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[1510,1]  Il bambino non ha idea veruna di quello che significhino le fisonomie degli uomini, ma cominciando a impararlo coll'esperienza, comincia a giudicar bella quella fisonomia che indica un carattere o un costume piacevole ec. e viceversa. E bene spesso s'inganna giudicando bella e bellissima una fisonomia d'espressione piacevole, ma per se bruttissima, e dura in questo inganno lunghissimo tempo, e forse sempre (a causa della prima impressione); e non s'inganna per altro se non perchè ancora non ha punto l'idea distinta ed esatta del bello, e del regolare, cioè di quello ch'è universale, il che egli ancora non può conoscere. Frattanto questa significazione delle fisonomie, ch'è del tutto diversa dalla bellezza assoluta, e non è altro che un rapporto messo  1511 dalla natura fra l'interno e l'esterno, fra le abitudini ec. e la figura; questa significazione dico, è una parte principalissima della bellezza, una delle capitali ragioni per cui questa fisonomia ci produce la sensazione del bello, e quella il contrario. Non è mai bella fisonomia veruna, che {non} significhi qualche cosa di piacevole (non dico di buono nè di cattivo, e il piacevole può bene spesso, secondo i gusti, e le diverse modificazioni dello spirito, del giudizio, e delle inclinazioni umane esser anche cattivo): ed è sempre brutta quella fisonomia che indica cose dispiacevoli, fosse anche regolarissima. Si conosce ch'ella è regolare, cioè conforme alle proporzioni universali ed a cui siamo avvezzi, e nondimeno si sente che non è bella. Ma ordinariamente, com'è naturale, la regolarità perfetta della fisonomia indica qualità piacevoli, a causa della corrispondenza che la natura ha posto fra la regolarità interna e l'esterna. Ed è quasi certo che una tal fisonomia appartiene sempre a persona di carattere naturalmente perfetto ec. Ma siccome  1512 l'interno degli uomini perde il suo stato naturale, e l'esterno più o meno lo conserva, perciò la significazione del viso è per lo più falsa; e noi sapendo ben questo allorchè vediamo un bel viso, e nondimeno sentendocene egualmente dilettati (e forse talvolta egualmente commossi), crediamo che questo effetto sia del tutto indipendente dalla significazione di quel viso, e derivi da una causa del tutto segregata ed astratta, che chiamiamo bellezza. E c'inganniamo interamente perchè l'effetto {particolare} della bellezza umana sull'uomo {+(parlo specialmente del viso che n'è la parte principale, e v. ciò che ho detto altrove in tal proposito pp. 1379-81)} deriva sempre essenzialmente dalla significazione ch'ella contiene, e ch'è del tutto indipendente dalla sfera del bello, e per niente astratta nè assoluta: perchè se le qualità piacevoli fossero naturalmente dinotate da tutt'altra ed anche contraria forma di fisonomia, questa ci parrebbe bella, e brutta quella che ora ci pare l'opposto. Ciò è tanto vero che, siccome l'interno dell'uomo, come ho detto, si cambia, e la fisonomia non corrisponde alle sue qualità (per la maggior parte acquisite), perciò accade che quella tal fisonomia irregolare  1513 irregolare in se, ma che ha acquistata o per arte, o per altro, una significazione piacevole, ci piace, e ci par più bella di un'altra regolarissima che per contrarie circostanze abbia acquistata una significazione non piacevole; nel qual caso ella può anche arrivarci a dispiacere e parer brutta. E se una fisonomia è fortemente irregolare, ma o per natura (che talvolta ha eccezioni e fenomeni, come accade in un sì vasto sistema), o per arte, o per la effettiva piacevolezza della persona che influisce pur sempre sull'aria del viso, ha una significazione notabilmente piacevole; noi potremo accorgerci della sproporzione e sconvenienza colle forme universali, ma non potremo mai chiamar brutta quella fisonomia, e talvolta non ci accorgeremo neppure della irregolarità, e se non la consideriamo attentamente, la chiameremo bella. (17. Agos. 1821.). {{V. p. 1529. capoverso 2.}}

