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Ossian. Bardi.

Ossian. Bards.

Vedi Celtica (lingua) See Celtic (language) 204,2 484,1 931,2 986,2 994-5 1218 1399,1 3401

[204,2]  Tutti i caratteri {principali} dello spirito antico, che si trovano in Omero, e negli altri greci e latini, si trovano anche  205 in Ossian, e nella sua nazione. Lo stesso pregio del vigor del corpo, della giovanezza, del coraggio, di tutte le doti corporali. La stessa divinizzazione della bellezza. Lo stesso entusiasmo per la gloria e per la patria. In somma tutti i beati distintivi di una civilizzazione che sta nel suo vero punto fra la natura e la ragione. Del resto, pietà filiale, e paterna, e tutti gli altri sentimenti doverosi e naturali, hanno fra i caledoni tutta la loro forza. Il divario tra i greci ed Ossian consiste principalmente in una malinconia generata dalle disgrazie particolari, e non dalla disperante filosofia, ma più propriamente e generalmente dal clima. Questa cagione non solo si conosce ma si sente nell'Ossian, e perciò rende la sua malinconia molto inferiore a quella dei meridionali, Petrarca, Virgilio, ec. nei quali si conosce e sente anche una potenza di allegria, come pure in Omero ec. cosa necessaria alla varietà, all'ampiezza della poesia composta di diversissimi generi, e quasi anche al sentimento.

[484,1]  Non si è mai letto di nessun antico che si sia ucciso per noia della vita, laddove si legge di molti moderni, e v. il Suicidio ragionato di Buonafede. Nè perchè questo accade oggidì massimamente in Inghilterra, si creda che questo fosse comune in quel paese anche anticamente, senza che ne rimanga memoria. Dai poemi di Ossian si vede quanto gli antichi abitatori di quel paese fossero lontani dal concepire la nullità e noia necessaria della vita assolutamente; e molto più dal disperarsi e uccidersi per questo. Gli antichi Celti e gli altri antichi si uccidevano per disperazioni  485 nate da passioni e sventure, non mai considerate come inevitabili e necessarie assolutamente all'uomo, ma come proprie dell'individuo, perciò disgraziato e infelice, e disperantesi. La disperazione e scoraggimento della vita in genere, l'odio della vita come vita umana (non come individualmente e accidentalmente infelice), la miseria destinata e inevitabile alla nostra specie, la nullità e noia inerente ed essenziale alla nostra vita, in somma l'idea che la vita nostra per se stessa non sia un bene, ma un peso e un male, non è mai entrata in intelletto antico, nè in intelletto umano avanti questi ultimi secoli. Anzi gli antichi si uccidevano o disperavano appunto per l'opinione e la persuasione di non potere, a causa di sventure individuali, conseguire e godere quei beni ch'essi stimavano ch'esistessero. (10. Gen. 1821.).

[931,2]  La stessa proporzionata disparità ch'è fra gli antichi e i moderni, in ordine al bello, alla immaginazione, alla letizia, alla felicità per l'una parte, e al vero, alla ragione, alla malinconia, alla infelicità per l'altra parte; la stessa, dico, si trova proporzionatamente in ciascheduna età antica o moderna, fra i popoli meridionali e i settentrionali. Sebbene l'antichità era il tempo del bello,  932 e della immaginazione, tuttavia anche allora la grecia e l'italia ne erano la patria, e il luogo. E quantunque non fossero quei tempi adattati alla profondità dell'intelletto, al vero, alla malinconia, contuttociò ne' Settentrionali si vede l'inclinazione loro naturale a queste qualità, e negl'inni, nei canti, nelle sentenze staccate dei Bardi, si nota, oltre alla famosa malinconia, una certa profondità di pensiero, e la osservazione di certe verità che anche oggi in tanto progresso della filosofia, non sono le più triviali. Insomma vi si nota un carattere di pensiero diversissimo nella profondità, da quello de' meridionali degli stessi tempi. (V. se vuoi, gli Annali di Scienze e Lettere, Milano. Vol. 6. N. 18. Giugno 1811. Memoria intorno ai Druidi e ai Bardi Britanni, p. 376-378. e 383 fine - 385. dove si riportano parecchi aforismi e documenti de' Bardi) Così per lo contrario, sebbene l'età moderna è il tempo del pensiero, nondimeno il settentrione ne è la patria, e l'italia conserva tuttavia qualche poco della sua naturale immaginazione, del suo bello, della sua naturale disposizione alla letizia ed alla felicità. In quello dunque che ho detto de' miei diversi stati pp. 143-44, rispetto alla immaginazione e alla filosofia, paragonandomi col successo de' tempi moderni agli antichi, si può anche aggiungere il paragone coi popoli meridionali e settentrionali. (12. Aprile 1821.).

