Secolo decimonono.
Nineteenth century.
1077,1 4120,20 4167,9 4172,8.9 4189,1 4056,4 4192,1 4206,4 4269,2[1077,1] Il tempo di Luigi decimoquarto e tutto il secolo passato, fu
veramente l'epoca della corruzione barbarica delle parti più civili
d'europa, di quella corruzione e barbarie, che
succede inevitabilmente alla civiltà, di quella che si vide ne' Persiani e ne'
Romani, ne' Sibariti, ne' Greci ec. E tuttavia la detta epoca si stimava allora,
e per esser freschissima, si stima anche oggi, civilissima, e tutt'altro che
barbara. Quantunque il tempo
1078 presente, che si
stima l'apice della civiltà, differisca non poco dal sopraddetto, e si possa
considerare come l'epoca di un risorgimento dalla barbarie. Risorgimento
incominciato in europa dalla rivoluzione francese,
risorgimento debole, imperfettissimo, perchè derivato non dalla natura, ma dalla
ragione, anzi dalla filosofia, ch'è debolissimo, tristo, falso, non durevole
principio di civiltà. Ma pure è una specie di risorgimento; ed osservate che
malgrado la insufficienza de' mezzi per l'una parte, e per l'altra la
contrarietà ch'essi hanno colla natura; tuttavia la rivoluzione francese (com'è
stato spesso notato), ed il tempo presente hanno ravvicinato gli uomini alla
natura, sola fonte di civiltà, hanno messo in moto le passioni grandi e forti,
hanno restituito alle nazioni già morte, non dico una vita, ma un certo palpito,
una certa lontana apparenza vitale. Quantunque ciò sia stato mediante la mezza
filosofia, strumento di civiltà incerta, insufficiente, debole, e passeggera per
natura sua, perchè la mezza filosofia, tende naturalmente a crescere, e divenire
perfetta filosofia, ch'è fonte di barbarie. {+Applicate a questa osservazione le barbare e
ridicolissime e mostruose mode (monarchiche e feudali), come guardinfanti,
pettinature d'uomini e donne ec. ec. che regnarono, almeno in
italia, fino agli ultimissimi anni del secolo
passato, e furono distrutte in un colpo dalla rivoluzione (v. la lettera di Giordani a Monti §.
4.) E vedrete che il secolo presente è l'epoca di un vero
risorgimento da una vera barbarie, anche nel gusto; e qui può anche notarsi
quel tale raddrizzamento della letteratura in italia
oggidì.}
(23. Maggio 1821.). {{V. p.
1084.}}
[4120,20] Non solo, come ho detto altrove p.
646, nessun secolo barbaro si credette esser tale, ma ogni secolo si
credette e si crede essere il non plus ultra dei
progressi dello spirito umano, e che le sue cognizioni, scoperte ec. e massime
la sua civilizzazione difficilmente o in niun modo possano essere superate dai
posteri, {+certo non dai passati.}
(10. Ott. Domenica. 1824.). {V. la p. 4124.} Così non
v'è nazione nè popoletto così barbaro e selvaggio che
4121 non si creda la prima delle nazioni, e il suo stato, il più
perfetto, civile, felice, e quel delle altre tanto peggiore quanto più diverso
dal proprio. V. Robertson
Stor. d'America,
Venez. 1794. t. 2. p. 126. 232-33. Così le
nazioni mezzo civili, o imperfette, anche in europa ec. E
così sempre fu. (15. Ottobre. Festa di Santa Teresa di Gesù. 1824.).
[4167,9] Riferisce Cicerone
de Divinat. un
detto di Catone che egli si
maravigliava come l'uno aruspice scontrandosi coll'altro si tenesse dal ridere.
Applichisi questo detto ai Principi nei loro congressi, e massimamente in quelli
degli ultimi tempi. (Bologna. 6. Marzo.
1826.).
[4189,1] Nominiamo francamente tutto giorno le leggi della
natura (anche per rigettare come impossibile questo o quel fatto) quasi che noi
conoscessimo della natura altro che fatti, e pochi fatti. Le pretese leggi della
natura non sono altro che i fatti che noi conosciamo. - Oggi, con molta ragione,
i veri filosofi, all'udir fatti incredibili, sospendono il loro giudizio, senza
osar di pronunziare della loro impossibilità. Così accade p. e. nel Mesmerismo,
che tempo addietro, ogni filosofo avrebbe rigettato come assurdo, senz'altro
esame, come contrario alle leggi della natura. Oggi si sa abbastanza
generalmente che le leggi della natura non si sanno. Tanto è vero che il
progresso
4190 dello spirito umano consiste, o certo ha
consistito finora, non nell'imparare ma nel disimparare principalmente, nel
conoscere sempre più di non conoscere, nell'avvedersi di saper sempre meno, nel
diminuire il numero delle cognizioni, ristringere l'ampiezza della scienza
umana. Questo è veramente lo spirito e la sostanza {principale} dei nostri progressi dal 1700 in qua, benchè non tutti,
anzi non molti, se ne avveggano. (Bologna. 28.
