Delicatezza delle forme.
Delicateness of shapes.
1603,1 1881 1921,1 1990,1 3084,1 3249-50 3427,1 3553,12[1603,1]
1603 Dalle sopraddette osservazioni risulta un'altra
gran prova del come l'idea del bello sia relativa e mutabile, e dipendente non
da modello alcuno invariabile, ma dalle assuefazioni che cambiano secondo le
circostanze. Oggi l'idea del bello, racchiude quasi essenzialmente un'idea di
delicatezza. Un robusto villano o villana, non paiono certamente belli alle
persone di città. Il bello nelle nostre idee, esclude affatto il grossolano.
Dovunque esso si trova, (se ciò non è in una certa misura che mediante lo
straordinario e lo stesso sconveniente, produca la grazia) non si trova il bello
per noi, almeno il bello perfetto. Ora egli è certo che gli uomini primitivi la
pensavano ben altrimenti, perchè tutti gli uomini primitivi eran grossolani. Non
esisteva allora una di quelle forme che noi chiamiamo belle, (ciò si può vedere
fra' selvaggi i quali non sentono la bellezza meno di noi, benchè non sentano la
nostra): e se avesse esistito, sarebbe stata e chiamata brutta. La delicatezza
dunque non entra nell'idea che l'uomo naturale concepisce del bello. Quindi la
1604
presente idea del bello non è punto naturale, anzi l'opposto. E pur ci pare
naturalissima, confondendo il naturale collo spontaneo: giacch'ella è spontanea,
perchè derivata senza influenza della volontà dalle assuefazioni ec.
[1880,4] Ho detto p. 200 che il piccolo (già s'intende
che anche il piccolo è relativo) suol esser grazioso.
1881 Ciò si può vedere anche nelle parti. Le Cinesi si restringono i
piedi. Nè uomini nè donne non cercano co' loro vestiarii d'ingrossarsi la vita,
e la persona, ma d'impiccolirla; anche oltre il naturale, e spesso
eccessivamente. Il grosso (relativo) non piace mai (almeno fra le nazioni {e gli individui,} e ne' tempi detti di buon gusto) nè
nelle forme umane, nè in qualunque genere di bello. Il delicato, lo svelto delle
forme ec. in che cosa consistono fuorchè in una rispettiva e proporzionata e
corrispondente piccolezza? (9. Ott. 1821.).
[1921,1] Si può dire che il dilicato in ordine alle forme
{ec.} non consiste in altro che in una
proporzionata e rispettiva piccolezza del tutto o delle parti. E viceversa il
grossolano, o ciò ch'è di mezzo fra il grossolano e il dilicato. La qual
proporzione, la qual piccolezza è determinata dall'assuefazione. La piccolezza
del piede delle Chinesi a noi parrebbe sproporzionata. La natura non entra qui
(come non entra altrove) o non basta a tali determinazioni. La più lunga vita
della donna più grande nei nostri vestiarii d'oggidì è più corta della più corta
vita dell'uomo il più piccolo, o almeno il più mediocre ec. ec.
[1990,1] Ho detto p. 1387 che la grazia ec. deriva dai
contrasti, e perciò spesso l'uomo, e l'amore inclina al suo contrario.
Osserviamo infatti che alla donna debole per natura, piace la fortezza
dell'uomo, e all'uomo viceversa. Il che sebbene deriva immediatamente dalla
naturale inclinazione d'ambo i sessi, contuttociò viene in parte dalla
1991 forza del contrasto, giacchè si vede che ad una
donna straordinariamente forte piace talvolta un uomo piuttosto debole più che a
qualunque altra, e forse più che qualunque altro; e viceversa all'uomo debole
una donna forte. ec. Così dico della delicatezza opposta alla nervosità, e delle
altre rispettivamente contrarie qualità de' due sessi. In tutto questo però
influisce l'abitudine de' diversi individui. (26. Ott. 1821.).
