Fisonomia. Occhi.
Physiognomy. Eyes.
1510,1 1576,1 1594,12 1610,1 1634,1 1666,1 1667,1 1684,1 1688,1 1770,2 1827,31828,3 1881,1 1904,2 1930,2 1932,1 2102,1 2546,1 3090,1 3201 4085,1 4284,1[1510,1] Il bambino non ha idea veruna di quello che
significhino le fisonomie degli uomini, ma cominciando a impararlo
coll'esperienza, comincia a giudicar bella quella fisonomia che indica un
carattere o un costume piacevole ec. e viceversa. E bene spesso s'inganna
giudicando bella e bellissima una fisonomia d'espressione piacevole, ma per se
bruttissima, e dura in questo inganno lunghissimo tempo, e forse sempre (a causa
della prima impressione); e non s'inganna per altro se non perchè ancora non ha
punto l'idea distinta ed esatta del bello, e del regolare, cioè di quello ch'è
universale, il che egli ancora non può conoscere. Frattanto questa
significazione delle fisonomie, ch'è del tutto diversa dalla bellezza assoluta,
e non è altro che un rapporto messo
1511 dalla natura
fra l'interno e l'esterno, fra le abitudini ec. e la figura; questa
significazione dico, è una parte principalissima della bellezza, una delle
capitali ragioni per cui questa fisonomia ci produce la sensazione del bello, e
quella il contrario. Non è mai bella fisonomia veruna, che {non} significhi qualche cosa di piacevole (non dico di buono nè di
cattivo, e il piacevole può bene spesso, secondo i gusti, e le diverse
modificazioni dello spirito, del giudizio, e delle inclinazioni umane esser
anche cattivo): ed è sempre brutta quella fisonomia che indica cose
dispiacevoli, fosse anche regolarissima. Si conosce ch'ella è regolare, cioè
conforme alle proporzioni universali ed a cui siamo avvezzi, e nondimeno si
sente che non è bella. Ma ordinariamente, com'è naturale, la regolarità perfetta
della fisonomia indica qualità piacevoli, a causa della corrispondenza che la
natura ha posto fra la regolarità interna e l'esterna. Ed è quasi certo che una
tal fisonomia appartiene sempre a persona di carattere naturalmente perfetto ec.
Ma siccome
1512 l'interno degli uomini perde il suo
stato naturale, e l'esterno più o meno lo conserva, perciò la significazione del
viso è per lo più falsa; e noi sapendo ben questo allorchè vediamo un bel viso,
e nondimeno sentendocene egualmente dilettati (e forse talvolta egualmente
commossi), crediamo che questo effetto sia del tutto indipendente dalla
significazione di quel viso, e derivi da una causa del tutto segregata ed
astratta, che chiamiamo bellezza. E c'inganniamo interamente perchè l'effetto
{particolare} della bellezza umana sull'uomo {+(parlo specialmente del viso che n'è la
parte principale, e v. ciò che ho detto altrove in tal proposito pp.
1379-81)} deriva sempre essenzialmente dalla significazione
ch'ella contiene, e ch'è del tutto indipendente dalla sfera del bello, e per
niente astratta nè assoluta: perchè se le qualità piacevoli fossero naturalmente
dinotate da tutt'altra ed anche contraria forma di fisonomia, questa ci parrebbe
bella, e brutta quella che ora ci pare l'opposto. Ciò è tanto vero che, siccome
l'interno dell'uomo, come ho detto, si cambia, e la fisonomia non corrisponde
alle sue qualità (per la maggior parte acquisite), perciò accade che quella tal
fisonomia irregolare
1513 irregolare in se, ma che ha
acquistata o per arte, o per altro, una significazione piacevole, ci piace, e ci
par più bella di un'altra regolarissima che per contrarie circostanze abbia
acquistata una significazione non piacevole; nel qual caso ella può anche
arrivarci a dispiacere e parer brutta. E se una fisonomia è fortemente
irregolare, ma o per natura (che talvolta ha eccezioni e fenomeni, come accade
in un sì vasto sistema), o per arte, o per la effettiva piacevolezza della
persona che influisce pur sempre sull'aria del viso, ha una significazione
notabilmente piacevole; noi potremo accorgerci della sproporzione e sconvenienza
colle forme universali, ma non potremo mai chiamar brutta quella fisonomia, e
talvolta non ci accorgeremo neppure della irregolarità, e se non la consideriamo
attentamente, la chiameremo bella. (17. Agos. 1821.). {{V. p. 1529. capoverso 2.}}
[1576,1] Quanto sia vero che la bellezza delle fisonomie
dipende dalla loro significazione, osservate. L'occhio è la parte più espressiva
del volto e della persona; l'animo si dipinge sempre nell'occhio; una persona
d'animo grande ec.
