Byron (Lord).
Lord Byron.
223,3 225,1 238,1 261,1 288,1 975,23 977,1 986,2 1847,1 3156 3477,4 3483 3821,2[223,3] Lord
Byron nelle annotazioni al Corsaro (forse anche ad altre sue opere) cita esempi
storici, di quegli effetti delle
224 passioni, e di quei
caratteri ch'egli descrive. Male. Il lettore deve sentire e non imparare la
conformità che ha la tua descrizione ec. colla verità e colla natura, {e che quei tali caratteri e passioni in quelle tali
circostanze producono quel tale effetto;} altrimenti il diletto
poetico è svanito, e la imitazione cadendo sopra cose ignote, non produce
maraviglia, ancorchè esattissima. Lo vediamo anche nelle commedie e tragedie,
dove certi caratteri straordinari affatto, benchè veri, non fanno nessun colpo.
V. il discorso sui romantici, intorno agli altri oggetti d'imitazione. E come
non produce maraviglia, così neanche affetti e sentimenti, e corrispondenza del
cuore a ciò che si legge o si vede rappresentare. E la poesia si trasforma in un
trattato, e l'azione sua dall'immaginazione e dal cuore passa all'intelletto.
Effettivamente la poesia di Lord Byron
sebbene caldissima, tuttavia per la detta ragione, la quale fa che quel calore
non sia communicabile, è nella massima parte un trattato oscurissimo di
psicologia, ed anche non molto utile, perchè i caratteri e passioni ch'egli
descrive sono così strani che non combaciano in verun modo col cuore {di chi legge,} ma ci cascano sopra disadattamente, come
per angoli e spicoli, e l'impressione che ci fanno è molto più esterna che
interna. E noi non c'interessiamo vivamente se non per li nostri simili, e come
gli enti allegorici, o le piante o le bestie ec. così gli uomini
225 di carattere affatto straordinario non sono
personaggi adattati alla poesia. Già diceva
Aristotele che il
protagonista della tragedia non doveva essere nè affatto scellerato nè affatto
virtuoso. Schernite pure Aristotele
quanto volete, anche per questo insegnamento (come credo che abbian fatto); alla
fine la vostra psicologia, s'è vera, vi deve ricondurre allo stesso luogo, e a
ritrovare il già trovato. (24. Agosto 1820.). {{V. p. 238.
pensiero 1.}}
[225,1] La sola cosa che deve mostrare il poeta è di non
capire l'effetto che dovra{nno} produrre in chi legge,
le suoi[sue] immagini, descrizioni, affetti ec.
Così l'oratore, e ogni scrittore di bella letteratura, e si può dir quasi in
genere, ogni scrittore. Il ne paraît point chercher à vous
attendrir:,
*
dice di Demostene il Card.
Maury
Discours sur l'Éloquence, écoutez-le cependant, et il vous fera
pleurer par réflexion.
