[1701,1] Le idee concomitanti che ho detto pp. 109-111 esser destate dalle parole {anche} le più proprie, a differenza dei termini, sono 1. le infinite
idee {ricordanze ec.} annesse a dette parole, derivanti
dal loro uso giornaliero, e indipendenti affatto dalla loro particolare natura,
ma legate all'assuefazione, e alle diversissime circostanze in cui quella parola
si è udita o usata. S'io nomino una pianta o un animale col nome Linneano, invece del
nome usuale, io non desto nessuna di queste idee, benchè dia chiaramente a
conoscer la cosa. Queste idee sono spessissimo legate alla parola (che nella
mente umana è inseparabile dalla cosa, è la sua immagine, il suo corpo, ancorchè
la cosa sia materiale, anzi è un tutto con lei, e si può dir che la lingua
riguardo alla mente di chi l'adopra, contenga non solo i segni delle cose, ma
quasi le cose stesse)
1702 sono dico legate alla parola
più che alla cosa, o legate a tutte due in modo che divisa la cosa dalla parola
(giacchè la parola non si può staccar dalla cosa), la cosa non produce più le
stesse idee. {+Divisa dalla parola, o
dalle parole usuali ec. essa divien quasi straniera alla nostra vita. Una
cosa espressa con un vocabolo tecnico non ha alcuna domestichezza con noi,
{+non ci destano[desta] alcuna delle infinite ricordanze della vita,
ec. ec.} nel modo che le cose ci riescono quasi nuove, {e nude} quando le vediamo espresse in una lingua
straniera e nuova per noi: nè si arriva a gustare perfettamente una tal
lingua, finchè non si penetra in tutte le minuzie e le piccole parti e idee
contenute nelle parole del senso il più semplice.} 2. Le idee
contenute nelle metafore. La massima parte di qualunque linguaggio umano è
composto di metafore, perchè le radici sono pochissime, e il linguaggio si
dilatò massimamente a forza di similitudini e di rapporti. Ma la massima parte
di queste metafore, perduto il primitivo senso, son divenute così proprie, che
la cosa ch'esprimono non può esprimersi, o meglio esprimersi diversamente.
Infinite ancora di queste metafore non ebbero mai altro senso che il presente,
eppur sono metafore, cioè con una piccola modificazione, si fece che una parola
significante una cosa, modificata così ne significasse un'altra di qualche
rapporto colla prima. Questo è il principal modo in cui son cresciute tutte le
lingue. Ora sin tanto che l'etimologie di queste originariamente metafore, ma
oggi, o anche da principio, parole effettivamente proprie, si ravvisano e
sentono, il
1703 accade almeno nella maggior parte
delle parole proprie di una lingua,
l'idea ch'elle destano, è quasi doppia, benchè la parola sia proprissima, e di
più esse producono nella mente, non la sola concezione ma l'immagine della cosa,
ancorchè la più astratta, essendo anche queste in qualsivoglia lingua, sempre in
ultima analisi espresse con metafore prese dal materiale e sensibile (più o men
vivo, ed esprimente e adattato, secondo i caratteri delle lingue e delle nazioni
ec.). Per esempio il nostro costringere che significa
sforzare, serba ancora ben chiara la sua
etimologia, e quindi l'immagine materiale da cui questa che in origine è
metafora, derivò. ec. ec. Il complesso di tali immagini nella scrittura o nel
parlare, massime nella poesia, dove più si attende all'intero valore di ciascuna
parola, e con maggior disposizione a concepire {e
notare} le immagini ch'elle contengono, ec. questo complesso, dico,
forma la bellezza di una lingua, e la differente forza ec. sì delle lingue
rispettivamente a loro, sì dei diversi stili ec. in una stessa lingua. Ma se p.
e. la cosa espressa da costringere, l'esprimessimo
1704 con una parola presa da lingua straniera, e la cui
origine ed etimologia non si sapesse generalmente, o certo non si sentisse,
ella, quando fosse ben intesa, desterebbe bensì l'idea della cosa, ma nessuna
immagine, neppur {quasi} della stessa cosa, benchè
materiale. Così accade in tutte le parole derivate dal greco, delle quali
abbondano le nostre lingue, e massime le nostre nomenclature. Esse, quando siano
usuali, e quotidiane, come filosofo ec.
possono appartenere alla classe che ho notate[notata] nel primo luogo, ma non mai a questa seconda. Esse e le altre
simili prese da qualsivoglia lingua, e non proprie della nostra rispettiva, saranno sempre, come altrove ho detto
pp.