1577 ec. non può mai avere occhi
insignificanti; quando anche gli occhi non esprimessero nulla, o fossero poco
vivi in qualche persona, se l'animo di costei si coltiva, acquista una certa
vita, {divien furbo e attivo,} ec. ec. l'occhio
parimente acquista significazione, e viceversa accade nelle persone d'occhio
naturalmente espressivo, ma d'animo torpido ec. per difetto di coltura ec. ec.;
nei diversi momenti della vita, secondo le passioni ec. che ci commuovono,
l'occhio assume diverse forme, si fa più o men bello ec. ec. Ora l'occhio ch'è
la parte più significativa della forma umana, è anche la parte principale della
bellezza. (Questo si può dimostrare con molte considerazioni.) Un paio d'occhi
vivi ed esprimenti penetrano fino all'anima, e destano un sentimento che non si
può esprimere. Questo si chiama effetto della bellezza, e questa si crede dunque
assoluta; ma non v'ha niente che fare; egli è effetto della significazione, cosa
indipendente dalla sfera del bello, e la bellezza principale dell'occhio, non
appartenendo alla convenienza, non entra in quello che il filosofo considera
come bello.
[1594,2] La bellezza è naturalmente compagna della virtù.
L'uomo senza una lunga esperienza non si avvezza a credere che un bel viso possa
coprire un'anima malvagia. Ed ha ragione, perchè la natura ha posto un'effettiva
corrispondenza tra le forme esteriori e le interiori, e se queste non
corrispondono, sono per lo più alterate da quelle ch'erano naturalmente. Pure è
certo che i belli sono per lo più cattivi. Lo stesso dico degli altri vantaggi
naturali o acquisiti. Chi li possiede, non è buono. Un brutto, un uomo
sprovvisto di pregi e di vantaggi, più facilmente s'incammina alla virtù. Gli
uomini senza talento sono più ordinariamente buoni, che quelli che ne son
ricchi. E tutto ciò è ben naturale nella società. L'uomo insuperbisce del
vantaggio che si accorge
1595 di avere sugli altri, e
cerca di tirarne per se tutto quel partito che può. S'egli è più forte, fa uso
della sua forza. Il più debole si raccomanda, e segue la strada che più giova e
piace agli altri, per cattivarseli. Il forte non abbisogna di questo. Ecco
l'abuso de' vantaggi. Abuso inevitabile e certo, posta la società. Così dico de'
potenti ec. i quali non ponno essere virtuosi. Ne' privati a me pare che non si
trovi vera affabilità, vera {e costante} amabilità e
facilità di costumi, interesse per gli altri ec. se non che nei brutti, in chi
ha qualche svantaggio, è nato in bassa condizione ed assuefattoci da piccolo,
ancorchè poi ne sia uscito, è povero o lo fu, ovvero negli sventurati.
[1610,1] Si suol dire, ed è vero, che i gobbi hanno molto
spirito. La ragione è chiara. Altra prova del come lo sviluppo delle facoltà
mentali dipenda dalle circostanze, assuefazioni ec. Lo stesso può dirsi de'
vetturini, e altra gente avvezza a molto trattare con ogni sorta di persone ec.
che divengono sempre furbi, animati, spiritosi: i loro occhi pigliano
espressione e vivacità ec. (2. Sett. 1821.).
