Animali per la più parte, Femmine, Meridionali, sono più felici dell'uomo, de' maschi, de' settentrionali; perchè di vita più breve, sviluppo più rapido, vita più viva.
Animals for the most part, women, southerners, are happier than humans, males, northerners; that is because they have shorter lifespan, faster development, more intense life.
4062,5 4092,1Società degli animali.
Society of animals.
287,1 591,1 536,1 540,1 542,1 1760,1 1767,21787,2 3773,1 3919-20[4062,5] La vita degli orientali e di coloro che vivono ne'
paesi assai caldi è più breve di quella dei popoli che abitano ne' paesi freddi
o temperati. Ma ciò non impedisce che la somma della vita di quelli non sia, non
che uguale, ma superiore alla somma della vita di questi. Anzi non per altro è
più breve la vita degli orientali se non perchè ella è molto più intensa, tanto
che in pari spazio di tempo è maggiore la somma della vita che provano gli
orientali che non è quella che provano
4063 gli altri
popoli. Ora generalmente parlando, si scuopre nella natura quest'ordine che la
durata della vita (sì negli animali sì nelle piante) sia in ragione inversa
della sua intensità ed attività. La testuggine, l'elefante e altri animali
tardissimi hanno lunghissima vita. I più veloci ed attivi, ancorchè più forti
degli altri (come è p. es. il cavallo rispetto all'uomo) hanno vita più corta.
Ed è ben naturale, perchè quell'attività e intensità di vita importa maggiore
rapidità di sviluppo della medesima, e quindi di decadenza. Infatti lo sviluppo
sì degli uomini, sì degli animali, sì delle piante ne' paesi assai caldi è molto
più rapido che negli altri. Or dunque considerando queste condizioni fisiche
della vita per rapporto al morale, si può ragionevolmente affermare che la sorte
di quelli che vivono ne' paesi assai caldi è preferibile quanto alla felicità a
quella degli altri popoli. Primieramente la somma della loro vitalità,
quantunque minore nella durata, è però assolutamente maggiore di quella degli
altri, presa l'una e l'altra nel totale. Secondariamente, posto ancora che ella
fosse uguale, a me par molto preferibile il consumare p. e. in 40 anni una data
quantità di vita che il consumarla in 80. Ella riempie i 40, e lascia negli
ottanta mille intervalli, gran vuoto, gran freddezza, gran languore. La vita
assolutamente non ha nulla di desiderabile sicchè la più lunga sia da
preferirsi. Da preferirsi è la meno infelice, e la meno infelice è la più viva.
Or la vita degli orientali, pognamola di 40 anni, è molto più viva che quella
degli altri, pognamola di 80, quando bene la somma della vivacità dell'una vita
e dell'altra sia la stessa. Or questo paragone di
4064
climi io lo applico ai tempi, e mettendo gli antichi in luogo de' popoli di
clima caldo e i moderni in cambio de' popoli di clima freddo, dico che sebben la
vita degli antichi era forse generalmente più breve che quella dei moderni, per
le turbolenze sociali e i continui pericoli dello stato antico, nondimeno perchè
molto più intensa, ella è da preferirsi, contenendo nella sua minore durata
maggior somma di vitalità, o quando anche in minore spazio contenesse ugual
somma che la moderna in ispazio maggiore. Del che, senza il surriferito esempio,
ho discorso particolarmente in altro pensiero p. 352
pp. 1330-32
pp.
3292-93. (8. Aprile 1824.). {{V. p.
4092. e v. la pag.
4069.}}
[4092,1]
4092
Alla p. 4064.
