Sacrifizi di se stesso ec.
Acts of self-sacrifice, etc.
3480,1 3837,1 4103,6Sacrifizi di se stesso furono magnanimità una volta, oggi sono viltà.
Acts of self-sacrifice were a sign of magnanimity once, today they are considered cowardice.
2440Sacrifizi di se stesso esigono stima propria ec.
Acts of self-sacrifice require self-esteem, etc.
2923,2 4283,2Sacrifizi di se stesso sono dell'egoismo all'egoismo.
Acts of self-sacrifice are of egoism towards egoism.
3168,1Sacrifizi di se stesso. Condizioni che portano a farne.
Acts of self-sacrifice. Conditions that lead to making them.
Vedi Compassione, Beneficenza. See Compassion, Beneficence. 3291,1[3480,1] Io notava un vecchio ributtantemente egoista,
compiacersi di parlare di certi suoi piccolissimi sacrifizi e sofferenze
volontarie (vere o false ch'elle fossero, e volontarie veramente o no), e farlo
con una certa quasi verecondia, che ben dimostrava, massime a chi conoscesse il
carattere della persona, lui essere persuaso di fare e sostener cose eroiche, e
che quei sacrifizi e patimenti dimostrassero in lui una gran superiorità
d'animo, e rinunzia di se stesso e del suo amor proprio. Egli aveva ben caro che
così paresse agli
3481 altri, e a questo fine ne
parlava, ma dava bene ad intendere che tale si era infatti la sua propria
opinione. Tanto poteva in un animo il più radicato nel più schietto e completo
egoismo, intollerante d'ogni menomo incomodo, e capace di sacrificar chi e che
che sia ad una sua menoma comodità; tanto poteva, dico, in un animo qual esso
era infatti, e di più totalmente inerte, solitario, e segregato affatto dalla
società, il desiderio di parere sì agli occhi altrui, sì ancora a' suoi propri,
capace di grandi sacrifizi, superiore all'amor proprio, il contrario di egoista,
ed insomma eroe. E tanto è vero che non si trova quasi uomo così impudentemente
e perfettamente egoista nel fatto, che non desideri grandemente di comparire
almeno a se stesso, e non si persuada effettivamente, e non si compiaccia
sommamente dell'opinione di essere un eroe. Perocchè a tutti è grato il fare
stima di se, e si può esser certi che tutti, o in un modo o nell'altro, si
stimano, e grandemente, e così continuamente come e' si amano, che vuol dir
tuttafiata, senza intervallo alcuno,
3482 benchè la
stima di se stesso (come anche l'amore, secondo che altrove s'è dimostrato pp. 2488-92 ) abbia in un
medesimo individuo ora il più ora il manco, secondo diverse circostanze e
cagioni. Del resto puoi vedere la {pag. {124}.}
3108-9. e pp. 3167-9.
{+Questo che io dico dei vecchi {egoisti} si può applicare ai fanciulli, egoisti
estremi, ignari ancora dell'eroismo, perchè niuno gliene ha parlato, e
nondimeno vaghi di molte piccole glorie, come di star male o di farlo
credere, perchè si parli di loro nella famiglia, e per aver qualche
somiglianza cogli adulti, alla quale aspirano generalmente e continuamente
in mille cose, solo per vanità o vogliamo dire ambizione ec. V. l'Alfieri di sè che facea gli esercizi militari da
piccolo.}
(20. Sett. vigilia della Festa di Maria Santissima Addolorata. 1823.).