[1634,1] Si potrebbe quasi dire che nell'uomo la sola
fisonomia è propriamente bella o brutta. Certo è ch'ella contiene quasi tutto
l'ideale della bellezza umana, e quasi tutta la differenza {essenziale} che la nostra mente ritrova e sente fra la bellezza umana
in quanto bellezza, e tutti gli altri generi di bellezza. Un uomo o donna di
viso decisamente brutto non può mai parer bello, se non per libidine e stimoli
sensuali. Eccetto il caso molto frequente, che coll'assuefazione e col tempo ec.
quel viso che v'era parso brutto, vi paia bello o passabile. Viceversa una
persona di brutte forme e bel viso, potrà parer bella, forse anche non
1635 potrà mai con
pieno sentimento esser chiamata brutta.
[1666,1] Si dice tutto giorno, aria
di viso, fisonomia ec. e la tal aria è
bella, la tale no, e aria truce, dolce, rozza, gentile ec. ec.
In maniera che bene spesso non trovando difetto in nessuno de' lineamenti, o non
trovandovi pregio, si trovano però difetti o pregi, bellezza o bruttezza
nell'aria del viso. Non è questa una prova
che il bello o brutto della fisonomia, non dipende nella principal parte dalla
convenienza, ma dalla significazione, e quindi non è propriamente bellezza nè
bruttezza? Notate anche il nome di aria che si è dato
a questa significazione generale di una
fisonomia, appunto perch'ella consistendo in sottilissimi rapporti colle qualità
non materiali dell'uomo, è una cosa impossibile a determinarsi, e quasi aerea.
1667 Ond'è che i giudizi differiscono intorno alla
bellezza umana forse più che a qualunque altra, quando parrebbe che dovesse
accadere l'opposto. Aria ec. si applica anche alle fisonomie non umane. (10. Sett.
1821.)
[1667,1] Vedi tu un uomo o una donna? A qual parte corri
subito? al viso, massime s'è di diverso sesso. T'è nascosto il viso, e il
personale o altro, ti par bello, o ti muove a curiosità di conoscerla? tu non
sei contento se non la miri in viso. Vedutolo, ti par brutto? tu cangi subito il
giudizio, e il senso, e mentr'ella ti parve bella, ora ti par brutta. Ti parve
brutta, e il viso ti par bello? nel tuo giudizio ell'è divenuta bella. Tu non
dici nè pensi di conoscere di veduta una persona se tu non l'hai veduta in viso.
Non così ti accade rispetto agli animali. Tu non provi nessuno dei detti
effetti. Tu non osservi che il corpo, perchè nelle diverse fisonomie di una
stessa specie, non trovi differenze. Tu dici di conoscere un cavallo, se anche
non l'
1668 hai veduto o almeno osservato nel muso. Se
n'hai visto il solo muso, non dici nè pensi di conoscerlo, laddove tu pensi di
conoscere una persona di cui non hai visto o almeno osservato che il viso, come
spesso accade. Un animale dipinto in maniera che il muso non si veda, ti pare
intero. Non così una persona. Tanto è vero che per l'uomo la parte principale
della forma umana è la fisonomia. (10. Sett. 1821.).
[1684,1] Piace naturalmente ed universalmente (anche a'
vecchi) la vivacità della fisonomia, moti, espressioni, stile, costumi, maniere
ec. ec. Che vuol dir ciò? Viene in parte dallo straordinario, ma nella parte
principale questo piacere è indipendente dal bello: egli viene in ultima analisi
da una inclinazione (innata) della natura
1685 alla
vita, ed odio della morte, e quindi della noia, dell'inattività, e di ciò che
l'esprime, come la melensaggine. Inclinazione ed odio che si manifesta in mille
altre parti della vita umana, anzi in tutto l'uomo, anzi in tutta la natura.
Bensì ella {pur} varia nelle proporzioni, secondo i
temperamenti, le circostanze, {ec.} e sarà piacevole, e
(come dicono) bella per costui una vivacità che sarà brutta per colui, bella
oggi, brutta domani, bella per una nazione, brutta per un'altra ec. ec. ec.
(12. Sett. 1821.).
[1688,1] Le immaginazioni calde (come son quelle de'
fanciulli più o meno) in forza della somma tendenza dell'animale a' suoi simili,
trovano da per tutto delle forme simili alle umane. Ma notate che sebbene si
troverebbe facilmente maggiore analogia fra le altre parti dell'uomo e i diversi
oggetti materiali, che fra questi e la fisonomia umana, nondimeno
l'immaginazione trova sempre in essi oggetti, maggiore analogia col volto
dell'uomo che colle altre parti, anzi a queste neppur pensa. V. il mio discorso sui romantici. Tanto è vero che
la principal parte dell'uomo riguardo all'uomo è il volto. (13. Sett.
