Navigation Settings

Manuscript Annotations:
interlinear {...}
inline {{...}}
attached +{...}
footnote #{...}
unattached {...}
Editorial Annotations:

Correction Normalization

[51,2]  Io considero le illusioni come cosa in certo modo reale stante ch'elle sono ingredienti essenziali del sistema della natura umana, e date dalla natura a tutti quanti gli uomini, in maniera che non è lecito spregiarle come sogni di un solo, ma propri veramente dell'uomo e voluti dalla natura, e senza cui la vita nostra sarebbe la più misera e barbara cosa ec. Onde sono necessari ed entrano sostanzialmente nel composto ed ordine delle cose.

[128,2]  La varietà che la natura ha posta nelle cose e negl'ingegni, è tanta, che fino gli stessi filosofi, quantunque tutti cerchino la stessa verità, nondimeno a cagione dei diversissimi aspetti nei quali una stessa proposizione si presenta ai diversi ingegni, sarebbero tutti originali, se non leggessero gli altri filosofi, e non  129 osservassero le cose cogli occhi altrui. Ed è facile a scoprire che una grandissima parte delle verità dette ai nostri tempi da quegli scrittori che s'hanno per originali, ancorchè queste verità passino per nuove, non hanno altro di nuovo che l'aspetto, e sono già state esposte in altro modo. (18. Giugno 1820.). {{E vedete come tutti gli scrittori non europei, come gli orientali, Confucio ec. quantunque dicano appresso a poco le stesse cose che i nostri, a ogni modo paiono originali, perchè non avendo letto i nostri filosofi europei, non hanno potuto imitarli, o seguirli e conformarcisi non volendo, come accade a tutti noi.}}

[147,1]  Tutto quello, {si può dire,} che i moderni viaggiatori osservano e raccontano di curioso e singolare nei costumi e {nelle usanze} delle nazioni incivilite, non è altro che un avanzo di antiche istituzioni, massimamente se quelle particolarità spettano alle classi colte. Perchè la natura quando è più libera, come anticamente, e ora in gran parte appresso il popolo, è sempre varia. Ma certamente nel moderno non troveranno niente di singolare nè di curioso, e tutto quello che c'è da vedere negli altri paesi possono far conto di averlo veduto nel proprio senza viaggiare. Eccetto le piccole differenze provenienti dal clima e dal carattere di ciaschedun popolo, i quali però vanno sempre cedendo all'impulso moderno di uguagliare ogni cosa, e certamente da per tutto, massime nelle classi colte, si ha cura di allontanare tutto quello che c'è di singolare e di proprio nei costumi della nazione, e di non distinguersi dagli altri se non per una maggior somiglianza col resto degli uomini. E in genere si può dire che la tendenza dello spirito moderno è di ridurre tutto il mondo una nazione, e tutte le nazioni una sola persona. Non c'è più vestito proprio di nessun popolo, e le mode in vece d'esser nazionali, sono europee ec: anche la lingua oramai divien tutt'una per la gran propagazione del francese, la quale io non riprendo in quanto all'utile, ma bene in quanto al bello.

