Forza, ardire, poetico ec. dello stile, delle lingue ec. degli antichi.
Strength, boldness, poetic, etc. of the style, the languages, etc. of the ancients
1470,1 1988,1 2172,1 2239,2 2288,1 3567 3863,2[1470,1] Una delle principali e universali e caratteristiche
inseparabili proprietà dello stile degli
1471 antichi
non corrotti, cioè o classici, o anteriori alla perfezione della letteratura, si
è la forza e l'efficacia. Quest'è la prima, anzi l'unica qualità ch'io {ho} sentito notare da uomini poco avvezzi a letture
classiche, ogni volta che venivano dal leggere qualche libro de' buoni antichi,
o qualche libro moderno su quel gusto di stile. Ed era l'unica perchè forse essi
non erano capaci di discernere a prima vista, nè gustare le altre. Ma questa dà
subito nell'occhio, e si distingue e si separa facilmente dalle altre. Quindi
osservate quanto sia vero che la natura è sorgente di forza, e che questa è sua
qualità caratteristica, come la debolezza lo è della ragione. Perciocchè 1. gli
antichi scrittori, massime quelli anteriori al perfezionamento della
letteratura, i quali sono ordinariamente più energici degli altri, non cercavano
gran fatto l'energia, nè se ne pregiavano, nè volevano esser famosi per questo
ec. come ho detto altrove p. 207
pp. 691-94
p. 1325
p.
1335
p. 1420
pp. 1435-36
pp. 1449-50 della semplicità, dell'eleganza, della purità di lingua
ec. Tali sono i
1472 trecentisti ec. Eppure senza
cercarlo, riuscivano robustissimi e nervosissimi per la sola forza della natura
che in loro parlava e regnava, e quindi per la loro propria forza. 2. Quando
anche la cercassero, già la cercavano assai meno di noi che tanto meno la
troviamo, poi se la cercavano in proporzione della riuscita, vuol dire che la
cercavano sopra tutto, e che quindi nel tempo che la natura regnava, l'efficacia
e l'energia si stimava la principal dote dello stile. E così accadeva in tutto:
e così la prima e perenne sorgente di forza, sia nello stile, sia nella lingua,
sia ne' concetti, sia nelle azioni, sarà sempre l'esempio degli antichi, cioè la
natura. E i tempi moderni con tutti i loro lumi non possono mai supplire a
questa fonte. (8. Agos. 1821.).
[1988,1] Qualunque stile moderno ha proprietà, forza,
semplicità, nobiltà, ha sempre sapore di antico, e non par moderno, e forse
anche perciò si riprende, e volgarmente non piace. Viceversa qualunque stile
antico ha ec., tiene del moderno. Che vuol dir questo? Qual è dunque la natura
de' moderni? quale degli antichi? (25. Ott. 1821.)
[2172,1] Sono tanto più {ardite}
poetiche le lingue e gli stili antichi, che i moderni, che {+(per quanto qualunque di esse antiche sia affine a
qualunque delle moderne, per quanto questa sia fra le moderne arditissima,
poeticissima liberissima e ciò per clima, carattere nazionale ec.)}
anche nella lingua italiana la più poetica e ardita delle perfettamente formate
fra le moderne, {e figlia germana della latina,} un
ardire della prosa latina non riesce comportabile se non in verso, un ardire
proprio dell'epica latina, non si può tollerare se non nella nostra lirica. Anzi
la più ardita delle nostre poesie (o per genere, o per istile particolare
dell'autore ec.) quando va più avanti in ardire, non va più là di quello che
andassero i greci o i latini nella loro poesia più rimessa; anzi spessissimo una
frase, metafora ec. prosaica ed usitata (forse anche familiare) in latino o in
greco, non può esser che lirica in italiano.
[2239,2] Osservando bene, potrete vedere che la prosa (ed
anche la poesia) latina, nelle metafore,
2240 eleganze,
ardimenti abituali e solenni, giro della frase, costruzione ec. è molto più
poetica della greca, la quale (parlo della classica ed antica) ha un andamento
assai più rimesso, posato, piano, semplice, meno ardito, anzi non soffrirebbe in
nessun caso quelle metafore ardite e poetiche che a' prosatori latini sono
familiari, e poco meno che volgari. E se non le soffrirebbe, ciò non è
perch'ella ne abbia ed usi delle altre equivalenti, ma intendo dire ch'ella non
soffrirebbe un'egual misura e grado di ardimento ne' traslati e in tutta
l'elocuzione della prosa la più alta, come è quella di Demostene, a petto a cui Cicerone è un poeta per lo stile è[e] la lingua, laddove egli è quasi un prosatore ne'
concetti, passioni ec. rispetto a Demostene poeta, o certo più poeta di Cicerone. Quindi una frase prosaica latina sarebbe
poetica in greco, una frase epica
2241 o elegiaca in
latino sarebbe lirica in greco ec. Quasi gl'istessi rispetti ha la lingua latina
coll'italiana, similissima in queste parti alla greca, e però non è maraviglia
se il latinismo dello stile diede qualche durezza ai cinquecentisti, e sforzò e
snaturò alquanto il loro scrivere. (10. Dic. dì della Venuta della S.