Da questo ragionamento segue che la maggior parte degli altri animali (poichè la
vita naturale dell'uomo è delle più lunghe, e il suo sviluppo corporale è de'
più tardi) sono anche per questa parte naturalmente più felici di noi, tanto più
quanto il loro sviluppo è più rapido, al che corrisponde in ragion diretta la
brevità della vita, perchè il Buffon
osserva ch'ella è tanto più breve quanto più rapida è la vegetazione
dell'animale (s'intende del genere, e spesso anche degl'individui rispetto al
genere) l'accrescimento del suo corpo e facoltà, le sue funzioni animali per
conseguenza, e il giungere allo stato di perfezione e maturità; {e viceversa.}
{Similmente discorrasi delle donne, in
proporzione ec.} Questo si osserva per lo meno in quasi tutti i generi
{+anche vegetali.}
(Buffon, nel capitolo, se non erro, della Vecchiezza). Ond'è che p. e. i cavalli e poi di
mano in mano gli altri di sviluppo più rapido, sino a quegl'insetti che non
vivono più d'un giorno, (v. il mio Dial. d'un Fisico e di un Metafisico)
sieno tutti di mano in mano più e più disposti naturalmente alla felicità che
non è l'uomo, non ostante che la brevità della vita loro sia nella stessa
proporzione; la qual brevità o lunghezza non aggiunge e non toglie nè cangia un
apice nella felicità d'alcun genere di animali (nè anche negl'individui), come
ho dimostrato nel Dial. succitato e nel pensiero a cui questo si
riferisce. (21. Maggio. 1824.).
[287,1] Anche gli animali si associano in molti casi, e sempre
per lo vantaggio comune. Oltre le formiche e le api che ho notate altrove, p.
210 si può osservare
288 la così detta ruota che fanno i cavalli e altri animali per
difendersi da comuni aggressori. Dalla quale s'inferisce ancora che gli animali
hanno idee sufficienti di ordinanza o tattica, cioè del modo di accrescere e
rendere più profittevoli le forze individuali 1. coll'unione di molti individui,
2. colla disposizione e figura di tutta la torma, 3. colla conveniente
collocazione degl'individui. Di tali società guerruere[guerriere] offensive e difensive, credo che la storia naturale
fornisca moltissimi esempi. Come anche in altri casi; per es. se è vero quello
che si racconta dell'ordinanza delle grù nei viaggi che fanno, della sentinella
o svegliatrice che tengono. Così la catena delle scimmie per passare i fiumi,
così cento altri esempi dell'aiuto scambievole che le bestie si prestano per
vantaggio comune, e forse anche talvolta per vantaggio del solo bisognoso e
aiutato.
[591,1]
Quod si hoc apparet in
bestiis, volucribus, nantibus, agrestibus, cicuribus, feris, primum ut
se ipsae diligant; (id enim pariter cum omni animante
nascitur)
*
(dunque Cicerone riconosceva le bestie per dotate di libertà) deinde, ut requirant,
atque appetant, ad quas se applicent, eiusdem generis animantes; idque
faciunt cum desiderio, et cum quadam similitudine amoris humani: quanto
id magis in homine fit natura, qui et se ipse diligit, et alterum
anquirit, cuius animum
592 ita cum suo misceat,
ut efficiat paene unum ex duobus?
*
Cic.
Lael. sive de
Amicit. c. 21. fine.
[536,1]
Nihil est enim
appetentius similium sui, nihil rapacius, quam natura.
*
Cic.
Lael. sive de Amicit. c. 14.
(21. Gen. 1821.).
[540,1]
Sic enim mihi perspicere
videor, ita natos esse nos,
541 ut inter omnes
esset societas quaedam
*
; (ecco l'amore universale, notato
anche da Cicerone, e naturale, perchè la
natura, e tutti gli animali tendono più che ad altro al loro simile;
preferiscono nella inclinazione, nell'amore, nella società, il loro simile, allo
straniero e diverso. Questo è il vero confine dell'amore universale secondo
natura, non quelli che gli assegnano i nostri filosofi. Ma seguitiamo) maior autem, ut quisque
proxime accederet. Itaque cives, potiores, quam peregrini; et propinqui
quam alieni.
