Dittonghi greci e latini.
Diphthongs, Greek and Latin.
Vedi Sinizesi. Concorso delle vocali ec. See Synizeses. Concurrence of vowels. 1159,1 1968,2 2247,2 2239,12249 2889,3 3684,6 3735,1 4103,3 4285,1[1159,1] E così stimo che accada a tutte le lingue in ragione
del tempo, dell'indole sua, e del ripulimento di esse lingue. E accadde, io
penso, anche alla lingua greca. Giacchè, lasciando quello che si può notare
negli scrittori greci più recenti, i dittonghi che da principio, e lungo tempo
nel seguito si pronunziavano sciolti, si cominciarono a pronunziar chiusi, e
questo costume, come osservò il Visconti, risale fino al tempo di Callimaco, se è veramente di Callimaco un epigramma che porta il suo nome, dove alle parole ναιχὶ[ναίχι] καλὸς si fa che l'eco risponda ἄλλος ἔχει
*
(epig. 30.), la qual cosa dimostra che lo scrittore dell'epigramma
pronunziava nechi ed echi
come i greci moderni, per naichi ed echei. E come io non
1160
dubito che i latini anticamente non pronunziassero i loro dittonghi sciolti
siccome i greci, così mi persuado facilmente che a' tempi di Cic. e di Virg.
li pronunziassero chiusi come oggi si pronunziano. (12. Giugno
1821.).
[1968,2] Quanto alla vera ed antica pronunzia dei segni
isolati nell'alfabeto latino ce n'istruiscono espressamente qua e là gli
scrittori latini, e ci dimostrano ch'essa non era certo inglese nè tedesca ec.
Gli stessi dittonghi
1969 latini, la cui pronunzia non
risponde oggi al valor di quei segni nell'alfabeto latino, si pronunziavano
anticamente com'erano scritti, cioè ae si pronunziava,
come insegna la santacroce, a ed e non e, e non come au o ai si pronunziano in francese o ed e, in luogo che il loro
alfabeto vorrebbe a ed u,
a ed i. (22. Ott.
1821.).
[2247,2]
Alla p. 1124.
marg. Tutto quello che ho detto pp. 1151-53 della monosillabìa di tali vocali successive, quantunque
non connumerate fra' dittonghi, cresce di forza, se queste vocali doppie, triple
ec. sieno le stesse, cioè due e, due i ec. e massimamente se sono due i (l'esilissima lettera dell'alfabeto). Giacchè non solo i poeti
giambici, comici ec. ma gli epici, i lirici ec. consideravano spessissimo il
2248 doppio i come una sola
sillaba, secondochè si può vedere in Dii
Diis; anzi più spesso, cred'io, per una sola sillaba
che per due. Anzi lo scrivevano ancora con una sola lettera, e questo fu proprio
degli antichi, e seguitato poi da' poeti. V. il Forcell.
il Cellar.
l'Encyclop.
Grammaire, in I, o J.) Ora appunto il caso nostro ne'
preteriti della 4.ta è di un doppio i, il quale pure
cred'io che spesso troveremo e nelle antiche scritture latine e ne' poeti, e
scritto e computato per vocale semplice, ovvero per sillaba unica; e forse più
spesso così che altrimenti, cioè più spesso audi che
audii ec. Osservate che anche i nostri antichi
solevano scrivere udì, partì
per udii partii ec. {+I latini facevano similmente ed anche scrivevano semplice il doppio i di ii, iidem, iisdem, ec.
V. fra gli altri infiniti, Virg.
En. 2. 654. 3. 158. E quante volte troverete
ne' poeti o negli antichi prosatori audisse
audissem ec. ec. Ovvero p. e. petiisse trisillabo ec. Forse più spesso che
quadrisillabo.}
[2248,1] Osservate ancora che au,
il quale non è uno de' dittonghi latini, e si pronunzia sciolto (almeno così
fanno gl'italiani, e insegnano gli antichi gramatici, o lo mostrano quando
2249 non lo contano fra' dittonghi chiusi), tuttavia
forma sempre una sola sillaba. {V. p. 2350.
fine.}
Suadeo, suesco ec. credo che
li troveremo talvolta ne' poeti, massime ne' più antichi, in modo che sua sue siano computate per una sillaba ciascuna.
{+Così è infatti assai spesso. V. il marg. della p. seg.
Suadeo ha la seconda lunga. Però in Virg.
Ecl. 1. v. 56.
En. 2. v. 9. ec.
suadebit, suadentque sono trisillabi. V. la Regia Parnasi in
Suadeo, Suesco ec. ec. e gli esempi de' poeti nel Forcell.
adeo in teneris
consuescere multum est.
*
Virg.
Georg. 2. 272. ec.}
Abiete in Virg.
Aen. 2. principio {e 5.
663. ec.} è trisillabo. {+Ariete parimente ib. l. 2. v. 492. V.
la regia Parnasi, e il Forcell. anche in Arieto
as.} E che cos'è l'esser l'i così spesso consonante, se non esser egli computato
per formante una sola sillaba colla vocale o vocali seguenti? Giacchè i consonante per se stesso non si dà, ma egli è sempre
con suono vocale (a differenza del v, il quale per
natura si distingue dal suono dell'u.) Tutti gli j consonanti latini (che anticamente si scrissero
sempre i) non sono dunque altro che formanti tanti
dittonghi, secondo quello ch'io dico delle vocali
doppie. Dejicere 4sillabo, ha effettivamente
5. vocali. Così Jacere ec. ec. ec.
