[186,1]
186 La ragione che reca Montesquieu (Essai sur le gout. Des plaisirs de la
symétrie) perchè l'anima amando la varietà, tuttavia dans la plupart des choses elle aime à voir une espece de
symétrie,
*
il che sembra che renferme quelque contradiction,
*
non mi
capacita. Une des principales
causes des plaisirs de notre ame, lorsqu'elle voit des objets, c'est
la facilité qu'elle a à les appercevoir; et la raison qui fait que
la symétrie plaît à l'ame, c'est qu'elle
lui épargne de la peine, qu'elle la soulage, et qu'elle coupe, pour
ainsi dire, l'ouvrage par la moitié. De-là suit une régle générale:
par-tout où la symétrie est utile à l'ame et peut aider ses
fonctions, elle lui est agréable; mais, par-tout où elle est
inutile, elle est fade, parce qu'elle ôte la variété. Or les choses
que nous voyons successivement doivent avoir de la variété; car
notre ame n'a aucune difficulté à les voir: celles, au contraire,
que nous appercevons d'un coup d'oeil doivent avoir de la symétrie.
Ainsi, comme nous appercevons d'un coup d'oeil la façade d'un
bâtiment, un parterre, un temple, on y met de la symétrie, qui plaît
à l'ame par la facilité qu'elle lui donne d'embrasser d'abord tout
l'objet.
*
Ora io domando perchè noi vedendo una
campagna, un paesaggio dipinto o reale ec. d'un colpo d'occhio come un parterre, e gli oggetti di quella e di questa vista,
essendo i medesimi, noi vogliamo in quella la varietà, e in questa la simmetria.
E perchè ne' giardini inglesi parimente la varietà ci piaccia
187 in luogo della simmetria. La ragion vera è questa. I detti
piaceri, e gran parte di quelli che derivano dalla vista, e tutti quelli che
derivano dalla simmetria, appartengono al bello. Il bello dipende dalla
convenienza. La simmetria non è tutt'uno colla convenienza ma solamente una
parte o specie di essa, dipendente essa pure dalle opinioni gusti ec. che
determinano l'idea delle proporzioni, corrispondenze, ec. La convenienza {relativa} dipende dalle stesse opinioni gusti, ec. Così
che dove il nostro gusto indipendentemente da nessuna cagione innata e generale,
giudica conveniente la simmetria, quivi la richiede, dove no non la richiede, e
se giudica conveniente la varietà, richiede la varietà. E questo è tanto vero,
che quantunque si dica comunemente che la varietà è il primo pregio di una
prospettiva campestre, contuttociò essendo relativo anche questo gusto, si
troveranno di quelli che anche nella {prospettiva
campestre} amino una certa simmetria, come i toscani che sono avvezzi
a veder nella campagna tanti giardini. E così noi per l'assuefazione amiamo la
regolarità dei vigneti, filari d'alberi, piantagioni {solchi
ec.} ec. e ci dorremmo della regolarità di una catena di montagne ec.
Che ha che far qui l'utile o l'inutile? perchè quando sì, quando no negli
oggetti della stessa natura? perchè in queste persone sì, in quelle no? Di più
quegli stessi alberi che ci piacciono collocati regolarmente in una piantagione,
ci piaceranno ancora collocati senz'ordine in una selva, boschetto ec. La
simmetria e la varietà, gli effetti dell'arte e quelli della natura, sono due
generi di bellezze. Tutti
188 due ci piacciono, ma
purchè non sieno fuor di luogo. Perciò l'irregolarità in un'opera dell'arte ci
choque ordinariamente (eccetto quando sia pura
imitazione della natura, come ne' giardini inglesi) perchè quivi si aspetta il
contrario; e la regolarità ci dispiace in quelle cose che si vorrebbero
naturali, non parendo ch'ella convenga alla natura, quando però non ci siamo
assuefatti come i toscani.
[1259,1] Spesso nel vedere una fabbrica, {una
chiesa,} un oggetto d'arte qualunque, siamo colpiti a prima
giunta da una mancanza, da una soprabbondanza, da una disuguaglianza, da un
disordine {o irregolarità} di simmetria ec. ed appena
che abbiamo saputo o capito la ragione di questo disordine, e com'esso è fatto a
bella posta, o non a caso, nè per negligenza, ma per utilità, per comodo, per
necessità ec. non {solo non giudichiamo, ma non}
sentiamo più in quell'oggetto veruna sproporzione, come la concepivamo e
sentivamo e giudicavamo a primo tratto. Non è dunque relativa e mutabile l'idea
delle proporzioni e sproporzioni determinate? E perchè sentivamo noi e formavamo
in quel primo istante il giudizio della sproporzione o sconvenienza? Per
l'assuefazione, la quale in noi ha questa proprietà naturale, che ci fa giudicar
di una cosa sopra un'altra, di un individuo, di una specie, di un genere stesso
sopra un altro, e quindi di una convenienza sopra un'altra. Dal che deriva
l'errore universale, non solo del bello assoluto, ma della verità assoluta, del
misurare tutti i nostri simili da noi stessi, della perfezione assoluta, del
credere che tutti gli esseri vadano giudicati sopra una sola norma, e quindi del
crederci più perfetti d'ogni altro
1260 genere di
esseri, quando non si dà perfezione comparativa fuori dello stesso genere, ma
solamente fra gl'individui ec. (1. Luglio 1821.).
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