[986,2]  Dal confronto delle poesie di Ossian, vere naturali e indigene dell'inghilterra, colle poesie orientali, si può dedurre {(ironico)} quanto sia naturale all'inghilterra la sua presente poesia {(come quella di Lord Byron)} derivata in gran parte dall'oriente, * come dice il riputatissimo giornale dell'Edinburgh Review in proposito del Lalla Roca di Tommaso Moore (Londra 1817.) intitolato Romanzo orientale {(Spettatore di Milano. 1. Giugno 1818. Parte Straniera. Quaderno 101. p. 233. e puoi vederlo.)}

[993,1]  In secondo luogo risulta dalle sopraddette cose, che i mezzi usati dai romani per far prevalere la loro lingua, come nelle altre nazioni, così in grecia, e ne' {moltissimi} paesi dove il greco era usato, (v. p. 982-83 ). laddove riuscirono in tutti gli altri luoghi, non riuscirono e furon vani in questi. Ed osservo che la lingua latina non prevalse mai alla greca in nessun paese dov'ella fosse stabilita, sia come lingua parlata, sia come lingua scritta: laddove la greca avea prevaluto a tutte le altre in questi tali (vastissimi e numerosissimi) paesi, e in quasi mezzo mondo; e quello che  994 non potè mai la lingua nè la potenza nè la letteratura latina, lo potè, a quel che pare, in poco spazio, l'arabo, e le altre lingue {o dialetti} maomettani, {(come il turco ec.)} e così perfettamente, come vediamo anche oggidì. Ma la lingua latina (eccetto nella magna grecia e in Sicilia) non solo non estirpò, ma non prevalse mai in nessun modo e in nessun luogo alla lingua e letteratura greca, se non come pura lingua della diplomazia: quella lingua latina, dico, la quale nelle Gallie aveva, se non distrutta, certo superata quell'antichissima lingua Celtica così varia, così dolce, così armoniosa, così maestosa, così pieghevole, (Annali ec. 1811. n. 18. p. 386. Notiz. letterar. di Cesena 1792. p. 142.) e che al Cav. Angiolini che se la fece parlare da alcuni montanari Scozzesi, parve somigliante ne' suoni alla greca: (Lettere sopra l'inghilterra, Scozia, ed Olanda. vol. 2do. Firenze 1790. Allegrini. 8.vo anonime, ma del Cav. Angiolini) (Notiz. ec. l. c.) lingua della cui purità erano depositarii e custodi gelosissimi quei famosi Bardi che avevano e conservarono per sì lungo tempo, ancor dopo la conquista fatta da' Romani, tanta influenza sulla nazione, e massime poi la letteratura: (Annali ec. l. c. p. 386. 385. principio.) quella lingua così ricca, e ogni giorno più ricca di tanti poemi, parte de' quali anche  995 oggi si ammirano. Questa lingua e letteratura cedette alla romana; {v. p. 1012. capoverso 1.} la greca non mai; neppur quando roma e l'italia spiantata dalle sue sedi, si trasportò nella {stessa} grecia. Perocchè sebbene allora la lingua greca fu corrotta {finalmente} di latinismi, ed altre barbarie, (scolastiche ec.) imbarbarì è vero, ma non si cangiò; e in ultimo, piuttosto i latini {vincitori e signori} si ridussero a parlare quotidianamente e scrivere il greco, e divenir greci, di quello che la grecia {vinta e suddita} a divenir latina e parlare {o scrivere} altra lingua che la sua. Ed ora la lingua latina non si parla in veruna parte del mondo, la greca, sebbene svisata, pur vive ancora in quell'antica e prima sua patria. Tanta è l'influenza di una letteratura estesissima in ispazio di tempo, e in quantità di cultori e di monumenti; sebbene ella già fosse cadente a' tempi romani, e a' tempi di Costantino, possiamo dire, spenta. Ma i greci se ne ricordavano sempre, e non da altri imparavano a scrivere che da' loro sommi e numerosissimi scrittori passati, siccome non da altri a parlare, che dalle loro madri. {v. p. 996. capoverso 1.} Certo è che la letteratura influisce sommamente sulla lingua. (v. p. 766. segg.) Una lingua senza letteratura, o poca, non difficilmente si spegne, o si travisa in maniera non riconoscibile, {non potendo ella esser formata, nè per conseguenza troppo radicata e confermata, siccome immatura e imperfetta.} E questo accadde alla lingua Celtica, forse perch'ella scarseggiava sommamente di scritture, sebbene abbondasse di componimenti, che per lo più passavano solo di bocca in bocca. Non così una lingua abbondante di scritti. Testimonio ne sia la Sascrita,  996 la quale essendo ricca di scritture d'ogni genere, e di molto pregio secondo il gusto orientale, e della nazione, vive ancora (comunque corrotta) dopo lunghissima serie di secoli, in vastissimi tratti dell'india, malgrado le tante e diversissime vicende di quelle contrade, in sì lungo spazio di tempo. E sebbene anche i latini ebbero una letteratura, e grande, e che sommamente contribuì a formare la loro lingua, tuttavia si vede ch'essa letteratura, venuta, per così dire, a lotta colla greca, in questo particolare, dovè cedere, giacchè non solamente non potè snidare la lingua e letteratura greca, da nessun paese ch'ella avesse occupato, ma neanche introdursi nè essa nè la sua lingua in veruno di questi {tanti} paesi. (29. Aprile. 1821.). {{V. p. 999. capoverso 1.}}

