23. Agos. 1821.
[1548,1]
Alla p. 1449.
Vero è per altro che nè l'immaginazione de' vecchi sarà mai così feconda nè
forte ec. come quella de' giovani, nè quella de' moderni, come quella degli
antichi, nè la comandata come la spontanea. E quindi la poesia de' moderni
cederà sempre all'antica quanto all'immaginazione. E si può ben comandare a
questa, e renderla a viva forza anche più feconda e più gagliarda dell'antica,
ma non si riuscirà mai in questo modo a dare a' suoi parti quella bellezza,
quella grazia, quella vita che
1549 non ponno avere se
non le sue produzioni spontanee. Saranno anche più energici, e non per tanto
meno vivi, e men belli, anzi tanto meno
quanto più energici, derivando quest'energia dalla forzatura, e dalla tortura a
cui si mette la fantasia, per cavarne cose che facciano grand'effetto, e spirino
originalità ec. Tali sono ordinariamente i parti delle fantasie settentrionali,
parti la cui straordinaria forza non è vitale, ma come quella che si acquista
coll'acqua vite, e benchè più forti assai delle invenzioni greche, sono ben
lungi dall'aver la vita, e la sana complessione di queste.
[1549,1] Bisogna però convenire che l'uomo moderno, così
tosto com'è pienamente disingannato, non solo può meglio comandare
all'immaginazione che al sentimento, il che avviene in ogni caso, ma anche è
meglio atto a immaginare che a sentire. Quando gli uomini sono ben conosciuti,
non è più possibile sentir niente per loro; ogni moto del cuore è languido, e
oltracciò s'estingue appena nato. L'affetto è incompatibile colla conoscenza
della malvagità dell'uomo, e della nullità
1550 delle
cose umane. L'uomo disingannato non ha più cuore, perchè i sentimenti ancorchè
destati da tutt'altro, hanno sempre relazione o vicina o lontana co' nostri
simili. E come può l'uomo riscaldarsi per cose di cui conosce o la perversità o
la total vanità. Sparito dagli occhi umani quel mondo umano, dove solo si poteva
esercitare il suo cuore; sparita l'idea della virtù, dell'eroismo ec. ec. ec. il
sentimento è distrutto. L'odio o la noia non sono affetti fecondi; poca
eloquenza somministrano, e poco o niente poetica. Ma la natura, e le cose
inanimate sono sempre le stesse. Non parlano all'uomo come prima: la scienza e
l'esperienza coprono la loro voce: ma pur nella solitudine, in mezzo alle
delizie della campagna, l'uomo stanco del mondo, dopo un certo tempo, può
tornare in relazione con loro benchè assai meno stretta e costante e sicura; può
tornare in qualche modo fanciullo, e rientrare in amicizia con esseri che non
l'hanno offeso, che non hanno altra colpa se non di essere stati esaminati, e
sviscerati troppo minutamente, e che anche secondo la scienza, hanno pur delle
intenzioni e de' fini benefici verso lui. Ecco un certo
1551 risorgimento dell'immaginazione, che nasce dal dimenticare che
l'uomo fa le piccolezze della natura, conosciute da lui colla scienza; laddove
le piccolezze, e le malvagità degli uomini, cioè de' suoi simili, non è quasi
possibile che le dimentichi. Egli stesso assai mutato da quel di prima, e
conosciuto da lui assai più intimamente di prima, egli stesso da cui non si può
nè allontanare nè separare, servirebbe a richiamargli l'idea della miseria,
della vanità, della tristizia umana. In questo stato l'uomo moderno è più atto
ad imitare Omero che Virgilio. (23. Agos. 1821.). {{V. p. 1556 fine.}}