1821.).
[1770,2]
Alla p. 1762.
marg. È notabile che la fisonomia di questi tali animali poco e
difficilmente assuefabili, presenta visibili indizi di stupidità, ed un'aria
simile alla fisonomia delle persone di poco talento o poco esercitato. Egli è
certo che v'ha somma corrispondenza fra l'esterno e l'interno, fra la fisonomia
e l'ingegno e le qualità naturali o abituali. Quindi è certo che tali animali
hanno in effetto, se così posso dire, poco talento, e perciò poca assuefabilità
(la quale si vede), ch'è tutt'uno col talento.
[1828,3] Quanto le disposizioni naturali siano influite dalle
circostanze accidentali, assuefazioni ec. si può anche rilevare osservando le
fisonomie. Le quali benchè senza dubbio dinotano
1829
certe e determinate disposizioni e qualità dell'animo, e i gradi loro; e
nondimeno vediamo quanto di rado corrispondano al carattere effettivo
degl'individui. Che se ciò è meno raro ancora di quel che dovrebbe, viene da
questo che l'influenza delle assuefazioni sull'uomo è tanta, che stante la
naturale corrispondenza fra l'interno e l'esterno, le assuefazioni che
determinano il carattere dell'uomo, arrivano bene spesso a modificare la
fisonomia quanto è possibile, e darle talvolta un'aria e significazione tutta
diversa o contraria a quella che aveva naturalmente. Del resto quante persone le
cui fisonomie indicano deciso talento, vivacità, bontà, ec. ec. sono sciocche,
melense, scellerate, e viceversa! V. in Cic.
[De
fato, Tusculanae
Disputationes] il fatto di Socrate con Zopiro fisionomista.
[1881,1] Ho detto pp. 1315-16
pp.
1379-81 che l'amor libidinoso considera più le altre forme che quelle
del viso. Pur è certo che la più sfrenata, invecchiata, ed abituale libidine, è
molto eccitata dalla significazione vivacità ec. {ec.}
degli occhi e del viso, e respinta da un'assoluta bruttezza, insignificazione
ec. di fisonomia. Anzi forse tali eccitamenti son più necessarii all'eccessiva
ed invecchiata libidine che alla mediocre.
[1904,2] Quanta parte dell'effetto singolare che produce la
bellezza umana sull'uomo, massime quella della fisonomia, dipenda e nasca dalla
sua significazione, si può vedere ne' fanciulli, i quali quantunque bellissimi
non producono grand'effetto nello spettatore, nè gli destano odio o avversione
più che superficiale, quantunque bruttissimi. Ciò sebbene
1905 possa avere anche altre cagioni, deriva pur notabilmente da
questa, che la fisonomia de' fanciulli ha sempre poca significazione per chi
l'osserva, 1. perchè la significazione della fisonomia nasce in gran parte dalle
assuefazioni, cioè dal carattere, dalle passioni ec. ec. che l'individuo
acquista appoco appoco, e che mettono in azione, e danno rappresentanza alla
fisonomia. Il carattere de' fanciulli essendo ancora formabile, la
significazione della loro fisonomia, è anch'essa da formarsi, e la
corrispondenza fra l'interno e l'esterno è minore, o meno determinata, in quanto
l'uno e l'altro aspettano la forma che riceveranno dalle circostanze, e sono
ancora quasi pasta molle e da lavoro. 2. Perchè quando anche le fisonomie de'
fanciulli sieno quanto all'apparente conformazione, significantissime; lo
spettatore non applica a questo segno, veruna
1906
notabile significazione, sapendo che il carattere del fanciullo non è ancora
formato, non si può conoscere, non si può bastantemente congetturare dai detti
segni, e dalla fisonomia, e ciò che ora ne apparisce è passeggero, oltre che
alla fine è di poco conto, e nel genere delle bagattelle. Onde un occhio
vivacissimo, e una fisonomia amabilissima in un fanciullo, non ci produce che
una leggera sensazione di amore; ed una fisonomia fiera, e d'apparenza malvagia,
non ci produce che un leggero senso di avversione. Sicchè la fisonomia del
fanciullo lascia l'uomo quasi indifferente, com'è indifferente (almeno per
allora) e di poco conto, ciò ch'ella può significare, e com'è leggera la
corrispondenza fra il significante e il significato. Giacchè anche questa non
solo è determinata dalle assuefazioni, ma anche in gran parte ne deriva, e
perciò non può loro essere anteriore. V. p. 1911.