[186,1]   186 La ragione che reca Montesquieu (Essai sur le gout. Des plaisirs de la symétrie) perchè l'anima amando la varietà, tuttavia dans la plupart des choses elle aime à voir une espece de symétrie, * il che sembra che renferme quelque contradiction, * non mi capacita. Une des principales causes des plaisirs de notre ame, lorsqu'elle voit des objets, c'est la facilité qu'elle a à les appercevoir; et la raison qui fait que la symétrie plaît à l'ame, c'est qu'elle lui épargne de la peine, qu'elle la soulage, et qu'elle coupe, pour ainsi dire, l'ouvrage par la moitié. De-là suit une régle générale: par-tout où la symétrie est utile à l'ame et peut aider ses fonctions, elle lui est agréable; mais, par-tout où elle est inutile, elle est fade, parce qu'elle ôte la variété. Or les choses que nous voyons successivement doivent avoir de la variété; car notre ame n'a aucune difficulté à les voir: celles, au contraire, que nous appercevons d'un coup d'oeil doivent avoir de la symétrie. Ainsi, comme nous appercevons d'un coup d'oeil la façade d'un bâtiment, un parterre, un temple, on y met de la symétrie, qui plaît à l'ame par la facilité qu'elle lui donne d'embrasser d'abord tout l'objet. * Ora io domando perchè noi vedendo una campagna, un paesaggio dipinto o reale ec. d'un colpo d'occhio come un parterre, e gli oggetti di quella e di questa vista, essendo i medesimi, noi vogliamo in quella la varietà, e in questa la simmetria. E perchè ne' giardini inglesi parimente la varietà ci piaccia  187 in luogo della simmetria. La ragion vera è questa. I detti piaceri, e gran parte di quelli che derivano dalla vista, e tutti quelli che derivano dalla simmetria, appartengono al bello. Il bello dipende dalla convenienza. La simmetria non è tutt'uno colla convenienza ma solamente una parte o specie di essa, dipendente essa pure dalle opinioni gusti ec. che determinano l'idea delle proporzioni, corrispondenze, ec. La convenienza {relativa} dipende dalle stesse opinioni gusti, ec. Così che dove il nostro gusto indipendentemente da nessuna cagione innata e generale, giudica conveniente la simmetria, quivi la richiede, dove no non la richiede, e se giudica conveniente la varietà, richiede la varietà. E questo è tanto vero, che quantunque si dica comunemente che la varietà è il primo pregio di una prospettiva campestre, contuttociò essendo relativo anche questo gusto, si troveranno di quelli che anche nella {prospettiva campestre} amino una certa simmetria, come i toscani che sono avvezzi a veder nella campagna tanti giardini. E così noi per l'assuefazione amiamo la regolarità dei vigneti, filari d'alberi, piantagioni {solchi ec.} ec. e ci dorremmo della regolarità di una catena di montagne ec. Che ha che far qui l'utile o l'inutile? perchè quando sì, quando no negli oggetti della stessa natura? perchè in queste persone sì, in quelle no? Di più quegli stessi alberi che ci piacciono collocati regolarmente in una piantagione, ci piaceranno ancora collocati senz'ordine in una selva, boschetto ec. La simmetria e la varietà, gli effetti dell'arte e quelli della natura, sono due generi di bellezze. Tutti  188 due ci piacciono, ma purchè non sieno fuor di luogo. Perciò l'irregolarità in un'opera dell'arte ci choque ordinariamente (eccetto quando sia pura imitazione della natura, come ne' giardini inglesi) perchè quivi si aspetta il contrario; e la regolarità ci dispiace in quelle cose che si vorrebbero naturali, non parendo ch'ella convenga alla natura, quando però non ci siamo assuefatti come i toscani.

[368,1]  Si suol dire che la monotonia fa parere i giorni più lunghi. Così è quanto alle parti del tempo considerate separatamente. Ma quanto al complesso è tutto l'opposto, perchè un giorno pieno di varietà, terminato che sia ti parrà lunghissimo, anzi spesso ti avverrà di credere a prima giunta che una cosa fatta, accaduta, veduta, ec. oggi, appartenga al giorno di ieri o ier l'altro, perchè la moltiplicità delle cose allunga nella tua memora lo spazio, e il maggior numero degli accidenti, accresce l'apparenza del tempo. All'opposto in una vita tutta uniforme, spesso ti avverrà (e m'è avvenuto) di credere che l'accaduto ieri o ier l'altro appartenga al giorno d'oggi, o quello di più giorni fa, al giorno di ieri. E ciò per la ragione contraria, {e perchè l'uniformità impiccolisce l'immagine delle distanze.} Così la monotonia  369 prolunga la vita in quanto la lunghezza è penosa, e l'abbrevia in quanto la lunghezza è piacevole e desiderata; e la tua vita passata nell'uniformità ti par brevissima e momentanea, quando ne sei giunto al fine. (1. Dec. 1820.).

