Grazia.
Grace.
198,1 206,4 208,1 212,3 221,1 236,1 237,1 250,1 257,1 269,1 270,2 452,2 1083,1 1322,1 1326,3 1329,3 1336,2 1346,1 1365,1 1387,1 1419,1 1522,1.2 1528,1 1529,1 1552,1.2 1575,1.2 1603,1 1658,1 1684,1 1774,1 1880,1.4 1885,1 1920,1 1921,1 1937,1 1982,1 1990,1 2045 2304,1 2454,1 2481,2 2521,1 2682,1 2831,1 3553,12 3712,1 3955,1 4293,2[198,1]
Montesquieu
(Essai sur le
Gout. Du je ne sais quoi) fa consistere la grazia {e il non so che,} principalmente nella sorpresa, nel dar
più di quello che si prometta ec. In questa materia della grazia così astrusa
nella teoria delle arti, come quella della grazia divina nella teologia, noterò
1. L'effetto della grazia non è di sublimar l'anima, o di riempierla, o di
renderla attonita come fa la bellezza, ma di scuoterla, come il solletico scuote
il corpo, e non già fortemente come la scintilla elettrica. Bensì appoco appoco
può produrre nell'anima una commozione e un incendio vastissimo, ma non tutto a
un colpo. Questo è piuttosto effetto della bellezza che si mostra tutta a un
tratto, e non ha successione di parti. E forse anche per questo motivo accade
quello che dice Montesquieu, che le
grandi passioni di rado sono destate dalle grandi bellezze, ma ordinariamente
dalla grazia, perchè l'effetto della bellezza si compie tutto in un attimo, e
all'anima dopo che s'è appagata di quella vista non rimane altro da desiderare
nè da sperare, se però la bellezza non è accompagnata da spirito, virtù ec. Al
contrario la grazia ha successione di parti, anzi non si dà grazia senza
successione. Quindi veduta una parte, resta desiderio e speranza delle altre. 2.
Perciò la grazia ordinariamente consiste nel movimento: e diremo così, la
bellezza è nell'istante, e la grazia nel tempo. Per movimento intendo anche
tutto quello che spetta alla parola. 3. Veramente non è grazia
199 tutto quello ch'è sorpresa. Già si sa quante sorprese non abbiano
che far colla grazia, ma anche in punto di donne, e di bello, la sorpresa non è
sempre grazia. Ponete una bellissima donna mascherata, o col viso coperto, e
supponete di non conoscerla, e ch'ella improvvisamente vi scopra il viso, e che
quella bellezza vi giunga affatto inaspettata. Quest'è una bella e piacevole
sorpresa, ma non è grazia. E per tener dietro precisamente a quello che dice
Montesquieu, che la grazia deriva
principalmente da questo {che}
nous sommes touchés de ce qu'une personne nous plaît plus qu'elle
ne nous a paru d'abord devoir nous plaire; et nous sommes
agréablement surpris de ce qu'elle a su vaincre des défauts que nos
yeux nous montrent et que le coeur ne croit plus,
*
supponete di vedere una donna o un giovane di persona disavvenente, e
all'improvviso mirandolo in volto, trovarlo bellissimo; questa pure è sorpresa,
ma non grazia. 4. Pare che la grazia consista in certo modo nella naturalezza, e
non possa star senza questa. Tuttavia primieramente, siccome la natura, secondo
che osserva anche Montesquieu, è ora
più difficile a seguire, e più rara assai che l'arte, così notate che quelle
grazie che consistono in pura naturalezza, non si danno ordinariamente senza
sorpresa. Se tu senti {o vedi} un fanciullo che parla o
vero opera, le sue parole e le sue azioni e movimenti, ti riescono sempre come
straordinari, hanno un non so che di nuovo e d'inaspettato {che ti punge, e fa una certa maraviglia, e tocca la curiosità.} Così
in qualunque altro soggetto di naïveté. In secondo
luogo ci sono anche delle cose non naturali, che pur sono graziose; o vero
naturali, ma graziose non per questo che sono naturali. P. e.
200 alcuni difettuzzi in un viso, piacciono assai, e paiono grazie a
molti. Chi s'innamora di un naso rincagnato (come quel Sultano di Marmontel), chi di un occhio un po' falso ec. Un
parlar bleso ec. a molti par grazia. E si vedono tuttogiorno, amori nati {appunto} da stranezze o difetti della persona amata.
Così nello spirito e nel morale. Il primo amore dell'Alfieri fu per una giovane di una certa protervia che mi faceva,
*
dic'egli, moltissima forza
*
. E di questo genere si
potrebbero annoverare infinite cose che paiono graziosissime e destano fiamma in
questo o in quello, e ad altri parranno tutto il contrario. Così un viso di quel
genere che chiamano piccante, vale a dire imperfetto,
e irregolare, fa ordinariamente più fortuna di un viso regolare e perfetto. Par
cosa riconosciuta che la grazia appartenga piuttosto al piccolo che al grande, e
che se al grande conviene la maestà, la bellezza, la forza ec. la grazia e la
vivacità non gli possa convenire. Questo in qualsivoglia cosa, e astrattamente
parlando, uomini, statue, manifatture, poesie ec. ec. ec. Un piccolin
si mette Di buona grazia in tutto
*
dice il Frugoni. Ed è cosa ordinaria di
chiamar graziosa una persona piccola, e spesso in maniera come se piccolezza
fosse sinonimo di grazia. 5. Da queste cose deducete che in somma la definizione
della grazia non si può dare, e Montesquieu non l'ha data, benchè paia crederlo, e bisogna sempre
ricorrere al non so che. Perchè I. se la sorpresa è spesso compagna della
grazia, è certo che questa è ben diversa dalla sorpresa, cioè perchè una cosa
sia graziosa, non basta che sorprenda, bisogna che sia di quel tal genere,
201 e questo genere che cos'è? II. non la sola
naturalezza, come abbiamo veduto; non il perfetto, anzi spesso il difettoso,
l'irregolare, e lo straordinario; non tutto l'imperfetto, l'irregolare, e lo
straordinario, com'è manifesto: che cosa dunque? III. Concedo che spesso il
sentimento della grazia contenga sorpresa, ma non è grazioso per questo che
sorprende, altrimenti tutto il sorprendente sarebbe grazioso, ma perch'è un
certo non so che. IV. Quel modo in cui Montesquieu spiega questo non so che nelle parole riportate di sopra
non sussiste se non in alcuni casi. Un viso piccante ed irregolare nous plaît veramente d'abord
e senz'altro, e qui non c'entra l'aver saputo vincere il difetto ec. Si vede
ch'esso stesso contiene propriamente in se una qualità piacevole distinta da
tutto il resto. È vero che un viso irregolare piace con una certa sorpresa, ma
quel che piace non è {solamente nè principalmente} la
sorpresa, altrimenti un viso mostruoso piacerebbe di più. Applicate queste
considerazioni agli altri esempi riportati di sopra, in tutti i quali non ha che
far niente il dare più di quello che si prometta, o non è la cagion principale
ed intima di quel tal piacere, ma piuttosto estrinseca e accidentale. V. Il
grazioso è relativo come il bello, cioè ad uno sì, a un altro no ec.