[1930,2] L'{effetto della}
significazione della fisonomia umana, riconosce anch'esso per sua prima cagione
ed origine l'esperienza e l'assuefazione. Il bambino non sa nulla che cosa
significhi
1931 la più viva e marcata fisonomia, e
quindi in ordine alla di lei significazione, non può provarne verun effetto nè
piacevole nè dispiacevole. Col tempo, e tanto più presto quanto egli è più
disposto naturalmente ad assuefarsi, e disposto o assuefatto ad attendere, e
quindi a confrontare, e a legare i rapporti, egli conosce che l'uomo dabbene, o
l'uomo che gli fa carezze ec. ha, o piglia la tale o tal aria di fisonomia ec. e
appoco appoco si forma le idee delle varie corrispondenze che sono tra il di
fuori e il di dentro degli uomini. Ma vi s'inganna assai più degli uomini,
quantunque, anzi perciò appunto ch'egli è più suscettibile d'impressione nelle
cose sensibili ec. ec. ec.
[1932,1] Un cieco {+(uomo o animale)} è quasi senza espressione (cioè senza nessuna
significazione viva) di fisonomia, nè costante nè momentanea. (16. Ott.
1821.).
[2102,1]
2102 Espressione degli occhi. Perchè si ha cura {{fino ab
antico}} di chiuder gli occhi ai morti? Perchè con gli occhi
aperti farebbero un certo orrore. E questo orrore da che verrebbe? Non da altro
che da un contrasto fra l'apparenza della vita, e l'apparenza e la sostanza
della morte. Dunque la significazione degli occhi è tanta, ch'essi sono i
rappresentanti della vita, e basterebbero a dare una sembianza di vita agli
estinti. Egli è certo che la sede dell'anima quanto all'esteriore, son gli
occhi, e quell'animale o quell'uomo estinto, a cui non si vedono gli occhi,
facilmente si crede che non viva; ma finattanto che gli occhi se gli vedono, si
ha pena a credere che l'anima non alberghi in essi, (quasi fossero inseparabili
da lei), e il contrasto fra quest'apparenza, questa specie di opinione, e la
certezza del contrario, cagiona un raccapriccio, massime trattandosi de' nostri
simili, perchè ogni sensazione è viva, ogni contrasto è notabile in tali
soggetti (cioè morte del nostro simile); eccetto
2103
{il caso di} abitudine formata a tali sensazioni, ec.
(15. Nov. 1821.).
[2546,1] Le Dee e specialmente Giunone, è chiamata spesso da
Omero βοῶπις (βοώπιδος)
2547 cioè ch'ha occhi di bue.
La grandezza degli occhi del bue, alla quale Omero ha riguardo, è certo sproporzionata al viso dell'uomo.