[721,1]  Dovunque l'arte tiene la principal parte in luogo della natura, manca la varietà, sebbene sottentri una sterile curiosità. P. e. gli Stati uniti si diversificano molto dal governo, costumi ec. degli altri paesi civili, ma quella è una differenza d'arte, non di natura, è parto della ragione, della filosofia del sapere, è cosa artifiziale, non naturale.  722 Quindi la curiosità che ne deriva, è una curiosità secca, e quella varietà, è quasi falsa, ascitizia, non propria delle cose, non sostanziale, non inerente alla nazione, e alla natura di lei, e per così dire, una varietà monotona. Al contrario di quella curiosità e varietà che deriva dalla considerazione della Svizzera, della Spagna ec. curiosità e varietà, naturale, propria, innata. V. il pensiero precedente. (5. Marzo 1821.).

[1022,1]  Quanto la natura abbia proccurata la varietà, e l'uomo e l'arte l'uniformità, si può dedurre anche da quello che ho detto della naturale, necessaria e infinita varietà delle lingue, p. 952. segg. Varietà maggiore di quello che paia a prima vista, giacchè non solo produce p. e. al viaggiatore, una continua novità rispetto alla sola lingua, ma anche rispetto agli uomini, parendo diversissimi quelli che si esprimono diversamente; cosa favorevolissima alla immaginazione, considerandosi quasi come esseri di diversa specie quelli che non sono intesi da noi, nè c'intendono: perchè la lingua è una cosa somma, principalissima, caratteristica degli uomini, sotto tutti i rapporti della vita sociale. Per lo contrario, lasciando le altre cure degli uomini per uniformare, stabilire, regolare ed estendere le diverse lingue; oggi, in tanto e così vivo commercio di tutte, si può dir, le nazioni insieme, si è introdotta, ed è divenuta necessaria, una lingua comune, cioè la francese; la quale  1023 stante il detto commercio, e l'andamento presente della società, si può predire che non perderà più la sua universalità, nemmeno cessando l'influenza o politica, o letteraria, o civile, o morale ec. della sua nazione. E certo, se la stessa natura non lo impedisse, si otterrebbe appoco appoco che tutto il mondo parlasse quotidianamente il francese, e l'imparasse il fanciullo come lingua materna; e si verificherebbe il sogno di una lingua strettamente universale. (8. Maggio 1821.).

[1028,1]   1028 La cosa più durevolmente e veramente piacevole è la varietà delle cose, non per altro se non perchè nessuna cosa è durevolmente e veramente piacevole. (10. Maggio 1821.).

[1045,1]   1045 Chi vuol vedere quanto abbia la natura provveduto alla varietà, consideri quanto l'immaginazione sia più varia della ragione, e come tutti si accordino in ciò che spetta o è fondato su questa, e viceversa. P. esempio osservi come fossero varie le lingue antiche architettate sul modello della immaginazione, e quanto monotone quelle moderne che più sono architettate sulla ragione. Osservi come una lingua universale debba esser modellata e regolata in tutto e perfettamente dalla ragione, appunto perchè questa è comune a tutti, ed uguale e uniforme in tutti. (13. Maggio 1821.).

[1386,1]  Quanto la civilizzazione per sua natura tenda a conformare gli uomini e le cose umane, come questo sia l'uno de' principali suoi fini, ovvero de' mezzi principali per conseguire i suoi fini, si può vedere anche nella lingua, nell'ortografia, nello stile largamente considerato, nella letteratura ec. Tutte cose tanto  1387 più uniformi in una nazione, quanto ella [è] più civile, o si va civilizzando di mano in mano, e tanto più varie quanto ella è più lontana dalla civiltà perfetta, o più vicina a' suoi principj ec. E ne' principii tutte queste cose furono sommamente varie, incerte, discordi, arbitrarie ec. presso qualunque nazione delle più colte oggidì. {+Lo stabilire e il formare o l'essere stabilita e formata una lingua un'ortografia ec. non è quasi altro che uniformarla. Giacchè sia pur ella regolarissima in questo o quello scrittore o parlatore, ella non è stabilita nè formata nè buona se non è uniforme nella nazione; e sia pure irregolarissima (come la greca ec.) ella è stabilita ec. quando in quel tale stato ella è riconosciuta, intesa e adoperata stabilmente e regolarmente dalla nazione. Allora l'irregolarità è regola, e nel caso contrario la regolarità è irregolare.} (25. Luglio 1821.). {{V. se vuoi, pp. 1516-17.}}