*
(Così che nel conflitto degl'interessi di
coloro che nobis proxime accedunt,
*
cogl'interessi
degli stranieri, alieni, lontani, quelli vincono nell'animo, nella inclinazione,
e nella natura nostra: e non già nella sola parità di circostanze, ma quando
anche o il bene, o la salute e incolumità de' vicini, porti agli strani un danno
sproporzionato; quando anche si tratti di un solo o pochi vicini, e di molti
lontani; quando si tratti della sola sua patria in comparazione di tutto il
mondo. E tali sono realmente gli effetti e la misura dell'amore dei bruti verso
i loro
542 figli ec. rispetto agli altri loro simili:
delle api di un alveare, rispetto alle altre ec. E v. il pensiero seguente.) Cum his enim
amicitiam natura
ipsa peperit.
*
Cic., Lael.
sive de Amicitia c. 5. sulla fine.
(22. Gen. 1821.).
[542,1]
Quapropter a natura mihi
videtur potius, quam ab indigentia, orta amicitia, et applicatione magis
animi cum quodam sensu amandi, quam cogitatione, quantum illa res
utilitatis esset habitura. Quod quidem quale sit, etiam in bestiis
quibusdam animadverti potest; quae ex se natos ita amant ad quoddam
tempus, et ab eis ita amantur, ut facile earum sensus appareat. Quod in
homine multo est evidentius.
*
Cic., Lael.
sive de Amicitia c. 8.
(22. Gen. 1821.).
[1760,1]
Quanto più io gli dava di sprone
*
(dice
il Rocca di un mulo spagnuolo
ch'egli fu obbligato a cavalcare una volta in
Ispagna), tanto più raddoppiava i calci; io lo batteva, lo ingiuriava, ma le
mie minacce in francese non facevano che irritarlo. Io non sapeva il
suo nome, ed ignorava ancora in quel tempo che ogni mulo in
Ispagna
1761 avesse un nome particolare, e che per
farlo andare fosse necessario dirgli nella propria lingua: Via, mulo, via su, capitano, via,
aragonese, ec.
*
Memorie intorno alla Guerra de' Francesi in
Ispagna del Sig. di
Rocca. Parte I. Milano.
Pirotta. presso A. F. Stella. 1816. p. 55. V. ancora alcune
importanti notizie sui costumi e la società dei cavalli selvaggi ec. p. 134-37. Parte
II.
[1787,2] Egli notava ancora che quell'uno in quell'atto non era stato veduto dagli altri.
Linguaggio di società fra gli animali. (24. Sett. 1821.).
[3773,1]
3773 Vogliono che l'uomo per natura sia più sociale di
tutti gli altri viventi. Io dico che lo è men di tutti, perchè avendo più
vitalità, ha più amor proprio, e quindi necessariamente ciascun individuo umano
ha più odio verso gli altri individui sì della sua specie sì dell'altre, secondo
i principii da me in più luoghi sviluppati p. 55
pp. 872. sgg.
pp.
1078-79
pp.
1083-84
pp.
2204-206
p.
2644
pp. 2736. sgg.
p.
3291. Or qual altra qualità è più antisociale, più esclusiva per sua
natura dello spirito di società, che l'amore estremo verso se stesso, l'appetito
estremo di tirar tutto a se, e l'odio estremo verso gli altri tutti? Questi
estremi si trovano tutti nell'uomo. Queste qualità sono naturalmente nell'uomo
in assai maggior grado che in alcun'altra specie di viventi. Egli occupa nella
natura terrestre il sommo grado per queste parti, siccome generalmente egli
tiene la sommità fra gli esseri terrestri.
