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23. Aprile. 1821.

[977,1]  Quanto più qualsivoglia imitazione trapassa i limiti dello strumento che l'è destinato, e che la caratterizza e qualifica, tanto più esce della sua natura e proprietà, e tanto più si scema la maraviglia, come se nella scultura che imita col marmo s'introducessero gli occhi di vetro, o le parrucche invece delle chiome scolpite. E così appunto si deve dire in ordine alla scrittura, la quale imita colle parole, e non deve uscire del suo strumento. Massime se questi nuovi strumenti son troppo facili e ovvi,  978 cosa contraria alla dignità e alla maraviglia dell'imitazione, e che confonde la imitazione del poeta o dell'artefice colla misera imitazione delle balie, de' mimi, de' ciarlatani, delle scimie, e con quella imitazione che si fa tutto giorno o con parole, o con gesti, o con lavori {triviali} di mano, senza che alcuno si avvisi di maravigliarsene, o di crederla opera del genio, e divina. (23. Aprile. 1821.).