[1459,1]  Quanto gli uomini sono meno inciviliti (come sono i selvaggi, com'erano gli Americani ec.) tanto maggiori e più frequenti varietà di lingue o dialetti si trovano in più piccolo spazio di paese, e minor quantità di gente. Cosa provata dalla storia, da' viaggi ec. e proporzionatamente dalla stessa osservazione de' popoli più o meno inciviliti, letterati ec. V. la p. 1386. fine. Dal che si vede quanto la natura contrasti all'uniformità de' linguaggi ec. come ho detto altrove pp. 937-40 p. 1022. (6. Agos. 1821.).

[1507,2]  La brevità non piace per altro, se non perchè nulla piace. Anche i maggiori piaceri  1508 si bramano, e denno esser brevi, e lasciar desiderio, altrimenti lasciano sazietà. Ma non v'è mezzo fra questi due estremi? non possono lasciar paghi? No. Se l'uomo potesse appagarsi di un piacere nè la brevità nè la varietà (che deriva dalla brevità, e l'include ed importa, ed è quasi tutt'uno con lei) non sarebbero piacevoli per se stesse, nè amate dall'uomo. Ora siccome l'uomo non può restar pago, e la sua peggior condizione è la sazietà, perciò una principalissima qualità de' piaceri e delle sensazioni interiori o esteriori che servono alla felicità, si è che lascino desiderio, si è la brevità, e varietà loro, e la varietà della vita. (17. Agos. 1821.)

[1629,1]  Ho detto [p. 933] che dilatandosi le nazioni, le lingue si dividono. Ciò principalmente accade nel volgo, perchè il volgo di un luogo, poco o nessun commercio conserva con quello di un altro, benchè nazionale. Le altre classi ve lo conservano o immediato o mediato, per la civiltà che gli unisce, le scritture ec. ec. 1. Quanto più una nazione è nazione, {+e per ispirito e per istato politico,} {2.} quanto più il volgo è in commercio colle altre classi della stessa popolazione, 3. colle altre popolazioni {nazionali,} 4. quanto più una nazione, ed in essa il volgo, è civile, {+5. quanto più i costumi, i caratteri ec. sono per conseguenza conformi, sì nel volgo che nelle altre classi;} tanto i dialetti vernacoli sono minori di numero, e meno distinti di forma, ec. Applicate queste osservazioni all'Italia, alla Francia, Inghilterra, Germania ec.

[1655,1]   1655 L'uomo si addomestica alla continua novità come alla uniformità, e allora l'oggetto nuovo gli è tanto familiare, quanto un oggetto vecchio, e la novità in genere gli è più familiare e ordinaria, che la uniformità. ec. (8. Sett. 1821.).

[1826,2]  Finora s'è applicata alla politica piuttosto la cognizione degli uomini che quella dell'uomo, piuttosto la scienza delle nazioni che degl'individui di cui le nazioni si compongono, e che sono altrettante fedeli immagini delle nazioni. (3. Ott. 1821.).

