Sensibilità. Sentimento.
Sensitivity. Feeling.
Vedi Uomini sensibili. See Sensitive men. 232,1 703,43 718,1 1011,1 1448,1 1584,1.2 1648,1 1691,12 1882,1 2974,1 2107,1 2159,1 2229 2342,1 2672,2[232,1] L'origine del sentimento profondo dell'infelicità,
ossia lo sviluppo di quella che si chiama sensibilità, ordinariamente procede
dalla mancanza o perdita delle grandi e vive illusioni; e infatti l'espressione
di questo sentimento, comparve nel Lazio col mezzo di
Virgilio, appunto nel tempo che le
grandi e vive illusioni erano svanite pel privato romano che n'era vissuto sì
lungo tempo, e la vita e le cose pubbliche aveano preso l'andamento dell'ordine
e della monotonia. La sensibilità che si trova nei giovani ancora inesperti del
mondo e dei mali, sebbene tinto di malinconia, è diverso da questo sentimento, e
promette {e dà} a chi lo prova, non dolore ma piacere e
felicità. (6. 7.bre 1820.).
[703,3] Allo sviluppo ed esercizio della immaginazione è
necessaria la felicità o abituale o presente e momentanea; del sentimento, la
sventura. Esempio me stesso: e il mio passaggio dalla facoltà immaginativa, alla
sensitiva, essendo quella in me presso ch'estinta. (28. Feb.
1821).
[718,1] L'uomo d'immaginazione di sentimento e di entusiasmo,
privo della bellezza del corpo, è verso la natura appresso a poco quello ch'è
verso l'amata un amante ardentissimo e sincerissimo, non corrisposto nell'amore.
Egli si slancia fervidamente verso la natura, ne sente profondissimamente tutta
la forza, tutto l'incanto, tutte le attrattive, tutta la bellezza, l'ama con
ogni trasporto, ma quasi che egli non fosse punto corrisposto, sente ch'egli non
è partecipe di questo bello che ama ed ammira, si vede fuor della sfera della
bellezza, come l'amante
719 escluso dal cuore, dalle
tenerezze, dalle compagnie dell'amata. Nella considerazione e nel sentimento
della natura e del bello, il ritorno sopra se stesso gli è sempre penoso. Egli
sente subito e continuamente che quel bello, quella cosa ch'egli ammira ed ama e
sente, non gli appartiene. Egli prova quello stesso dolore che si prova nel
considerare o nel vedere l'amata nelle braccia di un altro, o innamorata di un
altro, e del tutto noncurante di voi. Egli sente quasi che il bello e la natura
non è fatta per lui, ma per altri (e questi, cosa molto più acerba a
considerare, meno degni di lui, anzi indegnissimi del godimento del bello e
della natura, incapaci di sentirla e di conoscerla ec.): e prova quello stesso
disgusto e finissimo dolore di un povero affamato, che vede altri cibarsi
dilicatamente, largamente, e saporitamente, senza speranza nessuna di poter mai
gustare altrettanto. Egli insomma
720 si vede e conosce
{escluso senza speranza, e} non partecipe dei
favori di quella divinità che non solamente, ma gli è anzi così presente così
vicina, ch'egli la sente come dentro se stesso, e vi s'immedesima, dico la
bellezza astratta, e la natura. (5. Marzo 1821.).
[1011,1] Il sentimento moderno è un misto di sensuale e di spirituale, di carne e
di spirito; è la santificazione della carne (laddove la religion Cristiana è la
santificazione dello spirito); e perciò siccome il senso non si può mai
escludere dal vivente, questa sensibilità che lo santifica e purifica, è riconosciuto pel più
valevole rimedio e preservativo contro di lui, e contro delle sue bassezze.
(4. Maggio 1821.).
