8-9. Luglio 1821.
[1295,1]
Alla p. 1138.
fine, aggiungi - 4. La lingua latina ha prodotto tre figlie, che ancor
vivono, che noi stessi parliamo, e le di cui antichità, origini, progressi ec.
dal principio loro fino al dì d'oggi, si conoscono o si possono ottimamente o
sempre meglio conoscere. Che in somma è quanto dire che la lingua latina ancor
vive. E la considerazione di queste lingue fatta coi debiti lumi, ci può portare
e ci porta a scoprire moltissime proprietà della lingua latina antichissima, che
non si potrebbero, o non così bene dedurre dagli scrittori latini; e ciò stante
l'infinita tenacità del
1296 volgo che mediante il
parlar quotidiano, ha conservato dai primordi della lingua latina fino al dì
d'oggi, e conserva tuttavia nell'uso quotidiano (e le ha pure introdotte nelle
scritture) molte antichissime particolarità della lingua latina; come dimostrerò
discorrendo dell'antico latino volgare. Sicchè lo studio comparativo delle tre
lingue latino-moderne, fatto con maggior cura, di quello che finora sia stato, e
con maggiore intenzione all'effetto di scoprire le antichità della favella
materna, ci può condurre a conoscer cose latine antichissime, e primitive, o
quasi primitive. La quale facoltà di uno studio comparativo sulla lingua greca
parlata, non si ha, benchè la lingua greca viva ancora al modo che vive la
latina. Oltre che non si hanno tante comodità di conoscere così bene il greco
moderno, e le sue origini, e progressi, e generalmente la storia della lingua
greca da un certo tempo in qua; come si hanno di conoscere quello che noi
possiamo chiamare il latino moderno, e la storia della lingua latina dalla sua
formazione e letteratura fino al dì d'oggi, come dirò poi.
[1296,1] Da queste considerazioni segue in primo luogo che la
lingua latina, non ci è solamente nota
1297 per via
della scrittura e letteratura, cose che sfigurano sommamente le origini di
qualunque lingua, come ho detto {poche pagg. dietro,}
discorrendo delle cause di alterazione nelle lingue; ma eziandio per mezzo della
viva favella, la quale è sempre influita dall'uso degli antichi parlatori, assai
più che degli antichi scrittori; e di una favella che si parla tuttodì nel mezzo
d'europa,
e in gran parte d'europa, ed è conosciuta per tutto, e massime a noi stessi che la
parliamo e scriviamo. Cosa che non si può dire di nessun'altra lingua
antica.
[1297,1] In secondo luogo segue dalle dette considerazioni
che noi possiamo conoscere quasi perfettamente (massime rispetto a qualunque
altra lingua) le vicende della lingua latina e delle sue parole, e condurre una
storia della lingua e delle voci latine, {(generalmente
parlando)} quasi perfetta, {quasi} completa,
e senz'{alcuna} laguna, dai primi principii della sua
letteratura fino al dì d'oggi, cioè per venti secoli interi. (Plauto morì nel 184. av. G. C.) Il che non si può dire
di verun'altra lingua occidentale, fuor della greca, la cui notizia e storia è
soggetta però alle difficoltà dette p.
1296. E molto più, ed a molto maggiori difficoltà sono soggette quelle
delle lingue orientali, ancorchè possano rimontare ad epoca
1298 più remota. L'antica lingua teutonica ha veramente prodotto più
lingue che la latina; inglese, tedesca, olandese, danese, svedese, svizzera
{ec.}
(Staël): ma essa medesima è quasi ignota. Così l'antica
illirica madre della russa della Polacca, e di altre. La lingua Celtica è poco
nota essa, e non vive in nessuna moderna.
[1298,1] In somma la lingua latina è di tutte le lingue
antiche quella la cui storia si può meglio e per più lungo spazio conoscere, e
le cui primitive proprietà per conseguenza si ponno meglio indagare. Giacchè
spetta all'archeologo il rimontare dalla storia ch'egli può conoscere ec. de'
venti secoli sopraddetti, a quella de' secoli antecedenti; nè gli mancano
copiose notizie di fatto, le quali basterebbero già per se stesse a potere
spingere la detta storia molto più in là di detta epoca, sebbene meno
perfettamente e completamente sino ad essa epoca, cioè al secondo secolo av.