[1827,2]  A quello che altrove ho detto pp. 1744-46 dell'effetto che fa nell'uomo la vista del cielo, si può aggiungere e paragonare quello del mare, delle egloghe piscatorie, e d'ogni sorta d'immagine presa dalla navigazione ec. Le idee relative al mare sono vaste, e piacevoli per questo motivo, ma non durevolmente, perchè mancano di due qualità, la varietà, e l'esser proprie e vicine alla nostra vita quotidiana, agli oggetti che ci circondano, alle nostre assuefazioni rimembranze ec. (dico di chi non è marinaio ec. di professione) ed anche alle nostri[nostre] cognizioni pratiche; giacchè la cognizione pratica,  1828 almeno in grosso, l'uso, l'esperienza, una tal quale familiarità con ciò che il poeta ha per le mani, è necessaria all'effetto delle immagini e sentimenti poetici ec.; ed è per questo che piace soprattutto nella poesia ciò che spetta al cuore umano (che è la cosa della quale abbiamo più cognizione pratica), siccome nella pittura, scultura ec. l'imitazione dell'uomo, delle sue passioni ec. (3. Ott. 1821.).

[1831,2]  Tutte le città fuor di mano hanno qualche particolarità di costumi, dialetto, accento, indole ecc. che le distingue sì dal generale della nazione sì l'una dall'altra. E si trova, proporzionatamente parlando, maggior varietà di costume scorrendo un piccolo circondario  1832 posto fuor di mano, che non si trova scorrendo da capo a piedi un intero regno, ed anche più regni {e nazioni,} per le vie postali. Tanto la natura è varia, e l'arte monotona; e tanto è vero che la civilizzazione tende essenzialmente ad uniformare. (3. Ott. 1821.).

[1965,2]  Alla p. 1938. En apprenant la prosodie d'une langue, on entre plus intimément dans l'esprit de la nation qui la parle que par quelque gente d'étude que ce puisse être. De là vient qu'il est amusant de prononcer des mots étrangers: on s'écoute comme si c'étoit un autre qui parlât: mais il  1966 n'y a rien de si délicat, de si difficile à saisir que l'accent: on apprend mille fois plus aisément les airs de musique le plus compliqués, que la prononciation d'une seule syllabe. Une longue suite d'années, ou les premières impressions de l'enfance, peuvent seules rendre capable d'imiter cette prononciation, qui appartient à ce qu'il y a de plus subtil et de plus indéfinissable dans l'imagination et dans le caractère national. * (Vedete qui 1. la gran varietà di tutto ciò ch'è opera ed effetto della natura, e non ha che far colla ragione. 2. l'immensa e inevitabile e naturale varietà che deve a ogni patto nascere ec. nella favella degli uomini, varietà ch'essendo così difficile a saisir, pone un grandissimo ostacolo a farsi scambievolmente intendere. E quante menome, ma egualmente indefinibili e inimitabili particolarità ha la pronunzia e l'accento di ciascun paese, o terra, o individuo! ec.)  1967 De l'Allemagne, t. 1. 2.de part. ch. 9. principio.