[2889,3] Dico altrove pp. 1124-25
pp.
1151-53
pp. 2266-68 delle
sillabe latine che non sono dittonghi, e pur sono composte di più vocali. Tra
queste e[è] notabile la seconda sillaba di eheu, la qual voce non è trisillaba, ma dissillaba,
benchè composta di tre vocali, e benchè eu non si
conti fra' dittonghi latini. {Eburneus -eburnus.}
2890 Ed è dissillaba non per licenza o figura poetica,
ma per regola, e trisillaba non potrebb'essere o non senza licenza. Così dite di
hei, heu, euge, eugepae, euganeus ec. ec. (4. Luglio. 1823.).
[3684,6] Nomi in uosus, verbi in
uare ec. ec. come altrove in più luoghi p.
2019
p.
2324
p.
2339
p.
2889
p.
3617. {Casuale. Exercitualis.
Casuiste, franc. Luctuosus. Fructuosus. Fatuité. fortuitus. mortualia,
mortuarius, mortuosus. manualis. manuarius.} Aggiungi amanuensis. Questi nomi o verbi o avverbi ec.
ch'essendo fatti da' nomi della quarta declinazione (come da manus) conservano sempre l'u, mentre quelli fatti da' nomi della
3685
seconda, sempre (o regolarmente) lo perdono, mostrano chiaramente che il
genitivo ec. de' nomi della quarta, ch'ora è in us
lungo ec. o in u lungo ne' neutri, anticamente fu in
uus o in uu ec. {#1. V. p. 3752.}
{Giacchè si vede che i derivati da' nomi
della quarta si formano al modo istesso che i derivati delle voci nelle
quali il doppio u ancor si conserva ed è manifesto
e fuori di controversia, come dire i derivati de' nomi in uus ec.} I quali due u valsero per una sola sillaba, come il doppio a degli ablativi singolari della prima. Sia che questo, e il doppio
u, si pronunziassero doppi, o pur semplici,
strascinando in certo modo la voce ec. In tutti i modi quest'osservazione si
riferisca al mio discorso sui dittonghi latini pp. 1151-53
pp. 1158-60
pp. 2266-68 non
considerati da' grammatici, o ch'essi nella pronunzia fossero monottonghi, o
dittonghi veramente, o trittonghi ec. che tutto fa egualmente a quello ch'io
voglio dimostrare in detto discorso. Perocchè s'anche e' divennero col tempo
monottonghi, e ciò fino nella migliore età della lingua latina (come i comuni
ae
oe ec.), ciò tuttavolta, anzi più che mai, dimostra
che gli antichi latini (de' quali nel detto discorso si parla) pronunziavano
{sì} rapidamente le vocali successive e
concorrenti, {ch'}e' le tenevano tutte insieme (o due o
più che fossero) per una sillaba sola, e tale le facevano essere nella
pronunzia, e sovente nella scrittura
3686 e ne' versi
più o men regolari, più o men rozzi e informi, e massime ne' ritmici, {+che certo furono propri de' più antichi,
come poi de' più moderni, invece de' metrici, o più di questi ec.} ma
eziandio ne' metrici, ec. ec. (14. Ott. 1823.).
[3735,1]
3735
Alla p. 3732.
marg. - (fuorchè ne' perfetti di luo ec. V.
Forc.
luo: fui da fuo è breve), ne' supini in utum è sempre lungo (dico l'u radicale),
fuorchè ne' composti di ruo; dico ne' composti, ma in
ruo no. (V. Forc. in Ruo fin. e in Ruta
caesa). Il che par che dimostri che quell'u radicale in utum tien
luogo di due vocali (ui); altrimenti non avrebbe
alcuna ragione di esser lungo quivi, e in tutto il resto del verbo, breve. E
infatti se il supino si conserva {primitivo} e non
contratto, cioè desinente in uitus, l'u è breve non men che l'i,
come in ruitus (Reg. Parnas.) e in fluito, fluitans ec.
(20. Ott. 1823.). {Anche
l'antico futum di fuo
(per fuitum) dovette aver la prima breve, come
l'ha futurus che da esso viene, e che sta per fuiturus. Vedi la pag. 3742.}
[4103,3]
Ficulneus - ficulnus appo Orazio, e nóta che l'us vi è
breve. (21. Giugno. Festa di S. Luigi
Gonzaga. 1824.).
[4285,1] Le contrazioni greche (sì quelle in uso ne' vari
dialetti, e sì quelle attiche, e passate nel greco comune) non sono che modi di
pronunziare certi dittonghi {o trittonghi ec:} come
appunto in francese au, ai
ec. che si pronunziano o, e
ec.; in inglese ea, ee ec.
che si pronunziano i, e ec.
ec. Così in greco εα si contrae, cioè si pronunzia η; εο si pronunzia ου; οο,
ου; αει, ᾳ; εω, ω ec. ec. Ma non per questo i greci pronunziando (cioè
contraendo) η, scrivevano εα ec., benchè questa seconda fosse la pronunzia e la
scrittura regolare; ma scrivevano η come pronunziavano. E non solo il greco
comune, ma ciascun dialetto con tutte le irregolarità e idiotismi di pronunzia,
si scriveva come si pronunziava. Perchè in francese, in inglese ec. (i quali
anticamente e regolarmente pronunziarono certo au, ai, ea, ee ec. come ora scrivono) non si scrivono i dittonghi ec. come si
pronunziano? (Firenze. 1. luglio.
1827.).