[1448,1] È vero che la poesia propria de' nostri tempi è la
sentimentale. Pure un uomo di genio, giunto a una certa età, quando ha il cuor
disseccato dall'esperienza e dal sapere, può più facilmente scriver belle poesie
d'immaginazione che di sentimento, perchè quella si può in qualche modo
comandare, questo no, o molto meno. E se il poeta scrivendo non
1449 è riscaldato dall'immaginazione, può felicemente
fingerlo, aiutandosi della rimembranza di quando lo era, e richiamando,
raccogliendo, e dipingendo le sue fantasie passate. Non così facilmente quanto
alla passione. E generalmente io credo che il poeta vecchio sia meglio adattato
alla poesia d'immaginazione, che a quella di sentimento proprio, cioè ben diverso dalla filosofia, dal pensiero
ec. E di ciò si potrebbero forse recare molti esempi di fatto, antichi e
moderni, contro quello che pare a prima vista, perchè l'immaginazione è propria
de' fanciulli, e il sentimento degli adulti. (3. Agosto. 1821.).
{{V. p. 1548.}}
[1648,1]
1648 Pare assurdo, ma è vero che l'uomo forse il più
soggetto a cadere nell'indifferenza e nell'insensibilità (e quindi nella
malvagità che deriva dalla freddezza del carattere), si è l'uomo sensibile,
pieno di entusiasmo e di attività interiore, e ciò in proporzione appunto della
sua sensibilità ec. {Quasi si verifica in questo senso
e modo ciò che quel vecchio disse a Pico
p. 1178, della stupidità dei vecchi stati
spiritosi straordinariamente da fanciulli.} Massime s'egli
è sventurato; ed in questi tempi dove la vita esteriore non corrisponde, non
porge alimento nè soggetto veruno all'interiore, dove la virtù e l'eroismo sono
spenti, e dove l'uomo di sentimento e d'immaginazione e di entusiasmo è subito
disingannato. La vita esteriore degli antichi era tanta che avvolgendo i grandi
spiriti nel suo vortice arrivava piuttosto a sommergerli, che a lasciarsi
esaurire. Oggi un uomo quale ho detto, appunto per la sua straordinaria
sensibilità, esaurisce la vita in un momento. Fatto ciò, egli resta vuoto,
disingannato profondamente e stabilmente, perchè ha tutto profondamente e
vivamente provato: non si è fermato alla superficie, non si va affondando a poco
a poco; è andato subito al fondo, ha tutto abbracciato, e tutto rigettato come
effettivamente indegno e frivolo: non gli resta altro a vedere,
1649 a sperimentare, a sperare. Quindi è che si vedono
gli spiriti mediocri, ed alcuni sensibili e vivi sino a un certo segno, durar
lungo tempo ed anche sempre, nella loro sensibilità, suscettibili di affetto,
capaci di cure e di sacrificj per altrui, non contenti del mondo, ma sperando di
esserlo, facili ad aprirsi all'idea della virtù, a crederla ancora qualche cosa
ec. (Essi non hanno ancora perduto la speranza della felicità). Laddove quei
grandi spiriti che ho detto, fin dalla gioventù cadono in un'indifferenza,
languore, freddezza, insensibilità mortale, e irrimediabile: che produce un
egoismo noncurante, una somma incapacità di amare ec. La sensibilità e l'ardore
dell'animo è così fatto, che s'egli non trova pascolo nelle cose circostanti,
consuma se stesso, e si distrugge e perde in poco d'ora, lasciando l'uomo tanto
al disotto della magnanimità ordinaria, quanto prima l'avea messo al disopra.
Laddove la mediocre sensibilità si mantiene, perchè abbisogna di poco alimento.
Quindi è che le virtù grandi non sono
pe' nostri tempi.