[2405,1]  Essendo vissuto lunghissimo tempo in città piccola, e fra gente lontanissima da quel che si chiama buon tuono, e spirito di mondo, quantunque io non abbia più che tanta pratica della così detta buona società, mi par nondimeno  2406 di avere in mano bastanti comparazioni per potere affermare che ne' paesi piccoli, e fra gli uomini e le società di piccolo spirito, si apprende assai più della natura umana, e {} del carattere generale, sì de' caratteri accidentali degli uomini, di quello che si possa fare nelle grandi città, e nella perfetta conversazione. Perchè, oltre che in queste gli uomini son sempre mascherati, e d'apparenze lontanissime dalla sostanza, e dai caratteri loro individuali; oltre che sono tanto più lontani dalla natura, e dal vero carattere generale dell'uomo, e lo sono, non solo per finzione, ma anche per carattere acquisito; il principale è che son tutti appresso a poco d'una forma, sì ciascuno di essi, come ciascuna di tali società rispetto alle altre. Laonde veduto e conosciuto un uomo solo, si può dir che tutti, poco più poco meno, sieno veduti e conosciuti. Al contrario di quel che succede nelle città piccole, e nella piccola società, dove non è individuo, che non offra qualche nuova scoperta circa le qualità di cui la natura umana è capace. Maggior varietà si trova fra questi tali uomini che nelle stesse campagne (o fra' selvaggi, o non inciviliti ec.)  2407 perchè gli uomini affatto o quasi affatto incolti, sono abbastanza vicini alla natura (ch'è una qualità e un tipo generale) per rassomigliarsi moltissimo scambievolmente, mediante la stessa natura. Questi sono simili fra loro, quelli che sono perfettamente o quasi perfettamente colti, si può dir che sieno uguali gli {uni agli} altri, in virtù dell'incivilimento che tende per essenza ad uniformare. Lo stato di mezzo è il più vario, il più suscettivo di diverse qualità, e il più conformabile secondo le circostanze relative e individuali. Queste osservazioni si possono estendere, e distinguere in diversi modi. P. e. si conosce assai meglio la natura umana e la sua capacità di forme, esaminando un uomo volgare, che un dotto, un filosofo, uno esperimentato negli affari, o vissuto nel gran mondo ec. ec.; assai meglio esaminando il carattere di una società piccola, che d'una grande; assai meglio esaminando una nazione non perfettamente colta, che una perfettamente civile (spagnuoli, tedeschi-italiani- francesi); assai meglio esaminando lo spirito di quella tal nazione civile, o delle sue parti, lontano dalla capitale, o dal centro  2408 della società nazionale, ch'esaminando la società di essa capitale ec. Così dico ancora del carattere nazionale, il quale p. e. rispetto ai francesi, si conoscerà molto meglio esaminando la società della Bretagna, o della Provenza, che quella di Parigi. (30. Aprile. 1822.).

[2599,1]  L'uniformità è certa cagione di noia. L'uniformità è noia, e la noia uniformità. D'uniformità vi sono moltissime specie. V'è anche l'uniformità prodotta dalla continua varietà, e questa pure è noia, come ho detto altrove p. 51, e provatolo con esempi. V'è la continuità di tale o tal piacere, la qual continuità è uniformità, e perciò noia ancor essa, benchè il suo soggetto sia il piacere. Quegli sciocchi poeti, i quali vedendo che le descrizioni nella poesia sono piacevoli hanno ridotto la poesia a {continue} descrizioni, hanno tolto il piacere, e sostituitagli la noia (come i bravi poeti stranieri moderni, detti descrittivi): ed io ho veduto persone di niuna letteratura, leggere avidamente l'Eneide  2600 (ridotta nella loro lingua) la qual par che non possa esser gustata da chi non è intendente, e gettar via dopo i primi libri le Metamorfosi, che {pur} paiono scritte per chi si vuol divertire con poca spesa. Vedi quello che dice Omero in persona di Menelao: Di tutto è sazietà, della cetra, del sonno * ec. La continuità de' piaceri, (benchè fra loro diversissimi) o di cose poco differenti dai piaceri, anch'essa è uniformità, e però noia, e però nemica del piacere. E siccome la felicità consiste nel piacere, quindi la continuità de' piaceri (qualunque si sieno) è nemica della felicità per natura sua, essendo nemica e distruttiva del piacere. La Natura ha proccurato in tutti i modi la felicità degli animali. Quindi ell'ha dovuto allontanare e vietare agli animali la continuità dei piaceri. (Di più abbiamo veduto {parecchie volte} pp. 172-77 pp. 2433-34 come la Natura ha combattuto la noia in tutti i modi possibili, ed avutala in quell'orrore che gli antichi le attribuivano rispetto al vuoto.) Ecco come i mali vengono ad esser necessarii alla stessa felicità, e pigliano vera e reale essenza  2601 di beni nell'ordine generale della natura: massimamente che le cose indifferenti, cioè non beni e non mali, sono cagioni di noia per se, come ho provato altrove pp. 1554-55, e di più non interrompono il piacere, e quindi non distruggono l'uniformità, così vivamente e pienamente come fanno, e soli possono fare, i mali. Laonde le convulsioni degli elementi e altre tali cose che cagionano l'affanno e il male del timore all'uomo naturale o civile, e parimente agli animali ec. le infermità, e cent'altri mali inevitabili ai viventi, anche nello stato primitivo, (i quali mali benchè accidentali uno per uno, forse il genere e l'università loro non è accidentale) si riconoscono per conducenti, e in certo modo necessarii alla felicità dei viventi, e quindi con ragione contenuti e collocati e ricevuti nell'ordine naturale, il qual mira in tutti i modi alla predetta felicità. E ciò non solo perch'essi mali danno risalto ai beni, e perchè più si gusta la sanità dopo la malattia, e la calma dopo la tempesta: ma perchè senza essi mali, i beni  2602 non sarebbero neppur beni, {a poco andare,} venendo a noia, e non essendo gustati, nè sentiti come beni e piaceri, e non potendo la sensazione del piacere, in quanto realmente piacevole, durar lungo tempo ec. (7. Agosto 1822.).