[3837,1]
3837 Il giovane che al suo ingresso nella vita, si
trova, per qualunque causa e circostanza ed in qual che sia modo, ributtato dal
mondo, innanzi di aver deposta la tenerezza verso se stesso, propria di
quell'età, e di aver fatto l'abito {e il callo} alle
contrarietà, alle persecuzioni e malignità degli uomini, agli oltraggi, punture,
smacchi, dispiaceri che si ricevono nell'uso della vita sociale, alle sventure,
ai cattivi successi nella società e nella vita civile; il giovane, dico, che o
da' parenti, come spesso accade, o da que' di fuori, si trova ributtato ed
escluso dalla vita, e serrata la strada ai godimenti (di qualsivoglia sorta) o
più che agli altri o al comune de' giovani non suole accadere; o tanto che tali
ostacoli vengano ad essere straordinari e ad avere maggior forza che non
sogliono, a causa di una sua non ordinaria sensibilità, immaginazione,
suscettibilità, {delicatezza di spirito e d'indole,}
vita interna, e quindi straordinaria tenerezza verso se stesso, maggiore amor
proprio, maggiore smania e bisogno di felicità e di godimento, maggior capacità
e facilità di soffrire, maggior delicatezza sopra ogni offesa, ogni danno,
ogn'ingiuria, ogni disprezzo, ogni puntura {ed ogni
lesione} del suo amor proprio; un tal giovane trasporta e rivolge bene
spesso tutto l'ardore {{e la {morale e
fisica}}} forza o generale della sua età, o particolare della
sua indole, o l'uno e l'altro insieme, tutta, dico, questa forza e questo ardore
che lo spingevano verso la felicità, l'azione, la vita, ei la rivolge a
proccurarsi l'infelicità, l'inattività, la morte morale.
3838 Egli diviene misantropo di se stesso e il suo maggior nemico,
egli vuol soffrire, egli vi si ostina, i partiti {più tristi,
più acerbi verso se stesso,} più dolorosi e più spaventevoli, e che
prima di quella sua poca esperienza della vita egli avrebbe rigettati con
orrore, divengono del suo gusto, ei li abbraccia con trasporto, dovendo
scegliere uno stato, il più monotono, il più freddo, il più penoso per la noia
che reca, il più difficile a sopportarsi perchè più lontano e men partecipe
della vita, è quello ch'ei preferisce, ei vi si compiace tanto più quanto esso è
più orribile per lui, egl'impiega tutta la forza del suo carattere e della sua
età in abbracciarlo, e in sostenerlo, e in mantenere ed eseguire la sua
risoluzione, e in continuarlo, {+e si
compiace fra l'altre cose in particolare nell'impossibilitarsi a poter mai
fare altrimenti, e nello abbracciar quei partiti che gli chiudano per sempre
la strada di poter vivere, o soffrir meno, perchè con ciò ei viene a ridursi
e a rappresentarsi come ridotto in uno estremo di sciagura, il che piace,
come altrove ho detto p. 313
pp. 2217-21 , e se
qualche cosa mancasse e potesse aggiungersi al suo male, ei non sarebbe
contento ec.} egl'impiega tutta la sua vita morale in abbracciare,
sopportare e mantenere {costantemente} la sua morte
morale, tutto il suo ardore in agghiacciarsi, tutta la sua inquietezza in
sostenere la monotonia e l'uniformità della vita, tutta la sua costanza in
scegliere di soffrire, voler soffrire, continuare a soffrire, {+tutta la sua gioventù in invecchiarsi
l'animo, e vivere esteriormente da vecchio, ed abbracciare e seguir
gl'istituti, le costumanze, i modi, le inclinazioni, il pensare, la vita de'
vecchi.} Come tutto ciò è un effetto del suo ardore e della sua forza
naturale, egli va molto al di là del necessario: se il mondo a causa di suoi
difetti o morali o fisici, o di sue circostanze, gli nega tanto di godimento,
egli se ne toglie il decuplo; se la necessità l'obbliga a soffrir tanto, egli
elegge di soffrire dieci volte di più; se gli nega un bene ei se ne interdice
uno assai maggiore; se gli contrasta qualche godimento, egli si priva di tutti,
e rinunzia affatto al godere.
[4103,6]
Il est
aisé de voir la prodigieuse révolution que cette époque
*
(celle
du Christianisme) dut produire dans les mœurs. Les
femmes, presque toutes d'une imagination vive et d'une ame ardente, se
livrèrent à des vertus qui les flattoient d'autant plus, qu'elles
étoient pénibles. Il est presque égal pour le bonheur de satisfaire de
grandes passions, ou de les vaincre. L'ame est heureuse par ses efforts;
et pourvu qu'elle s'exerce, peu lui importe d'exercer son activité
contre elle - même.