Casa. 1821.).
[2288,1] La lingua latina così esatta, così regolata, e
definita, ha nondimeno moltissime frasi ec. che per la stessa natura loro, e del
linguaggio latino, sono di significato così vago, che a determinarlo, e renderlo
preciso non basta qualsivoglia scienza di latino, e non avrebbe bastato l'esser
nato latino, perocch'elle son vaghe per se medesime, e quella tal frase e la
vaghezza della significazione sono per essenza loro inseparabili, nè quella può
sussistere senza questa. Come Georg. 1. 44. et Zephyro putris se gleba
resolvit.
*
Quest'è una frase regolarissima, e
nondimeno regolarmente e gramaticalmente indefinita di significazione, perocchè
nessuno potrà dire se quel Zephyro significhi al zefiro, per lo zefiro,
2289
col zefiro ec. Così quell'altra: Sunt lacrimę
rerum
*
ec. della quale altrove ho parlato p.
1337. E cento mila di questa e simili nature, regolarissime,
latinissime, conformissime alla gramatica, e alla costruzione latina, prive o
affatto, o quasi affatto d'ogni figura di dizione, e tuttavolta vaghissime e
indefinibili di significato, non solo a noi, ma agli stessi latini. Di tali
frasi abbonda assai più la lingua greca. Vedete come dovevano esser poetiche le
lingue antiche: anche le più colte, raffinate, adoperate, regolate. Qual è la
lingua moderna, che abbia o possa ricevere non dico molte, ma qualche frasi ec.
di significato indefinibile, e per la sua propria natura vago, senz'alcuna
offesa ec. della gramatica? La italiana forse alcun poco, ma molto al di sotto
della latina. La tedesca credo che in questa facoltà vinca la nostra, e tutte le
altre moderne. Ma ciò solo perch'ella non
2290 è ancora
bastantemente o pienamente formata; perch'ella stessa non è definita, è capace
di locuzioni indefinite, anzi, volendo, non potrebbe mancarne. Così accade in
qualunque lingua, nè solo nelle locuzioni, ma nelle parole. La vaghezza di
queste va in ragion diretta della poca formazione, {+uniformità, unità ec.} della lingua, e questa,
della letteratura e conversazione, e queste, della nazione. Ho notato altrove
pp. 1953-57
pp. 2080. sgg.
pp. 2087-89
pp. 2177-78 come la letteratura tedesca non avendo alcuna unità, non
abbia forma, giacchè per confessione dei conoscitori, il di lei carattere è
appunto il non aver carattere. Non si può dunque dir nulla circa le facoltà del
tedesco, che non può esser formato nè definito, non essendo tale la letteratura,
(per vastissima ch'ella sia, e fosse anche il decuplo di quel che è) e mancando
affatto la conversazione. Quindi anche le loro parole e frasi denno per
necessità avere (come hanno) moltissimo d'indefinito.
2291
(26. Dic. 1821.).
[3566,1] La prosa ebraica era dunque poetica per difetto e
mancamento, e perchè la lingua scarseggiava di voci. Non così la prosa francese,
la qual è {per lo più} poetica, mentre la lingua
abbonda di voci, come ho detto altrove pp. 373-75
pp.
2666-68
p. 2715. Ma essa prosa {è} poetica perchè la
lingua francese scarseggia, e si può dir, manca di voci poetiche, cioè di voci
antiche ed eleganti propriamente, cioè peregrine ec. E vedi il pensiero
antecedente p. 3564,1
con quello a cui esso si riferisce.
Le voci ebraiche sono tutte poetiche non appostatamente, nè perchè usate da'
poeti, nè perchè fatte ad esser poetiche e destinate all'uso della poesia, nè
perchè peregrine o per antichità, o per
3567
traslazione ec. ma per causa materiale ed estrinseca, e semplicemente perchè son
poche. E la lingua ebraica è tutta poetica materialmente, cioè semplicemente
perciocch'è povera. E lo stile e la prosa ebraica sono poetiche stante la
semplice povertà della lingua. Qualità comune a tutte le lingue ne' loro
principii, insieme colla conseguenza di tal qualità, cioè insieme coll'esser
poetiche. Non intendo però di escludere le altre ragioni non materiali che certo
anch'esse grandemente contribuirono a render poetica la lingua, stile e prosa
ebraica, cioè l'orientalismo e la somma antichità, del che vedi la pag. 3543. E questa seconda
condizione influisce altresì grandemente e produce l'effetto medesimo in
ciascun'altra lingua ne' di lei principii, in ciascuna lingua che conserva il
suo stato primitivo, in ciascun'altra lingua antichissima ec. Del resto la somma
forza e il sommo ardire che si ammira nelle espressioni della
Bibbia, e che si dà per un segno di divinità, {#1. (veggasi la p. citata qui sopra []p.