*
E quantunque anche la
disinvoltura possa essere affettata, e da ciò guasta, tuttavia possiamo dire
iperbolicamente, che se veruna affettazione è permessa allo scrittore, non è
altra che questa di non accorgersi nè prevedere i begli effetti che le sue
parole faranno in chi leggerà, o ascolterà, e di non aver volontà nè scopo
nessuno, eccetto quello ch'è manifesto e naturale, di narrare, di celebrare,
compiangere ec. Laonde è veramente miserabile {e
barbaro} quell'uso moderno di tramezzare tutta la scrittura o poesia
di segnetti e
226 lineette, e punti ammirativi doppi,
tripli, ec. Tutto il Corsaro di Lord Byron (parlo della traduzione non so del testo nè delle altre
sue opere) è tramezzato di lineette, non solo tra periodo e periodo, ma tra
frase e frase, anzi spessissimo la stessa frase è spezzata, e il sostantivo è
diviso dall'aggettivo con queste lineette (poco manca che le stesse parole non
siano così divise), le quali ci dicono a ogni tratto come il ciarlatano che fa
veder qualche bella cosa; fate attenzione, avvertite che
questo che viene è un bel pezzo, osservate questo epiteto ch'è notabile,
fermatevi sopra questa espressione, ponete mente a questa
immagine ec. ec. cosa che fa dispetto al lettore, il quale quanto
più si vede obbligato a fare avvertenza, tanto più vorrebbe trascurare, e quanto
più quella cosa gli si dà per bella, tanto più desidera di trovarla brutta, e
finalmente non fa nessun caso di quella segnatura, e legge alla distesa, come
non ci fosse. Lascio l'incredibile, continuo e manifestissimo stento con cui il
povero Lord suda e si affatica perchè ogni minima frase, ogni minimo aggiunto
sia originale e nuovo, e non ci sia cosa tanti milioni di volte detta, ch'egli
non la ridica in un altro modo, affettazione più chiara del sole, che disgusta
eccessivamente, e oltracciò stanca per l'uniformità, e per la continua fatica
dell'intelletto necessaria a capire quella studiatissima oscurissima e perenne
originalità. (25. Agosto 1820.).
[238,1] Sono state sempre derise quelle poesie che aveano
bisogno di note per farsi intendere. E tuttavia queste note riguardavano cose
accessorie o secondarie, nomi, allusioni, fatti poco noti e male espressi ec.
Che si dirà di quei poemi che hanno bisogno di note dichiarative delle cose
sostanziali e principali, vale a dire dei caratteri, e delle proprietà ed
operazioni del cuore umano che descrivono, come sono i poemi di Lord Byron? Questi sono i riformatori
della poesia? Questi sono i grandi psicologi? Ma senza psicologia sapevamo già
da gran tempo che in questo modo non si fa effetto in chi legge. Vedi la p. 223-225.
[261,1] Osserverò che il detto fenomeno occorre molto più
difficilmente nelle poesie tetre e nere del Settentrione, massimamente moderne,
come in quelle di Lord Byron, che nelle
meridionali, le quali conservano una certa luce negli argomenti più bui,
dolorosi e disperanti; e la lettura del Petrarca, p. e. de' trionfi, e della conferenza di Achille
e di Priamo, dirò ancora di
Verter, produce questo effetto molto più che il Giaurro, o il
Corsaro ec. non ostante che {trattino
e} dimostrino la stessa infelicità degli uomini, e vanità delle cose.
(4. 8bre 1820.). Io so che letto Verter mi sono
trovato caldissimo nella mia disperazione letto Lord Byron, freddissimo, e senza entusiasmo nessuno;
molto meno consolazione.
262 E certo Lord Byron non mi rese niente più sensibile alla mia
disperazione: piuttosto mi avrebbe fatto più insensibile e marmoreo.
[288,1] Tutte le cose si desiderano perfette relativamente al
loro genere. Tuttavia perchè il perfetto è rarissimo in tutte le specie di cose,
coloro che imitano o contraffanno, sogliono mescolare alla imitazione qualche
difetto, cioè imitare piuttosto
289 e figurare e
scegliere l'individuo difettoso che il perfetto, per render la imitazione più
verisimile e credibile, e fare inganno, e persuadere che il finto sia vero. E
laddove il difetto scema pregio all'imitato e vi si biasima, accresce pregio
all'imitazione e vi si loda. Così se tu vuoi contraffare un filo di perle, non
le fai tutte tonde perfettamente, sebbene in un filo vero le vorresti tutte
così. Ed imiti piuttosto una gemma di un prezzo mediocre, di quello che
contraffarne una inestimabile. Così dunque loderemo sempre più l'Achille difettoso di Omero, che l'Enea, il perfetto eroe di Virgilio, a cagione della credibilità, del vantaggio che ne cava
l'illusione e la persuasione. Ed estenderemo questa osservazione a regolamento
di tutti i poeti, quando scelgono qualche oggetto da imitare, acciocchè
rifiutino gli eccessi tanto di perfezione quanto d'imperfezione, intorno alla
quale siamo pure nello stesso caso. Applicate quest'ultima riflessione ai
protagonisti di Lord Byron. (20.