L'esperienza lo mostra, che come non c'è tipo della bellezza, così neanche della
grazia. E quantunque paia che l'idea della naturalezza debba essere universale,
tuttavia non è, e presso noi passano per naturali infinite cose che sono
tutt'altro, e ai villani parranno naturali e graziose cento maniere che a noi
parranno grossolane ec. Così secondo le diverse nazioni costumi abitudini
opinioni ec. Non che la natura non abbia le sue maniere
202 proprie, certe e determinate, ma succede qui come nel bello. Un
cavallo scodato, un cane colle orecchie tagliate, è contro natura, una donna coi
pendenti infilzati nelle orecchie, un uomo colla barba tagliata ec. eppur
piacciono. Molto più discordano i gusti intorno alla grazia indipendente dalla
naturalezza. VI. Quantunque questo non so che, non si possa definire, se ne
possono notare alcune qualità 1.mo Spessissimo la semplicità è fonte, o
proprietà della grazia. 2.do. Quantunque la grazia ordinarissimamente consista
nell'azione, tuttavia può stare qualche volta anche senza questa, come appunto
molte grazie derivanti dalla semplicità, p. e. nelle opere di belle arti,
nell'abito di una pastorella, citato anche da Montesquieu come grazioso, insieme colle pitture di Raffaello e Correggio. Anche un viso piccante ma non bello, si può
dire che contenga questo non so che, {e punga,} senza
bisogno di azione, come p. e. veduto in un ritratto, quantunque d'ordinario
prenda risalto dal movimento. 3.zo. La naturalezza non è la sola fonte della
grazia, e pure non c'è grazia, dove c'è affettazione. Il fatto è che quantunque
una cosa non sia graziosa per questo ch'è naturale, tuttavia non può esser
graziosa se non è, o non par naturale, e il minimo segno di stento, o di
volontà, ec. ec. basta per ispegnere ogni grazia. Dico, se non pare, perchè le
grazie della poesia, del discorso, delle arti ec. per lo più paiono naturali e
non sono. 4.to La piccolezza abbiamo veduto come abbia che far colla grazia.
5.to Lo svelto, il leggero, parimente ha che far colla grazia. E notate che i
movimenti molli e leggeri di una persona di taglio svelto, sono graziosi senza
sorpresa, giacchè non è strano che i moti di una {tal}
persona sieno facili e leggeri. Bensì muovono una certa maraviglia o ammirazione
203 diversa dalla sorpresa, la quale nasce
dall'inaspettato, o dall'aspettazione del contrario. Così la maraviglia prodotta
dalle belle arti, con tutto che appartenga al bello, non ha che far colla
grazia. 6.to L'effetto della grazia ordinariamente è quello che ho detto, di
scuotere e solleticare e pungere, puntura che spesso arriva dirittamente al
cuore, come se tu vedi due occhi furbi di una donna rivolti sopra di te, nel
qual caso la scossa si può paragonare anche all'elettrica. Ma in quella grazia
che spetta p. e. alla semplicità pare che se l'effetto è di solleticare, non sia
di pungere, e forse si può fare su questa considerazione una distinzione di due
grazie, l'una piccante, l'altra molle, insinuante, glissante dolcemente nell'anima. E forse la prima si chiama più
propriamente il non so che. 7.mo La vivacità ha che far colla prima specie di
grazia. Ma con tutto ciò la vivacità non è grazia. 8.vo Nei cibi parimente si dà
una certa grazia, ora della prima, ora anche della seconda specie. Quelli che
chiamano ragoûts appartengono alla prima. E qui pure
discordano i gusti infinitamente.
[206,4] La grazia propriamente non ha luogo se non nei piaceri
che appartengono al bello. Una novità, un racconto curioso, una nuova piccante,
tutto quello che punge o muove o solletica la curiosità, sono irritamenti
piacevoli ma non hanno che far colla grazia. E quelli che appartengono ai cibi,
o a qualunque altro piacere parimente, somigliano alla grazia, e possono esserne
esempi, ma non confondersi con lei. Perciò la grazia va definita semplicemente,
un irritamento nelle cose che appartengono al bello, tanto sensibile, quanto
intellettuale, come il bello poetico ec.
[208,1] La grazia appena io credo che possa esser concepita
dai francesi con idea vera. Certo i loro scrittori non la conoscono. Lo confessa
pienamente Thomas
Essai sur les Eloges ch. 9. Infatti
manca loro cette sensibilité
tendre et pure,
*
cioè inaffettata e naturale,
(l'avrebbero per natura, ma la società non vuole che la conservino: l'avevano i
loro antichi scrittori) e cet instrument facile et
souple
*
vale a dire una lingua come la greca e l'italiana.
Vedi senza fallo quel passo di Thomas.
(13. Agosto 1820.).
[212,3] L'irritamento della grazia è piacevole come un
irritamento corporale nel gusto nel tatto, ec. E come una maggiore irritabilità
e dilicatezza del palato, fibre
213 ec. rende più
suscettibili e di più fino discernimento rispetto a questi irritamenti
corporali, così nella grazia riguardo allo spirito. V. se vuoi Montesquieu libro più volte cit. De la
délicatesse. Che se l'effetto rispettivo della grazia de'
due sessi è molto maggiore di un irritamento, la cagione non è la sola grazia,
come non la sola bellezza negli stessi casi. Ma la grazia irrita allora una
parte sensibilissima dell'uomo, che è l'inclinazione scambievole all'uno de' due
sessi, la quale svegliata e infiammata produce effetti che la grazia per se, ed
in qualunque altro caso non produrrebbe, {quando anche fosse
in molto maggior grado.} Così nella pittura farà molto più effetto la
grazia di una donna ec. che di un uomo, la grazia anche di un uomo, che quella
di un bel cavallo, perchè sempre la inclinazione che abbiamo ai nostri simili
viene ad essere stuzzicata naturalmente più da quello che da questo oggetto. Lo
stesso dite di una pianta rispetto a un cavallo dipinto o scolpito, o di un
edifizio dipinto, sebbene in questo caso agisce molto la considerazione in cui
noi prendiamo quell'oggetto, cioè di opera umana, e perciò forse più efficace in
noi. Del resto tutto il medesimo accade in materia del bello. (17. Agosto
1820.).