[1576,1]  Quanto sia vero che la bellezza delle fisonomie dipende dalla loro significazione, osservate. L'occhio è la parte più espressiva del volto e della persona; l'animo si dipinge sempre nell'occhio; una persona d'animo grande ec.  1577 ec. non può mai avere occhi insignificanti; quando anche gli occhi non esprimessero nulla, o fossero poco vivi in qualche persona, se l'animo di costei si coltiva, acquista una certa vita, {divien furbo e attivo,} ec. ec. l'occhio parimente acquista significazione, e viceversa accade nelle persone d'occhio naturalmente espressivo, ma d'animo torpido ec. per difetto di coltura ec. ec.; nei diversi momenti della vita, secondo le passioni ec. che ci commuovono, l'occhio assume diverse forme, si fa più o men bello ec. ec. Ora l'occhio ch'è la parte più significativa della forma umana, è anche la parte principale della bellezza. (Questo si può dimostrare con molte considerazioni.) Un paio d'occhi vivi ed esprimenti penetrano fino all'anima, e destano un sentimento che non si può esprimere. Questo si chiama effetto della bellezza, e questa si crede dunque assoluta; ma non v'ha niente che fare; egli è effetto della significazione, cosa indipendente dalla sfera del bello, e la bellezza principale dell'occhio, non appartenendo alla convenienza, non entra in quello che il filosofo considera come bello.

[1594,2]  La bellezza è naturalmente compagna della virtù. L'uomo senza una lunga esperienza non si avvezza a credere che un bel viso possa coprire un'anima malvagia. Ed ha ragione, perchè la natura ha posto un'effettiva corrispondenza tra le forme esteriori e le interiori, e se queste non corrispondono, sono per lo più alterate da quelle ch'erano naturalmente. Pure è certo che i belli sono per lo più cattivi. Lo stesso dico degli altri vantaggi naturali o acquisiti. Chi li possiede, non è buono. Un brutto, un uomo sprovvisto di pregi e di vantaggi, più facilmente s'incammina alla virtù. Gli uomini senza talento sono più ordinariamente buoni, che quelli che ne son ricchi. E tutto ciò è ben naturale nella società. L'uomo insuperbisce del vantaggio che si accorge  1595 di avere sugli altri, e cerca di tirarne per se tutto quel partito che può. S'egli è più forte, fa uso della sua forza. Il più debole si raccomanda, e segue la strada che più giova e piace agli altri, per cattivarseli. Il forte non abbisogna di questo. Ecco l'abuso de' vantaggi. Abuso inevitabile e certo, posta la società. Così dico de' potenti ec. i quali non ponno essere virtuosi. Ne' privati a me pare che non si trovi vera affabilità, vera {e costante} amabilità e facilità di costumi, interesse per gli altri ec. se non che nei brutti, in chi ha qualche svantaggio, è nato in bassa condizione ed assuefattoci da piccolo, ancorchè poi ne sia uscito, è povero o lo fu, ovvero negli sventurati.

[1610,1]  Si suol dire, ed è vero, che i gobbi hanno molto spirito. La ragione è chiara. Altra prova del come lo sviluppo delle facoltà mentali dipenda dalle circostanze, assuefazioni ec. Lo stesso può dirsi de' vetturini, e altra gente avvezza a molto trattare con ogni sorta di persone ec. che divengono sempre furbi, animati, spiritosi: i loro occhi pigliano espressione e vivacità ec. (2. Sett. 1821.).

[1634,1]  Si potrebbe quasi dire che nell'uomo la sola fisonomia è propriamente bella o brutta. Certo è ch'ella contiene quasi tutto l'ideale della bellezza umana, e quasi tutta la differenza {essenziale} che la nostra mente ritrova e sente fra la bellezza umana in quanto bellezza, e tutti gli altri generi di bellezza. Un uomo o donna di viso decisamente brutto non può mai parer bello, se non per libidine e stimoli sensuali. Eccetto il caso molto frequente, che coll'assuefazione e col tempo ec. quel viso che v'era parso brutto, vi paia bello o passabile. Viceversa una persona di brutte forme e bel viso, potrà parer bella, forse anche non  1635 potrà mai con pieno sentimento esser chiamata brutta.