8.bre 1820.)
[975,3] La scrittura dev'essere scrittura e non algebra;
976 deve rappresentar le parole coi segni convenuti, e
l'esprimere e il suscitare le idee e i sentimenti, {ovvero i
pensieri e gli affetti dell'animo,} è ufficio delle parole così
rappresentate. Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti,
{di punti ammirativi doppi e tripli,} che so io?
Sto a vedere che torna alla moda la scrittura geroglifica, e i sentimenti e le
idee non si vogliono più scrivere ma rappresentare, e non sapendo significare le
cose colle parole, le vorremo dipingere o significare con segni, come fanno i
cinesi la cui scrittura non rappresenta le parole, ma le cose e le idee. {+Che altro è questo se non ritornare l'arte
{dello scrivere} all'infanzia?} Imparate
imparate l'arte dello stile, quell'arte che possedevano così bene i nostri
antichi, quell'arte che oggi è nella massima parte perduta, quell'arte che è
necessario possedere in tutta la sua profondità, in tutta la sua varietà, in
tutta la sua perfezione, chi vuole scrivere. E così obbligherete il lettore alla
sospensione, all'attenzione, alla meditazione, alla posatezza nel leggere, agli
affetti che occorreranno, ve l'obbligherete, dico, con le parole, e non coi
segnetti, nè collo spendere due pagine in quella scrittura che si potrebbe
contenere in una sola pagina, togliendo le lineette, e le divisioni ec. Che
maraviglia risulta da questa sorta d'imitazioni? Non consiste nella maraviglia
uno de' principalissimi pregi dell'imitazione, una
977
delle somme cause del diletto ch'ella produce? Or dunque non è meglio che lo
scrittore volendo scrivere in questa maniera, si metta a fare il pittore? Non ha
sbagliato mestiere? non produrreb' egli molto meglio quegli effetti che vuol
produrre scrivendo così? Non c'è maraviglia, dove non c'è difficoltà. E che
difficoltà nell'imitare in questo modo? Che difficoltà nell'esprimere il
calpestio dei cavalli col trap trap trap, e il suono
de' campanelli col tin tin tin, come fanno i
romantici? (Bürger nell'Eleonora, B. Ital. tomo 8. p. 365.) Questa è
l'imitazione delle balie, e de' saltimbanchi, ed è tutt'una con quella che si fa
nella detta maniera di scrivere, e coi detti segni, sconosciutissimi, e con
ragione a tutti gli antichi e sommi. (22. Aprile. Giorno di Pasqua
1821.).
[977,1] Quanto più qualsivoglia imitazione trapassa i limiti
dello strumento che l'è destinato, e che la caratterizza e qualifica, tanto più esce della sua natura e proprietà,
e tanto più si scema la maraviglia, come se nella scultura che imita col marmo
s'introducessero gli occhi di vetro, o le parrucche invece delle chiome
scolpite. E così appunto si deve dire in ordine alla scrittura, la quale imita
colle parole, e non deve uscire del suo strumento. Massime se questi nuovi
strumenti son troppo facili e ovvi,
978 cosa contraria
alla dignità e alla maraviglia dell'imitazione, e che confonde la imitazione del
poeta o dell'artefice colla misera imitazione delle balie, de' mimi, de'
ciarlatani, delle scimie, e con quella imitazione che si fa tutto giorno o con
parole, o con gesti, o con lavori {triviali} di mano,
senza che alcuno si avvisi di maravigliarsene, o di crederla opera del genio, e
divina. (23. Aprile. 1821.).