*
Thomas
Essai sur les Femmes.
Oeuvres, Amsterdam 1774. tome 4.
p. 340. (24. Giugno. Festa di S. Giovanni Battista.
1824.).
[2439,1] Dalla detta comparazione caveremo altresì un
corollario morale. Se qualche colonna d'aria viene a rarefarsi, o a premer meno
dell'altre, e far meno resistenza per qualunque accidente, ciascuna delle
colonne vicine, e ciascuna delle lontane addossandosi alle vicine, senza un
istante d'intervallo, corrono ad occupare il luogo suo, e non appena ella ha
lasciato di resistere sufficientemente, che il suo luogo è conquistato. Così la
campana pneumatica anderebbe in minutissimi pezzi, mancando la sufficiente
resistenza dell'aria quivi rinchiusa, se non si provvedesse a questo colla
configurazione
2440 della campana. Lo stessissimo
accade fra gli uomini, ogni volta che la resistenza e reazione di qualcuno manca
o scema, sia per impotenza, sia per inavvertenza, sia per volontà o
inesperienza. E però son da ammonire i principianti della vita, che se intendono
di vivere, e di non vedersi preso il luogo immediatamente, e non esser messi a
brani {o schiacciati,} s'armino di tanta dose d'egoismo
quanta possano maggiore, acciocchè la reazion loro sia, per quanto essi
potranno, o maggiore o per lo meno uguale all'azione degli altri contro di loro.
La quale, vogliano o non vogliano, credano o non credano, avranno
infallibilmente a sostenere, e da tutti, amici o nemici che sieno di nome, e
tanta quanta maggiore sarà in poter di ciascuno. Chè se il cedere per forza,
cioè per causa della propria impotenza (in qual genere ch'ella si sia), è
miserabile; il cedere volontariamente, cioè per mancanza di sufficiente egoismo
in questo sistema di pressione generale, è ridicolo e da sciocco, e da inesperto
o irriflessivo. E
2441 si può dire con verità che il
sacrifizio di se stesso (in qual si voglia genere o parte) il quale in tutti gli
altri tempi fu magnanimità, anzi la somma opera della magnanimità, in questi è
viltà, {+e mancanza di coraggio o
d'attività, cioè pigrizia, e dappocaggine; ovvero imbecillità di
mente;} non solamente secondo l'opinione degli uomini, ma realmente e
secondo il retto giudizio, stante l'ordine e la natura effettiva e propria della
società presente. (10. Maggio 1822.). {{V. p. 2653.}}
[2923,2] Bisogna {(far grande
stima)} avere una grande idea di se stesso, per esser capace di
sacrificar se stesso. Chi non ha molta e costante stima di se medesimo, non è
buono all'amor vero, nè capace del dévouement e del
totale sacrifizio ch'egli esige ed ispira. (9. Luglio. 1823.).
[4283,2] Il primo fondamento del sacrificarsi o adoperarsi
per gli altri, è la stima di se medesimo e l'aversi in pregio; siccome il primo
fondamento dell'interessarsi per altrui, è l'aver buona speranza per se
medesimo. (Firenze. 1. Luglio. 1827.).
[3168,1] La compassione è quasi un'annegazione che l'uomo fa
di se stesso, quasi un sacrifizio che l'uomo fa del suo proprio egoismo. Or
questo è fatto per egoismo, niente meno che il sacrifizio della roba, de'
piaceri, della vita medesima, che l'uomo fa talvolta, non da altro mosso che
dall'amor proprio, cioè dal piacere ch'ei trova in far quella tale azione. Così
l'egoismo giunge fino a sacrificar se stesso a se stesso: tanto è l'amor ch'ei
si porta, ch'ei si fa volontaria vittima di se medesimo: tanto egli è pieghevole
e vario, e capace di tanti
3169 e sì strani e sì
diversi travestimenti, che per suo proprio amore ei cessa anche di esser
egoismo, e quando voi lo vedete sacrificar se medesimo, egli è allora il più
raffinato egoismo che si trovi, il più efficace e potente e imperioso, il più
intimo e il più grande, perocch'egli è maggiore negli animi in proporzione ch'ei
sono più vivi, delicati e sensibili, (come altrove più volte ho detto p.