[1666,1]  Si dice tutto giorno, aria di viso, fisonomia ec. e la tal aria è bella, la tale no, e aria truce, dolce, rozza, gentile ec. ec. In maniera che bene spesso non trovando difetto in nessuno de' lineamenti, o non trovandovi pregio, si trovano però difetti o pregi, bellezza o bruttezza nell'aria del viso. Non è questa una prova che il bello o brutto della fisonomia, non dipende nella principal parte dalla convenienza, ma dalla significazione, e quindi non è propriamente bellezza nè bruttezza? Notate anche il nome di aria che si è dato a questa significazione generale di una fisonomia, appunto perch'ella consistendo in sottilissimi rapporti colle qualità non materiali dell'uomo, è una cosa impossibile a determinarsi, e quasi aerea.  1667 Ond'è che i giudizi differiscono intorno alla bellezza umana forse più che a qualunque altra, quando parrebbe che dovesse accadere l'opposto. Aria ec. si applica anche alle fisonomie non umane. (10. Sett. 1821.)

[1667,1]  Vedi tu un uomo o una donna? A qual parte corri subito? al viso, massime s'è di diverso sesso. T'è nascosto il viso, e il personale o altro, ti par bello, o ti muove a curiosità di conoscerla? tu non sei contento se non la miri in viso. Vedutolo, ti par brutto? tu cangi subito il giudizio, e il senso, e mentr'ella ti parve bella, ora ti par brutta. Ti parve brutta, e il viso ti par bello? nel tuo giudizio ell'è divenuta bella. Tu non dici nè pensi di conoscere di veduta una persona se tu non l'hai veduta in viso. Non così ti accade rispetto agli animali. Tu non provi nessuno dei detti effetti. Tu non osservi che il corpo, perchè nelle diverse fisonomie di una stessa specie, non trovi differenze. Tu dici di conoscere un cavallo, se anche non l'  1668 hai veduto o almeno osservato nel muso. Se n'hai visto il solo muso, non dici nè pensi di conoscerlo, laddove tu pensi di conoscere una persona di cui non hai visto o almeno osservato che il viso, come spesso accade. Un animale dipinto in maniera che il muso non si veda, ti pare intero. Non così una persona. Tanto è vero che per l'uomo la parte principale della forma umana è la fisonomia. (10. Sett. 1821.).

[1684,1]  Piace naturalmente ed universalmente (anche a' vecchi) la vivacità della fisonomia, moti, espressioni, stile, costumi, maniere ec. ec. Che vuol dir ciò? Viene in parte dallo straordinario, ma nella parte principale questo piacere è indipendente dal bello: egli viene in ultima analisi da una inclinazione (innata) della natura  1685 alla vita, ed odio della morte, e quindi della noia, dell'inattività, e di ciò che l'esprime, come la melensaggine. Inclinazione ed odio che si manifesta in mille altre parti della vita umana, anzi in tutto l'uomo, anzi in tutta la natura. Bensì ella {pur} varia nelle proporzioni, secondo i temperamenti, le circostanze, {ec.} e sarà piacevole, e (come dicono) bella per costui una vivacità che sarà brutta per colui, bella oggi, brutta domani, bella per una nazione, brutta per un'altra ec. ec. ec. (12. Sett. 1821.).

[1688,1]  Le immaginazioni calde (come son quelle de' fanciulli più o meno) in forza della somma tendenza dell'animale a' suoi simili, trovano da per tutto delle forme simili alle umane. Ma notate che sebbene si troverebbe facilmente maggiore analogia fra le altre parti dell'uomo e i diversi oggetti materiali, che fra questi e la fisonomia umana, nondimeno l'immaginazione trova sempre in essi oggetti, maggiore analogia col volto dell'uomo che colle altre parti, anzi a queste neppur pensa. V. il mio discorso sui romantici. Tanto è vero che la principal parte dell'uomo riguardo all'uomo è il volto. (13. Sett. 1821.).

