4-9. Agosto 1820.
[198,1]
Montesquieu
(Essai sur le
Gout. Du je ne sais quoi) fa consistere la grazia {e il non so che,} principalmente nella sorpresa, nel dar
più di quello che si prometta ec. In questa materia della grazia così astrusa
nella teoria delle arti, come quella della grazia divina nella teologia, noterò
1. L'effetto della grazia non è di sublimar l'anima, o di riempierla, o di
renderla attonita come fa la bellezza, ma di scuoterla, come il solletico scuote
il corpo, e non già fortemente come la scintilla elettrica. Bensì appoco appoco
può produrre nell'anima una commozione e un incendio vastissimo, ma non tutto a
un colpo. Questo è piuttosto effetto della bellezza che si mostra tutta a un
tratto, e non ha successione di parti. E forse anche per questo motivo accade
quello che dice Montesquieu, che le
grandi passioni di rado sono destate dalle grandi bellezze, ma ordinariamente
dalla grazia, perchè l'effetto della bellezza si compie tutto in un attimo, e
all'anima dopo che s'è appagata di quella vista non rimane altro da desiderare
nè da sperare, se però la bellezza non è accompagnata da spirito, virtù ec. Al
contrario la grazia ha successione di parti, anzi non si dà grazia senza
successione. Quindi veduta una parte, resta desiderio e speranza delle altre. 2.
Perciò la grazia ordinariamente consiste nel movimento: e diremo così, la
bellezza è nell'istante, e la grazia nel tempo. Per movimento intendo anche
tutto quello che spetta alla parola. 3. Veramente non è grazia
199 tutto quello ch'è sorpresa. Già si sa quante sorprese non abbiano
che far colla grazia, ma anche in punto di donne, e di bello, la sorpresa non è
sempre grazia. Ponete una bellissima donna mascherata, o col viso coperto, e
supponete di non conoscerla, e ch'ella improvvisamente vi scopra il viso, e che
quella bellezza vi giunga affatto inaspettata. Quest'è una bella e piacevole
sorpresa, ma non è grazia. E per tener dietro precisamente a quello che dice
Montesquieu, che la grazia deriva
principalmente da questo {che}
nous sommes touchés de ce qu'une personne nous
plaît plus qu'elle ne nous a paru d'abord devoir nous plaire; et
nous sommes agréablement surpris de ce qu'elle a su vaincre des
défauts que nos yeux nous montrent et que le coeur ne croit
plus,
*
supponete di vedere una donna o un giovane
di persona disavvenente, e all'improvviso mirandolo in volto, trovarlo
bellissimo; questa pure è sorpresa, ma non grazia. 4. Pare che la grazia
consista in certo modo nella naturalezza, e non possa star senza questa.
Tuttavia primieramente, siccome la natura, secondo che osserva anche Montesquieu, è ora più difficile a
seguire, e più rara assai che l'arte, così notate che quelle grazie che
consistono in pura naturalezza, non si danno ordinariamente senza sorpresa. Se
tu senti {o vedi} un fanciullo che parla o vero opera,
le sue parole e le sue azioni e movimenti, ti riescono sempre come straordinari,
hanno un non so che di nuovo e d'inaspettato {che ti punge, e
fa una certa maraviglia, e tocca la curiosità.} Così in qualunque
altro soggetto di naïveté. In secondo luogo ci sono
anche delle cose non naturali, che pur sono graziose; o vero naturali, ma
graziose non per questo che sono naturali. P. e.
200
alcuni difettuzzi in un viso, piacciono assai, e paiono grazie a molti. Chi
s'innamora di un naso rincagnato (come quel Sultano di Marmontel), chi di un occhio un po' falso ec. Un
parlar bleso ec. a molti par grazia. E si vedono tuttogiorno, amori nati {appunto} da stranezze o difetti della persona amata.
Così nello spirito e nel morale. Il primo amore dell'Alfieri fu per una giovane di una certa protervia che mi faceva,
*
dic'egli,
moltissima forza
*
.
E di questo genere si potrebbero annoverare infinite cose che paiono
graziosissime e destano fiamma in questo o in quello, e ad altri parranno tutto
il contrario. Così un viso di quel genere che chiamano piccante, vale a dire imperfetto, e irregolare, fa ordinariamente più
fortuna di un viso regolare e perfetto. Par cosa riconosciuta che la grazia
appartenga piuttosto al piccolo che al grande, e che se al grande conviene la
maestà, la bellezza, la forza ec. la grazia e la vivacità non gli possa
convenire. Questo in qualsivoglia cosa, e astrattamente parlando, uomini,
statue, manifatture, poesie ec. ec. ec. Un
piccolin si mette Di buona grazia in tutto
*
dice
il Frugoni. Ed è cosa ordinaria di
chiamar graziosa una persona piccola, e spesso in maniera come se piccolezza
fosse sinonimo di grazia. 5. Da queste cose deducete che in somma la definizione
della grazia non si può dare, e Montesquieu non l'ha data, benchè paia crederlo, e bisogna sempre
ricorrere al non so che. Perchè I. se la sorpresa è spesso compagna della
grazia, è certo che questa è ben diversa dalla sorpresa, cioè perchè una cosa
sia graziosa, non basta che sorprenda, bisogna che sia di quel tal genere,
201 e questo genere che cos'è? II. non la sola
naturalezza, come abbiamo veduto; non il perfetto, anzi spesso il difettoso,
l'irregolare, e lo straordinario; non tutto l'imperfetto, l'irregolare, e lo
straordinario, com'è manifesto: che cosa dunque? III. Concedo che spesso il
sentimento della grazia contenga sorpresa, ma non è grazioso per questo che
sorprende, altrimenti tutto il sorprendente sarebbe grazioso, ma perch'è un
certo non so che. IV. Quel modo in cui Montesquieu spiega questo non so che nelle parole riportate di sopra
non sussiste se non in alcuni casi. Un viso piccante ed irregolare nous plaît veramente d'abord
e senz'altro, e qui non c'entra l'aver saputo vincere il difetto ec. Si vede
ch'esso stesso contiene propriamente in se una qualità piacevole distinta da
tutto il resto. È vero che un viso irregolare piace con una certa sorpresa, ma
quel che piace non è {solamente nè principalmente} la
sorpresa, altrimenti un viso mostruoso piacerebbe di più. Applicate queste
considerazioni agli altri esempi riportati di sopra, in tutti i quali non ha che
far niente il dare più di quello che si prometta, o non è la cagion principale
ed intima di quel tal piacere, ma piuttosto estrinseca e accidentale. V. Il
grazioso è relativo come il bello, cioè ad uno sì, a un altro no ec.
