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15. Sett. 1821.

[1701,1]  Le idee concomitanti che ho detto pp. 109-111 esser destate dalle parole {anche} le più proprie, a differenza dei termini, sono 1. le infinite idee {ricordanze ec.} annesse a dette parole, derivanti dal loro uso giornaliero, e indipendenti affatto dalla loro particolare natura, ma legate all'assuefazione, e alle diversissime circostanze in cui quella parola si è udita o usata. S'io nomino una pianta o un animale col nome Linneano, invece del nome usuale, io non desto nessuna di queste idee, benchè dia chiaramente a conoscer la cosa. Queste idee sono spessissimo legate alla parola (che nella mente umana è inseparabile dalla cosa, è la sua immagine, il suo corpo, ancorchè la cosa sia materiale, anzi è un tutto con lei, e si può dir che la lingua riguardo alla mente di chi l'adopra, contenga non solo i segni delle cose, ma quasi le cose stesse)  1702 sono dico legate alla parola più che alla cosa, o legate a tutte due in modo che divisa la cosa dalla parola (giacchè la parola non si può staccar dalla cosa), la cosa non produce più le stesse idee. {+Divisa dalla parola, o dalle parole usuali ec. essa divien quasi straniera alla nostra vita. Una cosa espressa con un vocabolo tecnico non ha alcuna domestichezza con noi, {+non ci destano[desta] alcuna delle infinite ricordanze della vita, ec. ec.} nel modo che le cose ci riescono quasi nuove, {e nude} quando le vediamo espresse in una lingua straniera e nuova per noi: nè si arriva a gustare perfettamente una tal lingua, finchè non si penetra in tutte le minuzie e le piccole parti e idee contenute nelle parole del senso il più semplice.} 2. Le idee contenute nelle metafore. La massima parte di qualunque linguaggio umano è composto di metafore, perchè le radici sono pochissime, e il linguaggio si dilatò massimamente a forza di similitudini e di rapporti. Ma la massima parte di queste metafore, perduto il primitivo senso, son divenute così proprie, che la cosa ch'esprimono non può esprimersi, o meglio esprimersi diversamente. Infinite ancora di queste metafore non ebbero mai altro senso che il presente, eppur sono metafore, cioè con una piccola modificazione, si fece che una parola significante una cosa, modificata così ne significasse un'altra di qualche rapporto colla prima. Questo è il principal modo in cui son cresciute tutte le lingue. Ora sin tanto che l'etimologie di queste originariamente metafore, ma oggi, o anche da principio, parole effettivamente proprie, si ravvisano e sentono, il  1703 accade almeno nella maggior parte delle parole proprie di una lingua, l'idea ch'elle destano, è quasi doppia, benchè la parola sia proprissima, e di più esse producono nella mente, non la sola concezione ma l'immagine della cosa, ancorchè la più astratta, essendo anche queste in qualsivoglia lingua, sempre in ultima analisi espresse con metafore prese dal materiale e sensibile (più o men vivo, ed esprimente e adattato, secondo i caratteri delle lingue e delle nazioni ec.). Per esempio il nostro costringere che significa sforzare, serba ancora ben chiara la sua etimologia, e quindi l'immagine materiale da cui questa che in origine è metafora, derivò. ec. ec. Il complesso di tali immagini nella scrittura o nel parlare, massime nella poesia, dove più si attende all'intero valore di ciascuna parola, e con maggior disposizione a concepire {e notare} le immagini ch'elle contengono, ec. questo complesso, dico, forma la bellezza di una lingua, e la differente forza ec. sì delle lingue rispettivamente a loro, sì dei diversi stili ec. in una stessa lingua. Ma se p. e. la cosa espressa da costringere, l'esprimessimo  1704 con una parola presa da lingua straniera, e la cui origine ed etimologia non si sapesse generalmente, o certo non si sentisse, ella, quando fosse ben intesa, desterebbe bensì l'idea della cosa, ma nessuna immagine, neppur {quasi} della stessa cosa, benchè materiale. Così accade in tutte le parole derivate dal greco, delle quali abbondano le nostre lingue, e massime le nostre nomenclature. Esse, quando siano usuali, e quotidiane, come filosofo ec. possono appartenere alla classe che ho notate[notata] nel primo luogo, ma non mai a questa seconda. Esse e le altre simili prese da qualsivoglia lingua, e non proprie della nostra rispettiva, saranno sempre, come altrove ho detto pp. 109-111 pp. 951-52, parole tecniche, e di significato nudo ec. Similmente le parole moderne, che o si derivano da parole già stanziate nella nostra lingua, ma d'etimologia pellegrina, o si derivano da parole anche proprie della lingua; essendo per lo più, stante la natura del tempo, assai più lontane dal materiale e sensibile che non sono le antiche, e di un carattere più spirituale, sono quindi ordinariamente termini e non parole, non destando verun'  1705 immagine concomitante, nè avendo nulla di vivo. ec. Tali sono i termini de' quali altrove ho detto pp. 109-110 p. 1226,1 che abbonda la lingua francese, massime la moderna, e ciò non solo per natura del tempo, ma anche per la natura di essa lingua, e del suo carattere e forma.
[1705,1]  Certo e notabilissimo si è che tutte le parole di qualunque origine e genere sieno, alle quali noi siamo abituati da fanciulli, ci destano sempre una folla d'idee concomitanti, derivate dalla vivacità delle impressioni che accompagnavano quelle parole in quella età, e dalla fecondità dell'immaginazione fanciullesca; i cui effetti, e le cui concezioni si legano a dette parole in modo che durano più o meno vive e numerose, ma per tutta la vita. Quindi è certo che le dette idee concomitanti intorno ad una stessa parola, ed alle menome parti del suo stesso significato, variano secondo gl'individui: e quindi non c'è forse un uomo a cui una parola medesima (dico fra le sopraddette) produca una concezione precisamente  1706 identica a quella di un altro: come non c'è nazione le cui parole esprimenti il più identico oggetto, non abbiano qualche menoma diversità di significato da quelle delle altre nazioni. Il detto effetto delle prime concezioni fanciullesche intorno alle parole a cui sono abituati i fanciulli, si stende anche ai diversi e nuovi usi delle stesse parole, che ne fanno gli scrittori o i poeti, alle parole analoghe in qualsivoglia modo (o per derivazione, o per semplice somiglianza {ec.}) a quelle a cui da fanciulli ci abituammo, ec. ec. e quindi influisce su quasi tutta la propria lingua, anche la più ricca, e la meno capace di esser ben conosciuta da' fanciulli. (15. Sett. 1821.).