[3084,1] La delicatezza, p. e. la delicatezza delle forme del
corpo umano, è per noi una parte o qualità essenziale e indispensabile del bello
ideale rispetto all'uomo,
{Puoi vedere la
pag. 3248-50.} sì
quanto al vivo, sì quanto alla imitazione che ne fa qualsivoglia
3085 arte, la poesia ec. Ora egli è tutto il contrario
in natura. Perciocchè la delicatezza, non solo relativamente, cioè quella tal
delicatezza che la nostra imaginazione e il nostro concetto del bello esige
nelle forme umane, e quel tal grado e misura ch'esso concetto n'esige, ma la
delicatezza assolutamente, è per natura, brutta nelle forme umane, cioè
sconveniente a esse forme. Giacchè l'uomo per natura doveva essere, e l'uomo
naturale è tutto il contrario che delicato di forme. Anzi rozzissimo e
robustissimo, come quello che dalla necessità di provvedere a' suoi bisogni
giornalmente, è costretto alla continua fatica, e dal sole e dalle intemperie
degli elementi è abbronzato e irruvidito. E la delicatezza gli nuocerebbe; onde
s'egli pur {accidentalmente} sortisce una persona
delicata dalla nascita, questo è un male e un difetto fisico per lui, e quindi
una sconvenienza e bruttezza fisica,
3086 come lo sono
tanti altri difetti corporali che sì l'uomo naturale come il civile (e così gli
altri animali e vegetabili) si porta dalla nascita, non per legge e per regola
generale della natura umana, ma per circostanze irregolari e per accidente
individuale o familiare o nazionale ec. Per le quali cose è certissimo che
nell'idea che l'uomo naturale si forma della bellezza fisica della sua specie,
non entra per nulla la delicatezza, la quale per tutte le nazioni civili in
tutti i secoli fu ed è indispensabile parte di tale idea. Anzi per lo contrario
è certissimo che la delicatezza per l'uomo naturale entra nell'idea della
bruttezza umana fisica. Che se l'uomo naturale non esigerà nelle forme feminili
tanta rozzezza quanta nelle maschili, non sarà già ch'egli vi esiga la
delicatezza, nè anche ch'egli concepisca per niun modo la delicatezza come bella
nel sesso femminile; anzi per lo contrario egli esigerà
3087 nelle forme donnesche tanta robustezza quanta è compatibile colla
natura di quel sesso, e tanto più belle stimerà quelle forme quanto più
mostreranno di robustezza senza uscir della proporzione del sesso. E se la
robustezza uscirà di tal proporzione, ei la condannerà, non come opposta alla
delicatezza, quasi che la delicatezza fosse parte del bello, ma senza niuna
relazione alla delicatezza, la condannerà come sproporzionata e fuor
dell'ordinario in quel sesso. Laddove per lo contrario le nazioni civili esigono
nelle forme donnesche tanta delicatezza quanta possa non uscir della
proporzione, e piuttosto ne lodano l'eccesso che il difetto. E quando ne
condannano l'eccesso, lo condannano solo in quanto eccesso, non in quanto di
delicatezza, {+nè in quanto opposto alla
grossezza e rozzezza}; laddove l'uomo naturale condannando la
soverchia robustezza non la condanna come robustezza, ma come soverchia secondo
le proporzioni ch'egli osserva nel generale.