[986,2] Dal confronto delle poesie di Ossian, vere naturali e indigene
dell'inghilterra, colle poesie orientali, si può
dedurre {(ironico)} quanto sia naturale
all'inghilterra la sua presente poesia {(come quella di Lord
Byron)}
derivata in gran parte
dall'oriente,
*
come dice il riputatissimo giornale
dell'Edinburgh Review in proposito del Lalla Roca di Tommaso Moore
(Londra 1817.) intitolato Romanzo orientale
{(Spettatore di Milano. 1.
Giugno 1818. Parte Straniera. Quaderno 101. p. 233. e puoi
vederlo.)}
[1847,1] Come l'uomo non s'interessa che per l'uomo
(perch'egli s'interessa più per se che per gli altri uomini); com'è vuota
d'effetto quella pittura che non rappresenta niente di animato, e più quella che
rappresenta pietre ec. che quella che rappresenta piante ec.; come il principale
effetto della pittura è prodotto dall'imitazione dell'uomo più che degli
animali, e molto più che degli altri oggetti; come la poesia non diletta nè
molto nè durevolmente se verte 1. sopra cose inorganizzate, 2. sopra cose
organizzate ma non vive, 3. sopra enti vivi ma non uomini, 4. sopra uomini ma
non sopra ciò che meglio spetta all'uomo ed a ciascun lettore, cioè le passioni,
i sentimenti, insomma l'animo umano; {+(notate queste gradazioni che sono applicabili ad ogni genere di cose e
idee piacevoli, ed alla mia teoria del
piacere)} così
1848 la poesia,
{i drammi} i romanzi, le storie, le pitture ec. ec.
non possono durevolmente nè molto dilettare se versano sopra uomini di costumi,
opinioni, indole ec. ec. e quasi natura affatto diversa dalla nostra, come i
personaggi favoriti delle care poesie ec. del Nord, sia per differenza
nazionale, sia per eccessiva differenza e stranezza di carattere, come i
protagonisti di Lord Byron, ed anche per
eccessivo eroismo, onde Aristotele non
voleva che il protagonista della tragedia fosse troppo eroe. {+(Quindi è che se forse da principio
interessano per la novità, a poco andare annoiano le storie ec. de' popoli
lontani, de' viaggi ec. e interessano sempre più proporzionatamente quelle
de' più vicini, e fra gli antichi de' latini Greci, ed Ebrei, a causa che
questi sono in relazione con tutto il mondo colto per la rimembranza ec.
della nostra gioventù, studi, religione letteratura ec. Anche questo però
secondo le circostanze degli individui.)} Da per tutto l'uomo cerca il
suo simile, perchè non cerca e non ha mai altro scopo che se stesso; e il
sistema del bello, come tutto il sistema della vita, si aggira sopra il perno,
ed è posto in movimento dalla gran molla dell'egoismo, e quindi della
similitudine e relazione a se stesso, cioè a colui che deve godere del bello di
qualunque genere. (5. Ott. 1821.).