Cristo, ch'è il secolo di Plauto.
[1298,2] Aggiungete quella lingua Valacca, derivata {pure} dalla latina, e che per essersi mantenuta sempre
rozza, è proprissima a darci grandi notizie dell'antico volgare latino, il qual
volgare, come tutti gli altri, è
1299 il precipuo
conservatore delle antichità di una lingua. Aggiungete i dialetti vernacoli
derivati dal latino, come i vari dialetti ne' quali è divisa la lingua italiana.
I quali ancor essi si sono mantenuti qual più qual meno rozzi, com'è naturale ad
una lingua non applicata alla letteratura, o non sufficientemente; e com'è
naturale a una lingua popolarissima: e quindi tanto più son vicini al loro stato
primitivo. E trovasi effettivamente di molte loro parole, frasi ec. che derivano
da antichissime origini. {+Quello che s'è
perduto p. e. nella lingua italiana comune, o in questo o quel vernacolo
italiano, o {s'è} alterato ec., s'è conservato in
quell'altro vernacolo ec.} E il loro esame comparativo deve
infinitamente servire all'esame delle lingue latino-moderne, diretto a scoprire
le ignote e primitive proprietà del latino antico. {+Aggiungete ancora la lingua Portoghese dialetto
considerabilissimo della spagnuola.}
[1299,1] 5. La lingua latina {colta}
è incontrastabilmente meno varia, più regolare, più ordinata, più perfetta della
greca pur colta. Facilmente si può vedere quanto ciò giovi e favorisca la
ricerca della lingua latina incolta. Più facilmente si vede, si trova, si
cammina nell'ordine, che nel disordine. Aperta che vi siate nella lingua latina
una strada, questa sola vi mena, {e} dirittamente, alla
scoperta d'infinite sue voci antiche. Le formazioni delle parole nella lingua
latina; la fabbrica dei derivati e dei composti, è per lo più regolatissima,
ordinatissima, e uniforme
1300 dentro ai limiti di
ciascun genere. Trovato che abbiate e ben conosciuto un genere di derivati nel
latino, tutti {o quasi tutti} in quel genere sono
formati nello stesso {preciso} modo, e secondo la
stessa regola; da tutti si può rimontare egualmente alle radici. Vedete quello
che abbiamo osservato dei continuativi e frequentativi; due generi di voci
derivate, regolarissimamente {ed uniformemente}
formate, da ciascuna delle quali si può egualmente salire alla voce originaria.
Bene stabilito che sia il preciso modo di quella tal formazione, come abbiamo
fatto, questa sola strada ci mena senza fatica, a un larghissimo e ubertosissimo
campo; anzi è quasi una porta che vi c'introduce immediatamente.
[1300,1] Non così {accade per lo più
nella} lingua greca, tanto più varia, difforme da se stessa nelle sue
formazioni, ed in ogni altro genere di cose, e senza pregiudizio (anzi con
vantaggio) della bellezza, tanto meno regolare e corrispondente. Giacchè sì la
moltiplicità, come la scarsezza delle regole, non sono altro che irregolarità.
L'una e l'altra dimostrano la copia e soprabbondanza delle eccezioni, le quali
chi vuol ridurre a regola, moltiplica necessariamente le regole fuor di misura;
chi non vuol dare in questo intoppo, è necessario che stabilisca
1301 poche e larghe regole, acciò possano lasciar luogo
a molte differenze, e comprenderle: e in somma conviene che si tenga sugli
universali, perchè i particolari discordano troppo frequentemente. E così accade
nella gramatica greca, dove altri soprabbondano di regole, e la fanno parere
complicatissima, altri scarseggiano, e la fanno parere semplicissima. La lingua
latina è proprio nel mezzo di questi due estremi, riguardo alle regole d'ogni
genere. {+(Intendo già fra le lingue del
genere antico, e non del moderno, tanto più filosoficamente costituito,
com'è naturale.)} Vale a dire per tanto ch'ella è la più facile a
sviscerare, e considerare parte per parte. Ma nella lingua greca bisogna aprirsi
ad ogni tratto una nuova strada, e quella regola e maniera di formazioni ec. che
avrete scoperta, non vi servirà se non per poche voci ec. ec. (8 - 9.
Luglio 1821.).