[221,1] La vispezza e tutti i movimenti, e la struttura di
quasi tutti gli uccelli, sono cose graziose. (21. Agosto 1820.).
{{E però gli uccelli ordinariamente sono
amabili.}}
[236,1] Tutto quello che ho detto in parecchi luoghi p.
208 dell'affettazione dei francesi, della loro impossibilità di esser
graziosi ec. bisogna intenderlo relativamente alle idee che le altre nazioni o
tutte o in parte, o riguardo al genere, o solamente ad alcune particolarità,
hanno dell'affettazione grazia ec. perchè riflette molto bene Morgan
France l. 3. t. 1. p. 257. Il faut pourtant accorder beaucoup à
la différence des manières nationales; et celles de la femme
françoise la plus amie du naturel doivent porter avec elle ce qu'un
Anglois, dans le premier moment, jugera une teinte d'affectation,
jusqu'à ce que l'expérience en fasse mieux juger.
*
(9 7bre. 1820.).
[237,1]
237 Anche l'affettazione è relativa, e la tal cosa parrà
affettazione in un paese e in un altro no, in una lingua e in un[un'] altra no, o maggiore in questa e minore in quella,
dipendendo dalle abitudini, opinioni ec. L'espressione del sentimentale
conveniente in francia sarà affettata per noi, quella
conveniente per noi, sarebbe parsa affettazione agli antichi. La grazia francese
affettata per noi, non lo sarà per loro. Tuttavia è certo che la naturalezza ha
un non so che di determinato e di comune, e che si fa conoscere e gustare da
chicchessia, ma com'ella si conosce quando si trova, così le assuefazioni ec.
impediscono spessissimo di essere choqués della sua
mancanza, e di avvedercene. V. p. 201.
fine.
[250,1] Una prova evidente e popolare, {frequente nella vita, e giornaliera,} che il piccolo è considerato come grazioso, si è il
vezzo dei diminutivi che si sogliono applicare alle persone o cose che si amano,
o si vogliono vezzeggiare, pregare, addolcire, descrivere come graziose ec. E
così al contrario volendo mettere in ridicolo qualche persona o cosa tutt'altro
che graziosa, se le applica il diminutivo perchè la renda ridicola colla forza
del contrasto. Quest'uso è così antico
251 (nel latino,
greco ec.) e così universale oggidì che si può considerare come originato dalla
natura, e non dal costume o dalla proprietà di questa o quella lingua. E i
francesi che non hanno se non pochissimi diminutivi, nei casi detti di sopra,
fanno grand'uso di questi pochissimi, o suppliscono col petit, dimostrando che l'inclinazione ad attribuire ed esprimer
piccolezza in quelle tali circostanze, non è capriccio o assuefazione, ma
natura, ed effetto di un'opinione innata che la piccolezza sia quasi compagna
della grazia e piacevolezza, cose ben distinte dalla bellezza colla quale non ha
che fare questo attributo. E nello stesso modo, volendo ingiuriare, dipingere
come sgraziato, discacciare, ec. ec. qualunque persona o cosa, si adopera
l'accrescitivo; e in genere l'accrescitivo par che sempre tolga grazia al
soggetto, anzi sia l'opposto della grazia, e piacevolezza. (22. 7bre
1820.)
[257,1]
257 Alle volte la vivacità (sia del viso, o dei
movimenti, o delle azioni ec.), alle volte la languidezza e flemma è madre di
grazia. E chi è preso più da quella, chi più da questa.
[269,1] La pura bellezza risultante da un'esatta e regolare
convenienza, desta di rado le grandi passioni (come dice Montesquieu), per lo stesso motivo per cui la ragione è
infinitamente meno forte ed efficace della natura. Quella bellezza è come una
ragione, perciò non suppone vita nè calore, sia in se medesima, sia in chi la
riguarda. Al contrario un volto o una persona difettosa ma viva, graziosa ec.
{o fornita di un animo capriccioso, sensibile ec.}
sorprende, riscalda, affetta e tocca il capriccio di chi la riguarda, senza
regola, senza esattezza, senza ragione ec. ec. e così le grandi passioni nascono
per lo più dal capriccio, {dallo straordinario ec.} e
non si ponno giustificare colla ragione. (10. 8.bre 1820.).
[270,2] La semplice bellezza rispetto alla grazia ec. è nella
categoria del bello, quello ch'è la ragione rispetto alla natura nel sistema
delle cose umane. Questa considerazione può applicarsi a spiegare l'arcana
natura e gli effetti della grazia.
[452,2] Tanto è vero che lo straordinario è fonte di
453 grazia, che gli uomini malvagi, purchè la loro
malvagità abbia un carattere deciso, aperto, franco, coraggioso, sia una
malvagità schietta forte e costante, non timida, indecisa, nascosta, variabile
ec. come quella di tutti: questi tali fanno per lo più fortuna colle donne a
preferenza dei buoni. Non già solamente perchè i malvagi sono più furbi dei
buoni, ma propriamente per questo che sono malvagi, e perchè quel non so che di
coraggioso, di fiero ec. insomma di straordinario che ha quella tale malvagità,
picca e piace, e rende amabile. Così che lo stesso odioso diventa amabile,
perciò appunto ch'essendo {decisamente} odioso, {viene a essere} straordinario. (22. Dic.
1820.).
[1083,1]
1083 Alla considerazione della grazia derivante dallo
straordinario, spetta in parte il vedere che uno de' mezzi più frequenti e
sicuri di piacere alle donne, è quello di trattarle con dispregio e motteggiarle
ec. Il che anche deriva da un certo contrasto ec. che forma il piccante. {+E ancora dall'amor proprio messo in
movimento, e renduto desideroso dell'amore e della stima di chi ti
dispregia, perch'ella ti pare più difficile, e quindi la brami di più ec. E
così accade anche agli uomini verso le donne o ritrose, o motteggianti
ec.}
(24. Maggio 1821.).
