Dialetti italiani ec.
Italian dialects, etc.
Vedi Toscano (Volgare). See Tuscan (vernacular). 1020,1 1299 2063,1 2122,1 3011-4 3637,1[1020,1]
Alla p. 1013. {fine}. Si potrebbe dire che anche la lingua
greca pativa lo stesso inconveniente, e ancor peggio, stante la moltiplicità de'
suoi dialetti. Ma ne' dialetti era divisa anche la lingua latina, come tutte le
lingue, massimamente molto estese e divulgate, {+e molto più, diffuse, come la
latina, fra tanta diversità di nazioni e di lingue.} Il che
apparisce non tanto dalla Patavinità rimproverata a Livio, (dalla quale sebbene altri lo difendono, pure
apparisce che questa differenza di linguaggio, {o
dialetto,} se non in lui, certo però esisteva); non tanto dalle
diverse maniere {e idiotismi} degli scrittori latini di
diverse nazioni e parti, (v. Fabric.
1021
B. G. l. 5. c. 1. §. 17. t. 5. p. 67.
edit. vet. e il S. Ireneo del Massuet);
{+le quali si possono anche inferire
dalle diverse lingue nate dalla latina ne' diversi paesi, ed ancora viventi
(che dimostrano una differenza d'inflessioni, di costrutti, di locuzioni ec.
che se anticamente non fu tanta quanta oggidì, certo però è verisimile che
fosse qualche cosa, e che appoco appoco sia cresciuta, derivando dalla
differenza antica)} quanto da questo, che è nella natura degli uomini
che una perfetta conformità di favella non {sussista
mai} se non {fra} piccolissimo numero di
persone. (v. p. 932. fine) Così che
io non dubito che la lingua latina non fosse realmente distinta in più e più
dialetti, come la greca, sebbene meno noti, e meno legittimati, e riconosciuti
dagli scrittori, e applicati alla letteratura. {V. qui
sotto.}
[1298,2] Aggiungete quella lingua Valacca, derivata {pure} dalla latina, e che per essersi mantenuta sempre
rozza, è proprissima a darci grandi notizie dell'antico volgare latino, il qual
volgare, come tutti gli altri, è
1299 il precipuo
conservatore delle antichità di una lingua. Aggiungete i dialetti vernacoli
derivati dal latino, come i vari dialetti ne' quali è divisa la lingua italiana.
I quali ancor essi si sono mantenuti qual più qual meno rozzi, com'è naturale ad
una lingua non applicata alla letteratura, o non sufficientemente; e com'è
naturale a una lingua popolarissima: e quindi tanto più son vicini al loro stato
primitivo. E trovasi effettivamente di molte loro parole, frasi ec. che derivano
da antichissime origini. {+Quello che s'è
perduto p. e. nella lingua italiana comune, o in questo o quel vernacolo
italiano, o {s'è} alterato ec., s'è conservato in
quell'altro vernacolo ec.} E il loro esame comparativo deve
infinitamente servire all'esame delle lingue latino-moderne, diretto a scoprire
le ignote e primitive proprietà del latino antico. {+Aggiungete ancora la lingua Portoghese dialetto
considerabilissimo della spagnuola.}
[2063,1] La circostanza dell'Italia e
della Germania è appunto quella della
grecia in questo particolare (eccetto solamente che i
nostri vernacoli non sono stati parzialmente adoperati da buoni scrittori, come
quelli delle {{provincie o città}} greche). La
Germania ne profitta per la libertà della sua lingua.
Noi non potremo, se prevarranno coloro che ci vogliono ristringere al toscano,
anzi al fiorentino. Cosa ridicola che in un paese privo affatto di unità, e dove
nessuna città, nessuna provincia sovrasta all'altra, si voglia introdurre questa
tirannia
2064 nella lingua, la quale essenzialmente non
può sussistere senza una simile uniformità di costumi ec. nella nazione, e senza
la tirannia della società, di cui l'italia manca affatto.