Nondimeno i greci intendentissimi del bello, non temevano di usar questa
esagerazione in lode delle bellezze donnesche, e di attribuire {e appropriar} questo titolo, come titolo di bellezza,
indipendentemente anche dal resto, e come contenente una bellezza in se,
contuttochè contenga una sproporzione. E in fatti non solo è bellezza per tutti
gli uomini e per tutte le donne (che non sieno, come sono molti, di gusto
barbaro) la grandezza degli occhi, ma anche un certo eccesso di questa
grandezza, se anche si nota come straordinario, e colpisce, e desta il senso
della sconvenienza, non lascia perciò di piacere, e non si chiama bruttezza. E
notate che non così accade dell'altre parti umane alle quali conviene esser
grandi (lascio l'osceno che appartiene ad
2548 altre
ragioni di piacere, diverse dal bello): nè i poeti greci, nè verun altro poeta o
scrittore di buon gusto, ha mai creduto che l'esagerazione della grandezza di
tali altre parti fosse una lode per esse, e un titolo di bellezza, come hanno
fatto relativamente agli occhi. Dalle quali cose deducete
[3090,1] Come le forme dell'uomo naturale da quelle dell'uomo
civile, così quelle di una nazione selvaggia differiscono da quelle di un'altra,
quelle di una nazione civile da quelle di un'altra; quelle di un secolo da
quelle di un altro, per varietà di circostanze fisiche naturali o provenienti
dall'uomo stesso; e (per non andar fino alle famiglie e agl'individui) è cosa
osservata {e naturale} che {gli
uomini dediti alle} varie professioni materiali (senza parlar delle
morali, che influiscono sulla fisonomia, dei caratteri e costumi acquisiti,
3091 che pur sommamente v'influiscono, e la
diversificano in uno stesso individuo in diversi tempi) ricevono dall'esercizio
di quelle professioni certe differenze di forme, ciascuno secondo la qualità del
mestiere ch'esercita {+e secondo le parti
del corpo che in esso mestiere più s'adoprano o più restano
inoperose,} così notabili che l'attento osservatore, e in molti casi
senza grande osservazione, può facilmente riconoscere il mestiere di una tal
persona sconosciuta ch'ei vegga per la prima volta, solamente notando certe
particolarità delle sue forme. Così si può riconoscere l'agricoltore, il
legnaiuolo, il calzolaio, anche senz'altre circostanze che lo scuoprano.
[3201,1] 2. Differenze generali, regolari, e costanti si
trovano fra i caratteri, i talenti, le disposizioni spirituali delle diverse
nazioni, massime secondo i diversi climi. Quelle d'ingegno grossissimo, come i
Lapponi; queste d'acutissimo, come gli orientali; altre pigre, altre attive;
altre coraggiose, altre timide; in altre prevale l'immaginazione, in altre la
ragione, e ciò in altre più, in altre meno; {+altre riescono e riuscirono sempre eccellenti in una
parte, altre in altra;}
{ec. ec.} e tutto questo costantemente. Non si può
negare che i principii e le fondamenta di tali differenze non sieno naturali, e
quindi non si può negare che non v'abbia una vera primitiva differenza d'indole
e d'ingegno tra nazione e nazione, clima e clima, come v'ha reale, visibile,
naturale e, generalmente parlando, costante differenza di esteriore, di
fisonomia ec. tra nazioni e climi, selvaggi o civili ec. ec. Dunque
proporzionatamente
3202 è da dire che anche tra
individuo e individuo di una stessa o di diverse nazioni, esiste dalla nascita
una reale differenza d'indole e di talento, o vogliamo dire un principio e una
disposizione di differenza, che ad
idem
redit.
[4085,1] Come la fisonomia degli uomini, e animali sia
determinata dagli occhi, secondo il detto altrove pp. 1576-79
pp.
2102-103, osserva che se tu disegni un volto umano o animalesco e non
vi poni gli occhi, tu non vedi punto che fisonomia abbia quel volto, e appena
senti (se ben conosci) che sia un volto. {+Così i ritratti levati dall'ombra in profilo non paiono
ritratti finchè non vi si aggiunga convenientemente quello che dall'ombra
non si può ricavare, dico l'occhio.} Al contrario se ponendovi gli
occhi, lasci qualche altro membro, tu senti benissimo che quello è un volto e ne
comprendi la fisonomia; solamente ti parrà mostruosa, ma sempre ti riuscirà un
volto e una fisonomia. E così dico a proporzione, del disegnare o accennar gli
occhi più o meno imperfettamente, paragonando l'effetto di questa imperfezione
in ordine al determinar la fisonomia, coll'effetto di una simile imperfezione in
altra qualunque parte del volto. (30. Aprile 1824.).
[4284,1] È ben trista quella età nella quale l'uomo sente di
non ispirar più nulla. Il gran desiderio dell'uomo, il gran mobile de' suoi
atti, delle sue parole, de' suoi sguardi, de' suoi contegni fino alla
vecchiezza, è il desiderio d'inspirare, di communicar qualche cosa di se agli
spettatori o uditori. (Firenze. 1. Luglio.
1827.).
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