[1322,1] Ho detto altrove pp. 198-203 che la grazia deriva bene spesso (e forse
sempre) dallo straordinario nel bello, e da uno straordinario che non distrugga
il bello. Ora aggiungo la cagione di questo effetto. Ed è, non solamente che lo
straordinario ci suol dare sorpresa, e quindi piacere, il che non appartiene al
discorso della grazia; ma che ci dà maggior sorpresa e piacere il veder che
quello straordinario non nuoce al bello, non distrugge il conveniente e il
regolare, nel mentre che è pure straordinario, e per se stesso irregolare; nel
mentre che per essere irregolare e straordinario, dà risalto a quella bellezza e
convenienza: e insomma il vedere una bellezza e una convenienza non ordinaria,
{{e}} di cose che non paiono poter convenire; una
bellezza e convenienza diversa dalle altre e comuni. Esempio. Un naso affatto
mostruoso, è tanto irregolare, che distrugge la regola, e quindi la convenienza
e la bellezza. Un naso come quello della Roxolane di Marmontel, è irregolare, e tuttavia non
distrugge il bello nè il conveniente, benchè per se stesso sia sconveniente; ed
ecco la grazia, e gli effetti mirabili di questa grazia, descritti festivamente
da
1323
Marmontel, e soverchianti quelli
d'ogni bellezza perfetta. {V. p. 1327.
fine.} Se osserveremo bene in che cosa consista
l'eleganza delle scritture, l'eleganza di una parola, di un modo ec. vedremo
ch'ella sempre consiste in un piccolo irregolare, o in un piccolo straordinario
o nuovo, che non distrugge punto il regolare e il conveniente dello stile o
della lingua, anzi gli dà risalto, e risalta esso stesso; e ci sorprende che
risaltando, ed essendo non ordinario, o fuor della regola, non disconvenga; e
questa sorpresa cagiona il piacere e il senso dell'eleganza e della grazia delle
scritture. {+(Qui discorrete
degl'idiotismi ec. ec.)} Il pellegrino delle voci o dei modi, se è
eccessivamente pellegrino, o eccessivo per frequenza ec. distrugge l'ordine, la
regola, la convenienza, ed è fonte di bruttezza. Nel caso contrario è fonte di
eleganza in modo che se osserverete lo stile di Virgilio o di Orazio, modelli di eleganza a tutti secoli, vedrete che l'eleganza
loro principalissimamente e generalmente consiste nel pellegrino dei modi e
delle voci, o delle loro applicazioni a quel tal uso, luogo, significazione, nel
pellegrino delle metafore ec. Cominciando
1324 dal
primo verso sino all'ultimo potrete far sempre la stessa osservazione.
[1326,3] Molte cose si trovano, molte particolarità nelle
forme umane (così dico del resto), che sono sul confine della grazia e della
deformità, o del difettoso,
1327 e ad altri paiono
graziose, ad altri paiono difetti, ad altri piacciono, ad altri formalmente
dispiacciono, o anche arrivano a piacere e dispiacere alla stessa persona in
diverse circostanze. {+La qual cosa
conferma come il grazioso derivi dallo straordinario, cioè da quello ch'è
fuor dell'ordine sino a un certo punto.} Certo è che l'uomo o la donna
può fare in modo, che, s'ella ha difetti anche notabili, anche gravi, quegli
stessi le servano a farsi maggiormente amare, a rendersi piacevole {e desiderata,} e più delle altre, appunto nel mentre che
si conosce la sua imperfezione. (Questo dico sì dei difetti fisici come morali
ec.) E ciò per mezzo di giudiziosi contrapposti nella convenienza, garbo, brio
del portamento ec. ec. ec. in maniera che quel difetto venga piuttosto a dare
risalto al bello e al conveniente, che a distruggerlo, ancorchè sia gravissimo.
Di ciò son frequenti gli esempi, e spesso ridicoli ec. (15. Luglio
1821.).
[1329,3] Non è mai sgraziato un fanciullino che si vergogna,
e parlando arrossisce, e non sa stare nè operare nè discorrere in presenza
altrui. Bensì un giovane poco pratico del buon tratto, e desideroso di esserlo,
o di comparirlo. Non è mai sgraziata una pastorella che non sa levar gli occhi,
trovandosi fra persone nuove, nè ha la maniera di contenersi,
1330 di portarsi ec. Bensì una donna, egualmente o anche meno timida,
e più istruita, ma che volendo figurare, o essere come le altre in una
conversazione, non sappia esserlo o non abbia ancora imparato. Così lo sgraziato
non deriva mai dalla natura (anzi le dette qualità naturali, sono graziose
sempre ec. ec.), ma bensì frequentemente dall'arte, e questa non è mai fonte di
grazia nè di convenienza, se non quando ha ricondotto l'uomo alla natura, o
all'imitazione di essa, cio è[cioè] alla
disinvoltura, all'inaffettato, alla naturalezza ec. E l'andamento necessario
dell'arte, è quasi sempre questo. Farci disimparare quello che già sapevamo
senza fatica, e toglierci quelle qualità che possedevamo naturalmente. Poi con
grande stento, esercizio, tempo, tornarci a insegnare le stesse cose, e
restituirci le stesse qualità, o poco differenti. Giacchè quella modestia,
quella timidezza, quella vergogna naturale ec. si trova bene spesso in molti,
non più naturale, chè l'hanno perduta, ma artifiziale, chè mediante l'arte
appoco appoco e stentatamente l'hanno ricuperata. (15. Luglio
1821.).
[1336,2] In proposito e in prova di quanto ho detto p. 1322. - 28. che la
grazia deriva dallo straordinario medesimo, che quando è troppo, per un verso o
per un altro, cagiona l'effetto opposto; osservate che l'inusitato nelle
scritture nella lingua, nello stile, è fonte principalissima di affettazione di
sconvenienza, di barbarie, {d'ineleganza,} e di
bruttezza; e l'inusitato è pur l'unica
fonte dell'eleganza. V. il Monti Proposta ec. vol. 1. par. 1.
Append. p. 215. sotto il mezzo,
1337 seg.
{e la p. 1312.
capoverso ult.}
(17. Luglio 1821.)
[1346,1] Molte qualità che ad altri riescono dispettose {e sguaiate,} ad altri riescono graziose. Come il parlar
flemmatico degli uomini, piace spesso alle donne, a noi pare accidioso. {+Viceversa accadrà circa il parlar delle
donne.} Così certe pronunzie {o dialetti}
languidi, cascanti, strascinati, delicati, smorfiosi, come fra noi il maceratese
ec. (19. Luglio 1821.).