E che Firenze che non è stata mai il centro
dell'italia (e che ora è inferiore a molte altre
città negli studi, scrittori ec. e fino nella cognizione della colta favella)
debba esserlo della lingua, e della letteratura. E che si voglia imporre ad un
paese privo non solo di vasta capitale, non solo di capitale qualunque, e quindi
di società una e conforme, e d'ogni norma e modello di essa, ma privo affatto di
società, una soggezione (in fatto di lingua ch'è l'immagine d'ogni cosa umana)
più scrupolosa di quella stessa che una vastissima capitale, un deciso centro
{ed immagine e modello e tipo} di tutta la nazione,
ed una strettissima e uniformissima società, impone alla lingua e letteratura
francese. (6. Nov. 1821.). Certo se v'è nazione in
europa
2065 colla cui costituzione politica e morale e sociale
convenga meno una tal soggezione in fatto di lingua (e la lingua dipende in
tutto dalle condizioni sociali ec.), ell'è appunto
l'Italia, che pur troppo, a differenza della
Germania, non è neppure una nazione, nè una patria.
(7. Nov. 1821.).
[2122,1] L'italia non ha capitale.
Quindi il centro della lingua italiana si considera
Firenze, come già si considerò la
Sicilia. In tutte le monarchie la buona e vera lingua
nazionale risiede nella Capitale, (Parigi,
Madrid, o Castiglia,
Londra; {ec.}) più o meno
notabilmente secondo la grandezza, l'influenza, la società di essa capitale, e
lo spirito e gli ordini politici e sociali della nazione.
[3010,1] Or questa diversa e poetica inflessione e pronunzia
de' vocaboli correnti, che altro è per l'ordinario, se non inflessione e
pronunzia antica, usitata dagli antichi prosatori, nell'antico discorso, ed ora
andata in disuso nella prosa e nel parlar familiare? di modo che quelle parole
così pronunziate e scritte non altro sono veramente che parole antiche e
arcaismi, in quanto così sono scritte e pronunziate? nè altro è ordinariamente
dire inflessioni, licenze, voci poetiche se non arcaismi? Vedi in questo proposito una bella
riflessione di Perticari, Apologia, Capo 14. fine p.
131-2. Certo questa diversità d'inflessione per la più parte non è se
3011 non quello ch'io dico: così ne' poeti greci,
così ne' latini (più schivi però dell'antico, e quindi il loro linguaggio
poetico è assai meno distinto dalla lor prosa quanto a' vocaboli, che il greco),
così negl'italiani. Perocchè non è da credere che {la
inflession d'}una voce sia stimata, e quindi veramente sia, più
elegante o per la prosa o pel verso, perchè e quanto ella è più conforme
all'etimologia, ma solamente perchè e quanto ella è meno trita dall'uso
familiare, essendo però bene intesa e non riuscendo ricercata. (Anzi bene spesso
è trivialissima l'inflessione regolare ed etimologica, ed elegantissima e tutta
poetica la medesima voce storpiata, come dichiaro in altro luogo pp.