[1770,2]  Alla p. 1762. marg. È notabile che la fisonomia di questi tali animali poco e difficilmente assuefabili, presenta visibili indizi di stupidità, ed un'aria simile alla fisonomia delle persone di poco talento o poco esercitato. Egli è certo che v'ha somma corrispondenza fra l'esterno e l'interno, fra la fisonomia e l'ingegno e le qualità naturali o abituali. Quindi è certo che tali animali hanno in effetto, se così posso dire, poco talento, e perciò poca assuefabilità (la quale si vede), ch'è tutt'uno col talento.

[1828,3]  Quanto le disposizioni naturali siano influite dalle circostanze accidentali, assuefazioni ec. si può anche rilevare osservando le fisonomie. Le quali benchè senza dubbio dinotano  1829 certe e determinate disposizioni e qualità dell'animo, e i gradi loro; e nondimeno vediamo quanto di rado corrispondano al carattere effettivo degl'individui. Che se ciò è meno raro ancora di quel che dovrebbe, viene da questo che l'influenza delle assuefazioni sull'uomo è tanta, che stante la naturale corrispondenza fra l'interno e l'esterno, le assuefazioni che determinano il carattere dell'uomo, arrivano bene spesso a modificare la fisonomia quanto è possibile, e darle talvolta un'aria e significazione tutta diversa o contraria a quella che aveva naturalmente. Del resto quante persone le cui fisonomie indicano deciso talento, vivacità, bontà, ec. ec. sono sciocche, melense, scellerate, e viceversa! V. in Cic. [De fato, Tusculanae Disputationes] il fatto di Socrate con Zopiro fisionomista.

[1881,1]  Ho detto pp. 1315-16 pp. 1379-81 che l'amor libidinoso considera più le altre forme che quelle del viso. Pur è certo che la più sfrenata, invecchiata, ed abituale libidine, è molto eccitata dalla significazione vivacità ec. {ec.} degli occhi e del viso, e respinta da un'assoluta bruttezza, insignificazione ec. di fisonomia. Anzi forse tali eccitamenti son più necessarii all'eccessiva ed invecchiata libidine che alla mediocre.

[1904,2]  Quanta parte dell'effetto singolare che produce la bellezza umana sull'uomo, massime quella della fisonomia, dipenda e nasca dalla sua significazione, si può vedere ne' fanciulli, i quali quantunque bellissimi non producono grand'effetto nello spettatore, nè gli destano odio o avversione più che superficiale, quantunque bruttissimi. Ciò sebbene  1905 possa avere anche altre cagioni, deriva pur notabilmente da questa, che la fisonomia de' fanciulli ha sempre poca significazione per chi l'osserva, 1. perchè la significazione della fisonomia nasce in gran parte dalle assuefazioni, cioè dal carattere, dalle passioni ec. ec. che l'individuo acquista appoco appoco, e che mettono in azione, e danno rappresentanza alla fisonomia. Il carattere de' fanciulli essendo ancora formabile, la significazione della loro fisonomia, è anch'essa da formarsi, e la corrispondenza fra l'interno e l'esterno è minore, o meno determinata, in quanto l'uno e l'altro aspettano la forma che riceveranno dalle circostanze, e sono ancora quasi pasta molle e da lavoro. 2. Perchè quando anche le fisonomie de' fanciulli sieno quanto all'apparente conformazione, significantissime; lo spettatore non applica a questo segno, veruna  1906 notabile significazione, sapendo che il carattere del fanciullo non è ancora formato, non si può conoscere, non si può bastantemente congetturare dai detti segni, e dalla fisonomia, e ciò che ora ne apparisce è passeggero, oltre che alla fine è di poco conto, e nel genere delle bagattelle. Onde un occhio vivacissimo, e una fisonomia amabilissima in un fanciullo, non ci produce che una leggera sensazione di amore; ed una fisonomia fiera, e d'apparenza malvagia, non ci produce che un leggero senso di avversione. Sicchè la fisonomia del fanciullo lascia l'uomo quasi indifferente, com'è indifferente (almeno per allora) e di poco conto, ciò ch'ella può significare, e com'è leggera la corrispondenza fra il significante e il significato. Giacchè anche questa non solo è determinata dalle assuefazioni, ma anche in gran parte ne deriva, e perciò non può loro essere anteriore. V. p. 1911.