[1365,1] La grazia bene spesso non è altro che
1366 un genere di bellezza diverso dagli ordinari, e
che però non ci par bello, ma grazioso, o bello insieme e grazioso (che la
grazia è sempre nel bello). A'[A] quelli a'
quali quel genere non riesca straordinario, parrà bello ma non grazioso, e
quindi farà meno effetto. Tale è p. e. quella grazia che deriva dal semplice,
dal naturale ec. che a noi in tanto par grazioso, in quanto, atteso i nostri
costumi e assuefazioni ec., ci riesce straordinario, come osserva appunto Montesquieu. Diversa è l'impressione che a noi produce la
semplicità degli scrittori greci, v. g. Omero, da quella che produceva ne' contemporanei. A noi par graziosa,
{+(V. Foscolo nell'articolo
sull'Odiss. del Pindemonte; dove parla della sua propria traduzione del
1. Iliade)} perchè divisa da' nostri costumi, e
naturale. Ai greci contemporanei, appunto perchè naturale, pareva bella, cioè
conveniente, perchè conforme alle loro assuefazioni, ma non graziosa, o certo
meno che a noi. Quante cose in questo genere paiono ai francesi graziose, che a
noi paiono soltanto belle, o non ci fanno caso in verun conto! A molte cose può
estendersi questo pensiero. (21. Luglio 1821.)
[1387,1] Grazia che deriva dallo staordinario o dal
contrasto. Voce alquanto virile nelle donne. È un gran ragoût, purchè non sia eccessivo. ec. ec. (25. Luglio
1821.).
[1419,1] Prima di lasciare il discorso della semplicità,
voglio notare che siccome il piacer che si riceve dal bello, dal grazioso ec. è
bene spesso
1420 in ragione dello straordinario dentro
certi limiti, così noi proviamo della semplicità de' greci de' trecentisti ec.
maggior piacere assai che i loro contemporanei: {e quindi
l'ammiriamo di più, e la troviamo assai spesso più bella ec.} Così
pure accade secondo le diverse nazioni. Vale a dire che la differenza delle
nazioni e de' tempi, ossia delle assuefazioni ec. come può diminuire il pregio
della semplicità e naturalezza ec. secondo che ho dato a vedere, così lo può
anche aumentare, e variare intorno ad essa il giudizio e il senso degli uomini
anche in questa parte. {+
V. p. 1424.} Tanto è vero
che tutte le sensazioni umane sono modificate e dipendono quasi esclusivamente
dall'assuefazione e dalle circostanze ec. Vedi ed applica alla semplicità quanto
ho detto della grazia p.
1322.-28.
(30. Luglio 1821.).
[1528,1] Come la grazia sia relativa si riconosce anche in
ciò. Un aspetto femminile negli uomini è veramente sconveniente perch'è fuor
dell'ordinario. Pur questa sconvenienza alle donne bene spesso par grazia, agli
uomini bruttezza; ed io ho veduto de' visi e delle forme femminili che agli
uomini facevano nausea, far gran fortuna e colpo nelle donne al solo primo
aspetto, ed esser da loro generalmente riputate bellissime. Così viceversa può
dirsi del
1529 maschile nelle donne. (v. la p. 1522.) E tali altre infinite
differenze si trovano ne' due sessi, circa al senso e al giudizio della grazia,
come del bello. (20. Agos. 1821.).
[1529,1] E notate che, stante il gusto naturale che hanno le
donne per la forza negli uomini, e gli uomini per la debolezza nelle donne,
parrebbe che il fatto dovesse andare all'opposto di ciò che ho detto qui sopra.
Ma oltre che i gusti naturali si alterano sommamente, infinite sono le
modificazioni, le facce, le differenze di un medesimo gusto, e degli effetti
suoi. ec. (20. Agos. 1821.).
[1603,1]
1603 Dalle sopraddette osservazioni risulta un'altra
gran prova del come l'idea del bello sia relativa e mutabile, e dipendente non
da modello alcuno invariabile, ma dalle assuefazioni che cambiano secondo le
circostanze. Oggi l'idea del bello, racchiude quasi essenzialmente un'idea di
delicatezza. Un robusto villano o villana, non paiono certamente belli alle
persone di città. Il bello nelle nostre idee, esclude affatto il grossolano.
Dovunque esso si trova, (se ciò non è in una certa misura che mediante lo
straordinario e lo stesso sconveniente, produca la grazia) non si trova il bello
per noi, almeno il bello perfetto. Ora egli è certo che gli uomini primitivi la
pensavano ben altrimenti, perchè tutti gli uomini primitivi eran grossolani. Non
esisteva allora una di quelle forme che noi chiamiamo belle, (ciò si può vedere
fra' selvaggi i quali non sentono la bellezza meno di noi, benchè non sentano la
nostra): e se avesse esistito, sarebbe stata e chiamata brutta. La delicatezza
dunque non entra nell'idea che l'uomo naturale concepisce del bello. Quindi la
1604
presente idea del bello non è punto naturale, anzi l'opposto. E pur ci pare
naturalissima, confondendo il naturale collo spontaneo: giacch'ella è spontanea,
perchè derivata senza influenza della volontà dalle assuefazioni ec.
[1658,1] Piace nelle donne una certa virilità non solo di
corpo, anche d'animo, e parimente a causa dello straordinario. Piace in esse
anche la magnanimità, e questa piace pure, tanto alle donne quanto agli uomini,
negli uomini ancora; perchè anche in essi è straordinaria, proporzionatamente
parlando ec. Le sventure, le passioni, la malinconia, {i
sacrifizi generosi, e più o meno eroici,} ec. piacciono pure in ambo i
sessi e danno grazia ec. in parte per la compassione, ma in parte anche per lo
straordinario. Così le grandi virtù, o i grandi vizi ec. (9. Sett.
1821.).
[1684,1] Piace naturalmente ed universalmente (anche a'
vecchi) la vivacità della fisonomia, moti, espressioni, stile, costumi, maniere
ec. ec. Che vuol dir ciò? Viene in parte dallo straordinario, ma nella parte
principale questo piacere è indipendente dal bello: egli viene in ultima analisi
da una inclinazione (innata) della natura
1685 alla
vita, ed odio della morte, e quindi della noia, dell'inattività, e di ciò che
l'esprime, come la melensaggine. Inclinazione ed odio che si manifesta in mille
altre parti della vita umana, anzi in tutto l'uomo, anzi in tutta la natura.
Bensì ella {pur} varia nelle proporzioni, secondo i
temperamenti, le circostanze, {ec.} e sarà piacevole, e
(come dicono) bella per costui una vivacità che sarà brutta per colui, bella
oggi, brutta domani, bella per una nazione, brutta per un'altra ec. ec. ec.
(12. Sett. 1821.).
[1774,1] Grazia dallo straordinario. I militari sogliono
piacere singolarmente alle donne, ancorchè talvolta resi imperfetti da qualche
disgrazia della guerra: anzi allora forse più che mai. Ho udito di un Generale
tedesco vivente, al quale manca deformemente un occhio, onde porta la testa
fasciata, il quale ha una straordinaria fortuna colle donne. (23. Sett.