3543,2)} non proviene in gran parte d'altronde che da vera
impotenza e necessità, cioè da estrema povertà che obbliga a
3568 un estremo ardire nelle traslazioni e in qualsivoglia
applicazione di significati, a tirar le metafore di lontanissimo ec. (1.
Ottobre, giorno in cui s'intese la creazione del nuovo Papa. 1823.)
[3863,2] Accade nelle lingue come nella vita e ne' costumi; e
nel parlare come nell'operare, e trattare con gli uomini (e questa non è
similitudine, ma conseguenza.) Nei tempi e nelle nazioni dove la singolarità
dell'operare, de' costumi ec. non è tollerata, è ridicola ec. lo è similmente
anche quella del favellare. E a proporzione che la diversità dall'ordinario,
maggiore o minore, si tollera o piace, {ovvero} non
piace, non si tollera, è ridicola ec. più o meno; maggiore o minore o niuna
diversità piace, dispiace, si tollera o non si tollera nel favellare. Lasceremo
ora il comparare a questo proposito le lingue antiche colle moderne, e il
considerare come corrispondentemente
3864 alla diversa
natura dello stato e costume delle nazioni antiche e moderne, e dello spirito e
società umana antica e moderna, tutte le lingue antiche sieno o fossero più
ardite delle moderne, e sia proprio delle lingue antiche l'ardire, e quindi esse
sieno molto più delle moderne, per lor natura, atte alla poesia; perocchè tra
gli antichi, dove e quando più, dove e quando meno, ηὐδοκίμει la singolarità
dell'opere, delle maniere, de' costumi, de' caratteri, degl'istituti delle
persone, e quindi eziandio quella del lor favellare e scrivere. La nazion
francese, che di tutte l'altre sì antiche sì moderne, è quella che meno approva,
ammette e comporta, anzi che più riprende ed odia e rigetta e vieta, non pur la
singolarità, ma la nonconformità dell'operare e del conversare nella vita
civile, de' caratteri delle persone ec.; la nazion francese, dico, lasciando le
altre cose a ciò appartenenti, della sua lingua e del suo stile; manca affatto
di lingua poetica, e non può per sua natura averne, perocchè ella deve
naturalmente inimicare e odiare, ed odia infatti, come la singolarità delle
azioni ec. così la singolarità del favellare e scrivere. Ora il parlar poetico è
per sua natura diverso dal parlare ordinario. Dunque esso ripugna per sua natura
alla natura della società e della nazione francese. E di fatti la lingua
francese è incapace, non solo di quel peregrino che nasce dall'uso di voci,
modi, significati tratti da altre lingue,
3865 o dalla
sua medesima antichità, anche pochissimo remota, ma eziandio di quel peregrino e
quindi di quella eleganza che nasce dall'uso non ordinario delle voci e frasi
sue moderne e comuni, cioè di metafore non trite, di figure, sia di sentenza,
sia massimamente di dizione, di ardiri di ogni sorta, anche di quelli che non
pur nelle lingue antiche, ma in altre moderne, come p. e. nell'italiana,
sarebbero rispettivamente de' più leggeri, de' più comuni, e talvolta neppure
ardiri. Questa incapacità si attribuisce alla lingua; ella in verità è della
lingua, ma è acora della nazione, e non per altro è in quella, se non perch'ella
è in questa. Al contrario la nazion tedesca, che da una parte per la sua
divisione e costituzion politica, dall'altra pel carattere naturale de' suoi
individui, pe' lor costumi, usi ec. {+per
lo stato presente della lor civiltà, che siccome assai recente, non è in
generale così avanzata come in altri luoghi,} e finalmente per la
rigidità del clima che le rende naturalmente propria la vita casalinga, e
l'abitudine di questa, è forse di tutte le moderne nazioni civili la meno atta e
abituata alla società personale ed effettiva; sopportando perciò facilmente ed
anche approvando e celebrando, non pur la difformità, ma la singolarità delle
azioni, costumi, caratteri, modi ec. delle persone (la qual
singolata[singolarità] appo loro non ha
pochi nè leggeri esempi di fatto, anche in città e corpi interi, come in quello
de' fratelli moravi, e in altri molti istituti ec. ec. tedeschi, che per verità
non hanno
3866 punto del moderno, e parrebbero
impossibili a' tempi nostri, ed impropri affatto di essi), sopporta ancora, ed
ammette e loda ec. una grandissima singolarità d'ogni genere nel parlare e nello
scrivere, ed ha la lingua, non pur nel verso, ma nella prosa, più ardita {per sua natura} di tutte le moderne colte, e pari {in questo} eziandio alla più ardita delle antiche. La
qual lingua tedesca per conseguenza è poetichissima e {capace
e} ricca d'ogni varietà ec. (11. Nov. 1823.).
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