[1930,2]  L'{effetto della} significazione della fisonomia umana, riconosce anch'esso per sua prima cagione ed origine l'esperienza e l'assuefazione. Il bambino non sa nulla che cosa significhi  1931 la più viva e marcata fisonomia, e quindi in ordine alla di lei significazione, non può provarne verun effetto nè piacevole nè dispiacevole. Col tempo, e tanto più presto quanto egli è più disposto naturalmente ad assuefarsi, e disposto o assuefatto ad attendere, e quindi a confrontare, e a legare i rapporti, egli conosce che l'uomo dabbene, o l'uomo che gli fa carezze ec. ha, o piglia la tale o tal aria di fisonomia ec. e appoco appoco si forma le idee delle varie corrispondenze che sono tra il di fuori e il di dentro degli uomini. Ma vi s'inganna assai più degli uomini, quantunque, anzi perciò appunto ch'egli è più suscettibile d'impressione nelle cose sensibili ec. ec. ec.

[1932,1]  Un cieco {+(uomo o animale)} è quasi senza espressione (cioè senza nessuna significazione viva) di fisonomia, nè costante nè momentanea. (16. Ott. 1821.).

[2102,1]   2102 Espressione degli occhi. Perchè si ha cura {{fino ab antico}} di chiuder gli occhi ai morti? Perchè con gli occhi aperti farebbero un certo orrore. E questo orrore da che verrebbe? Non da altro che da un contrasto fra l'apparenza della vita, e l'apparenza e la sostanza della morte. Dunque la significazione degli occhi è tanta, ch'essi sono i rappresentanti della vita, e basterebbero a dare una sembianza di vita agli estinti. Egli è certo che la sede dell'anima quanto all'esteriore, son gli occhi, e quell'animale o quell'uomo estinto, a cui non si vedono gli occhi, facilmente si crede che non viva; ma finattanto che gli occhi se gli vedono, si ha pena a credere che l'anima non alberghi in essi, (quasi fossero inseparabili da lei), e il contrasto fra quest'apparenza, questa specie di opinione, e la certezza del contrario, cagiona un raccapriccio, massime trattandosi de' nostri simili, perchè ogni sensazione è viva, ogni contrasto è notabile in tali soggetti (cioè morte del nostro simile); eccetto  2103 {il caso di} abitudine formata a tali sensazioni, ec. (15. Nov. 1821.).

[2546,1]  Le Dee e specialmente Giunone, è chiamata spesso da Omero βοῶπις (βοώπιδος)  2547 cioè ch'ha occhi di bue. La grandezza degli occhi del bue, alla quale Omero ha riguardo, è certo sproporzionata al viso dell'uomo. Nondimeno i greci intendentissimi del bello, non temevano di usar questa esagerazione in lode delle bellezze donnesche, e di attribuire {e appropriar} questo titolo, come titolo di bellezza, indipendentemente anche dal resto, e come contenente una bellezza in se, contuttochè contenga una sproporzione. E in fatti non solo è bellezza per tutti gli uomini e per tutte le donne (che non sieno, come sono molti, di gusto barbaro) la grandezza degli occhi, ma anche un certo eccesso di questa grandezza, se anche si nota come straordinario, e colpisce, e desta il senso della sconvenienza, non lascia perciò di piacere, e non si chiama bruttezza. E notate che non così accade dell'altre parti umane alle quali conviene esser grandi (lascio l'osceno che appartiene ad  2548 altre ragioni di piacere, diverse dal bello): nè i poeti greci, nè verun altro poeta o scrittore di buon gusto, ha mai creduto che l'esagerazione della grandezza di tali altre parti fosse una lode per esse, e un titolo di bellezza, come hanno fatto relativamente agli occhi. Dalle quali cose deducete