1821.).
[1885,1] Un uomo famoso per dissipazioni e sfrenatezze e
fortune galanti, e infedeltà in amore, fa grand'effetto nelle donne con questa
sola fama, ma forse nelle donne modeste e timide, e avvezze ad esser fedeli, più
che nelle altre. La franchezza, il brio,
1886 la
sfrontatezza ec. fa {sempre} fortuna in amore, ed
e[è] quasi indifferentemente necessaria e
felice con ogni sorta di donne, perch'è quasi l'unico mezzo di ottenere. Ma
considerata semplicemente come mezzo di piacere e di far effetto sulle prime, è
certo ch'egli è più potente, sulle donne modeste, ritirate, paurose, poco solite
agl'intrighi ec. che nelle loro contrarie.
[1920,1] Siccome il piccolo è grazioso, così il grande per se
stesso, sotto ogni aspetto, (anche il grande però è relativo) è contrario alla
grazia. E mal sarebbe accolto quel poeta che personificando p. e. un monte gli
attribuisse qualità o sensi dilicati ec. o che attribuisse della grandezza a
qualunque soggetto da lui descritto o trattato come grazioso o delicato; o che
introducesse la grandezza qualunque, in un genere o argomento grazioso ec. se
ciò non fosse per un contrasto. Eppure astrattamente parlando non c'è ragione
perchè il grande non possa esser grazioso, e quello ch'è grande per noi, è o può
esser piccolo per altri ec. ec.
1921
(14. Ott. 1821.).
[1921,1] Si può dire che il dilicato in ordine alle forme
{ec.} non consiste in altro che in una
proporzionata e rispettiva piccolezza del tutto o delle parti. E viceversa il
grossolano, o ciò ch'è di mezzo fra il grossolano e il dilicato. La qual
proporzione, la qual piccolezza è determinata dall'assuefazione. La piccolezza
del piede delle Chinesi a noi parrebbe sproporzionata. La natura non entra qui
(come non entra altrove) o non basta a tali determinazioni. La più lunga vita
della donna più grande nei nostri vestiarii d'oggidì è più corta della più corta
vita dell'uomo il più piccolo, o almeno il più mediocre ec. ec.
[1937,1] Quando si comincia a gustare una nuova lingua, le
cose che più ci piacciono e ci rendono sapor di eleganza, sono quelle proprietà,
quelle facoltà, modi, forme, metafore, usi di parole o di locuzioni, che si
allontanano dal costume e dalla natura della nostra lingua, senza però esserle
contrarie, e senza discostarsene di troppo. {(Così anche nel pronunziare o nel
sentir pronunziare una lingua straniera, ci piacciono più di tutto quei
suoni che non sono propri della nostra, o del nostro costume, nel qual
proposito v. la p. 1965.
fine.} (Ecco appunto la natura della grazia: lo
straordinario fino a un certo segno, e in modo ch'egli faccia colpo senza choquer le nostre assuefazioni ec.) {+Questo ci accade nel leggere, nel parlare
nello scrivere quella tal lingua. (In tutti tre i casi però può aver luogo
un'altra sorgente di piacere, cioè l'ambizione o la compiacenza di sapere
intendere o adoperare quelle tali frasi, di parer forestiere a se stesso, di
aver fatto progressi, vinto le difficoltà ec.)} E ciò accade quando
anche in quella lingua o in quel caso, quelle tali forme non sieno per verità
eleganti. E dove noi vediamo una decisa e per noi eccessiva conformità colla
nostra lingua, quivi noi proviamo un senso
1938 di
trivialità ed iẽleganza[ineleganza], quando
anche ella sia tutto l'opposto: come alla prima giunta ci accade
nell'elegantissimo Celso, il quale ha
molti modi ed si similissimi all'indole italiana: e così spesso ci accade negli
scrittori latini antichi, o moderni massimamente (perchè questi non hanno in
favor loro la prevenzione, e la certezza che dicono bene.) (17. Ott.
1821.). {{V. p.
1965.}}
[1982,1] Grazia dallo straordinario. Il color bruno, {o tendente al brunetto,} è grazioso, {e piccante,} quasi contrastando e rilevando il pregio delle fattezze.
Ma se il contrasto è eccessivo, e se il bruno è nero, o se il colorito è insomma
troppo diverso da quello che dovrebbe, esso non è mai grazia, ma bruttezza.
L'eccesso però, siccome il non eccesso è diversamente giudicato dai diversi
gusti, assuefazioni, circostanze parziali e individuali ec. (24. Ott.
1821.).
[1990,1] Ho detto p. 1387 che la grazia ec. deriva dai
contrasti, e perciò spesso l'uomo, e l'amore inclina al suo contrario.
Osserviamo infatti che alla donna debole per natura, piace la fortezza
dell'uomo, e all'uomo viceversa. Il che sebbene deriva immediatamente dalla
naturale inclinazione d'ambo i sessi, contuttociò viene in parte dalla
1991 forza del contrasto, giacchè si vede che ad una
donna straordinariamente forte piace talvolta un uomo piuttosto debole più che a
qualunque altra, e forse più che qualunque altro; e viceversa all'uomo debole
una donna forte. ec. Così dico della delicatezza opposta alla nervosità, e delle
altre rispettivamente contrarie qualità de' due sessi. In tutto questo però
influisce l'abitudine de' diversi individui. (26. Ott. 1821.).
[2045,1]
2045 Si suol dire che l'amicizia è tra gli uguali.
L'amore per certo, naturalmente tende all'uguale in quanto all'ordinario. Che se
è notato com'egli tende pure ai contrari, questa propensione non so
primieramente quanto sia naturale, in secondo luogo ella nasce, come ho detto
altrove p. 453
p.
1880
pp.
1903-904, da un'altra disposizione della natura che c'inclina verso lo
straordinario, perciò appunto che è, ed in quanto è straordinario. Come, sebbene
noi siamo inclinati alla bellezza, ch'è perfetta convenienza, siamo però anche
inclinati alla grazia, ch'è una certa sconvenienza, o non perfetta convenienza;
anzi a questa più che a quella, almeno nel nostro stato presente. La natura ha
parecchie qualità e principii armonici a un tempo e contrarii, anzi armonizzanti
e sostenentisi scambievolmente in virtù della loro contrarietà: e l'uno de'
contrarii non solo non distrugge la teoria
2046
dell'altro, ma anzi la dimostra. (3. Nov. 1821.).
[2304,1] I diminutivi sogliono esser sempre graziosi, e recar
grazia e leggiadria ed eleganza al discorso, alla frase ec. Riferite
quest'osservazione alla grazia che nasce dalla piccolezza
p.
