composta, e dipendente in parte da lui. Anch'essa si divide in generale e particolare. L'esercitazione generale del corpo, rende capaci o meglio disposti alle facoltà particolari. Il corpo si rende capace di agire, di soffrire ec. a forza di fare di agire, di soffrire. Prima di ciò egli non ne ha che la disposizione. Una nuova sofferenza riesce più o meno facile, secondo che il corpo è generalmente abituato a soffrire. Così un nuovo genere di azione. Vi sono poi le assuefazioni particolari a questa o quella sofferenza, azione, ec. che nel mentre che contribuiscono all'assuefazione generale, ed a facilitare le altre sofferenze ed azioni, rendono però particolarmente facile quella tale ch'è il loro soggetto. Per acquistare simili assuefazioni e facoltà corporee, la forza ec. {sì generali che particolari,} altri hanno bisogno di più, altri di meno esercizio, secondo la diversa disposizione naturale {o accidentale} degl'individui; altri possono arrivare più, altri meno avanti; altri acquistare più, altri meno facoltà, ed altri queste, altri quelle ec.  1727 ec. Chi ha aquistate più assuefazioni o facoltà, o chi ha acquistata questa o quella in maggior grado, chi ha insomma più o meglio assuefatto ed esercitato il suo corpo, acquista più facilmente e con meno esercizio le altre assuefazioni e facoltà, anche quelle che prima sembravano affatto aliene o difficilissime alla sua natura. ec. ec. ec. (17. Sett. 1821.).

[2204,1]  È degno di esser letto l'ultimo capo del Κυνηγετικός di Senofonte, dove inveisce contro i sofisti, dimostra l'utilità e necessità delle assuefazioni ed esercizi corporei vigorosi, dice particolarmente che bisogna seguir prima di tutto la natura, (§. δ.') ec. V. ancora il capo precedente che contiene un bell'elogio della caccia, occupazione naturalissima e primitiva, degna veramente dell'uomo, e conducente alla felicità naturale. (1. Dic. 1821.).

[2358,2]  Alla p. 2052. La moderata difficoltà anche d'intendere le scritture, gli stili, ec. da qualunque cosa derivi, o dal pensiero, o dall'elocuzione, e nominatamente se deriva dalla concisione, rapidità, strettezza dello stile ec. piace perchè pone l'animo in esercizio, e par che gli dia una certa forza, e tutte le  2359 sensazioni di forza sono piacevoli, sì nell'animo che nel corpo, siccome appunto è piacevole un moderato esercizio del corpo, che gli dà un conveniente senso di vigore ec. (24. Gen. 1822.).

[4289,1]  Ci resta ancora molto a ricuperare della civiltà antica, dico di quella de' greci e de' romani. Vedesi appunto da quel tanto d'instituzioni e di usi antichi che recentissimamente si son rinnovati: le scuole e l'uso della ginnastica, l'uso dei bagni e simili. Nella educazione fisica della gioventù e puerizia, nella dieta corporale della virilità e d'ogni età dell'uomo, in ogni parte dell'igiene pratica, in tutto il fisico della civiltà, {+v. p. 4291.} gli antichi ci sono ancora d'assai superiori: parte, se io non m'inganno, non piccola e non di poco momento. La tendenza di questi ultimi anni, più decisa che mai, al miglioramento sociale, ha cagionato e cagiona il rinnovamento di moltissime cose antiche, sì fisiche, sì politiche e morali, abbandonate e dimenticati[dimenticate] per la barbarie, da cui non siamo ancora del tutto risorti. Il presente progresso della civiltà, è ancora un risorgimento; consiste ancora, in gran parte, in ricuperare il perduto. (18. Sett. 1827.)