9. 7bre 1820.
[233,4] La compassione come è determinata in gran parte dalla
bellezza rispetto ai nostri simili, così anche rispetto agli altri animali,
quando noi li vediamo soffrire. Che poi oltre la bellezza, una grande e somma
origine di compassione sia la differenza
234 del sesso,
è cosa troppo evidente, quando anche l'amore non ci prenda nessuna parte. P. e.
ci sono molte sventure reali e tuttavia ridicole, delle quali vedrete sempre
ridere molto più quella parte degli spettatori che è dello stesso sesso col
paziente, di quello che faccia o sia disposta o inclinata a fare l'altra parte,
massimamente se questa è composta di donne, perchè l'uomo com'è più profondo nei
suoi sentimenti, così è molto più duro e brutale nelle sue insensibilità e
irriflessioni. E questo, tanto nel caso della bellezza, quanto della bruttezza o
mediocrità del paziente. Del resto è così vero che le piccole sventure dei non
belli non ci commuovono quasi affatto, che bene spesso siamo inclinati a
riderne.
[234,1] Come la debolezza è un grande eccitamento alla
compassione, anche rispetto ai non belli, così non è forse cosa tanto contraria
alla compassione, quanto il veder l'impazienza del male, la malignità dello
spirito, pronto a schernire lo stesso o altro male o difetto in altrui, il
cattivo umore, la collera di chi soffre. E pochissima o nessuna compassione può
sperare chi non ha sortito dalla
235 natura o acquistato
dalla disgrazia una dolcezza e mansuetudine di carattere, almeno apparente. E
questo deve servir di regola ai poeti ed artisti nel formare i personaggi che si
vogliono compassionevoli. Sebbene l'eroismo, e il disprezzo del male che si
soffre possa ancora produrre un buon effetto, contuttociò relativamente al
muover la compassione non c'è miglior qualità della sopraddetta, qualità la
quale io so per esperienza che si acquista {quasi per
forza} coll'uso delle sventure, non ostante che naturalmente fossimo
dominati dalla qualità contraria.
[235,1] Non è cosa tanto nemica della compassione quanto il
vedere uno sventurato che non è stato in niente migliorato, nè ha punto appreso
dalle lezioni della sventura, maestra {somma} della
vita. Perchè la prosperità {abbagliando e distraendo
l'intelletto, è madre e conservatrice} d'illusioni, e la sventura
dissipatrice degl'inganni, e introduttrice della ragione e della certezza del
nulla delle cose. E uno sventurato che non ha goccia di sentimento, che non
arriva a sublimare un istante l'anima sua colla considerazione dei mali, che non
ha acquistato nelle sue parole, almeno quando parla di se, niente di eloquenza e
di affetto, che non mostra una certa grandezza d'animo, non per disprezzare, ma
per nobilitare la sua sventura
236 quasi col sentimento
di esserne indegno, e di non lasciarsene abbattere senza una magnanima
compassione di se; uno sventurato che vi parla delle sue sventure, coll'amor
proprio il più basso, col dolore il più egoista, e vi fa capire che egli è tanto
afflitto del male che soffre, che voi non potreste mai arrivare (notate) ad
uguagliare l'afflizion sua colla vostra compassione (l'uomo veramente penetrato
di compassione si persuade che il paziente non sia più addolorato di lui, in
somma non fa differenza fra il paziente e se stesso, essendo pronto a tutto per
aiutarlo, e perciò non mette divario tra il dolore del paziente e il suo
proprio); questo sventurato non otterrà forse un'ombra di compassione, e il suo
male sarà dimenticato, appena saremo lontani da lui.
[236,1] Tutto quello che ho detto in parecchi luoghi [p.
208] dell'affettazione dei francesi, della loro impossibilità di esser
graziosi ec. bisogna intenderlo relativamente alle idee che le altre nazioni o
tutte o in parte, o riguardo al genere, o solamente ad alcune particolarità,
hanno dell'affettazione grazia ec. perchè riflette molto bene Morgan
France l. 3. t. 1. p. 257. Il faut pourtant
accorder beaucoup à la différence des manières nationales; et celles
de la femme françoise la plus amie du naturel doivent porter avec
elle ce qu'un Anglois, dans le premier moment, jugera une teinte
d'affectation, jusqu'à ce que l'expérience en fasse mieux
juger.
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(9 7bre. 1820.).