[3090,1]  Come le forme dell'uomo naturale da quelle dell'uomo civile, così quelle di una nazione selvaggia differiscono da quelle di un'altra, quelle di una nazione civile da quelle di un'altra; quelle di un secolo da quelle di un altro, per varietà di circostanze fisiche naturali o provenienti dall'uomo stesso; e (per non andar fino alle famiglie e agl'individui) è cosa osservata {e naturale} che {gli uomini dediti alle} varie professioni materiali (senza parlar delle morali, che influiscono sulla fisonomia, dei caratteri e costumi acquisiti,  3091 che pur sommamente v'influiscono, e la diversificano in uno stesso individuo in diversi tempi) ricevono dall'esercizio di quelle professioni certe differenze di forme, ciascuno secondo la qualità del mestiere ch'esercita {+e secondo le parti del corpo che in esso mestiere più s'adoprano o più restano inoperose,} così notabili che l'attento osservatore, e in molti casi senza grande osservazione, può facilmente riconoscere il mestiere di una tal persona sconosciuta ch'ei vegga per la prima volta, solamente notando certe particolarità delle sue forme. Così si può riconoscere l'agricoltore, il legnaiuolo, il calzolaio, anche senz'altre circostanze che lo scuoprano.

[3201,1]  2. Differenze generali, regolari, e costanti si trovano fra i caratteri, i talenti, le disposizioni spirituali delle diverse nazioni, massime secondo i diversi climi. Quelle d'ingegno grossissimo, come i Lapponi; queste d'acutissimo, come gli orientali; altre pigre, altre attive; altre coraggiose, altre timide; in altre prevale l'immaginazione, in altre la ragione, e ciò in altre più, in altre meno; {+altre riescono e riuscirono sempre eccellenti in una parte, altre in altra;} {ec. ec.} e tutto questo costantemente. Non si può negare che i principii e le fondamenta di tali differenze non sieno naturali, e quindi non si può negare che non v'abbia una vera primitiva differenza d'indole e d'ingegno tra nazione e nazione, clima e clima, come v'ha reale, visibile, naturale e, generalmente parlando, costante differenza di esteriore, di fisonomia ec. tra nazioni e climi, selvaggi o civili ec. ec. Dunque proporzionatamente  3202 è da dire che anche tra individuo e individuo di una stessa o di diverse nazioni, esiste dalla nascita una reale differenza d'indole e di talento, o vogliamo dire un principio e una disposizione di differenza, che ad idem redit.

[4085,1]  Come la fisonomia degli uomini, e animali sia determinata dagli occhi, secondo il detto altrove pp. 1576-79 pp. 2102-103, osserva che se tu disegni un volto umano o animalesco e non vi poni gli occhi, tu non vedi punto che fisonomia abbia quel volto, e appena senti (se ben conosci) che sia un volto. {+Così i ritratti levati dall'ombra in profilo non paiono ritratti finchè non vi si aggiunga convenientemente quello che dall'ombra non si può ricavare, dico l'occhio.} Al contrario se ponendovi gli occhi, lasci qualche altro membro, tu senti benissimo che quello è un volto e ne comprendi la fisonomia; solamente ti parrà mostruosa, ma sempre ti riuscirà un volto e una fisonomia. E così dico a proporzione, del disegnare o accennar gli occhi più o meno imperfettamente, paragonando l'effetto di questa imperfezione in ordine al determinar la fisonomia, coll'effetto di una simile imperfezione in altra qualunque parte del volto. (30. Aprile 1824.).

[4284,1]  È ben trista quella età nella quale l'uomo sente di non ispirar più nulla. Il gran desiderio dell'uomo, il gran mobile de' suoi atti, delle sue parole, de' suoi sguardi, de' suoi contegni fino alla vecchiezza, è il desiderio d'inspirare, di communicar qualche cosa di se agli spettatori o uditori. (Firenze. 1. Luglio. 1827.).