200
pp.
250-51. (29. Dic. 1821.).
[2454,1] Grazia dallo straordinario. I nei che altro sono se
non difetti, e false produzioni della cute? E non sono stati considerati lungo
tempo come bellezze? (Anzi così anche oggi volgarmente si sogliono chiamare). E
le donne col porsegli dintorno non facevano insomma altro che fingersi dei
difetti, e fabbricarseli appostatamente, per proccurarsi grazia e bellezza.
(1. Giugno 1822.).
[2481,2] Grazia dal contrasto. La medesima insipidezza o del
carattere, o delle maniere, o de' discorsi, o degli scherzi, sentimenti ec. in
una persona bella, fa molte volte effetto, ed è un charme tanto nelle donne rispetto agli uomini, come viceversa. La
stessa rozzezza, o una certa poca delicatezza di modi ec. è spesse volte e per
molti graziosa e attraente in una persona di forme delicate ec. (17.
Giugno. 1822.).
[2521,1] Tutte le sopraddette osservazioni, e particolarmente
quelle della pagina 2512. fine-13.
si debbono applicare alla teoria della
grazia derivante da quello ch'è fuor dell'uso. Le cagioni
dell'eleganza delle parole o modi sono eterne, ed eternamente le stesse. Ma
niuna parola o frase ec. {+di niuna
lingua,} è perpetuamente elegante,
2522 per
elegantissima che sia o che sia stata una volta, nè viceversa triviale ec:
neanche durando la stessa indole, genio, spirito, carattere, forma ec. di quella
tal lingua. E non solo niuna parola o modo, ma niun genere o classe di parole o
modi.
[2682,1]
2682 Grazia dal contrasto. {Conte}
Baldessar Castiglione, Il Libro del Cortegiano. lib. 1.
Milano, dalla Società tipogr. de' Classici
italiani, 1803. vol. 1. p. 43-4. Ma avendo io già più
volte pensato meco, onde nasca questa grazia, lasciando quegli che dalle
stelle l'hanno, trovo una regola universalissima; la qual mi par valer
circa questo in tutte le cose umane, che si facciano, o dicano, più che
alcuna altra; e ciò è fuggir quanto più si può, e come un asperissimo e
pericoloso scoglio la affettazione; e, per dir forse una nuova parola,
usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l'arte, e
dimostri, ciò che si fa, e dice, venir fatto senza fatica, e quasi senza
pensarvi. Da questo credo io che derivi assai la grazia: perchè delle cose rare, e ben fatte ognun
sa
*
{+(p. 44. dell'edizione)}
la
difficultà, onde in
esse
la facilità
genera grandissima maraviglia; e per lo
contrario, lo sforzare, e, come si dice, tirar per i capegli, dà somma
disgrazia, e fa estimar poco ogni cosa, per grande ch'ella si
sia.
*
(Roma 14. Marzo. 1823. secondo Venerdì di
Marzo.).
[2831,1] Grazia dallo straordinario e dal contrasto. Spesse
volte la grazia {o} delle forme o delle maniere deriva
da una bellezza e convenienza nelle cui parti non esiste veramente nessun
contrasto, ma che però risulta da certe parti che non sogliono armonizzare e
convenire insieme, benchè in questa tal bellezza e in questo tal caso
convengano; ovvero da parti che non sogliono trovarsi riunite insieme, benchè
trovandosi, sempre armonizzino: onde essa bellezza è diversa dalle ordinarie,
benchè sia vera bellezza, cioè intera convenienza ed armonia. In tal caso il
contrasto
2832 è estrinseco ed accidentale, non
intrinseco: in tal caso la grazia deriva precisamente dalla bellezza, ma non
dalla bellezza in quanto bellezza, bensì in quanto bellezza non ordinaria, e di
genere diversa dalle altre: così che la grazia anche in questo caso deriva dal
contrasto, non delle parti componenti il bello, ma del tutto, cioè di questo tal
bello, col bello ordinario; e dalla sorpresa che l'uomo prova vedendo {o sentendo} una bellezza diversa da quella ch'egli suole
considerar come tale, il che produce in lui un contrasto colle sue idee. Questo
caso da cui nasce la grazia, non è raro. Tutte quelle fisonomie, o quelle forme
di persona, perfettamente armonizzanti, e con tutto ciò non ordinarie, o nelle
quali non si suol trovare armonia, o in somma di genere diverso {dal più delle} fisonomie e forme belle, sono per qualche
parte graziose. E il caso è più frequente e più facile nelle maniere, le quali
ammettono più varietà che le forme materiali e naturali, e possono armonizzare
in molti più modi che le dette forme.
[3553,2] Ho notato altrove p. 108 che la
debolezza per se stessa è cosa amabile, quando non ripugni alla natura del
subbietto in ch'ella si trova, o piuttosto al modo in che noi siamo soliti di
vedere e considerare la rispettiva specie di subbietti; o ripugnando, non
distrugga però la sostanza d'essa natura, e non ripugni più che tanto:
3554 insomma quando o convenga al subbietto, secondo
l'idea che noi della perfezione di questo ci formiamo, e concordi colle {altre} qualità d'esso subbietto, secondo la stessa idea
{+(come ne' fanciulli e nelle
donne);} o non convenendo, nè concordando, non distrugga però
l'aspetto della convenienza nella nostra idea, ma resti dentro i termini di
quella sconvenienza che si chiama grazia (secondo la mia teoria della grazia), come può esser negli
uomini, o nelle donne in caso ch'ecceda la proporzione ordinaria, ec. Ora
l'esser la debolezza per se stessa, e s'altro fuor di lei non si oppone,
naturalmente amabile, è una squisita provvidenza della natura, la quale avendo
posto in ciascuna creatura l'amor proprio in cima d'ogni altra disposizione, ed
essendo, come altrove ho mostrato pp. 872. sgg. , una necessaria e propria conseguenza
dell'amor proprio in ciascuna creatura l'odio dell'altre, ne seguirebbe che le
creature deboli fossero troppo sovente la vittima delle forti. Ma la debolezza
essendo naturalmente amabile e dilettevole altrui per se stessa, fa che altri
ami il subbietto in ch'ella si trova, e l'ami per amor proprio, cioè perchè da
esso riceve diletto. {La debolezza
ordinariamente piace ed è amabile e bella nel bello. Nondimeno può piacere
ed esser bella ed amabile anche nel brutto, non in quanto nel brutto, ma in
quanto debolezza, (e talor lo è) purch'essa medesima non sia {la} cagione della bruttezza nè in tutto nè in
parte.} Senza ciò i fanciulli,
3555 massime
dove non vi fossero leggi sociali che tenessero a freno il naturale egoismo
degl'individui, sarebbero tuttogiorno écrasés dagli
adulti, le donne dagli uomini, e così discorrendo. Laddove anche il selvaggio
mirando un fanciullo prova un certo piacere, e {quindi}
un certo amore; e così l'uomo civile non ha bisogno delle leggi per contenersi
di por le mani addosso a un fanciullo, benchè i fanciulli sieno per natura
esigenti ed incomodi, ed in quanto sono (altresì per natura) apertissimamente
egoisti, offendano l'egoismo degli altri più che non fanno gli adulti, e quindi
siano per questa parte naturalmente odiosissimi (sì a coetanei, sì agli altri).