1650
(7. Sett. 1821.). {{Puoi vedere p. 1653.
fine.}}
[1691,2] Voi altri riformatori dello spirito umano, e
dell'opera della natura, voi altri predicatori della ragione, provatevi un poco
a
1692 fare un romanzo, un poema ec. il cui
protagonista si finga perfettissimo e straordinario in tutte le parti morali, e
dipendenti dall'uomo, e imperfetto {o men che perfetto}
nelle parti fisiche, dove l'uomo non ha per se verun merito. Di che si parla in
questo secolo sì spirituale massime in letteratura che oramai par che sdegni
tutto ciò che sa di corporeo, di che si parla, dico, ne' poemi, ne' romanzi,
nelle opere tutte d'immaginazione e sentimento, fuorchè di bellezza del corpo?
Questa è la prima condizione in un personaggio che si vuol fare interessante.
{+La perfettibilità
dell'uomo, come altrove ha[ho] detto
p. 830, non ha che fare col corpo. E
contuttociò la perfezione del corpo, che non dipende dagli uomini nè è
opera della ragione, si è la principal condizione che si ricerca in un
eroe di poema ec. (o si dee supporre, perchè ogni menoma imperfezione
corporale suppostagli guasterebbe ogni effetto) e la più efficace,
supponendolo ancora perfetto nello spirito.} Questa
circostanza non si può tacere; quando anche si taccia, la supplirà il lettore;
ma fare espressamente un protagonista brutto, è lo stesso che rinunziare a
qualsivoglia effetto. (V. ciò che dico in tal proposito dove parlo della
compassione pp. 220-21). Mad.
di Staël non era bella: in un'anima come la sua, questa circostanza
avrà prodotto mille pensieri e sentimenti sublimi, nuovissimi a scriverli,
profondissimi, sentimentalissimi: (così di Virgilio pretende Chateaubriand) ella amava
sopra tutto l'originalità, e poco teneva il buon
1693
gusto (v. Allemagne tome 1. ch. dernier.): ella, come tutti i
grandi, dipingeva ne' suoi romanzi il suo cuore, i suoi casi, e però si serve di
donne per li principali effetti; nondimeno si guarda bene di far brutti o men
che belli i suoi eroi o le sue eroine. Tutto lo spregiudizio, tutto l'ardire,
tutta l'originalità di un autore in qualsivoglia tempo non può giunger fin qua.
Che cosa è la bellezza? lo stesso in fondo, che la nobiltà e la ricchezza: dono
del caso? È egli punto meno pregevole un uomo sensibile e grande, perchè non è
bello? {+Quale inferiorità di vero merito
si trova nel più brutto degli uomini verso il più bello?} Eppure non
solamente lo scrittore o il poeta si deve guardare dal fingerlo brutto, ma deve
anche guardarsi da entrare in comparazioni sulla {sua}
bellezza. Ogni effetto svanirebbe se parlando o di se stesso (come fa il Petrarca) o del suo eroe, l'autore
dicesse ch'egli era sfortunato nel tale amore perchè le sue forme, o anche il
suo tratto e maniere esteriori (cosa al tutto corporea) non piacevano all'amata,
o perch'egli era men bello di un suo rivale ec. ec. Che cosa è dunque il mondo
fuorchè
1694 NATURA? Ho detto [pp. 601-603]
p. 1026
p. 1262
p. 1657 che l'intelletto umano è materiale in tutte le sue operazioni
e concezioni. La teoria stessa dell'intelletto si deve applicare al cuore e alla
fantasia. La virtù, il sentimento, i più grandi pregi morali, le qualità
dell'uomo le più pure, le più sublimi, infinite, le più immensamente lontane in
apparenza dalla materia, non si amano, non fanno effetto veruno se non come
materia, e in quanto materiali. Divideteli dalla bellezza, o dalle maniere
esteriori, non si sente più nulla in essi. Il cuore può bene immaginarsi di
amare lo spirito, o di sentir qualche cosa d'immateriale: ma assolutamente
s'inganna.