[3247,1]
3247 È cosa nota che le favelle degli uomini variano
secondo i climi. Cosa osservata dev'essere altresì che le differenze de'
caratteri delle favelle corrispondono alle differenze de' caratteri delle
pronunzie ossia del suono di ciascuna favella generalmente considerato: onde una
lingua di suono aspro ha un carattere e un genio austero, una lingua di suono
dolce ha un carattere e un genio molle e delicato; una lingua ancora rozza ha e
pronunzia ed andamento rozzo, e civilizzandosi, raddolcendosi e ripulendosi il
carattere della lingua e della dicitura, raffinandosi, divenendo regolare, e
perfezionandosi essa lingua, se ne dirozza e raddolcisce e mitigasi e si
ammollisce eziandio la generale pronunzia ed il suono. Dev'esser parimente
osservato, che siccome il carattere della lingua al carattere della pronunzia,
così i caratteri delle pronunzie corrispondono alle nature dei climi, e quindi
alle qualità fisiche degli uomini che vivono in essi climi, e alle lor qualità
morali che dalle fisiche procedono e lor corrispondono. Onde ne' climi
settentrionali, dove gli uomini indurati dal freddo, da' patimenti, e dalle
fatiche di provvedere a' propri bisogni in terre
3248
naturalmente sterili e sotto un cielo iniquo, e fortificati ancora dalla fredda
temperatura dell'aria, sono più che altrove robusti di corpo, e coraggiosi
d'animo, e pronti di mano, le pronunzie sono più che altrove forti ed energiche,
e richiedono un grande spirito, siccome è quella della lingua tedesca piena
d'aspirazioni, e che a pronunziarla par che richiegga tanto fiato quant'altri
può avere in petto, onde a noi italiani, udendola da' nazionali, par ch'e'
facciano grande fatica a parlarla, o gran forza di petto ci adoprino. Per lo
contrario accade nelle lingue de' climi meridionali, dove gli uomini sono per
natura molli e inchinati alla pigrizia e all'oziosità, e d'animo dolce, e vago
de' piaceri, e di corpo men vigoroso che mobile e vivido. Ond'egli è proprio
carattere della pronunzia non meno che della lingua p. e. tedesca, la forza, e
dell'italiana la dolcezza e delicatezza. E poste nelle lingue queste proprietà
rispettive dell'una lingua all'altra, ne segue che anche assolutamente, e
considerando ciascuna lingua da {se} nella lingua p. e.
italiana, sia pregio la delicatezza e dolcezza,
3249
onde lo scrittore {o il parlatore} italiano appo cui la
lingua {+(sia nello stile, sia nella
combinazione delle voci, sia nella pronunzia)} è più delicata e più
dolce che appo gli altri italiani (salvo che queste qualità non passino i
confini che in tutte le cose dividono il giusto dal troppo, sia per rispetto
alla stessa lingua in genere, sia in ordine alla materia trattata), più si loda
che gli altri {italiani}, appunto perocchè la lingua
italiana nella dolcezza e delicatezza avanza l'altre lingue. Ma per lo contrario
fra' tedeschi dovrà maggiormente lodarsi lo scrittore o il parlatore appo cui la
lingua riesca più forte che appo gli altri tedeschi, perocchè la lingua tedesca
supera l'altre nella forza, e suo carattere è la forza, non la dolcezza: nè la
dolcezza è pregio per se, neppur nella lingua italiana, ma in essa,
considerandola rispetto alle {altre} lingue, è qualità
non pregio, e nello scrittore o parlatore italiano è pregio, non in quanto
dolcezza, ma in quanto propria e caratteristica della lingua italiana. Così
civilizzandosi le nazioni, e divenendo, rispetto alle primitive, delicate di
corpo, divenne altresì pregio negl'individui umani la maggior
3250 delicatezza delle forme, non perchè la delicatezza sia pregio per
se; che anzi la rispettiva delicatezza delle forme era certamente biasimo, e
tenuto per difetto, o per {causa di} minor pregio {d'esse forme,} appo gli uomini primitivi; ma solo perchè
la delicatezza fisica oggidì, contro le leggi della natura, e contro il vero ben
essere e il destino dell'umana vita, è fatta propria e caratteristica delle
nazioni e persone civili. {#1. Puoi vedere le pagg. 3084-90.}
Laonde ben s'ingannarono quei tedeschi (ripresi da Mad. di Staël
nell'Alemagna) che cercarono di
raddolcire la loro lingua, credendo farsi {tanto più}
pregevoli degli altri {tedeschi} quanto più dolcemente
di loro la parlassero e scrivessero, e che la dolcezza, proccurandola alla
lingua tedesca, le avesse ad esser pregio, contro la natura, e contro il
carattere della lingua, il quale è la forza, e tanta forza richiede nello
scrittore e nel parlatore, quanta possa non varcare i confini prescritti dalla
qualità d'essa lingua, e da quella delle particolari materie in essa trattate;
ed esclude, colle medesime condizioni, la dolcezza, come vizio nella lingua
tedesca e non pregio, perchè opposta alla sua natura.