1382
pp. 2410-11
pp. 2736-39
pp. 2752-55), quali[quale] è
necessario che sia in sommo grado chi può veramente di sua propria volontà e
scelta sacrificar se medesimo. (12. Agosto. dì di Santa Chiara.
1823.).
[3291,1]
Alla p. 3282.
Bisogna distinguere tra egoismo e amor proprio. Il primo non è che una specie
del secondo. L'egoismo è quando l'uomo ripone il suo amor proprio in non pensare
{che} a se stesso, non operare che per se stesso
immediatamente, rigettando l'operare per altrui con intenzione lontana e non ben
distinta dall'operante, ma reale, saldissima e continua, d'indirizzare quelle
medesime operazioni a se stesso come ad ultimo ed unico vero fine, {+il che l'amor proprio può ben fare, e
fa.} Ho detto altrove p. 1382
pp. 2410-12
pp. 2736-38
pp.
2752-55 che l'amor proprio è tanto maggiore nell'uomo quanto in esso è
maggiore la vita o la vitalità, e questa è tanto maggiore quanto è maggiore la
forza {+e l'attività dell'animo, e del
corpo ancora.} Ma questo, ch'è verissimo dell'amor proprio, non è nè
si deve intendere dell'egoismo. Altrimenti i vecchi, i moderni, gli uomini poco
sensibili e poco immaginosi sarebbero meno egoisti dei {fanciulli e dei} giovani, degli antichi, degli uomini sensibili e di
forte immaginazione.
3292 Il che si trova essere
appunto in contrario. Ma non già quanto all'amor proprio. Perocchè l'amor
proprio è veramente maggiore assai ne' fanciulli e ne' giovani che ne' maturi e
ne' vecchi, maggiore negli uomini sensibili e immaginosi che ne' torpidi. {Che l'amor proprio sia maggiore ne'
fanciulli e ne' giovani che nell'altre età, segno n'è quella infinita e
sensibilissima tenerezza verso se stessi, e quella suscettibilità e
sensibilità e delicatezza intorno a se medesimi che coll'andar degli anni e
coll'uso della vita proporzionatamente si scema, e in fine si suol
perdere.} I fanciulli, i giovani, gli uomini sensibili sono assai più
teneri di se stessi che nol sono i loro contrarii. Così generalmente furono gli
antichi rispetto ai moderni, e i selvaggi rispetto ai civili, perchè più forti
di corpo, più forti ed attivi e vivaci d'animo e d'immaginazione (sì per le
circostanze fisiche, sì per le morali), meno disingannati, e insomma
maggiormente e più intensamente viventi. {Nella stessa guisa discorrasi dei deboli rispetto ai forti e simili.}
(Dal che seguirebbe che gli antichi fossero stati più infelici generalmente de'
moderni, secondo che la infelicità è in proporzion diretta del maggiore amor
proprio, come altrove ho mostrato: p. 1382
pp. 2410-11
pp. 2752-55
pp. 2736-37
pp.
2495-96
p. 2754 ma l'occupazione {e l'uso} delle proprie forze, la distrazione e simili
cose, essendo state infinitamente maggiori in antico che oggidì; e il maggior
grado di vita esteriore essendo stato anticamente più che in
3293 proporzione del maggior grado di vita interiore, resta, come ho
in mille luoghi provato, che gli antichi fossero anzi mille volte meno infelici
de' moderni: e similmente ragionisi de' selvaggi e de' civili: non così de'
giovani e de' vecchi oggidì, perchè a' giovani presentemente è interdetto il
sufficiente uso delle proprie forze, e la vita esterna, della quale tanto ha
quasi il vecchio oggidì quanto il giovane; per la quale e per l'altre cagioni da
me in più luoghi accennate, maggiore presentemente è l'infelicità del giovane
che del vecchio, come pure altrove ho conchiuso pp. 277-80
pp. 2736-38
pp.
2752-55).
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