[1217,2]  1. Fu tempo dove agli uomini ed agli scrittori bastava di giovare, di farsi intendere, di rendersi famosi dentro i limiti della propria nazione. Ma oggi, nello stato d'europa che ho detto di sopra, non acquista fama nè grande nè durevole quello scrittore il cui nome e i cui scritti non passano i termini del  1218 proprio paese. Nè in questa presente condizione di cose può molto e immortalmente giovare alla sua patria chi non viene almeno indirettamente a giovare più o meno anche al resto del mondo civile. Nel rimanente quella gloria o quel nome che fu ristretto a una sola nazione fu sempre, ed anche anticamente poco durevole, {nella stessa nazione ancora.} Fra mille esempi, basti nominare i Bardi; {molti de'} quali si sa confusamente e genericamente che furono famosissimi nelle loro nazioni, ed oggi {p. e.} nella Scozia appena resta il nome e la memoria oscura di pochissimi degli stessi antichi Bardi Scozzesi. Quello che dico degli scrittori, dico anche degli altri generi di persone famose ec. ma degli scrittori in maggior grado, perchè i fatti degli uomini poco durano, e poco si possono stendere ma le voci e i pensieri loro consegnati agli scritti, sopravvivono lunghissimo tempo, e possono giovare a tutta l'umanità; nè lo scrittore, massimamente in questo presente stato del mondo, si deve contentare della utilità della sua sola patria, potendo con quel medesimo che impiega per lei, proccurare il vantaggio di tutte le altre nazioni.

[1399,1]  Per la ragione per cui troviamo poca varietà nella fisonomia delle bestie d'una medesima specie ec. come ho detto altrove p. 1196, accade che in una città forestiera, tutto al primo momento ci paia appresso a poco uniforme, e troviamo sempre proporzionatamente assai più vario il paese a cui siamo avvezzi (ancorchè uniformissimo) che qualunque altro; almeno ne' primi giorni. Onde non sappiamo distinguere le contrade ec. Massime se v'ha realmente qualche uniformità in quel nuovo paese, sebben però più vario del nostro; ovvero s'egli è di una forma e di un gusto ec. assai differente dal nostrale, nel qual caso non li[ci] troveremo mai {{bastante}} varietà, prima della lunga attenzione ed assuefazione  1400 Così ci accade nel leggere gli scritti assai forestieri per noi, come degli orientali, di Ossian, ec. o de' loro imitatori nostrali. Così in cento generi di cose. (28. Luglio 1821.).

[3400,1]  Lo stile e la letteratura spagnuola forma veramente (quanto alla sua indole) una sola famiglia collo stile e letteratura greca, latina e italiana. Lo stile e la letteratura francese per lo contrario appartengono a una famiglia ben distinta dalla suddetta. La letteratura francese insieme con quelle ch'essa ha prodotte, ciò sono la inglese del tempo della regina Anna, la Svedese, la russa, (e credo eziandio l'olandese), forma in europa, propriamente parlando, una terza distinta famiglia, un terzo genere di letteratura e di stile: intendendo per seconda famiglia di letterature  3401 europee quelle di carattere settentrionale, cioè l'inglese de' tempi d'Ossian e di quelli di Shakespeare, e la moderna ch'è una continuazione di questa, la tedesca, l'antica scandinava, {illirica,} e simili. (Sebbene il carattere scandinavo e illirico, sì delle nazioni, sì delle letterature, è distinto dal teutonico ec. Ma non esiste letteratura scandinava nè illirica, se non antica e mal nota, perchè la presente letteratura Svedese, Danese, russa ec. non è che francese. Staël nel principio dell'Alemagna). Come altrove ho detto della lingua, {#1. Veggasi la p. 2989.} così della letteratura e dello stile francese si deve dire. Essi tengono il mezzo tra il meridionale e il settentrionale, tra il classico e il romantico; essi formano una categoria propria, niente meno diversa e distinta da quella delle letterature e stili greco, latino, italiano classico, spagnuolo classico, e dall'indole {e spirito} loro, di quel ch'ella sia dalle letterature inglese moderna, tedesca, e loro affini o simiglianti. {{V. p. 3559.}}