[3427,1] Delicatezza considerata presso le nazioni civili
come parte assolutamente del bello. Statue greche umane. L'Apollo, il Mercurio (già Antinoo), il
Meleagro ec. - In tutte queste le
forme hanno della donna - Tale si è il carattere delle statue greche, {+quanto alle forme umane,} e delle
sculture e scuole di là provenute antiche e moderne. - Tra le statue di
roma, tu ravvisi subito una fattura greca al donnesco
delle forme - {+Così Canova -} Il bello delle forme umane consiste
dunque nell'inclinare e partecipare al donnesco - Possiamo noi {credere} che le forme umane, secondo natura, le più
perfette, fossero o sieno di questa sorta? che di questa sorta sia il bello
umano concepito da' primitivi selvaggi ec.? e non anzi l'opposto? che
l'intenzione della natura sia tale riguardo all'uomo, cioè ch'essendo perfetto,
(e ciò vuol dire quale ei dev'essere), abbia del donnesco, e non ne sia anzi
remotissimo? - Chi s'è mai avvisato tra' civili di pigliar le forme d'Ercole per modello di bellezza d'uomo?
ma nol sarebbero esse veramente
3428 in natura? e
tuttavia l'idea e la statua d'Ercole
non è il preciso contrario dell'idea e della statua d'Apollo? certo che sì, quanto alla forma virile e
matura ec. (12. Sett. 1823.).
[3553,2] Ho notato altrove p. 108 che la
debolezza per se stessa è cosa amabile, quando non ripugni alla natura del
subbietto in ch'ella si trova, o piuttosto al modo in che noi siamo soliti di
vedere e considerare la rispettiva specie di subbietti; o ripugnando, non
distrugga però la sostanza d'essa natura, e non ripugni più che tanto:
3554 insomma quando o convenga al subbietto, secondo
l'idea che noi della perfezione di questo ci formiamo, e concordi colle {altre} qualità d'esso subbietto, secondo la stessa idea
{+(come ne' fanciulli e nelle
donne);} o non convenendo, nè concordando, non distrugga però
l'aspetto della convenienza nella nostra idea, ma resti dentro i termini di
quella sconvenienza che si chiama grazia (secondo la mia teoria della grazia), come può esser negli
uomini, o nelle donne in caso ch'ecceda la proporzione ordinaria, ec. Ora
l'esser la debolezza per se stessa, e s'altro fuor di lei non si oppone,
naturalmente amabile, è una squisita provvidenza della natura, la quale avendo
posto in ciascuna creatura l'amor proprio in cima d'ogni altra disposizione, ed
essendo, come altrove ho mostrato pp. 872. sgg. , una necessaria e propria conseguenza
dell'amor proprio in ciascuna creatura l'odio dell'altre, ne seguirebbe che le
creature deboli fossero troppo sovente la vittima delle forti. Ma la debolezza
essendo naturalmente amabile e dilettevole altrui per se stessa, fa che altri
ami il subbietto in ch'ella si trova, e l'ami per amor proprio, cioè perchè da
esso riceve diletto.