[3154,1] 2. Poco ai tempi d'Omero valeva ed operava quello che negli uomini si chiama cuore,
moltissimo l'immaginazione. Oggi per lo contrario (e così a' tempi di Virgilio) l'immaginazione
3155 è generalmente sopita, agghiacciata, intorpidita,
estinta; difficilissimo è ravvivarla anche al gran poeta, il quale altresì
difficilmente può esser oggi gagliardamente ispirato dalla immaginativa, ed
esser grande per quella parte che propriamente spetta all'immaginazione e per
ciò che da lei deriva, come furono Omero
e Dante. Se l'animo degli uomini colti è
ancor capace d'alcuna impressione, d'alcun sentimento vivo, sublime e poetico,
questo appartien propriamente al cuore. Ed infatti oggidì appresso gli altri
poeti di verso e di prosa, il cuore è sottentrato universalmente e quasi del
tutto all'immaginazione, quello gl'ispira, quello essi mirano a commuovere, e su
quello realmente operano sempre ch'ei sono atti a riuscire nel loro intento. I
poeti d'immaginazione oggidì, manifestano sempre lo stento e lo sforzo e la
ricerca, e siccome non fu la immaginazione che li mosse a poetare, ma essi che
si espressero dal cervello e dall'ingegno,
3156 e si crearono e fabbricarono
una immaginazione artefatta, così di rado o non mai riescono a risuscitare e
riaccendere la vera immaginazione, già morta, nell'animo de' lettori, e non
fanno alcun buono effetto. Così dico di quelle parti che ne' moderni {scrittori} sono di pura immaginazione. Lord Byron è un'eccezione di regola,
forse unica, per se stesso. {V. p. 3477.} Quanto all'effetto
delle sue poesie sopra i lettori, dubito ch'elle debbano essere eccettuate dal
numero delle altre poesie d'immaginazione. {V. p. 3821.} L'animo nostro è
troppo diverso dal suo. Male ei ci può restituire quella immaginativa ch'egli ha
conservata, ma che noi abbiamo per sempre perduta. {#1. Anche Omero e
Dante hanno assai che fare per
ridestar la nostra immaginazione. Contuttociò, quantunque la fantasia di
L. Byron sia
certo naturalmente straordinaria, nondimeno è pur vero che anch'ella è in
grandissima parte artefatta, o vogliamo dire spremuta a forza, onde si vede
chiaramente che il più delle poesie di L. Byr. vengono dalla volontà e da un abito
contratto dal suo ingegno, piuttosto che da ispirazione e da fantasia
spontaneamente mossa.} Ora tra i poeti epici egli è pure strano che
Omero antichissimo abbia tanto
mirato al cuore, e che Virgilio e i
moderni non si sieno proposti per oggetto finale ed essenziale de' loro poemi
che di muovere l'immaginazione. Perocchè il soggetto essenziale e unico
principale de' loro poemi si è un Eroe felice e un'impresa felicemente
3157 terminata. Ora la felicità non vale che per la
maraviglia, la quale spetta all'immaginazione e nulla al cuore. Tanto possono
fare errare i più grandi spiriti le regole e l'arte, e tanto nascondere la
natura dell'uomo, de' tempi, delle cose, traviarli dal vero, travisar loro e
occultare il proprio scopo e la propria essenza di quelle cose medesime ch'essi
intraprendono ed alle quali esse regole appartengono. {Veramente di tutti i poemi epici, il più antico, cioè
l'iliade, è, quanto all'insieme, allo scopo totale e non
parziale, al tutto e non alle parti, all'intenzion finale e primaria, non
episodica, addiettiva e secondaria e quasi estrinseca, accidentale ec.; è,
dico il più sentimentale, anzi il solo sentimentale; cosa veramente strana a
dirsi, e che par contraddittoria ne' termini, ed è infatti mostruosa ed
opposta alla natura de' progressi e della storia dello spirito umano e degli
uomini, e delle differenze de' tempi, alla natura rispettivamente
dell'antico al moderno, e viceversa ec. È anche il poema più Cristiano.
Poichè interessa pel nemico, pel misero ec. ec.}
[3477,4]
Alla p. 3156.
Si potrebbe aggiungere il nostro Monti, nel quale tutto è immaginazione, e nulla parte ha il sentimento,
come n'ha grandissima nel più delle poesie di Lord Byron (se però quel di Lord
Byron è ben significato
3478 col nome di
sentimento). Certo è che il Monti
benchè d'immaginazione senz'alcun confronto inferiore a quella di Lord Byron, e benchè non abbia di poetico
che l'immaginazione (sì nelle cose sì nello stile), si lascia leggere non senza
piacere, nè senza effetto poetico, e l'immaginoso in lui comparisce molto più
spontaneo e men comandato che in Lord
Byron. Ed è forse al contrario, perchè Lord Byron è veramente un uomo di caldissima fantasia
naturale, e Monti, qualch'egli sia per
se stesso, nelle sue composizioni non è che un buono e valente traduttore di
Omero, Virgilio, Orazio, Ovidio ed altri poeti
antichi, e imitatore, anzi spesso copista, di Dante, Ariosto e degli altri
nostri classici. Sicchè Lord Byron tira
le immagini dal suo fondo, e Monti
dall'altrui. E se nell'uno ha dell'impoetico lo sforzo che suo poetare
apparisce, nell'altro è veramente impoetico l'imitare e il copiare che però
nella sua stessa poesia intrinsecamente non si lascia scorgere. Ond'è che le
poesie di Lord Byron sieno meno
poetiche, considerate in se stesse, che quelle di Monti. Mentre però questi è infinitamente meno poeta
di quello.