Luglio. 1826.).
[4056,4] Grandissima, e forse la maggior prova e segno del
progresso che ha fatto negli ultimi tempi lo spirito e il sapere umano in
generale e le scienze fisiche in particolare, è che per ispazio di {quasi} un secolo e mezzo, quanto ha dalla pubblicazione
de' Principii
matematici di filosofia naturale a' dì nostri (1687.), non
è sorto sistema alcuno di fisica che sia prevaluto a quello di Newton, o quasi niun altro sistema {di fisica} assolutamente, almeno che abbia pur
bilanciato nella opinione per un momento quello di Newton, benchè questo sia tutt'altro che certo
4057 e perfetto, anzi riconosciuto ben difettoso in
molte parti, oltre alla insufficienza generale de' suoi principii per ispiegare
veramente a fondo i fenomeni naturali. Nondimeno i fisici e filosofi moderni,
anche spento il primo calor della fama e della scuola e partito di Newton, si sono contentati e contentansi
di questo sistema, servendosene in quanto ipotesi opportuna e comoda nelle parti
e occasioni de' loro studi che hanno bisogno, o alle quali è utile una ipotesi.
Ciò nasce e dimostra che gli spiriti e nella fisica e nell'altre scienze e in
ogni ricerca del vero e in ogni andamento dell'intelletto si sono volti
all'esame fondato dei particolari (senza cui è impossibile generalizzare con
verità e profitto) e alla pratica ed esperienza e alle cose certe, rinunziando
all'immaginazione, all'incerto, allo splendido, ai generali arbitrarii, tanto
del gusto de' secoli antecedenti e padri di tanti sistemi a quei tempi, che
rapidamente brillavano e si spegnevano, e succedevansi e distruggeansi l'un
l'altro. (4. Aprile 1824. Domenica di Passione. Nevica.)
[4192,1]
Il detto del Bayle, che la ragione è piuttosto uno
strumento di distruzione che di costruzione, si applica molto bene, anzi ritorna
a quello che mi par di avere osservato altrove pp. 2705-15 , che il progresso dello
spirito umano dal risorgimento in poi, e massime in questi ultimi tempi, è
consistito, e consiste tutto giorno principalmente, non nella scoperta di verità
positive, ma negative in sostanza; ossia, in altri termini, nel conoscere la
falsità di quello che per lo passato, da più o men tempo addietro, si era tenuto
per fermo, {ovvero} l'ignoranza di quello che si era
creduto conoscere: benchè del resto, faute de bien observer ou raisonner, molte
di siffatte scoperte negative, si abbiano per positive. E che gli antichi, in
metafisica e in morale principalmente, ed anche in politica (uno de' cui più
veri principii è quello di lasciar fare più che si può, libertà più che si può),
erano o al pari, o più avanzati di noi, unicamente perchè {ed
in quanto} anteriori alle pretese
4193
scoperte e cognizioni di verità positive, alle quali noi lentamente e a gran
fatica, siamo venuti e veniamo di continuo rinunziando, {e
scoprendone} conoscendone la falsità, e persuadendocene, e promulgando
tali nuove scoperte e popolarizzandole. (Bologna 1.
Settembre. 1826.).
[4206,4] È chiaro e noto che l'idea e la voce spirito non si può in somma e in conclusione definire
altrimenti che sostanza che non è materia, giacchè
niuna sua qualità positiva possiamo noi nè conoscere, nè nominare,
4207 nè anco pure immaginare pp. 1635-36
p.
4111. Ora il nome e l'idea di materia, idea e nome anch'essa astratta,
cioè ch'esprime collettivamente un'infinità di oggetti, tra se differentissimi
in verità (e noi poi non sappiamo se la materia sia omogenea, {+e quindi una sola sostanza
identica,} o {vero} distinta in elementi,
{+e quindi in altrettante
sostanze,} di natura ed essenza differentissimi, com'ella è distinta
in diversissime forme), l'idea dico ed il nome di materia abbraccia tutto quello
che cade o può cader sotto i nostri sensi, tutto quello che noi conosciamo, e
che noi possiamo conoscere e concepire; ed essa idea ed esso nome non si può
veramente definire che in questo modo, o almeno questa è la definizione che più
gli conviene, in vece dell'altra dedotta dall'enumerazione di certe sue qualità
comuni, come divisibilità, larghezza, lunghezza, profondità e simili. Per tanto
il definire lo spirito, sostanza che non è
materia, è precisamente lo stesso che definirla sostanza che non è di quelle che noi conosciamo o possiamo
conoscere o concepire, e questo è quel solo che noi venghiamo a dire e
a pensare ogni volta che diciamo spirito, o che
pensiamo a questa idea, la quale non si può, come ho detto, definire altrimenti.