[3918,1] 2. Le dette osservazioni servono d'altro esempio
confermante la prima mia proposizione, cioè quante {passioni} sentimenti ec. {anche tenerissimi
ec.} che paiono assolutamente naturali, {+anzi pure quante specie di passioni assolutamente e per
origine e principio} sieno puri effetti di circostanze, opinioni ec. e
di accidenti che in natura non avrebbero avuto luogo. Infatti questo amor
fraterno o paterno ec. verso individui d'altro sesso, così vivo per una parte, e
per l'altra così distinto dagli altri amori verso il sesso differente, anche da'
più puri, sembra bensì la più natural cosa del mondo, eppure è mero effetto
delle circostanze, delle opinioni, delle leggi, le quali sono le vere madri di
questa sorta di amore, che non par poter essere altro che opera e figlia della
natura, e questa averla messa negli animi di propria mano, laddove senza le
opinioni, costumi e leggi essa sorta di amore non avrebbe esistito, almeno in
quel tal grado ec., e il genere umano ne sarebbe al tutto inesperto, e non
saprebbe che cosa ella si fosse. Siccome accade veramente ne' selvaggi ec. che
non abbiano leggi o costumi relativi ec. i quali non faranno mai difficoltà di
usare colle sorelle, e amandole vivamente ciò non
3919
sarà in altra guisa che carnalmente (poichè essi non sono capaci nemmeno degli
altri amori sentimentali), altrimenti non le ameranno, o solo leggermente e
senza trasporto, e come e in quanto compagne abituate fin dalla nascita a
convivere seco loro, come accade anche agli altri animali verso i loro abituali
compagni, senza alcuna relazione alla conformità del sangue, e senza che questa
abbia alcuna parte nel produrre quell'affezione, eccetto in quanto ella può
esser causa di somiglianza ec. che serve all'amicizia, e in quanto ad altre
circostanze estrinseche, e in somma diverse dalla semplice e propria
consanguineità per se stessa, benchè sieno anche suoi effetti. E tale non calda
amicizia avrà luogo, come tra gli animali, così tra' selvaggi (ed anche tra
noi), più tra' compagni abituati a vivere insieme, che tra' fratelli, o tra
padri e figli, posto il caso che questi non abbiano avuto o non abbiano tale
abitudine, ed altri ed alieni sì. Perocchè essa amicizia è tra loro in quanto
compagni abituati (accidente, e cosa {i cui effetti
appartengono} all'assuefazione), non in quanto consanguinei, o in
quanto simili di naturale, di carattere, inclinazioni, {età} ec., non in quanto consanguinei. ec. ec. Del resto quel che ho
detto dell'amor fraterno o paterno {ec.} tra individui
di sesso diverso si stenda ancora a quello tra fratello e fratello, padre e
figlio ec., chè anch'esso in grandissima parte è opera ed assoluta creatura, o
delle leggi, costumi, opinioni ec. o dell'assuefazioni, del convitto, della
somiglianza, e {di} cose diverse insomma dalla
consanguineità per se stessa. Massime un amor vivo, {sentimentale, tenero, fervido} ec. Il quale parimente non suol
3920 aver luogo che ne' civili ec. Tra' selvaggi, come
tra gli animali, l'amore, o almeno l'amor vivo tra' genitori e' figliuoli, anzi
de' genitori verso i figliuoli, non dura se non quanto è bisogno alla
conservazione di questi ec. In quel tempo egli è veramente naturale e d'istinto
ec. Ma i selvaggi per barbarie non lasciano di avere talora anche in costume di
abbandonare i figli appena nati, {o poco appresso ec.}
di esporli ec. ec., come anche usavano molti antichi civili, e come pur troppo
s'usa anche oggi tra noi in mille casi ec. ec. e Rousseau espose o tutti o non pochi de' figli che
ricevette dalla sua Teresa Levasseur
ec., cose tutte ignote in qualunqu'altra specie di animali, e contro natura se
altra mai, e di cui non è capace se non l'uomo ridotto comunque in società, cioè
corrotto, e perniciose di lor natura alla specie ec. ec. {Puoi vedere a questo proposito le pagg. 3797-802. e sopra alcune anche
più orribili barbarie, uno o due de'
luoghi del Cieça citati a p. 3796.}
Puoi vedere Aristot.
Polit.
Florent. 1576. lib. 7. p. 638-40. dove si dà
per legge conveniente e necessaria alle repubbliche l'esposizione dei figli, non
solo imperfetti, come in Lacedemone, ma eziandio generati
dopo una certa età ec., e di più dove l'esposizione per legge non sia permessa,
si consiglia e prescrive da quel filosofo l'ἄμβλωσις {+artificiale e volontaria,} ec. E vedi anche i commentari del Vettori ai detti luoghi.
(26. Nov. 1823.).
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