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Uomo, perchè si creda il supremo degli enti.

Man, why he believes himself to be the greatest of all beings.

Vedi Stranieri. Schiavitù. See Foreigners. Slavery. 390,1 822,1 975,12 1259,1 1260,1 1305,51305,1 4120,20 4172,8

[390,1]  L'immaginarsi di essere il primo ente della natura {e che il mondo sia fatto per noi,} è una conseguenza naturale dell'amor proprio necessariamente coesistente con noi, e necessariamente illimitato. Onde è naturale che ciascuna specie d'animali s'immagini, se non chiaramente, certo confusamente e fondamentalmente la stessa cosa. Questo accade nelle specie o generi rispetto agli altri generi o specie. Ma proporzionatamente lo vediamo accadere anche negl'individui, riguardo, non solo alle altre specie o generi, ma agli altri individui della medesima specie.

[822,1]  Non solamente ciascuna specie di bruti stima o esplicitamente e distintamente, o certo implicitamente e confusamente, di esser la prima e più perfetta nella natura, e nell'ordine delle cose, e che tutto sia fatto per lei, ma anche nello stesso modo ciascun individuo. E così accade tra gli uomini, che implicitamente  823 e naturalmente ciascuno si persuade la stessa cosa.

[975,2]  Il sistema di Copernico insegnò ai filosofi l'uguaglianza dei globi che compongono il sistema solare (uguaglianza non insegnata dalla natura, anzi all'opposto), nel modo che la ragione e la natura insegnavano agli uomini ed a qualunque vivente l'uguaglianza naturale degl'individui di una medesima specie. (22. Aprile 1821.).

[1259,1]  Spesso nel vedere una fabbrica, {una chiesa,} un oggetto d'arte qualunque, siamo colpiti a prima giunta da una mancanza, da una soprabbondanza, da una disuguaglianza, da un disordine {o irregolarità} di simmetria ec. ed appena che abbiamo saputo o capito la ragione di questo disordine, e com'esso è fatto a bella posta, o non a caso, nè per negligenza, ma per utilità, per comodo, per necessità ec. non {solo non giudichiamo, ma non} sentiamo più in quell'oggetto veruna sproporzione, come la concepivamo e sentivamo e giudicavamo a primo tratto. Non è dunque relativa e mutabile l'idea delle proporzioni e sproporzioni determinate? E perchè sentivamo noi e formavamo in quel primo istante il giudizio della sproporzione o sconvenienza? Per l'assuefazione, la quale in noi ha questa proprietà naturale, che ci fa giudicar di una cosa sopra un'altra, di un individuo, di una specie, di un genere stesso sopra un altro, e quindi di una convenienza sopra un'altra. Dal che deriva l'errore universale, non solo del bello assoluto, ma della verità assoluta, del misurare tutti i nostri simili da noi stessi, della perfezione assoluta, del credere che tutti gli esseri vadano giudicati sopra una sola norma, e quindi del crederci più perfetti d'ogni altro  1260 genere di esseri, quando non si dà perfezione comparativa fuori dello stesso genere, ma solamente fra gl'individui ec. (1. Luglio 1821.).

[1260,1]  Si può però ammettere una perfezione comparativa fra i diversi generi di cose, dentro il sistema di questa tal natura, o modo universale di esistere: ma una perfezione comparativa assai larga, e molto meno stretta e precisa di quello che l'uomo e il vivente qualunque si figuri naturalmente; e non mai assoluta, perchè assoluta non potrebb'essere se non in ordine al sistema intiero ed universale di tutte le possibilità. Questo pensiero ha bisogno di esser ponderato, {{svolto, dilatato,}} e rischiarato. (1. Luglio 1821.).

[1305,1]  L'uomo isolato crederebbe per natura, almeno confusamente, che il mondo fosse fatto per lui solo. E intanto crede che sia fatto per la sua specie intera, in quanto la conosce bene, e vive in mezzo a lei, e ragiona facilmente e pianamente sui dati che la società e le cognizioni comuni gli porgono. Ma non potendo ugualmente vivere nella società di tutti gli altri esseri, la sua ragione si ferma qui, e senza riflessioni che non possono esser comuni a molti, non arriva a conoscere che il mondo è fatto per tutti gli esseri che lo compongono. Ho veduto uomini vissuti gran tempo nel mondo, poi fatti solitarii, e stati sempre egoisti, credere in buona fede che il mondo appresso a poco fosse tutto per loro, la qual credenza appariva da' loro fatti d'ogni genere, ed anche dai detti implicitamente. E non  1306 potevano non solo patire o mancar di nulla, ma appena concepire come gli uomini e le cose non si prestassero sempre e interamente ai loro comodi, e ne manifestavano la loro maraviglia e la loro indignazione in maniere singolarissime, e talvolta incredibili in persone avvezze alle maniere civili, ed ai sacrifizi della società, nelle quali cose conservavano pur molta pretensione. Ma non si accorgevano, così facendo, di mancare a nessun debito loro verso gli altri, nè di esigger più di quello che loro convenisse ec. (10. Luglio 1821.).

[4120,20]  Non solo, come ho detto altrove p. 646, nessun secolo barbaro si credette esser tale, ma ogni secolo si credette e si crede essere il non plus ultra dei progressi dello spirito umano, e che le sue cognizioni, scoperte ec. e massime la sua civilizzazione difficilmente o in niun modo possano essere superate dai posteri, {+certo non dai passati.} (10. Ott. Domenica. 1824.). {V. la p. 4124.} Così non v'è nazione nè popoletto così barbaro e selvaggio che  4121 non si creda la prima delle nazioni, e il suo stato, il più perfetto, civile, felice, e quel delle altre tanto peggiore quanto più diverso dal proprio. V. Robertson Stor. d'America, Venez. 1794. t. 2. p. 126. 232-33. Così le nazioni mezzo civili, o imperfette, anche in europa ec. E così sempre fu. (15. Ottobre. Festa di Santa Teresa di Gesù. 1824.).

[4172,8]  Et qui rit de nos moeurs ne fait que prévenir Ce qu'en doivent penser les siècles à venir. * M. de Rulière, Discours en vers sur les Disputes, rapporté par Voltaire Dict. phil. au mot Dispute.