109-111
pp. 951-52, parole tecniche, e di significato nudo ec. Similmente le
parole moderne, che o si derivano da parole già stanziate nella nostra lingua,
ma d'etimologia pellegrina, o si derivano da parole anche proprie della lingua;
essendo per lo più, stante la natura del tempo, assai più lontane dal materiale
e sensibile che non sono le antiche, e di un carattere più spirituale, sono
quindi ordinariamente termini e non parole, non destando verun'
1705 immagine concomitante, nè avendo nulla di vivo.
ec. Tali sono i termini de' quali altrove ho detto pp. 109-110
p. 1226,1 che abbonda la lingua francese, massime la moderna, e ciò
non solo per natura del tempo, ma anche per la natura di essa lingua, e del suo
carattere e forma.
[1917,2] Moltissime volte o l'eleganza o la nobiltà (quanto
alla lingua) deriva
1918 dall'uso metaforico delle
parole o frasi, quando anche, come spessissimo e necessariamente accade, il
metaforico appena o punto si ravvisi. Moltissime volte per lo contrario deriva
dalla proprietà delle stesse parole o frasi, quando elle non sono usitate nel
senso proprio, o quando non sono comunemente usitate in nessun modo, o essendo
usitate nella prosa non lo sono nella poesia, o viceversa, o in un genere di
scrittura sì, in altra no, ec. (La precisione sola non può mai produrre nè
eleganza nè nobiltà, nè altro che precisione e angolosità di stile.). {{V. p. 1925. fine.}}
[2005,1] L'ebraico manca si può dire affatto di composti, e
scarseggia assaissimo di derivati in proporzione delle sue radici e dell'immenso
numero di derivati che nella[nello] stesso
ragguaglio di radici, hanno le altre lingue. Ciò vuol dire, ed è effetto e segno
che la lingua ebraica è se non altro l'una delle più antiche. L'uso dei composti
(de' quali mancano pure, cred'io, tutte le lingue orientali affini all'Ebraica,
l'arabica ec.) non è infatti de' più naturali
2006 nè
facili ad inventarsi, e non sembra che sia stato proprio delle lingue primitive,
nè l'uno di quei mezzi, co' quali esse da principio si accrebbero. Infatti lo
spirito umano trova per ultimi i mezzi più semplici, qual è questo di comporre
con pochi elementi un vasto {vocabolario,}
diversissimamente combinandoli. Siccome appunto accadde nella scrittura, dove da
principio parvero necessari tanti diversi segni quante sono le cose o le idee.
Così dunque nelle radici ec. Bensì naturalissimo e primitivo, e l'uno de' primi
mezzi d'incremento che adoperò il linguaggio umano, è l'uso della metafora, o
applicazione di una stessa parola a molte significazioni, cioè di cose in
qualche modo somiglianti, o fra cui l'uomo trovasse qualche analogia più o meno
vicina o lontana. E di metafore infatti abbonda il vocabolario ebraico, e gli
altri orientali, cioè quasi ciascuna parola ha una selva di significati, e
sovente
2007 disparatissimi e lontanissimi, fra' quali
è ben difficile il discernere il senso proprio e primitivo della parola. Così
portava la vivezza dell'immaginazione orientale, che ravvicinava cose
lontanissime, e trovava rapporti astrusissimi, e vedeva somiglianze e analogie
fra le cose più disparate. Del resto senza quest'abbondanza di significazioni
traslate, e questo cumulo di sensi per ciascuna parola, la lingua Ebraica e le
sue affini, non avrebbero abbastanza da esprimersi, e da fare un discorso ec.
(28. Ott. 1821.).
[2468,1]
Nelle annotazioni alle mie Canzoni (Canzone 6. stanza 3. verso 1)
ho detto e mostrato che la metafora raddoppia o moltiplica l'idea rappresentata
dal vocabolo. Questa è una delle principali cagioni per cui la metafora è una
figura così bella, così poetica, e annoverata da tutti i maestri fra le parti e
gl'istrumenti principalissimi dello stile poetico, o anche prosaico ornato e
sublime ec. Voglio dire ch'ella è così piacevole perchè rappresenta più idee in
un tempo stesso (al contrario dei termini). E però ancora si raccomanda al poeta (ed è effetto e segno
notabilissimo della sua vena ed entusiasmo e natura poetica, e facoltà
inventrice e creatrice) la novità delle metafore. Perchè grandissima, anzi
infinita parte del nostro discorso è metaforica, e non perciò quelle metafore di
cui ordinariamente si compone risvegliano più d'una semplice idea.