{La debolezza
ordinariamente piace ed è amabile e bella nel bello. Nondimeno può piacere
ed esser bella ed amabile anche nel brutto, non in quanto nel brutto, ma in
quanto debolezza, (e talor lo è) purch'essa medesima non sia {la} cagione della bruttezza nè in tutto nè in
parte.} Senza ciò i fanciulli,
3555 massime
dove non vi fossero leggi sociali che tenessero a freno il naturale egoismo
degl'individui, sarebbero tuttogiorno écrasés dagli
adulti, le donne dagli uomini, e così discorrendo. Laddove anche il selvaggio
mirando un fanciullo prova un certo piacere, e {quindi}
un certo amore; e così l'uomo civile non ha bisogno delle leggi per contenersi
di por le mani addosso a un fanciullo, benchè i fanciulli sieno per natura
esigenti ed incomodi, ed in quanto sono (altresì per natura) apertissimamente
egoisti, offendano l'egoismo degli altri più che non fanno gli adulti, e quindi
siano per questa parte naturalmente odiosissimi (sì a coetanei, sì agli altri).
Ma il fanciullo è difeso {per se stesso} dall'aspetto
della sua debolezza, che reca un certo piacere a mirarla, e quindi ispira
naturalmente (parlando in genere) un certo amore verso di lui, perchè l'amor
proprio degli altri trova in lui del piacere. E ciò, non ostante che la stessa
sua debolezza, rendendolo assai bisognoso degli altri, sia cagione essa medesima
di noia e di pena agli altri, che debbono provvedere in qualche modo a' suoi
bisogni, e lo renda per natura molto esigente ec. Similmente discorrasi
3556 delle donne, nelle quali indipendentemente
dall'altre qualità, la stessa debolezza è amabile perchè reca piacere ec. Così
di certi animaletti o animali (come la pecora, {i cagnuolini,
gli agnelli,} gli uccellini ec. ec.) in cui l'aspetto della lor
debolezza rispettivamente a noi, in luogo d'invitarci ad opprimerli, ci porta a
risparmiarli, a curarli, ad amarli, perchè ci riesce piacevole. {ec.} E si può osservare che tale ella riesce anche ad
altri animali di specie diversa, che perciò gli risparmiano e mostrano talora di
compiacersene e di amarli ec. Così i piccoli degli animali non deboli quando son
maturi, sono risparmiati ec. dagli animali maturi della stessa specie (ancorchè
non sieno lor genitori), ed eziandio d'altre specie (eccetto se non ci hanno
qualche nimicizia naturale, o se per natura non sono portati a farsene cibo
ec.); ed apparisce in essi animali una certa o amorevolezza o compiacenza verso
questi piccoli. Similmente negli uomini verso i piccoli degli animali che
cresciuti non son deboli. E di questa compiacenza non n'è solamente cagione la
piccolezza per se (ch'è sorgente di grazia, come ho detto altrove), p.
200
pp.
1880-81
{#1. nè la sola sveltezza che in questi
piccoli suole apparire (siccome ancora nelle specie piccole di animali) e
che è cagion di piacere per la vitalità che manifesta e la vivacità ec.
secondo il detto altrove p. 221
pp. 1716-17
p. 1999
pp. 2336-37 da me
sull'amor della vita, onde segue quello del vivo ec.} ma v'ha la
3557 sua parte eziandio la debolezza. (29-30.
Sett. 1823.). {{V. p. 3765.}}

Related Themes
Della natura degli uomini e delle cose. (pnr) (6)
Grazia. (1827) (4)
Debolezza, amabile. (1827) (2)
Proporzione. (1827) (1)
Educazione. Insegnamento. (1827) (1)
Lingue. (pnr) (1)
Caratteri meridionali e settentrionali. (1827) (1)
Armonie della Natura. (1827) (1)
Compassione. (1827) (1)
Compassione verso le bestie. (1827) (1)
Donne. (1827) (1)
Egoismo. (1827) (1)
non dispiacevole ne' deboli. (1827) (1)
Fanciulli. (1827) (1)
alla vivacità, alla vita. (1827) (1)
Memorie della mia vita. (pnr) (1)
Piacere (Teoria del). (1827) (1)