[1882,1]
1882 Del resto l'amore veramente sentimentale, quello
di un giovane o una giovane inesperta e principiante, non considera, non si
riferisce, non trova indispensabile ec. che la bellezza (benchè relativa) del
volto. Una persona di volto definitamente non bello, o che tale non paia {loro,} non sarà mai oggetto di amore alle dette persone,
per bella ch'ella sia nel resto: almeno senza circostanze particolari, e lunghe
relazioni ec. ec. (9. Ott. 1821.).
[2974,1]
Urito
presso Plauto, se questa voce è vera, dimostra il perduto e
regolare participio uritus di uro, in vece di ustus, onde ustulo ec. 1879 (16. Luglio 1823.). {{V. p. 2991.}}
[2107,1] Ho detto pp. 1648-49
pp. 2039-41 che l'uomo di gran sentimento è soggetto a divenire
insensibile più presto e più fortemente degli altri, e soprattutto di quegli di
mediocre sensibilità. Questa verità si deve estendere ed applicare a tutte
quelle parti, generi ec. ne' quali il sentimento
2108
si divide e si esercita, come la compassione ec. ec. Sebbene è verissimo che
l'uomo di sentimento è destinato all'infelicità nondimeno assai spesso accade
ch'egli nella sua giovanezza, divenga insensibile al dolore e alla sventura, e
che tanto meno egli sia suscettibile di dolor vivo dopo passata una certa epoca,
e un certo giro di esperienza, quanto più violento e terribile fu il suo dolore
e la sua disperazione ne' primi anni, e ne' primi saggi ch'egli fece della vita.
Egli arriva sovente assai presto ad un punto, dove qualunque massima infelicità
non è più capace di agitarlo fortemente, e dall'eccessiva suscettibilità di
essere eccessivamente turbato, passa rapidamente alla qualità contraria, cioè ad
un abito di quiete e di rassegnazione sì costante, e di disperazione così poco
sensibile, che qualunque nuovo male gli riesce indifferente (e questa si può
2109 dire l'ultima epoca del sentimento, e quella in
cui la più gran disposizione naturale all'immaginazione alla sensibilità,
divengono quasi al tutto inutili, e il più gran poeta, o il più dotato di
eloquenza che si possa immaginare, perde quasi affatto e irrecuperabilmente
queste qualità, e si rende incapace a poterle più sperimentare o mettere in
opera per qualunque circostanza. Il sentimento è sempre vivo fino a questo
tempo, anche in mezzo alla maggior disperazione, e al più forte senso della
nullità delle cose. Ma dopo quest'epoca, le cose divengono tanto nulle all'uomo
sensibile, ch'egli non ne sente più nemmeno la nullità: ed allora il sentimento
e l'immaginazione son veramente morte, e senza risorsa.) Nessuna cosa violenta è
durevole. Laddove gli uomini di mediocre sensibilità, restano più o meno
suscettibili d'
2110 infelicità viva per tutta la vita,
e sempre capaci di nuovo affanno, da vecchi poco meno che da giovani, come si
vede negli uomini ordinarii tuttogiorno. (17. Nov. 1821.).
[2159,1] Lo stato di disperazione rassegnata, ch'è l'ultimo
passo dell'uomo sensibile, e il finale sepolcro della sua sensibilità, de' suoi
piaceri, e delle sue pene, è tanto mortale alla sensibilità, ed alla poesia
2160 (in tutti i sensi, ed estensione di questo
termine), che sebbene la sventura, e il sentimento attuale di lei, pare ed è
(escluso il detto stato) la più micidial cosa possile[possibile] alla poesia (nè solo la sventura attuale, ma anche
l'abituale, che deprime miseramente l'immaginazione, il sentimento, l'animo);
contuttociò se può succedere che nel detto stato, una nuova e forte sventura,
cagioni all'uomo qualche senso, quel punto, per una tal persona, è il più
adattato ch'egli possa mai sperare, alla forza dei concetti, al poetico,
all'eloquente dei pensieri, ai parti dell'immaginazione e del cuore, già fatti
infecondi. Il {nuovo} dolore in tal caso è come il
bottone di fuoco che restituisce qualche senso, qualche tratto di vita ai corpi
istupiditi. Il cuore dà qualche segno di vita, torna per un momento a sentir se
medesimo, giacchè la proprietà e l'impoetico della disperazione rassegnata
consiste appunto, nel non esser più
2161 visitato nè
risentito {neppur} dal dolore.