2469 Giacchè l'idea primitiva significata propriamente
da quei vocaboli traslati è mangiata a lungo andare dal significato metaforico
il quale solo rimane, come ho pur detto l. c. E ciò quando anche la stessa
parola non abbia perduto affatto, anzi punto, il suo suo significato proprio, ma
lo conservi e lo porti a suo tempo. P. e. accendere ha
tuttavia la forza sua propria. Ma s'io dico accender
l'animo, l'ira ec. che sono metafore, l'idea che risvegliano è una,
cioè la metaforica, perchè il lungo uso ha fatto che in queste tali metafore non
si senta più il significato proprio di accendere, ma
solo il traslato. E così queste tali voci vengono ad aver più significazioni
quasi al tutto separate l'una dall'altra, quasi affatto semplici, e che tutte si
possono {omai} chiamare ugualmente proprie. Il che non può accadere nelle metafore nuove,
nelle quali la moltiplicità delle idee resta, e si sente tutto il diletto della
metafora: massime s'ell'è ardita, cioè se non è presa sì da vicino che le idee,
benchè diverse,
2470 pur quasi si confondano insieme, e
la mente del lettore o uditore non sia obbligata a nessun'azione ed energia più
che ordinaria per trovare e vedere in un tratto la relazione il legame
l'affinità la corrispondenza d'esse idee, e per correr velocemente e come in un
punto solo dall'una all'altra; in che consiste il piacere della loro
moltiplicità. Siccome per lo contrario le metafore troppo lontane stancano, o il
lettore non arriva ad abbracciare lo spazio che è tra l'una e l'altra idea
rappresentata dalla metafora; o non ci arriva in un punto, ma dopo un certo
tempo; e così la moltiplicità simultanea delle idee, nel che consiste il
piacere, non ha più luogo. (10. Giugno 1822.). {{V. p.
2663.}}
[2721,2] Della impossibilità o dannosità di sostituire ai
termini delle scienze o delle arti 1. le circollocuzioni, 2. i termini generali,
3. i metaforici e catacretici o in qualunque modo figurati, vedi Perticari loc. cit. p. 184-5. (24. Maggio
1823.).
[3717,1]
Alla p. 2980.
Immaginazione continuamente fresca ed operante si richiede a poter saisir i rapporti, le affinità, le somiglianze ec. ec.
o vere, o apparenti, poetiche ec. degli oggetti e delle cose tra loro, o a
scoprire questi rapporti, o ad
3718 inventarli ec. cose
che bisogna continuamente fare volendo parlar metaforico e figurato, e che
queste metafore e figure e questo parlare abbiano del nuovo e originale e del
proprio dell'autore. Lascio le similitudini: una metafora nuova che si contenga
pure in una parola sola, ha bisogno dell'immaginazione e invenzione che ho
detto. Or {di} queste metafore e figure ec. ne
dev'esser composto tutto lo stile e tutta l'espressione de' concetti del poeta.
Continua immaginazione, sempre viva, sempre rappresentante le cose agli occhi
del poeta, e mostrantegliele come presenti, si richiede a poter significare le
cose o le azioni o le idee ec. per mezzo di una o due circostanze o qualità o
parti di esse le più minute, le più sfuggevoli, le meno notate, le meno solite
ad essere espresse dagli altri poeti, o ad esser prese per rappresentare tutta
l'immagine, le più efficaci ed atte o per se, per questa stessa novità o
insolitezza di esser notate o espresse, o della loro applicazione
3719 ed uso ec., le più atte dico a significar l'idea
da esprimersi, a rappresentarla al vivo, a destarla con efficacia ec. {+Tali sono assai spesso le espressioni, o
vogliamo dire i mezzi d'espressione, e il modo di rappresentar le cose e
destar le immagini ec. nuove o novamente, e per virtù della novità del modo
ec. ec. usati da Virgilio, e
massime, anzi peculiarmente, e come caretteristici[caratteristici] del suo stile e poesia, da Dante ec. ec.} Tutte queste cose si
richiedono in uno stile come quel di Virgilio (e più o meno negli altri: ma quel di Virgilio, in quanto stile, è precisamente il più
poetico di quanti si conoscono, e forse il non plus ultra della poetichità); e
questi infatti sono i mezzi ch'egli adopera e gli effetti ch'egli consegue. Or
non si possono adoperar tali mezzi, nè produr tali effetti (che con altri mezzi,
nello stile, non si ottengono) senza una continua e non mai interrotta azione,
vivacità e freschezza d'immaginazione. E sempre ch'essa langue, langue lo stile,
sia pure immaginosissima e poetichissima l'invenzione e la qualità delle cose in
esso trattate ed espresse. Poetiche saranno le cose, lo stile no; e peggiore
sarà l'effetto, che se quelle ancora fossero impoetiche; per il contrasto e
sconvenienza ec. che sarà tanto maggiore quanto quelle e l'invenzione ec.
saranno più immaginose e poetiche.
3720 Del resto è da
vedere la p. 3388-9. (17.
Ott. 1823.).
Related Themes
Lingue. (pnr) (4)
. (1827) (2)
Circollocuzioni. (1827) (1)
Piacere (Teoria del). (1827) (1)
Scrittura, alfabeto, ec. (1827) (1)
Orientali. (1827) (1)
Composti. Voci composte. (1827) (1)
Proprietà delle parole. (1827) (1)
Eleganza nelle scritture. (1827) (1)
Tecniche o scientifiche (voci). (1827) (1)