Frattanto questo spirito, non essendo altro che quello che abbiam veduto, è
stato per lunghissimo spazio di secoli creduto contenere in se tutta la realtà
delle cose; e la materia, cioè quanto noi conosciamo e concepiamo, e quanto
possiamo conoscere e concepire, è stata creduta non essere altro che apparenza,
sogno, vanità appetto allo spirito. È impossibile non deplorar la miseria
dell'intelletto umano considerando un così fatto delirio. Ma se pensiamo poi che
questo delirio si rinnuova oggi completamente; che nel secolo 19.° risorge da
tutte le parti e si ristabilisce radicatamente lo spiritualismo, forse anche più
spirituale, per dir così, che in addietro; che i filosofi più illuminati della
più illuminata nazione moderna, si congratulano di riconoscere per
caratteristica di questo secolo, l'essere esso éminemment
4208
religieux,
*
cioè spiritualista; che può fare un
savio, altro che disperare compiutamente della illuminazione delle menti umane, e gridare: o Verità, tu sei sparita
dalla terra per sempre, nel momento che gli uomini incominciarono a
cercarti
*
. Giacchè è manifesto che questa e simili
innumerabili follie, dalle quali pare ormai impossibile e disperato il guarire
gl'intelletti umani, sono puri parti, non mica dell'ignoranza, ma della scienza.
L'idea chimerica dello spirito non è nel capo nè di un bambino nè di un puro
selvaggio. Questi non sono spiritualisti, perchè sono pienamente ignoranti. E i
bambini, e i selvaggi puri, e i pienamente ignoranti sono per conseguenza a
mille doppi più savi de' più dotti uomini di questo secolo de' lumi; come gli
antichi erano più savi a cento doppi per lo meno, perchè più ignoranti de'
moderni; e tanto più savi quanto più antichi, perchè tanto più ignoranti.
(Bologna. 26. Sett. 1826.). {{V. p.
4219.}}
[4269,2] Noi però abbiamo buonissima ragione di non porre più
che tanto studio intorno allo stile dei libri, atteso la brevità della vita che
essi in ogni modo (non ostante la bontà della stampa) sono per avere. Se mai fu
chimerica la speranza dell'immortalità, essa lo è oggi per gli scrittori. Troppa
è la copia dei libri o buoni o cattivi o mediocri che escono ogni giorno, e che
per necessità fanno dimenticare quelli del giorno innanzi; sian pure eccellenti.
Tutti i posti dell'immortalità in questo genere, sono già occupati. Gli antichi
classici, voglio dire, conserveranno quella che hanno acquistata, o almeno è
credibile che non morranno così tosto. Ma acquistarla ora, accrescere il numero
degl'immortali; oh questo io non credo che sia più possibile.
4270 La sorte dei libri oggi, è come quella degl'insetti chiamati
efimeri (éphémères): alcune specie vivono poche ore, alcune una notte, altre 3 o
4 giorni; ma sempre si tratta di giorni. Noi siamo veramente oggidì passeggeri e
pellegrini sulla terra: veramente caduchi: {+esseri di un giorno: la mattina in fiore, la sera
appassiti, o secchi: soggetti anche a sopravvivere alla propria fama, e più
longevi che la memoria di noi.} Oggi si può dire con verità maggiore
che mai: Oἵη περ ϕύλλων
γενεή, τοιήδε καὶ ἀνδρῶν
*
(Iliad.
6. v. 146.) Perchè non ai soli letterati, ma ormai a tutte le
professioni è fatta impossibile l'immortalità, in tanta infinita moltitudine di
fatti e di vicende umane, dapoi che la civiltà, la vita dell'uomo civile, e la
ricordanza della storia ha abbracciato tutta la terra. Io non dubito punto che
di qua a dugent'anni non sia per esser più noto il nome di Achille, vincitor di Troia, che
quello di Napoleone, vincitore e signore
del mondo civile. Questo sarà uno dei molti, si perderà tra la folla; quello
sovrasterà, per esser montato in alto assai prima; conserverà il piedestallo,
{il rialto,} che ha già occupato da tanti
secoli.
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