3479 E si conchiude che le poesie dell'uno
sieno impoetiche, e che l'altro non sia poeta. E l'effetto poetico delle poesie
di Monti spetta più agli antichi che a
lui, ed è piuttosto come di poesia e d'immaginazione antica, che di moderna. Nel
sentimento poi la vena del Monti è al
tutto secca, e provandocisi, il che egli fa ben di rado, non ci riesce punto,
come nel Bardo. (20. Sett.
1823.).
[3482,2] Oltre di ciò i moderni ne' drammi vogliono
interessare col mettere i lettori o uditori in relazione coi personaggi di
quelli, col far che i lettori
3483 ravvisino e
contemplino se stessi, il proprio cuore, i propri affetti, i proprii pensieri,
le proprie sventure, i proprii casi, le proprie circostanze, i proprii
sentimenti, ne' personaggi del dramma, e nel loro cuore, affetti, casi, ec.
quasi in un fedelissimo specchio. Si può esser certi che l'intenzione de' greci
tragici, massime de' più antichi, fu tutt'altra, e in certo senso contraria.
Questo effetto era troppo debole, molle, intimo, recondito, sottile, perchè o i
poeti antichissimi fossero capaci di proporselo, o i loro uditori di provarlo, o
provato, di compiacersene. Secondo la natura de' popoli e de' tempi meno civili,
gli spettatori cercavano e i poeti si proponevano nel dramma un effetto molto
più forte e gagliardo ed éclatant, delle sensazioni
molto più fiere, più energiche, più prononcées; delle
impressioni molto più grandi; ed al tempo stesso meno interiori e spirituali,
più materiali ed estrinseche. I tragici greci cercarono lo straordinario e il
maraviglioso delle sventure e delle passioni, appresso a poco come fa oggi Lord Byron (con molta
maggior cognizione però dell'une
3484 e dell'altre);
tutto l'opposto di quel che si richiedeva per metterle in relazione, in
conformità, e d'intelligenza, con quelle degli uditori. Sventure e casi orribili
e singolari, delitti atroci, caratteri unici, passioni contro natura, furono i
soggetti favoriti de' tragici greci. Tale per certo si fu l'intenzion loro,
sebbene la scelta l'invenzione l'immaginazione non sempre corrispondesse
pienamente all'intento, e talor più talor meno, in chi più in chi meno. Ma
generalmente parlando, e massime, torno a dire, i più antichi tragici greci,
cercarono o amarono di preferenza il sovrumano de' vizi e delle virtù, delle
colpe e delle belle o valorose azioni, de' casi, delle fortune: al contrario
appunto de' moderni tragici che cercano in tutto questo il più umano che
possono. Quindi coloro si rivolsero per lo più al favoloso, quindi il
corrispondente apparato della scena e degli attori; quindi non solo il soggetto
ma il modo di trattarlo, di condurre il dramma, d'intrecciarlo, di recare lo
scioglimento dovettero corrispondere al fine del poeta e dell'uditorio, che era
in questo di ricevere in quello di produrre una sensazione delle più vive,
3485 delle più poetiche ec.; quindi anche gli episodii
dovettero corrispondere alla natura di tale scopo e di tal dramma; quindi le
furie introdotte nel teatro (nelle Eumenidi di Eschilo), che fecero abortir le donne e agghiacciare i
fanciulli (v. Fabric.
