[1243,1]
1243 Osserviamo il grand'effetto prodotto nelle nostre
sensazioni dalle piccole e minime differenze reali nella statura degli uomini.
Osserviamo pure la differenza delle proporzioni circa la statura delle donne, e
come una donna alta ci paia bene spesso di maggiore statura che un uomo
mediocre, e posta al paragone si trovi il contrario. ec. Osserviamo finalmente
che le stesse proporzionate differenze in altri oggetti di qualunque genere, non
sono mai capaci di produrre in noi gli stessi effetti, nè proporzionati a quelli
delle stature umane. E quindi inferiamo quanto la continua osservazione ci renda
sottili conoscitori, ed affini le nostre sensazioni circa le forme esteriori de'
nostri simili: e come per conseguenza l'idea delle proporzioni determinate non
si acquisti se non a forza di osservazione, e di abitudine; e quanto sia
relativa, giacchè la menoma differenza reale, ci par grandissima in questi
oggetti, e menoma, qual è, in tutti gli altri. (30. Giugno
1821.).
[1259,1] Spesso nel vedere una fabbrica, {una
chiesa,} un oggetto d'arte qualunque, siamo colpiti a prima
giunta da una mancanza, da una soprabbondanza, da una disuguaglianza, da un
disordine {o irregolarità} di simmetria ec. ed appena
che abbiamo saputo o capito la ragione di questo disordine, e com'esso è fatto a
bella posta, o non a caso, nè per negligenza, ma per utilità, per comodo, per
necessità ec. non {solo non giudichiamo, ma non}
sentiamo più in quell'oggetto veruna sproporzione, come la concepivamo e
sentivamo e giudicavamo a primo tratto. Non è dunque relativa e mutabile l'idea
delle proporzioni e sproporzioni determinate? E perchè sentivamo noi e formavamo
in quel primo istante il giudizio della sproporzione o sconvenienza? Per
l'assuefazione, la quale in noi ha questa proprietà naturale, che ci fa giudicar
di una cosa sopra un'altra, di un individuo, di una specie, di un genere stesso
sopra un altro, e quindi di una convenienza sopra un'altra. Dal che deriva
l'errore universale, non solo del bello assoluto, ma della verità assoluta, del
misurare tutti i nostri simili da noi stessi, della perfezione assoluta, del
credere che tutti gli esseri vadano giudicati sopra una sola norma, e quindi del
crederci più perfetti d'ogni altro
1260 genere di
esseri, quando non si dà perfezione comparativa fuori dello stesso genere, ma
solamente fra gl'individui ec. (1. Luglio 1821.).
[1306,1] Dovunque ha luogo l'utilità quivi noi non
consideriamo e concepiamo e sentiamo la proporzione e convenienza, se non in
ragione dell'utile. Poniamo una spada con una grande impugnatura a comodo e
difesa della mano. Che proporzione ha quella grossa testa con un corpo sottile?
E pure a noi pare convenientissima e proporzionatissima. Perchè? primo per
l'assuefazione principal causa e norma del sentimento delle proporzioni,
convenienze, bellezza, bruttezza. Secondo perchè ne conosciamo il fine e
l'utilità, e questa cognizione determina la nostra idea circa la proporzione ec.
dell'oggetto che vediamo. Chi non avesse mai veduto una spada, e non conoscesse
l'uffizio
1307 suo, o dell'elsa ec. potrebbe giudicarla
sproporzionatissima, e concepire un senso di bruttezza, relativo agli altri
oggetti che conosce, e alle altre proporzioni che ha in mente. Così dite delle
forme umane ec. Non è dunque vero che la proporzione è relativa? Qual tipo, qual
forma universale può aver quell'idea, ch'è determinata individualmente dalla
cognizione di quel tale oggetto delle sue parti, de' loro fini ec? che è
determinata dall'assuefazione di vederlo ec? che varia {non
solo secondo le infinite differenze degli oggetti, ma} secondo le
differenze di dette cognizioni, assuefazioni ec? E quell'idea che deriva da
cognizione speciale di ciascheduna cosa e parte, e da speciale assuefazione,
come può essere innata, avere una norma comune, stabile, determinata
primordialmente e astrattamente dalla natura assoluta del tutto? (10.
Luglio 1821.).
[1437,1] Intorno alle supposte proporzioni assolute, o in
quanto stabilite dalla natura, o in quanto anteriori alla stessa natura, e
necessarie, merita di esser notato quello che affermano gli ottici, che i
diversi individui veggono
1438 gli stessi oggetti
diversamente grandi, secondo le differenze degli organi visivi; e così, credo,
anche una medesima persona secondo le differenze dell'età, e le alterazioni de'
suoi propri organi ec. ancorchè non sensibili, perchè fatte appoco appoco. {+Similmente forse si può dire di tutti gli
altri sensi fisici differentissimi ne' diversi individui; e senza fallo e
molto più de' sensi morali d'ogni genere, benchè questi sieno più soggetti
ad uniformarsi mediante lo sviluppo e le modificazioni che ricevono dalla
società.}
(2. Agosto 1821.).