2075-76). E questo non esser trita, nè anche ricercata, ma pur bene
intesa, come può accadere a una voce, o ad una cotale inflessione della
medesima? Il pigliarla da un particolar dialetto {o
l'infletterla secondo questo} fa ch'ella non riesca trita
all'universale, ma difficilmente può far ch'ella e non paia ricercata e sia bene
intesa da tutti. {+Oltre ch'ella riesce
anche trita a quella parte della nazione di cui quel dialetto è
proprio.} In verità i dialetti particolari sono scarso sussidio e
fonte al linguaggio poetico, e all'eleganza qualunque. Lo vediamo noi italiani
in Dante, dove le
3012 le voci e inflessioni veramente proprie di dialetti particolari
d'italia fanno molto mala riuscita, nè la poesia
nostra, nè verun savio tra' nostri o poeti o prosatori ha mai voluto imitar Dante nell'uso de' dialetti, non solo
generalmente, ma neppure in ordine a quelle medesime voci e pronunzie o
inflessioni da lui adoperate. Circa l'uso e mescolanza de' dialetti greci nella
inflessione delle parole appresso Omero,
non volendo rinnovare le infinite discussioni già fatte da tanti e tanti in
questo proposito, solamente dirò che o le circostanze della
Grecia e d'Omero erano diverse da quelle che noi possiamo considerare, e quindi
per l'antichità ed oscurità della materia non potendo nulla giudicarne di certo
e di chiaro, niuno argomento ne possiamo dedurre; ovvero (e così penso) quelle
inflessioni che in Omero s'attribuiscono
a' dialetti, e da' dialetti si stima che Omero le prendesse, {o tutte o gran parte}
erano in verità proprie della lingua greca comune del suo tempo, o d'una lingua,
o vogliamo dir d'un uso più
3013 antico ancora di lui;
dalla qual lingua comune, o {{fosse}} più antica, o
allora usitata, Omero tolse quelle
inflessioni ch'egli si stima aver pigliato da questo e da quel dialetto
indifferentemente e confusamente. Non volendo ammetter nulla di questo, dirò che
in Omero la mescolanza de' dialetti dovè
riuscir così male come in Dante. Circa i
poeti greci posteriori, i quali tutti (fuor di quelli che scrissero in dialetti
privati, come Saffo, Teocrito ec.) seguirono interamente Omero, come in ogni altra cosa, così
nella lingua, e da lui tolsero quanto il loro linguaggio ha di poetico, cioè della sua lingua
formarono quella che si chiama dialetto poetico greco, ossia linguaggio poetico
comune, la questione non è difficile a sciogliere. Perocchè quelle inflessioni
ch'essi adoperavano, benchè proprie di particolari dialetti, essi non le
toglievano da' dialetti ma dal dialetto o linguaggio Omerico, di modo ch'elle
riuscivano eleganti e poetiche, non in quanto proprie di privati dialetti, ma in
quanto antiche ed Omeriche; ed erano bene intese
3014
dall'universale della nazione, nè parevano ricercate perchè tutta la nazione
benchè non usasse familiarmente nè in iscrittura prosaica le inflessioni e voci
Omeriche, le conosceva però e v'aveva l'orecchio assuefatto per lo gran
divulgamento de' versi d'Omero cantati
da' rapsodi per le piazze e le taverne, e saputi a memoria fino da' fanciulli.
{#1. V. p. 3041.}
Il che non accadde a' poemi di Dante, il
quale non fu mai in italia neppur poeta di scuola, come
Omero in
grecia presso i grammatisti medesimi, o certo presso i grammatici
(vedi il Laerz. del Wetstenio, tom. 2. p. 583. not. 5.); nè il dialetto o
linguaggio poetico italiano è o fu mai quello di Dante. Dico generalmente parlando, e non d'alcuni pochi
e particolari poeti, suoi decisi imitatori, come Fazio degli
Uberti, l'autore del Quadriregio
Federico Frezzi, ed alcuni
dell'ultimo secolo, come il Varano.
Neppur la lingua del Petrarca è quella
di Dante, nè da lui fu presa, nè punto
si serve de' particolari dialetti.
[3637,1]
Alla p. 3586.
Quanto più tai voci e frasi saranno e saranno sempre state, nelle moderne
lingue, affatto volgari, e quanto meno proprie degli scrittori e delle moderne
lingue illustri, o meno sospettabili di essere state introdotte dagli scrittori
e dalla lingua illustre, tanto più forte e concludente sarà l'argomento da esse
al latino, e dal latino a esse, poste l'altre debite circostanze ec. Onde i
nostri dialetti volgari e non mai scritti (se non per giuoco ec.) e che non
hanno linguaggio illustre, sono molto a proposito in queste materie, e se ne
conferma quello che ho detto pp. 1137-38 della loro utilità per
investigar le origini della lingua latina ec. nella mia teoria de' continuativi verso
3638 il fine p. 1137. {#1. Altrettanto e più dicasi intorno alla lingua Valacca,
che non è stata mai per niun modo, neppure indiretto, influita da niuna
letteratura, ch'io sappia.}
(9. Ottobre 1823.).
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