[2228,1] È cosa facilmente osservabile che nel comporre ec.
giova moltissimo, e facilita ec. il leggere abitualmente in quel tempo degli
autori di stile, di materia ec. analoga a quella che abbiamo per le mani ec. Da
che cosa crediamo noi che ciò derivi? forse dal ricevere quelle tali letture,
quegli autori ec. come modelli, come esempi di ciò che dobbiamo fare,
dall'averli più in pronto, per mirare in essi, e regolarci nell'imitarli? ec.
non già, ma dall'abitudine materiale che la mente acquista a quel tale stile ec.
la quale abitudine le rende molto più facile l'eseguir ciò che ha da fare. Tali
letture in tal tempo non sono studi, ma esercizi, come la lunga abitudine del
comporre facilita la composizione. Ora tali letture fanno appunto allora
l'uffizio di quest'abitudine, la facilitano, esercitano insomma la mente in
quell'operazione
2229 ch'ella ha da fare. E giovano
massimamente quando ella v'è già dentro, e la sua disposizione e[è] sul traine[train] di eseguire, di applicare al fatto ec.
Così leggendo un ragionatore, per quei giorni si prova una straordinaria
tendenza, facilità, frequenza ec. di ragionare sopra qualunque cosa occorrente,
anche menoma. Così un pensatore, così uno scrittore d'immaginazione, di
sentimento (esso ci avvezza per allora a sentire anche da noi stessi), originale, inventivo ec. E questi
effetti li producono essi non in forza di modelli (giacchè li producono quando
anche il lettore li disprezzi, o li consideri come tutt'altro che modelli), ma
come mezzi di assuefazione. E però, massime nell'atto di comporre, bisogna
fuggir le cattive letture, sia in ordine allo stile, o a qualunque altra cosa;
perchè la mente senz'avvedersene si abitua a quelle maniere, per quanto le
condanni, e per quanto sia abituata già a maniere diverse, abbia formato una
maniera
2230 propria, ben radicata nella di lui
assuefazione ec. (6. Dic. 1821.).
[2342,1]
2342 Il mondo deride chi fedelmente e sinceramente
osserva i suoi doveri, o prova effettivamente e segue i sentimenti dettati dalla
natura e dalla morale; e si scandolezza e biasima chi trascura pubblicamente i
medesimi doveri, chi mostra di disprezzarli, chi pienamente non gli adempie in
faccia al pubblico, quando anche egli abbia i suoi giustissimi motivi per non
farlo, e non seguire il costume in
questa parte. Una donna è derisa s'ella piange sinceramente il suo marito
recentemente morto, se a chi la tratta, dà segno di sentir vivo e vero dolore
della sua perdita; ma s'ella, anche per circostanze imperiose, trascura il
menomo dei doveri che il costume impone in questi casi, s'ella un giorno più
presto del tempo prescritto dall'uso si fa vedere in pubblico, s'ella, anche a
solo fine di portar qualche alleggerimento al suo vero dolore, si permette prima
del detto tempo, qualche menomo spasso o distrazione, il mondo severissimamente
la giudica, e inesorabilmente la condanna, senz'aver riguardo a ragioni nè
circostanze, per reali che possano essere, e non lascia di mordere
2343 e di riprendere la più piccola violazione dei
doveri apparenti, mentre è prontissimo a schernire chi gli osservi di buona fede
ec. (10. Gen. 1822.).
[2672,2]
Les plaisirs de l'esprit
ont des retours mille fois plus amers que ceux des sens.
*
ib. p. 139.
(10. Feb. 1823.).
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