L'esperienza lo mostra, che come non c'è tipo della bellezza, così neanche della
grazia. E quantunque paia che l'idea della naturalezza debba essere universale,
tuttavia non è, e presso noi passano per naturali infinite cose che sono
tutt'altro, e ai villani parranno naturali e graziose cento maniere che a noi
parranno grossolane ec. Così secondo le diverse nazioni costumi abitudini
opinioni ec. Non che la natura non abbia le sue maniere
202 proprie, certe e determinate, ma succede qui come nel bello. Un
cavallo scodato, un cane colle orecchie tagliate, è contro natura, una donna coi
pendenti infilzati nelle orecchie, un uomo colla barba tagliata ec. eppur
piacciono. Molto più discordano i gusti intorno alla grazia indipendente dalla
naturalezza. VI. Quantunque questo non so che, non si possa definire, se ne
possono notare alcune qualità 1.mo Spessissimo la semplicità è fonte, o
proprietà della grazia. 2.do. Quantunque la grazia ordinarissimamente consista
nell'azione, tuttavia può stare qualche volta anche senza questa, come appunto
molte grazie derivanti dalla semplicità, p. e. nelle opere di belle arti,
nell'abito di una pastorella, citato anche da Montesquieu come grazioso, insieme colle pitture di Raffaello e Correggio. Anche un viso piccante ma non bello, si può
dire che contenga questo non so che, {e punga,} senza
bisogno di azione, come p. e. veduto in un ritratto, quantunque d'ordinario
prenda risalto dal movimento. 3.zo. La naturalezza non è la sola fonte della
grazia, e pure non c'è grazia, dove c'è affettazione. Il fatto è che quantunque
una cosa non sia graziosa per questo ch'è naturale, tuttavia non può esser
graziosa se non è, o non par naturale, e il minimo segno di stento, o di
volontà, ec. ec. basta per ispegnere ogni grazia. Dico, se non pare, perchè le
grazie della poesia, del discorso, delle arti ec. per lo più paiono naturali e
non sono. 4.to La piccolezza abbiamo veduto come abbia che far colla grazia.
5.to Lo svelto, il leggero, parimente ha che far colla grazia. E notate che i
movimenti molli e leggeri di una persona di taglio svelto, sono graziosi senza
sorpresa, giacchè non è strano che i moti di una {tal}
persona sieno facili e leggeri. Bensì muovono una certa maraviglia o ammirazione
203 diversa dalla sorpresa, la quale nasce
dall'inaspettato, o dall'aspettazione del contrario. Così la maraviglia prodotta
dalle belle arti, con tutto che appartenga al bello, non ha che far colla
grazia. 6.to L'effetto della grazia ordinariamente è quello che ho detto, di
scuotere e solleticare e pungere, puntura che spesso arriva dirittamente al
cuore, come se tu vedi due occhi furbi di una donna rivolti sopra di te, nel
qual caso la scossa si può paragonare anche all'elettrica. Ma in quella grazia
che spetta p. e. alla semplicità pare che se l'effetto è di solleticare, non sia
di pungere, e forse si può fare su questa considerazione una distinzione di due
grazie, l'una piccante, l'altra molle, insinuante, glissante dolcemente nell'anima. E forse la prima si chiama più
propriamente il non so che. 7.mo La vivacità ha che far colla prima specie di
grazia. Ma con tutto ciò la vivacità non è grazia. 8.vo Nei cibi parimente si dà
una certa grazia, ora della prima, ora anche della seconda specie. Quelli che
chiamano ragoûts appartengono alla prima. E qui pure
discordano i gusti infinitamente.
[203,1] In somma non saprei che dire. Si potrebbe conchiudere
che la grazia consiste in un certo irritamento nelle cose che appartengono al
bello {e al piacere.} Così si verrebbe ad escludere un
viso mostruoso ec. e dall'altra parte, il piacere troppo spiccato e sfacciato,
come quello della bellezza, dei godimenti corporali, del desiderio soddisfatto;
potendo la grazia chiamarsi piuttosto uno stuzzica-appetito, che una
soddisfazione di esso. (4-9. Agosto 1820.).