Barthelemy ec.); quindi i soggetti per lo più lontani o di
tempo, {o} di luogo, di costumi ec. dagli spettatori,
benchè tanti soggetti poetici offrisse ai tragici greci la storia, non pur {+nazionale ma patria, e non pur}
patria, ma contemporanea ec. ec.; {+quindi le inverisimiglianze d'ogni genere, i salti, le improvvisate, (fatte
per verità con meno arte, {varietà ec.} che non
farebbero i moderni e che non si fa ne' moderni drammi e romanzi
d'intreccio), l'intervento sì frequente degli Dei o semidei ec. ec.} I
moderni drammatici come gli altri poeti, come i romanzieri ec. si propongono di
agir sul cuore, ma gli antichi tragici, non men che gli altri antichi, sulla
immaginazione. Questa osservazione, che non si può negare, basta a far giudizio
quanto debbano essenzialmente differire i caratteri dell'antico e del moderno
dramma, con che diversi canoni si debba giudicar dell'uno e dell'altro, quanto
sia assurdo il tirar le moderne poesie drammatiche a parallelo d'arte ec. colle
antiche, quasi appartenessero a uno stesso genere, ch'è falsissimo. Gli antichi
tragici non vollero altro che por sotto gli occhi e {{l'immaginazione}} degli spettatori quasi un volcano ardente o altro
3486 tale terribile fenomeno o singolarità della
natura, che niente ha che fare con quelli che lo riguardano. Essi
rappresentavano così quelle sciagure, quelle colpe, quelle passioni, quelle
prodezze, come meteore spaventevoli che gli spettatori potessero contemplare
senza pericolo di nocumento, provando il piacer della maraviglia, e dello
spaventoso impotente a nuocere, senza però trovare nè dover trovare alcuna
conformità o somiglianza fra esse sciagure ec. e le lor proprie, o quelle de'
loro conoscenti, anzi neppur de' loro simili e degl'individui della loro
specie.
[3821,2]
Alla p. 3156.
- quando eziandio il sentimentale di Lord
Byron, quello che spetta al giuoco delle passioni, al cuore,
all'espressione alla pittura all'imitazione de' caratteri e de' sentimenti degli
uomini, alla scienza e considerazione dello spirito dell'uomo, dell'uomo interno
ec. (del che le poesie di Lord Byron
sommamente abbondano, anzi sono composte) pochissimo si communica a' lettori, e
veramente è poco fatto per comunicarsi agli animi altrui. E ciò appunto perchè
esso pare, e forse è, piuttosto dettato dall'immaginazione che dal sentimento e
dal cuore, piuttosto immaginato che sentito, immaginato che vero, inventato che
imitato o congetturato, creato che ritratto ed espresso, e {insomma ha certamente} più dell'immaginoso che del passionato e
sentimentale, ed è per sua natura più atto e disposto ad operare sulla
immaginazione che sul cuore di chi legge. E così parrebbe che Lord Byron avesse voluto, e così certo accade. E perciò
il suo effetto è debole, {cioè} poco intimo, e quindi
poco durevole, benchè possa esser fortissimo al primo tratto, il che non è
incompatibile col superficiale. L'effetto delle poesie di Lord Byron, tanto e così perpetuamente ed estremamente
sentimentali, l'effetto del sentimentale di esse, non è sentimentale per le
dette ragioni. Or veggiamo che per ciò è poco intimo, e poco si comunica il
movimento dell'autore e di esse, perchè questo non essendo {quasi} proprio ad agire che sull'immaginazione, l'
3822 immaginazione de' lettori oggidì è generalmente poco atta a
ricevere forti, cioè intime e durevoli impressioni: il che è quello ch'io
diceva, e il proposito di questo discorso. E quel movimento delle poesie e de'
poeti che spetta solamente o principalmente all'immaginazione, sia che nasca da