[1589,2] Vuoi tu vedere l'influenza dell'opinione e
dell'assuefazione sul giudizio e sul sentimento, per così dire, fisico delle
proporzioni; anzi come questo nasca totalmente dalle dette cause, e ne sia
interamente determinato?
1590 Osserva una donna alta e
grossa vicina ad un uomo di giusta corporatura. Assolutamente tu giudichi e ti
par di vedere che le dimensioni di quella donna sieno maggiori di quelle
dell'uomo strettamente parlando. Ragguaglia le misure e le troverai spessissimo
uguali, o maggiori quelle dell'uomo. Osserva una donna di giusta corporatura
vicino ad un uomo piccolo. Ti avverrà lo stesso effetto e lo stesso inganno.
Similmente in altri tali casi. Questi sono dunque inganni dell'occhio: e da che
prodotti? che cosa inganna lo stesso senso? l'opinione e l'assuefazione.
(30. Agos. 1821.). {+Alla Commedia in Bologna vidi una donna vestita
da uomo: pareva un bambolo. In un altro atto ella uscì fuori da donna,
facendo un altro personaggio: mi parve, com'era, un gran pezzo di
persona.}
[1793,1] Quello che ho detto altrove pp. 1749-50 della
bellezza o bruttezza il cui giudizio bene spesso si muta, vedendo una persona
conosciuta e non riconoscendola, si può estendere non solo ad altri generi di
bello e brutto, ma eziandio ad altre qualità degli oggetti, (umani o no) e fino
alla statura (quantunque l'idea di questa paia immutabile) della quale ancora,
nelle persone conosciute, ci formiamo una certa idea abituale, le cui
proporzioni {comparative} bene spesso si mutano, e
crescono o scemano, se per caso vediamo quelle stesse persone senza
riconoscerle, ancorchè le vediamo isolate,
1794 e fuori
della comparazione d'altre stature, la quale cambia assai spesso l'idea delle
proporzioni ec. (26. Sett. 1821.). {{V. p. 1801.}}
[1921,1] Si può dire che il dilicato in ordine alle forme
{ec.} non consiste in altro che in una
proporzionata e rispettiva piccolezza del tutto o delle parti. E viceversa il
grossolano, o ciò ch'è di mezzo fra il grossolano e il dilicato. La qual
proporzione, la qual piccolezza è determinata dall'assuefazione. La piccolezza
del piede delle Chinesi a noi parrebbe sproporzionata. La natura non entra qui
(come non entra altrove) o non basta a tali determinazioni. La più lunga vita
della donna più grande nei nostri vestiarii d'oggidì è più corta della più corta
vita dell'uomo il più piccolo, o almeno il più mediocre ec. ec.
[2257,2] L'altezza di un edifizio o di una fabbrica qualunque
sì di fuori che di dentro, di un monte ec. è piacevole sempre a vedere, tanto
che si perdona in favor suo anche la sproporzione. Come in una guglia altissima
e sottilissima. Anzi quella stessa sproporzione piace, perchè dà risalto
all'altezza, e ne accresce l'apparenza e l'impressione e la percezione e il
sentimento e il concetto. Ad uno il quale udiva che l'altezza straordinaria di
un certo tempio era ripresa come sproporzionata alla grandezza ec. sentii dire
che se questo era un difetto, era bel difetto, ed appagava e ricreava
2258 l'animo dello spettatore. La causa naturale ed
intrinseca {e metafisica} di questi effetti l'intendi
già bene. (16. Dic. 1821.).
[2546,1] Le Dee e specialmente Giunone, è chiamata spesso da
Omero βοῶπις (βοώπιδος)
2547 cioè ch'ha occhi di bue.
La grandezza degli occhi del bue, alla quale Omero ha riguardo, è certo sproporzionata al viso dell'uomo.
Nondimeno i greci intendentissimi del bello, non temevano di usar questa
esagerazione in lode delle bellezze donnesche, e di attribuire {e appropriar} questo titolo, come titolo di bellezza,
indipendentemente anche dal resto, e come contenente una bellezza in se,
contuttochè contenga una sproporzione. E in fatti non solo è bellezza per tutti
gli uomini e per tutte le donne (che non sieno, come sono molti, di gusto
barbaro) la grandezza degli occhi, ma anche un certo eccesso di questa
grandezza, se anche si nota come straordinario, e colpisce, e desta il senso
della sconvenienza, non lascia perciò di piacere, e non si chiama bruttezza. E
notate che non così accade dell'altre parti umane alle quali conviene esser
grandi (lascio l'osceno che appartiene ad
2548 altre
ragioni di piacere, diverse dal bello): nè i poeti greci, nè verun altro poeta o
scrittore di buon gusto, ha mai creduto che l'esagerazione della grandezza di
tali altre parti fosse una lode per esse, e un titolo di bellezza, come hanno
fatto relativamente agli occhi. Dalle quali cose deducete
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