[2661,1]  Et quamquam optatissimum est, perpetuo fortunam quam florentissimam permanere; illa tamen aequabilitas vitae non tantum habet sensum, * (mallem sensus 2do casu, quod magis tullianum est) quantum cum ex saevis et perditis rebus ad meliorem statum fortuna revocatur. * Cic. ap. Ammian. Marcell. XV. 5. (23. Dic. antivigilia di Natale 1822.)

Related Themes

Uniformità delle nazioni moderne ec. (1827) (7)
Civiltà. Incivilimento. (1827) (6)
Piacere (Teoria del). (1827) (6)
Varietà e monotonia. (danno) (5)
Della natura degli uomini e delle cose. (pnr) (5)
Memorie della mia vita. (pnr) (5)
Teorica delle arti, lettere ec. Parte pratica, storica ec. (pnr) (4)
Lingue, si stendono per piccolissimo tratto di paese. (1827) (4)
Conformità de' presenti costumi d'. (danno) (3)
Manuale di filosofia pratica. (pnr) (3)
Consolazione. (1827) (2)
Universalità delle lingue. (1827) (2)
Lingue. (pnr) (2)
Monotonia. (1827) (2)
Noia. (1827) (2)
Vago. Piacere del vago o indefinito. (1827) (2)
Mali. Utilità e ragione dei mali in natura. (1827) (2)
Romanticismo. (1827) (2)
Uomo, solo titolo di cui l'uomo si può pregiare. (1827) (2)
Uomo, si conosce meglio nelle città piccole ec. che nelle capitali ec. (1827) (2)
Poesia descrittiva. (1827) (1)
. (1827) (1)
Lingua universale. (1827) (1)
Teorica delle arti, lettere ec. Parte speculativa. (pnr) (1)
Simmetria. (1827) (1)
Indifferenza. (1827) (1)
Sventure. (1827) (1)
Paradossi. (danno) (1)
Francesi. (1827) (1)
Originalità. (1827) (1)
Inconvenienti accidentali nella natura. (1827) (1)
Armonia, grazia ec. delle parole, delle pronunzie, de' versi ec. (1827) (1)
Città piccole e Città grandi. (1827) (1)
Immaginazione. (1827) (1)
Brevità nelle occupazioni, piaceri, scritti ec., perchè piacevole. (1827) (1)
Dialetti. (1827) (1)
98. Quanto la varietà sia nemica della noia, quanto amica l'uniformità. (varia_filosofia) (1)
Novità, piacevole per se. (1827) (1)
Novità continua divien monotonia. (1827) (1)
Politica. (1827) (1)
Psicologia. (1827) (1)
non mai applicata alla Politica. (1827) (1)
Rimembranze. (1827) (1)
Città fuor di mano. (1827) (1)
Natura e Fortuna; provvidenza ed arte. (1827) (1)
Rendono la felicità più dolce. (1827) (1)