9. Maggio 1821.
[1025,2] Sebben l'uomo desidera sempre un piacere infinito,
egli desidera però un piacer materiale e sensibile, quantunque quella infinità,
o indefinizione ci faccia velo per credere che si tratti di qualche cosa
spirituale. Quello spirituale che noi concepiamo confusamente nei nostri
desiderii, o nelle nostre sensazioni
1026 più vaghe,
indefinite, vaste, sublimi, non è altro, si può dire, che l'infinità, o
l'indefinito del materiale. Così che i nostri desiderii e le nostre sensazioni,
anche le più spirituali, non si estendono mai fuori della materia, più o meno
definitamente concepita, e la più spirituale e pura e immaginaria e
indeterminata felicità che noi possiamo o assaggiare o desiderare, non è mai nè
può esser altro che materiale: perchè ogni qualunque facoltà dell'animo nostro
finisce assolutamente sull'ultimo confine della materia, ed è confinata
intieramente dentro i termini della materia. (9. Maggio 1821.).