3. Nov. 1823.
[3821,2]
Alla p. 3156.
- quando eziandio il sentimentale di Lord
Byron, quello che spetta al giuoco delle passioni, al cuore,
all'espressione alla pittura all'imitazione de' caratteri e de' sentimenti degli
uomini, alla scienza e considerazione dello spirito dell'uomo, dell'uomo interno
ec. (del che le poesie di Lord Byron
sommamente abbondano, anzi sono composte) pochissimo si communica a' lettori, e
veramente è poco fatto per comunicarsi agli animi altrui. E ciò appunto perchè
esso pare, e forse è, piuttosto dettato dall'immaginazione che dal sentimento e
dal cuore, piuttosto immaginato che sentito, immaginato che vero, inventato che
imitato o congetturato, creato che ritratto ed espresso, e {insomma ha certamente} più dell'immaginoso che del passionato e
sentimentale, ed è per sua natura più atto e disposto ad operare sulla
immaginazione che sul cuore di chi legge. E così parrebbe che Lord Byron avesse voluto, e così certo accade. E perciò
il suo effetto è debole, {cioè} poco intimo, e quindi
poco durevole, benchè possa esser fortissimo al primo tratto, il che non è
incompatibile col superficiale. L'effetto delle poesie di Lord Byron, tanto e così perpetuamente ed estremamente
sentimentali, l'effetto del sentimentale di esse, non è sentimentale per le
dette ragioni. Or veggiamo che per ciò è poco intimo, e poco si comunica il
movimento dell'autore e di esse, perchè questo non essendo {quasi} proprio ad agire che sull'immaginazione, l'
3822 immaginazione de' lettori oggidì è generalmente poco atta a
ricevere forti, cioè intime e durevoli impressioni: il che è quello ch'io
diceva, e il proposito di questo discorso. E quel movimento delle poesie e de'
poeti che spetta solamente o principalmente all'immaginazione, sia che nasca da
essa sola nel poeta, e in essa sola abbia avuto luogo, sia che in essa sola
possa agir ne' lettori {+e ad essa sola
comunicarsi,} (questo è più probabilmente il caso nostro, perchè io
credo che Lord Byron veramente senta,
non solo imagini, anzi l'eccesso e la straordinaria forza e qualità de' suoi
sentimenti sia quel che gli noccia) difficilmente e in piccola parte e poco
gagliardamente si comunica ai lettori d'oggidì. Diversamente certo accadeva
negli antichi (lo vediamo infatti anche oggi ne' fanciulli e ne' giovani ancora
inesperti del mondo, o nella prima gioventù, quando ella, in pratica, ancor non
filosofa, come tutti fanno nell'altre età, o dopo l'esperienza; cioè tutti oggi
filosofano, quanto alla vita ec. chi in teoria e in pratica, chi {in} questa sola). Oggi anche gli antichi sommi poeti
presto ci stancano e lasciano in secco, se e quando non sono che immaginosi,
ancorchè in questo medesimo sommi, straordinarii e pieni d'arte. Le poesie di
Lord Byron molto più e più presto ci
stufano e lascian freddi, per la grande uniformità che vi si sente, la quale può
esser vera, e nascere da mancanza {della} vera {e sottile} arte poetica (sì bene e distintamente
conosciuta e {sì eccellentemente e maestrevolmente}
praticata dagli antichi); e può anche esser che sia apparente, e nasca solo dal
continuo eccesso in ogni cosa,
dalla continua intensità, dal continuo risalto
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straordinario di ciascuna parte. Il che da un lato produce l'effetto
dell'uniformità, e lo è veramente, in quanto è continuo eccesso ec. benchè
variato, quanto si voglia, ne' suoi subbietti, qualità ec. Dall'altro lato
stanca come l'uniformità, perchè troppo affatica gli animi, {+che ben tosto non possono più tener dietro
all'entusiasmo del poeta,} come la vista {presto} si stanca di colori tutti vivissimi, benchè e belli e varii;
e perchè il molto {ed ἀϑρόον,} sia pur bonissimo,
presto sazia; come chi bee ad un tratto un boccale di liquore, ha subito estinta
la sete, nè perchè tu gli offra altro liquore diverso e squisitissimo, ha voglia
di gustarlo, ma egli ha perduto per allora la facoltà di provar piacere dal
bere, e da' grati liquori. Come nel corpo così nell'animo la facoltà {la virtù} di provar piacere è scarsa; bisogna
risparmiarla, o ch'ella è ben tosto esaurita. Il corpo e l'animo cede e vien
meno al soverchio piacere, come al soverchio dolore. Ben rare sono le cose
piacevoli, e i piaceri ben piccoli. Ma fossero pur frequentissimi e grandissimi.
Nè il corpo nè l'animo umano hanno la forza di goder più che tanto, e anche
indipendentemente dall'assuefazione che rende indifferenti le sensazioni da
principio piacevoli o dolorose, anche restando ai piaceri e ai dolori la lor
forza, manca all'uomo la facoltà di sentirli, se e' son troppo grandi, {o se son troppi ec.} La facoltà di soffrire è assai
maggiore nell'uomo. Pur se il dolore è soverchio, nè il corpo nè l'animo umano
non è capace di sentirlo, e non soffre, o per poco spazio, dopo il quale la sua
facoltà di soffrire vien meno. L'uomo non può molto godere, non solo perchè
pochi e piccoli sono i piaceri,
3824 ma anche rispetto a se stesso, perchè egli è molto
limitatamente capace del piacere, e
quegli stessi che vi sono, così piccoli e pochi, bastano a vincere di gran lunga
la sua capacità. Bacco e Venere sono
piaceri, ma l'uomo dopo un quarto d'ora ec. diviene incapace di gustarli, e
soccombe alla loro forza {niente meno che} a quella de'
tormenti e de' morbi. (3. Nov. 1823.).