Ma il fanciullo è difeso {per se stesso} dall'aspetto
della sua debolezza, che reca un certo piacere a mirarla, e quindi ispira
naturalmente (parlando in genere) un certo amore verso di lui, perchè l'amor
proprio degli altri trova in lui del piacere. E ciò, non ostante che la stessa
sua debolezza, rendendolo assai bisognoso degli altri, sia cagione essa medesima
di noia e di pena agli altri, che debbono provvedere in qualche modo a' suoi
bisogni, e lo renda per natura molto esigente ec. Similmente discorrasi
3556 delle donne, nelle quali indipendentemente
dall'altre qualità, la stessa debolezza è amabile perchè reca piacere ec. Così
di certi animaletti o animali (come la pecora, {i cagnuolini,
gli agnelli,} gli uccellini ec. ec.) in cui l'aspetto della lor
debolezza rispettivamente a noi, in luogo d'invitarci ad opprimerli, ci porta a
risparmiarli, a curarli, ad amarli, perchè ci riesce piacevole. {ec.} E si può osservare che tale ella riesce anche ad
altri animali di specie diversa, che perciò gli risparmiano e mostrano talora di
compiacersene e di amarli ec. Così i piccoli degli animali non deboli quando son
maturi, sono risparmiati ec. dagli animali maturi della stessa specie (ancorchè
non sieno lor genitori), ed eziandio d'altre specie (eccetto se non ci hanno
qualche nimicizia naturale, o se per natura non sono portati a farsene cibo
ec.); ed apparisce in essi animali una certa o amorevolezza o compiacenza verso
questi piccoli. Similmente negli uomini verso i piccoli degli animali che
cresciuti non son deboli. E di questa compiacenza non n'è solamente cagione la
piccolezza per se (ch'è sorgente di grazia, come ho detto altrove), p.
200
pp.
1880-81
{#1. nè la sola sveltezza che in questi
piccoli suole apparire (siccome ancora nelle specie piccole di animali) e
che è cagion di piacere per la vitalità che manifesta e la vivacità ec.
secondo il detto altrove p. 221
pp. 1716-17
p. 1999
pp. 2336-37 da me
sull'amor della vita, onde segue quello del vivo ec.} ma v'ha la
3557 sua parte eziandio la debolezza. (29-30.
Sett. 1823.). {{V. p. 3765.}}
[3712,1] Tutte le qualità e cagioni che producono la grazia
nelle persone o portamenti o azioni ec. umane, sono più efficaci, e gli effetti
loro più notabili negli osservatori ec. di sesso diverso. I quali concepiscono
quella tal grazia per molto maggiore ch'essa medesima non apparisce agli
osservatori del sesso stesso. Ma tal differenza d'idee non ha punto che fare
colla natura nè della grazia in genere, nè
3713 di
quella tale in ispecie. E quel grand'effetto non è della grazia, ma della
diversità del sesso aiutata dalla grazia, o viceversa della grazia aiutata ec.
in quanto aiutata ec. Tutto ciò dicasi ancora della bellezza ec. (17. Ott.
1823.).
[3955,1] Grazia dal contrasto. Parolacce in bocca di donne o
di forme e maniere maschili, o gentili e delicate ec. Parole, {discorsi,} modi, atti, pensieri ec. tiranti al maschile,
{assennati, dotti ec.} in donne di forme ec.
maschili o all'opposto ec. S'intende di donne avvenenti ec. {+e che la maschilità non passi i termini del grazioso
nello sconveniente ec. V. p.
3961.}
(8. Dec. Festa della Concezione. 1823.).
[4293,2] Se fosse possibile che io m'innamorassi, ciò
potrebbe accadere piuttosto con una straniera che con un'italiana. Quel tanto o
di nuovo o d'ignoto che v'ha ne' costumi, nel modo di pensare, nelle
inclinazioni, nei gusti, nelle maniere esteriori, {nella
lingua} di una straniera, è molto a proposito per far nascere o per
mantenere in un amante quella immaginazion di mistero, quella opinione di vedere
e di conoscere nella persona amata assai meno di quello che essa nasconde in se
stessa, di quel ch'ella è, quella idea di profondità, di animo recondito e
segreto, ch'è il primo e necessario fondamento dell'amor più che sensuale. Oltre
alla grazia che accompagna naturalmente ciò ch'è straniero, come straordinario.
(Firenze. 21. Sett. 1827.).
Related Themes
Della natura degli uomini e delle cose. (pnr) (9)
Amore. (1827) (6)
Piacere (Teoria del). (1827) (6)
Donne. (1827) (5)
Delicatezza delle forme. (1827) (4)
Affettazione. (1827) (4)
Francesi. (1827) (4)
Naturalezza. (1827) (3)
Eleganza nelle scritture. (1827) (3)
Memorie della mia vita. (pnr) (3)
Debolezza, amabile. (1827) (3)
alla vivacità, alla vita. (1827) (2)
Macchiavellismo di società. (1827) (2)
Bellezza pura, poco amabile. (1827) (2)
Lingue. (pnr) (2)
più facile con istranieri. (1827) (1)
Sentimentale. (1827) (1)
Fanciulli. (1827) (1)
non dispiacevole ne' deboli. (1827) (1)
Egoismo. (1827) (1)
Compassione verso le bestie. (1827) (1)
Compassione. (1827) (1)
Armonie della Natura. (1827) (1)
Amicizia. (1827) (1)
Educazione. Insegnamento. (1827) (1)
, e il suo libro (1827) (1)
Proporzione. (1827) (1)
Gioventù. (1827) (1)
Fisonomia. Occhi. (1827) (1)
Semplicità. (1827) (1)
Verecondia. Pudore. (1827) (1)
Sgraziataggine. (1827) (1)
Pudore. Verecondia. (1827) (1)
Natura e Fortuna; provvidenza ed arte. (1827) (1)