essa sola nel poeta, e in essa sola abbia avuto luogo, sia che in essa sola
possa agir ne' lettori {+e ad essa sola
comunicarsi,} (questo è più probabilmente il caso nostro, perchè io
credo che Lord Byron veramente senta,
non solo imagini, anzi l'eccesso e la straordinaria forza e qualità de' suoi
sentimenti sia quel che gli noccia) difficilmente e in piccola parte e poco
gagliardamente si comunica ai lettori d'oggidì. Diversamente certo accadeva
negli antichi (lo vediamo infatti anche oggi ne' fanciulli e ne' giovani ancora
inesperti del mondo, o nella prima gioventù, quando ella, in pratica, ancor non
filosofa, come tutti fanno nell'altre età, o dopo l'esperienza; cioè tutti oggi
filosofano, quanto alla vita ec. chi in teoria e in pratica, chi {in} questa sola). Oggi anche gli antichi sommi poeti
presto ci stancano e lasciano in secco, se e quando non sono che immaginosi,
ancorchè in questo medesimo sommi, straordinarii e pieni d'arte. Le poesie di
Lord Byron molto più e più presto ci
stufano e lascian freddi, per la grande uniformità che vi si sente, la quale può
esser vera, e nascere da mancanza {della} vera {e sottile} arte poetica (sì bene e distintamente
conosciuta e {sì eccellentemente e maestrevolmente}
praticata dagli antichi); e può anche esser che sia apparente, e nasca solo dal
continuo eccesso in ogni cosa,
dalla continua intensità, dal continuo risalto
3823
straordinario di ciascuna parte. Il che da un lato produce l'effetto
dell'uniformità, e lo è veramente, in quanto è continuo eccesso ec. benchè
variato, quanto si voglia, ne' suoi subbietti, qualità ec. Dall'altro lato
stanca come l'uniformità, perchè troppo affatica gli animi, {+che ben tosto non possono più tener dietro
all'entusiasmo del poeta,} come la vista {presto} si stanca di colori tutti vivissimi, benchè e belli e varii;
e perchè il molto {ed ἀϑρόον,} sia pur bonissimo,
presto sazia; come chi bee ad un tratto un boccale di liquore, ha subito estinta
la sete, nè perchè tu gli offra altro liquore diverso e squisitissimo, ha voglia
di gustarlo, ma egli ha perduto per allora la facoltà di provar piacere dal
bere, e da' grati liquori. Come nel corpo così nell'animo la facoltà {la virtù} di provar piacere è scarsa; bisogna
risparmiarla, o ch'ella è ben tosto esaurita. Il corpo e l'animo cede e vien
meno al soverchio piacere, come al soverchio dolore. Ben rare sono le cose
piacevoli, e i piaceri ben piccoli. Ma fossero pur frequentissimi e grandissimi.
Nè il corpo nè l'animo umano hanno la forza di goder più che tanto, e anche
indipendentemente dall'assuefazione che rende indifferenti le sensazioni da
principio piacevoli o dolorose, anche restando ai piaceri e ai dolori la lor
forza, manca all'uomo la facoltà di sentirli, se e' son troppo grandi, {o se son troppi ec.} La facoltà di soffrire è assai
maggiore nell'uomo. Pur se il dolore è soverchio, nè il corpo nè l'animo umano
non è capace di sentirlo, e non soffre, o per poco spazio, dopo il quale la sua
facoltà di soffrire vien meno. L'uomo non può molto godere, non solo perchè
pochi e piccoli sono i piaceri,
3824 ma anche rispetto a se stesso, perchè egli è molto
limitatamente capace del piacere, e
quegli stessi che vi sono, così piccoli e pochi, bastano a vincere di gran lunga
la sua capacità. Bacco e Venere sono
piaceri, ma l'uomo dopo un quarto d'ora ec. diviene incapace di gustarli, e
soccombe alla loro forza {niente meno che} a quella de'
tormenti e de' morbi. (3. Nov. 1823.).
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